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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

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Invisible monsters – C. Palahniuk

Postato da Legione il 7 Gennaio 2011

Invisible Monsters, primo libro in ordine di creazione partorito dalla contorta (e malvagia) mente di Chuck Palahniuk, apripista per quel capolavoro da sfondamento che è Fight Club del quale abbiamo già parlato e con il quale condivide senza dubbio la sensazione di caos organizzato, il nocciolo di autodistruzione ed i colpi di scena insospettabili.
Mantenendo una strettissima prima persona, Palahniuk si cala nei panni e nei lustrini della protagonista, che ci rimane senza nome fino alle ultime battute, bellissima modella di successo, devastata da un incidente che le porta via, letteralmente, metà del viso. In questa nuova versione di sè stessa, così agli antipodi, conosce la splendida Brandy Alexander, la regina glamour della chirurgia plastica, meravigliosa transessuale ad un passo dalla completezza. Brandy le farà da mentore, indicandole una via per creare una nuova persona e per chiudere con un passato che non le può più appartenere, ma al contempo guidando sè stessa nel cammino verso la sua ultima tappa.

Il tema fondamentale che tornerà poi anche in Fight Club, è l’autodistruzione, l’annullamento del proprio modo di essere precedente, “normale”, per andare incontro a qualcosa di mutilato e, per questo, nuovo, base per essere una persona diversa e, per certi versi, più viva e più vera. L’invisibilità in questo caso è solo una limitazione apparente: nel romanzo ci vengono mostrati, in mille modi diversi, le sfaccettature di questa condizione: la bellezza sfacciata, la mostruosità, la diversità in senso lato.

Lo stile dell’autore è oscillante, anzi, beccheggiante, irregolare: i fatti sono presentati espressamente e volutamente senza seguire alcun ordine temporale, correndo di qua e di là tra un “molto prima” e un “molto dopo”, avanti veloce, fermo immagine, flash di sensazioni, episodi in ordine sparso e in apparenza casuale e senza un legame. La grammatica viene sovvertita o ignorata, spargendo frasi senza verbo, ripetizioni e asserzioni ridondanti (il quasi onnipresente “Io e Brandy, noi” che torna di continuo, come a ricalcare senza ombra di dubbio il rapporto tra le due). Proprio qui sta la genialità di Palahniuk: in un caos organizzato al millimetro, ci somministra sempre e solo le informazioni che è bene conoscere, e nonostante il continuo beccheggiare, riesce ad essere chiaro e trasparente, senza smarrirsi nei flash, disegnando personaggi terribili e scene grottesche, arrivando al punto in cui il lettore crede di aver capito il meccanismo per poi sovvertirlo di nuovo con colpi di scena dal tempismo perfetto e cronometrico, fino al messaggio clou, ovvero che mai niente e nessuno è esattamente come sembra.

Magnifico e profondissimo libro, crudo e cattivo al di là dell’umana concezione, acido e caustico come pochi. Uno stile inimitabile per una mente davvero sopra le righe.

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Due maroni così – M. Costa

Postato da Legione il 4 Gennaio 2011

copertina due maroni così
Siamo rimasti un po’ perplessi alla lettura di questo libro dal titolo un po’ pittoresco, Due maroni così, di Marco Costa. Fin dal sottotitolo viene chiarito che quello che il volume tratterà è ispirato ad una storia di vita vissuta; inoltre, nelle primissime pagine viene esposto l’espediente letterario del diario terapeutico, con l’incipit introduttivo scritto da una persona terza alla vicenda.
Quello che abbiamo effettivamente letto (nelle 101 pagine del libro) però, costituisce qualcosa che non è possibile assimilare alla narrativa. Abbiamo già affrontato e recensito letture autobiografiche (Anelli di fumo), così come racconti di fantasia fondati però su dinamiche dichiaratamente verosimili e ispirate alla realtà (Mi fidavo di te). In entrambi i casi, l’aspetto narrativo era evidente, seppur con qualche cedimento attribuibile alle incertezze dell’opera prima. In questo caso specifico invece, abbiamo uno sfogo, un’esternazione, un flusso di pensiero, che getta uno sguardo a volo d’uccello su una vita travagliata e difficile, ma che di fatto non la racconta nel senso letterario del termine.
Il protagonista esprime di getto le difficoltà della sua vita, fin dai primi anni, in una famiglia che gli ha trasmesso ansie e paure, che sono poi sfociate in vere e proprie paranoie e nevrosi patologiche, minandone l’equilibrio e la salute mentale. L’ordine cronologico dei fatti è piuttosto labile, specie nella prima parte del libro in cui ci si riferisce all’infanzia, ma nel complesso la caratteristica principale è la non-narrazione, visto che il libro si limita ad elencare una serie di tappe di vita e di eventi e dell’influenza che hanno avuto sul protagonista.
L’effetto finale è più o meno quello di un diario personale, anche se da quel lato manca della stretta cronologicità tipica di questo genere, così come manca l’aspetto introspettivo, che in questo libro viene soltanto alluso. Rimane quindi solo da considerarlo come un’esternazione e sottointendere un’ammirevole dichiarazione di volontà di riscossa.

