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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

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La classe – F. Bégaudeau

Postato da Legione il 4 Aprile 2010

Trama: un professore racconta in prima persona un anno di insegnamento in una scuola media, tra alunni insolenti e colleghi insopportabili.

Certe volte (molte volte) nelle librerie fa la sua comparsa un libro inutile. Certe volte (molte volte) di questo libro parlano le tv, i giornali, certe volte (un po’ di meno) qualcuno ne trae un film. E certe volte (troppe volte) quelli come me abbastanza stupidi da fidarsi delle recensioni altrui si ritrovano a sfogliare pagine e pagine di banalità scritte male e mal raccontate, messe assieme in malo modo e semplicemente, decisamente inutili. È il caso di La Classe, se non si fosse capito, che non mi è piaciuto in nessuna delle sue pagine. Non fa ridere, non c’è ironia, tutto quello che vediamo è un professore frustrato che non riesce nemmeno ad essere un minimo autoironico. In copertina, “Il romanzo che ha fatto disperare i professori e divertito fino alle lacrime gli studenti”. Io non so chi sia riuscito a divertirsi con questa spazzatura, ma sicuramente molti professori si sono disperati di fronte alla qualità infima del libro. Avete presente Pennac? Ecco: compratevi Diario di Scuola e leggetevi quello.

Edito da: Einaudi. Qualunque sia la qualità del prodotto come oggetto in se, il contenuto non vale i 16€ di spesa.

Recensione scritta da RM

La pietra del cielo – J. Whyte

Postato da Legione il 28 Marzo 2010

Esordiamo con una banalità. Un libro può piacere o meno a seconda di ciò che ci si aspetta da esso.
Questo è sicuramente il caso del libro di cui parliamo oggi, “La pietra del cielo” di Jack Whyte, primo romanzo (di un certo peso: in edizione tascabile supera le 600 pagine) di una serie di sette, “Le cronache di Camelot“, di cui fa parte il più noto “La spada che canta” che leggeremo presto.
Come si vede in copertina, reca la dicitura “romanzo storico” ma allo stesso tempo, nella quarta, viene illustrata l’attinenza della saga con la mitologia arturiana (e possiamo immaginare che la suddetta spada canterina sia Excalibur).
Ci si accosta quindi al romanzo con un senso di curiosità e di aspettativa, prevedendo di incontrare, sotto fogge magari originali, i personaggi che caratterizzano la ben nota leggenda.
Invece, con lo scorrere delle pagine, ci si accorge ben presto che non sarà così. La pietra del cielo dà l’avvio alla saga partendo, come si dice, da Adamo ed Eva, narrando quindi la storia di una buona porzione di vita di un uomo, Publio Varro, un romano ex legionario, che diventa fabbro e che desidera trovare le mitiche pietre del cielo, dei meteoriti, che contengono un metallo assolutamente nuovo e prezioso.
Dal punto di vista prettamente storico, immaginiamo che la ricostruzione fornita nel romanzo del periodo tardo imperiale di Roma sia abbastanza fedele, quantomeno è verosimile ed accurata. Dal punto di vista del filone arturiano/mitologico/celtico è del tutto privo di quell’aura di mistiscismo che romanzi come “Le nebbie di Avalon” ci hanno abituati ad associare a questi temi, sostituendo il tutto con una buona dose di pragmatismo.
Dal punto di vista del romanzo di per sè stesso, risulta una lettura abbastanza scorrevole, anche se forse con poco mordente. Il fatto di essere narrato in prima persona al passato, come se fosse una sorta di raccolta di memorie, lo rende forse un po’ stucchevole in certi passaggi di autocelebrazione del protagonista.
In linea generale non è un cattivo romanzo, anche se come dicevamo, il riferimento alla leggenda arturiana mette una predisposizione nel lettore che viene indubbiamente disattesa. Leggeremo presto (e con calma) anche i successivi titoli della saga, sperando di sentirci un po’ più trascinati dalla narrazione; per il momento è prematuro consigliarvi o meno la lettura di questo volume.

