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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

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Le streghe di Smirne – M. Meimaridi

Postato da Legione il 7 Dicembre 2010

A questo libro (Le streghe di Smirne, di Mara Meimaridi, N.d.Staff) mancherebbe solo una cosa. Avete presente quando, alle medie, si perdevano pomeriggi interi su Iliade e Odissea? E che l’unica ancora di salvezza in un groviglio di intrighi, incesti e relazioni clandestine era quel bellissimo albero genealogico capeggiato da Zeus?

Ecco, con una cosa del genere e il libro sarebbe leggibile. O quantomeno per il lettore sarebbe più facile districarsi tra assurde relazioni parentali, dove figlie in realtà sono nipoti, i cognati mariti e le cugine zie. Sicuramente non sarebbe un accorgimento fuori luogo, del resto si parla di donne turche e uomini greci. Donne che magheggiano, complottano e lottano per una scalata al vertice sociale e che sono delle streghe, davvero.

Dati tempo e spazio sufficienti, sarebbe utile anche un glossario (sempre sullo stile di quelli che si trovano sui libri scolastici!), dove inserire i mille nomi e le mille connotazioni che i vari personaggi ricoprono nel corso della storia, sempre che possa definirsi tale. Oltre ai nomi impronunciabili e impossibili da ricordare, si è costretti a infiniti salti temporali che rendono davvero difficile tenere le fila del racconto.

Nonostante ciò il libro è pieno di descrizioni non solo di luoghi, ma soprattutto di tradizioni, usanze e piatti tipici della zona di Smirne, in Turchia, che sanno trasportarti in un luogo magico, al centro di un crocevia di popoli e culture che, almeno in questo, arricchisce.

Il libro in Grecia è stato un caso editoriale…forse perché lì non hanno problemi a leggere tutti quei nomi strani e quindi la storia è risultata più chiara che non qui?

Recensione scritta da Gocciolina di Rugiada

Come un toro in mezzo al petto – A. Asti

Postato da Legione il 4 Dicembre 2010

Spesso ci sentiamo prevenuti davanti ad un’opera che tratta di temi di vita vissuta, incentrata su storie vere di malattia e disagio. E’ disagio dettato dal pregiudizio, ma anche, pensiamo, da atavico istinto di conservazione tipico della persona sana quando viene messo di fronte alla crudezza della realtà.
Nella fattispecie di questo libro, Come un toro in mezzo al petto, di Andrea Asti, però, viene presentata una storia di vita come tante, di un ragazzo con problemi di salute e pochissimi amici, qualche problema di relazione e scarsa autocritica. Lo spunto della malattia viene sfruttato come complemento ad un carattere di un personaggio sfaccettato e credibile, dandogli spessore senza pur cadere in un patetismo che avrebbe potuto costituire una semplice scorciatoia.

Dal punto di vista tecnico, la costruzione della narrazione è semplice ed efficace, seguendo un rigoroso ordine cronologico dei fatti e presentandoli dal punto di vista strettissimo della prima persona. Le frasi risultano semplici e dirette e la struttura nel complesso è buona. L’autore non si imbarca in tecnicismi di difficile risoluzione ma si mantiene di buon livello pur senza grandi innovazioni.

Se da una parte abbiamo un protagonista tratteggiato con chiarezza, i personaggi secondari risultano soltanto sbozzati, seppur credibili e fuori dal clichè: l’amico Matteo e l’affascinante Sara hanno volto e caratteristiche peculiari ma, a parte qualche specifico passaggio, assumono una concretezza effettiva solo attraverso i pensieri di Lorenzo, il protagonista, e non direttamente dalle loro azioni o dalle loro parole. I personaggi poi di Giorgio, dei genitori e della sorella di Lorenzo risultano puramente funzionali alla storia e senza particolari caratteristiche.

La trama non si discosta da molti romanzi di orientamento Young Adult, sfruttando però la tematica delicata ed elevandosi dalla media, conservando quindi un significato ed un messaggio positivo e realistico nei confronti della vita.

In conclusione questo romanzo risulta ben scritto, in modo fluido ed efficace, valorizzando una storia semplice ma allo stesso tempo straordinaria che permette al lettore attento di cogliere messaggi di grande valore e significato.