La scheda

Vuoi leggere questo libro? Due maroni così. Tratto da una storia vera e tosta

Cronache della galassia – I. Asimov

Postato da Legione il 1 Gennaio 2011

Isaac Asimov da sempre è sinonimo di un intero genere letterario, la fantascienza di altissimo livello, quella che segna le epoche e che traccia un solco dentro il quale tutti coloro che verranno dopo, in un modo o nell’altro vi finiranno dentro.
Questa fama è più che motivata: sono pochi gli autori che hanno scritto, in tempi non sospetti, di evoluzioni tecnologiche e di modificazioni culturali e sociali, al punto di mantenere sempre attuali le loro visioni fantascientifiche anche a distanza di decenni. Asimov è uno di questi: uno dei primi ad aver teorizzato una banca dati con il sapere mondiale, a cui tutti, in qualunque punto del globo avrebbero potuto accedere e apportare la propria conoscenza, uno di quelli che hanno espresso una visione futuristica tale da essere considerata come fondante dell’intero genere letterario (ad esempio le ben note leggi della cibernetica).
Da Asimov sono stati ispirati innumerevoli opere successive e film, più o meno direttamente correlati.

Abbiamo letto come opera a sè stante il primo volume del ciclo della Fondazione che può essere presa in modo atomico rispetto a tutta la (smisurata) produzione: le Cronache della Galassia. In questo volume si gettano le basi di una storia di ampio respiro, che arriverà a coprire un arco temporale di quasi un millennio, suddivisa in tre opere più altre quattro che ne costituiscono la fine ed il prequel.

Il suo stile è caratterizzato da equilibrio e sobrietà: al contrario della produzione di autori più recenti, Asimov è poco descrittivo, la narrazione è sempre asciutta e precisa, molto focalizzata sulla politica e la sociologia più che sulla scena, la natura, la fauna e la flora, gli usi e i costumi delle popolazioni, che restano sempre sullo sfondo di quello che risulta essere quasi un romanzo di fantapolitica portata ai massimi livelli.

Questo stile scarno spesso viene considerato di difficile digestione per un pubblico poco avvezzo alla lettura di questo genere, noi invece riteniamo che una visione così lucida dovrebbe essere oggetto di approfondimento e di studio. Da ogni pagina risulta chiaro quanto abbia riflettuto sullo sviluppo di queste visioni, dandogli spessore e vita nella sua mente.

E’ impossibile scrivere una recensione di un pezzo di storia della letteratura di fantascienza come Asimov, sarebbe come recensire Dante. Perciò non possiamo fare altro che consigliarvene la lettura e di restare ammirati davanti a tanto genio.

Le voci di Nike – S. M. Damiani

Postato da Legione il 26 Dicembre 2010

Una lunga e dura guerra in un paese lontano lontano, una famiglia regnante oggetto di un incantesimo, una principessa con un potere grande e sconosciuto, un uomo malvagio che la vuole rapire: questi a grandi linee potrebbero essere i punti chiave della trama di Le voci di Nike, opera prima di Silvia M. Damiani. Ma ad una lettura più approfondita, quello che emerge è molto di più.

Si potrebbe classificare questo romanzo come fantasy, sebbene saremmo tentati di identificarlo più come una fiaba dai toni cupi e introspettivi. In effetti è possibile riscontrare molte peculiarità della fiaba: personaggi rarefatti e definiti in qualità di Buoni e Cattivi, re e principesse in pericolo da salvare, magie ed incantesimi, crudeltà gratuite ed all’apparenza ingiustificate.
Anche lo stile di narrazione mantiene questo sapore, incentrandosi fortemente sull’intreccio e sull’evocazione più che sulle azioni vere e proprie, diventando un po’ sommario nelle scene più dinamiche.