La ragazza dalle nove dita – L. Fàbregas

Postato da Legione il 20 Marzo 2010

Trama: Laura ha nove dita. È sempre stato così. All’inizio pensava che il suo mignolo destro fosse in cielo da Dio, dopo ha capito che Dio non esiste, e in realtà nemmeno il suo mignolo destro. È semplicemente diversa.

Devo confessare che per la recensione di questo libro mi sono aiutato leggendo altre opinioni su internet e su una cosa mi sono trovato d’accordo, il fatto che probabilmente questo libro non ha uno scopo. Perché la scrittrice si è sentita in dovere di condividerlo con noi? Non è chiaro.
È un difetto? Non necessariamente: il vero punto di forza de La Ragazza dalle Nove Dita sta nello stile della scrittrice, morbido e scorrevole, e in una trama molto avvincente a dispetto delle aspettative che me lo indicavano come un libro più riflessivo e incentrato su una forte malinconia. E invece non è stato così (cioè si, ma la trama è avvincente lo stesso).

Una storia onirica, un procedere tra presente, passato e immaginario che si alternano confondendosi l’uno con l’altro in una metafora di qualcosa di molto importante che pure non sono riuscito a decifrare. Incertezza, ecco la vera parola d’ordine di questo libro. Tranne nel finale, che è quasi riuscito a strapparmi un paio di lacrime.

Edito da: Guanda. Fuori formato e scomodo da tenere in una mano sola, ma la copertina è molto bella nella sua semplicità e l’edizione è di buona qualità. Forse un po’ alto il prezzo, ma non eccessivamente.

Recensione scritta da RM

Everlost – N. Shusterman

Postato da Legione il 18 Marzo 2010

Everlost è un romanzo per ragazzi pubblicato nel 2006 scritto da un autore quasi sconosciuto in Italia, Neil Shusterman e appartenente ad una trilogia del quale è già stato pubblicato il secondo volume, Everwild. Avevamo letto tempo fa un’interessante recensione su FantasyMagazine, e da quel momento abbiamo fatto il possibile per accaparrarcelo.
Dobbiamo precisare che tutto ciò che abbiamo letto a riguardo di questo volume ci aveva predisposti ad affrontare un fantasy per ragazzi dalle sfumature dark, vicini a quelli dell’horror e del thriller.
Invece, superate le prime pagine, ci siamo trovati di fronte a ben altro, rimanendo piacevolmente sorpresi.
Everlost racconta, attraverso le vicende dei due giovani protagonisti Nick e Allie, una specie di limbo nel quale finiscono i ragazzi deceduti per morte improvvisa e violenta. Everlost si stende sulla realtà del mondo vivo come una coltre di fumo, una realtà alternativa in cui vigono leggi e regole peculiari. Benchè sia popolato solo da bambini e ragazzi, non è un luogo tranquillo: i rischi si possono nascondere ad ogni angolo…
Siamo rimasti catturati da questa storia. E’ pur vero che si tratta di un romanzo per ragazzi, ma viene presentata una teoria fantasy che è frutto di palese ingegno creativo, che non vacilla mai né si contraddice. Se non fosse un po’ edulcorato ed ammorbidito nei toni per renderlo piacevole anche ai più giovani, il tema toccato potrebbe essere benissimo oggetto di romanzi del brivido rivolti ad un pubblico più adulto.
Il tema della morte e delle conseguenze delle giovani esistenze spezzate può essere di per sé abbastanza angosciante, ma in questo romanzo viene esposto a tratti con ironia, a tratti con una profondità ed una semplicità che sanno essere quasi commuoventi. E’ impossibile rimanere indifferenti davanti a certe scene, così come non si può non provare una stretta al cuore quando ci si accorge che in Everlost anche i luoghi che sono scomparsi ma che restano nelle anime dei vivi attraverso gli anni, hanno il privilegio dell’eternità.
L’autore è stato abilissimo nel disegnare una trama originale e accattivante anche per un adulto, dosando le informazioni e concedendo qualche sano e genuino colpo di scena. La scrittura è scorrevole e fluida, mai semplicistica o accondiscendente come a volte accade nei romanzi per ragazzi.
Insomma, ci sentiamo di consigliare vivamente questo libro a chiunque, giovanissimi e non più tali, a coloro che abbiano voglia di leggere una storia di fantasy insolita e originale e che desiderino essere trasportati in una dimensione di pensiero nuova e affascinante.