Fight Club – C. Palahniuk

Postato da Legione il 1 Dicembre 2010

“Prima regola del Fight Club: non si parla del Fight Club.” Questa battuta è entrata nella storia del cinema, grazie al film omonimo del libro di cui vogliamo parlare oggi: Fight Club, appunto, di Chuck Palahniuk.
Romanzo di esordio di questo misterioso autore, pubblicato nel 1996 fu subito un successo, attirando l’attenzione del pubblico grazie a quello che è diventato lo stile Palahniuk che in molti hanno cercato di copiare e personalizzare con dubbi successi. Leggendolo, abbiamo compreso bene su cosa si fonda questa celebrità.

Partiamo dalla trama e il concept: il nostro narratore senza nome e senza volto, schiacciato dalla normalità della sua vita e dall’insonnia, si aggira tra i gruppi di sostegno di malati terminali, per sentirsi toccato dalla vita vera e dall’angoscia, per potersi sfogare e riuscire finalmente a dormire. Grazie a questi gruppi conosce una ragazza sbandata almeno quanto lui, Marla, e se ne sente perseguitato. Finchè un giorno conosce Tyler, che sembra essere tutto ciò che al narratore manca: risoluto e deciso fino alla crudeltà, Tyler lo guida in un cammino di autodistruzione e fonda con lui il primo Fight Club. Perchè solo distruggendo se stessi e combattendo i propri fantasmi, arrivando ad un passo dalla morte si può iniziare a vivere veramente.

Come si può vedere, la tematica trattata non è delle più originali, potremmo attingere a concetti molto simili in un libro a caso di Irvine Welsh. Eppure Palahniuk ci riserva continuamente sorprese: condensa in poco più di 200 pagine concetti crudi e drammatici, ci mostra uno scenario di anarchia e crudezza (e assurdità sardonica, anche), ci fa entrare in un meccanismo e nella sua logica, per poi sovvertirlo imprevedibilmente, lasciandoci spiazzati e turbati e facendo assumere all’intera storia una luce del tutto inaspettata.

Parliamo dello stile: in strettissima prima persona, il narratore ci racconta le vicende in modo assolutamente non lineare, anzi, muovendosi tra fatti e pensieri in modo indeterministico, saltando apparentemente di palo in frasca per poi arrivare al punto di unione, facendo comprendere al lettore che nulla è stato detto per caso. La sua capacità di coinvolgere con la sua prosa dura e lapidaria, ma al contempo perfettamente curata e per certi versi poetica, è affascinante.

Una lettura fondamentale, avvincente e imperdibile.

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L’arma di Caino – B. Meltzer

Postato da Legione il 28 Novembre 2010

Cosa lega Superman, la Bibbia, il nazismo e la filosofia dozzinale di basso profilo? Semplice: questo libro.
L’arma di Caino pare sia stato un best seller dell’anno scorso, prodotto dalla brillante penna dello scrittore americano Brad Meltzer. Brillante sotto diversi punti di vista, sebbene nel caso specifico di questo romanzo sarebbe più giusto definirla audace. Sì perchè indubbiamente un libro che sappia riunire tutti questi elementi in un contensto sensato non è certo impresa di poco conto. C’è da dire però che questo libro, nonostante l’audacia, brilla per mediocrità.

Come moltissimi altri autori dello stesso calibro pop-thriller-action (stile Cussler, Ludlum ecc), fa grande uso di ritmi serrati, narrazione stringata e veloce, personaggi abbozzati e sgrossati con l’accetta, caratterizzati da dettagli macroscopici per renderli sempre facilmente identificabili nella mischia.

E poco importa se la trama ha qualche piccola falla, se qualche passaggio si perde, se qualche particolare diventa incongruente: tutto gioca a funzione dell’azione. Ecco quindi che una giovane donna ispanica, che alle prima apparizione parla un lento e stentato inglese, dopo meno di 4 ore è in grado di tenere una conversazione di elevato grado filosofico; ecco che il cattivo di turno, che brilla per la sua attenzione nel passare inosservato, va in giro con un vistosissimo tatuaggio sulla mano, talmente vistoso che il protagonista riesce a vederlo a distanza, con luce crepuscolare e con una pistola puntata in faccia.

Insomma, questi dettagli saranno anche cavilli, ma di fatto danno una sensazione di approssimatezza che non può che dare fastidio.
Come sempre poi, se oltre ad una trama quasi assurda e alle incongruenze, anche lo stile è scadente… Bisogna ammettere che Meltzer si trova nel suo quando deve tenere il ritmo serrato e sta mostrando scene d’azione e di pathos, ma crolla nell’impreparazione nelle fasi iniziali, ad esempio, quando deve gettare le basi per la presentazione dei personaggi, nelle descrizioni, nelle introspezioni, anche nell’esposizione dei concetti chiave (in questo caso particolarmente complessi): insomma, nei passaggi più statici l’autore va a picco dal punto di vista della qualità, deprezzando l’intero romanzo.