Ti interessa acquistare questo libro? Prova qui: Everlost

Il diario di Anna Frank – A. Frank

Postato da Legione il 15 Marzo 2010

Di ogni libro vogliamo conoscere la fine e sappiamo di averlo apprezzato quando, voltata l’ultima pagina, vorremmo poter continuare il viaggio. In un certo senso è come se avessimo trovato un amico.
Provare tutte queste emozioni leggendo Il diario di Anna Frank è un po’ destabilizzante perché sappiamo di aver partecipato all’unico viaggio che la sua autrice ha potuto concederci.
Anna Frank non era una scrittrice, almeno non ancora quando a 16 anni scrisse l’ultima pagina del suo diario, ma tutto lascia supporre che lo sarebbe diventata. Era un’adolescente che amava la scrittura e, a modo suo, provava a dare un senso a quello che vedeva, viveva e subiva.
Non ci sono lacrime nelle sue pagine se non quelle che solo all’amica immaginaria Kitty poteva confidare.
Il diario non si dovrebbe leggere solo in quanto testimonianza storica, ma perché è il racconto sincero e appassionato di una ragazzina che, nonostante tutto, ha deciso di non arrendersi alla bruttura di quegli anni.
Anna era vivace e sensibile, prepotente e giusta: si sentiva sola e incompresa dagli altri, ma aveva la capacità di giudicarsi obiettivamente e di capire che “i genitori non possono dare che consigli o un buon indirizzo, ma tutto sommato ciascuno deve formare da sé il proprio carattere.”
Ognuno è responsabile della propria crescita personale e Anna Frank non poteva mostrarcelo meglio di così.
È un libro che consiglio a tutte le età: ai giovani per imparare ad ascoltarsi e agli adulti per dare valore e rispetto all’individualità dei giovani.

Recensione scritta da LM – L’Imbrattacarte

Il metodo antistronze – D. Samuelson

Postato da Legione il 11 Marzo 2010

Trama: la differenza in sintesi? È semplice: gli stronzi ti vogliono morto, le stronze ti vogliono vivo, e infelice.

Premetto che, al di la del titolo originale (“The She Factor”) e di quello italiano, in questo libro non c’è un’ombra che una di misoginia o odio verso le donne. È molto interessante il concetto secondo cui le due caratteristiche stronzo/stronza oltrepassano il sesso dell’individuo che le possiede, ma penso sia una cosa che a pensarci bene possiamo tranquillamente scoprire da soli con le nostre stesse esperienze di vita.
Per il resto, questo libro è il classico manualetto americano che porta tutte le situazioni in eccesso e usa una bruciante ironia per farti scoppiare in larghe risate più volte a capitolo. Almeno nella prima parte, visto che l’elenco di tutti i tipi di stronza è molto meno brillante, quasi barboso, e per leggerlo tutto ci ho impiegato davvero tanto. Nel complesso carino, se non avete altre letture in sospeso o se volete qualcosa di molto leggero.

Edito da: alberticastelvecchi. La carta non è il massimo, ma nel complesso il volume è di qualità media, anche se forse il prezzo è un po’ alto. La traduzione sembra molto curata, anche se ci sono alcune frasi strutturate in maniera abbastanza… curiosa. Si vede, comunque, che l’editor ha lavorato a quattro mani con l’autore.

Recensione scritta da RM

Il buio alla finestra – A. Mazziotta

Postato da Legione il 9 Marzo 2010

copertina il buio alla finestra Abbiamo avuto modo di leggere questo piccolo volume (90 pagine) dell’esordiente Antonio Mazziotta edito dalla casa editrice Il Filo.
Un romanzo, o per meglio dire un racconto, che narra per immagini e scene, un tratto di vita di due ragazze amiche d’infanzia, Tania e Gioia, che si sostengono e si appoggiano attraverso gli anni e le difficoltà.
C’è da dire senz’altro che, essendo così breve, anche la storia non può essere particolarmente elaborata e ricca di eventi. L’esposizione dei fatti è piuttosto lineare, intervallata da qualche flashback di memoria che però non interrompono l’organizzazione del racconto.
Si percepisce chiaramente il coinvolgimento emotivo dell’autore nei confronti di questa vicenda, al punto da portarlo spesso ad infioraggiare la narrazione con dettagli che tendono a distogliere l’attenzione del lettore dai fatti.
Lo stile di scrittura è acerbo e necessita senz’altro di essere affinato e sgrossato, razionalizzando ad esempio l’uso delle figure retoriche, l’aggettivazione e la formazione stessa dei periodi.
Dal punto di vista della costruzione del racconto, vi sono pecche nella delineazione dei personaggi, che risultano piuttosto monocromatici e poco originali, i tempi e i ritmi di narrazione che si dilatano in dettagli apparentemente poco significativi e si contraggono quando si passa bruscamente da una scena ad un’altra.
Grande disvalore al volume lo da purtroppo la quasi completa mancanza di editing: refusi, parole tronche e punteggiatura casuale lo rendono approssimativo.
In conclusione, non possiamo dire di essere di fronte ad un capolavoro editoriale, è bensì un racconto di uno scrittore alla sua prima fatica, che ha certamente ampi margini di miglioramento e al quale auguriamo umilmente che la nostra recensione possa essere di sprone per ricercare quella maturità stilistica che potrebbe portargli soddisfazioni in futuro.

Colorado Kid – S.King

Postato da Legione il 7 Marzo 2010

Cosa rende una storia, una storia adatta per essere raccontata ad un pubblico? Beh, una serie di eventi, che si succedono in modo sequenziale, informazioni che vengono fornite mano mano, il dipanarsi di uno scenario, fino alla conclusione nel quale vengono spiegate tutte le questioni aperte nella narrazione e quindi concluse con una serie di risposte.
Questo piccolo volumetto di King si incentra proprio su questo principio, narrandoci una storia e continuando a ripeterci che la storia in realtà non c’è, in quanto mancano gran parte degli elementi sopracitati. Benissimo. Peccato che, esattamente come promesso, non essendoci una storia, la narrazione non ci porta da nessuna parte. Il libro non è quindi, come di solito accade, il veicolo per raccontare una serie di eventi e la loro conclusione, bensì si tratta solo di uno spaccato di vita isolana (nel Maine, ne dubitavate, Fedeli Lettori?) che non inizia e non finisce in nessun luogo, raccontando un episodio che ha tormentato i due giornalisti/narratori per 25 anni e che passano la patata bollente (o per meglio dire indigesta) alla giovane stagista che li sta ascoltando.
King dice nella postfazione, questo libro o si ama o si odia, eppure non ci sentiamo di estremizzare la nostra posizione. Non ne abbiamo fatto follie ma non ci ha certo disgustati, in fondo non ha fatto altro che ripeterci che la soluzione al mistero di Kolorado Kid non esiste…
Una cosa solo ci infastidisce: la copertina. Per le leggi del marketing si sa che una bella donna in copertina attira l’attenzione, anche se è disegnata. La didascalia lancia l’esca: riuscirà a risolvere l’engima? Questo cosa lascia intendere? Che il libro contiene un mistero e che ci sarà qualcuno che tenterà di risolverlo. E non è esattamente così. Insomma, non crediamo di avervi spoilerato troppo, piuttosto vi abbiamo preparati. In sè poi, il mistero è affascinante, e per niente kinghiano. Forse proprio per questo è ancora più spiazzante: il Re ci ha abituati a finali col botto e spiegazioni al limite del surreale (a volte il limite è stato ampiamente superato), mentre questa volta ci espone dei fatti e delle congetture e li lascia al lettore, eredi del mistero come la giovane stagista, per essere cogitati e digeriti e, chissà, magari quella domanda in copertina si riferiva proprio a noi.