Se siete amanti delle storie impossibili, se Giacobbo è il vostro guru, se Il Codice Da Vinci vi ha appassionato fino a togliervi il sonno, amerete indiscutibilmente questo romanzo.

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Restando al vento – M. Papagni

Postato da Legione il 25 Novembre 2010

copertina restando al vento Questo libretto di Mauro Papagni, Restando al vento, raccoglie una serie di componimenti poetici inframmezzati da rappresentazioni grafiche che, a modo loro, integrano i messaggi delle poesie e ne arricchiscono il significato. I temi centrali risultano essere il viaggio, il movimento, la ricerca e tutte le manifestazioni dell’Essere e dell’Andare, come precisato nel sottotitolo del volume. Lo stile è ricercato e curato nel dettaglio, quasi essenziale, molto diretto eppure ricco di sfumature. Anche l’estetica delle parole sulla pagina ha la sua importanza, con le parole solitarie nei righi, la particolare distribuzione delle lettere maiuscole, le sospensioni.

Qui di seguito alcuni esempi tratti dalla raccolta:

“… venerdì di febbraio
vorrei essere un viandante contemplativo
nelle pause dell’incedere lento,
attraversante moltitudini
e non diretto ad alcuna meta.”

“saldo
l’animo
ferrea la volontà
chiaro
l’intento
delineato l’approdo.
enormi e potenti
ivi giungiamo.”

“stupenda giornata di sole…
aria tiepida e gioia sul volto.
nulla è cambiato nelle cose concrete concrete
ma il cielo è sgombro da nubi…
… miracoli del Vento.”

La banda dei brocchi – J. Coe

Postato da Legione il 23 Novembre 2010

Trama: nella Birmingham degli anni ’70 si svolgono le vite di Benjamin, Philip, Claire, dei loro amici e delle loro famiglie. In un clima segnato dal razzismo, dagli scioperi e dagli attentati, questi ragazzi si destreggiano in un mondo in evoluzione che sembra avere tutta l’intenzione di non rendergli affatto le cose semplici.

Vorrei poter evitare di iniziare la recensione con una frase che in questo momento mi suona un po’ troppo costruita, ma non posso. E quindi eccola qui: nella vita di un lettore, esistono dei libri imprescindibili che lui considererà sempre come se fossero stati scritti per lui e non aspettassero altro che lui per essere letti.

Per leggere tutta la recensione di RM

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Beastly – A. Flinn

Postato da Legione il 17 Novembre 2010

“È la mia unica possibilità. Devo amarla. E lei dovrà ricambiare il mio amore, altrimenti per me sarà la fine.”

A parlare è il protagonista del libro “Beastly”, Kyle Kingsbury, un ragazzo di sedici anni bello, ricco e popolare che sente di avere il mondo ai suoi piedi, ma non mostra mai alcuna emozione, proprio come suo padre, noto personaggio televisivo, gli ha insegnato.
La sua storia non è altro che la rivisitazione in chiave moderna della “Bella e la Bestia” portata avanti dall’abile autrice Alex Flinn.

Kyle, infatti, ha un animo arrogante, presuntuoso ed egoista che nemmeno la bellezza esteriore può compensare. La strega Kendra, però, spera di poter cambiare le cose e far tonare a galla l’umanità di Kyle che è stata per troppo tempo nascosta e surclassata dalla forza delle emozioni più negative del suo essere.

Decide, così, di fargli un incantesimo e di trasformarlo in una bestia come riflesso della sua interiorità.

Avrà tempo due anni per riuscire a trovare una persona da amare e che sia capace di amarlo a sua volta per quello che è, andando al di là del suo aspetto fisico.
Sarà confinato dal padre in una villa ai margini di New York, dove avrà la compagnia della governante Magda e del suo professore cieco Will.
Grazie al loro aiuto Kyle metterà da parte la vita che conosceva per dedicarsi allo studio, alla lettura e alle rose, fiore diventato per lui molto caro. Cambierà il suo nome in Adrian.
Solo quando un ladro che s’introduce nella sua casa cercando di derubarlo, gli offrirà sua figlia, Lindy, per salvarsi, Adrian ricomincerà a sperare di poter riprendere le sembianze umane.
Quella che sembrava una storia impossibile fin dall’inizio, lo aiuterà a cambiare idea su molte cose e a lavorare su se stesso, facendolo diventare una persona migliore, anche se rinchiuso in un corpo da mostro.

Il sacrificio, la bontà, il coraggio e l’amore lo porteranno ad una concezione completamente diversa di sé e della realtà che lo circonda, fatta di tante sfumature e possibilità.
La bellezza di “Beastly” sta proprio nel fatto che è una storia trasparente, chiara e leggibile da tutti. Il fatto che si rifà ad una trama ampiamente conosciuta, non implica che sia solo banale o scontata.

L’autrice non nasconde mai i suoi riferimenti alla narrazione originale, ma anzi è in grado di esaltarli, ampliarli e renderli più veritieri possibili.
Le storie di Lindy, di Will, ed anche dello stesso Kyle mostrano situazioni che potrebbero manifestarsi in qualsiasi momento al giorno d’oggi perché riflettono la nostra realtà attuale e complicata.

Niente può essere preso mai in considerazione come uno stereotipo e niente esiste in forma assoluta e conclusiva. Le convinzioni che aveva Kyle all’inizio del racconto perdono piano piano significato e valore e si trasformano completamente lasciando sempre spazio a nuove considerazioni e idee.

Quello che vediamo chiaramente attraverso il cambiamento di Kyle in Adrian è che possiamo quasi sempre trovare qualcuno che è disposto a combattere al nostro fianco per aiutarci a capire che la cosa più importante è accettare noi stessi per quello che siamo; renderci conto che l’aspetto fisico non migliora le nostre qualità interiori e che queste non sono mai definitive, ma possono sempre essere alla base di un nuovo futuro e una nuova vita.

“Se non mi fossi trasformato, non avrei mai saputo cosa mi mancava. Adesso almeno lo sapevo. Se fossi rimasto per sempre una bestia, sarebbe stato meglio di com’era prima.”

Recensione scritta da Michela Novelli

Anelli di fumo – A. Gnudi

Postato da Legione il 12 Novembre 2010

copertina anelli di fumoI ruggenti Anni ’60, raccontati direttamente da chi c’era e li ha vissuti, nel cuore pulsante di Bologna: su queste basi si struttura questo libro fortemente autobiografico, Anelli di fumo, prima fatica di Ario Gnudi, che in quegli anni ha vissuto il cammino dall’infanzia all’adolescenza e ce li ha raccontati in queste memorie.
Le premesse per far sì che questo libro potesse costituire una lettura piacevole ed appassionante c’erano tutti, e questo si percepisce nelle prime battute, nell’episodio della prima cotta. Il tono è quello leggero e un po’ scanzonato, che ben si confà alla tematica trattata.

I problemi però si riscontrano con lo scorrere dei capitoli, che ricoprono puntualmente anni scolastici ed estati e tutti gli eventi che si succedono in un lasso di tempo di diversi anni. La narrazione è in prima persona, ma è sempre distaccata e piana, senza far risaltare episodi col potenziale di essere davvero interessanti e divertenti e che invece si perdono nell’elencazione dei fatti. Praticamente non ci sono dialoghi nè personaggi di rilievo se non il protagonista, che considerando il romanzo in quanto autobiografia, ha un certo senso, ma il risultato per il lettore è un distacco dalla storia.

La pecca più grossa di quest’opera, che alla fine svaluta un contenuto che, come detto, ha del buon potenziale, è l’assenza di editing. Studiata con cura, avrebbe notevolmente alleggerito la narrazione, sforbiciando su dettagli ed elenchi che appesantiscono il testo, mettendo invece in evidenza i fatti salienti, presentando i personaggi attraverso eventi vivi, mostrandoli, non soltanto raccontandoli.

Lo stile ha anch’esso del notevole potenziale espressivo, sebbene l’intervento di un editor avrebbe fatto certamente la differenza: i periodi sono lunghi, prolissi, pieni di subordinate e di incisi, di giri di parole e di riferimenti diretti al lettore, che anch’essi non fanno altro che rallentare il ritmo, divangando e perdendosi in minuzie.

Inoltre, per chiari motivi di affezione, il testo è costellato di osservazioni sulla città di Bologna, sulla scena politica del tempo, il cinema, lo sport e la musica, somministrate in modo meccanico, senza inserirli nella narrazione ma elencandoli e proponendoli in blocchi scollegati. Anche qui un buon editing renderebbe apprezzabile e gradevole l’opera anche a chi non ha mai visto Bologna o chi in quell’epoca non era ancora nato.

Insomma, Anelli di fumo è un romanzo piacevole, sebbene acerbo e bisognoso di un’organizzazione professionale, che lo valorizzi e lo renda fruibile da lettori di tutte le età.