Abbiamo apprezzato molto la lettura di quest’opera così particolare ed originale, l’abbiamo trovata avvincente e narrata con un buon ritmo.
Il concetto che è fulcro della trama è certamente audace e di difficile rappresentazione, specie per un’autrice alla prima fatica letteraria: per buona parte dell’opera vengono portati avanti due piani temporali paralleli, ma che vedono come protagonisti gli stessi personaggi; successivamente viene mantenuto un tempo di narrazione principale nel quale pian piano si fa chiarezza nella dinamica della trama, fino all’epilogo.

L’unica pecca che ci sentiamo di identificare la troviamo appunto nella prima parte del romanzo, in cui vengono proposte molte informazioni al lettore, e tutte importanti, in un breve lasso di tempo e di pagine. Questo da un punto di vista generale è un buon espediente, perché permette di evitare l’infodump (il narratore non si ferma a spiegare nulla) e il lettore si trova subito immerso nell’azione; d’altra parte però, una narrazione meno serrata e ad un più ampio respiro, avrebbero permesso di penetrare nella storia più gradatamente e di lasciar assorbire meglio i personaggi e l’ambientazione circostante.
Va detto però, che se dapprima il lettore si sente un po’ smarrito all’interno di questa trama intricata su più livelli spazio-temporali, una volta che è possibile dare spiegazioni dei meccanismi sottesi e fino a quel momento solo allusi, tutto diventa chiaro e perfettamente coerente, arrivando finalmente ad avere l’ambizioso quadro di insieme dell’opera.

Abbiamo particolarmente apprezzato l’incipit, ad esempio, incisivo e diretto, così come ci è piaciuta l’intera idea di fondo, mantenuta sempre chiarissima nella mente dell’autrice e quindi sostenuta con precisione. Abbiamo trovato originale il concetto di magia, come potere di carattere psichico, e molto curata anche la simbologia.

Ci sentiamo quindi di consigliare la lettura di questo romanzo così particolare, in attesa di un eventuale seguito, presagito dal sottotitolo (Primo movimento: allegro maestoso), che ci incuriosisce per i possibili sviluppi, della trama e delle abilità creative della giovane autrice.

Ti interessa questo libro? Le voci di Nike. Primo movimento allegro maestoso (Fabulae)

Le ho mai raccontato del vento del nord – D. Glattauer

Postato da Legione il 21 Dicembre 2010

Trama: da una semplice e-mail inviata all’indirizzo sbagliato può nascere qualcosa di importante? La corrispondenza tra Leo ed Emmi sembra dire di si, ma non sempre le cose vanno come ci si aspetta.

Capita anche questo: comprare un libro attratto solamente dalla copertina e dal titolo, ma assolutamente non dalla descrizione in quarta, convinto che sarà una (mi permetto la parolaccia) grandissima cazzata, e trovarsi alle due di notte a metà libro incapaci di chiuderlo per finirlo il giorno dopo andando avanti a leggerlo e finirlo fino alle quattro del mattino. Capita.

Per leggere tutta la recensione scritta da RM

Antichrista – A. Nothomb

Postato da Legione il 21 Dicembre 2010

Mi avevano consigliato di leggere Amélie Nothomb per lo stile, per l’atmosfera che riesce a ricreare nei suoi libri, e tra tutte le sue opere ho deciso di buttarmi sull’Antichrista.
Mai titolo fu più appropriato.

Si tratta di un libricino di 117 pagine, ma molto ben spese dall’autrice che ci racconta la storia di Blanche, una sedicenne a tal punto brillante da frequentare già l’Università. E proprio qui, lei sempre solitaria e con un rapporto difficile con gli altri, incontra Christa, la leggendaria, popolare, spavalda Christa. Anche lei sedicenne precoce, ma non solo nello studio. Christa sa come va il mondo e, a suo modo, lo insegna a Blanche.
Tra le due sembra nascere un’amicizia, quell’amicizia di cui la timida Blanche ha così tanto bisogno, ma che presto si rivelerà un incubo dal quale non saprà come uscire.
Con uno stile asciutto e deciso, la Nothomb fa narrare alla stessa Blanche l’odissea in cui Christa la catapulterà e di come proprio dentro di lei scoprirà le qualità per liberarsi dall’ingombrante presenza.
Interessante la riflessione sull’amicizia che ne emerge e il finale che segue l’evento culminante della narrazione: non il finale spumeggiante che forse avremmo voluto, ma una sorta di capitolazione inevitabile e per questo più vera e sentita.
Una scena degna di menzione è l’invito a casa da parte di Blanche a Christa: è il momento in cui Blanche si rende conto del potere esercitato dall’amica e della violenza di cui è capace.
La Nothomb descrive con puntualità e la giusta tensione il disagio provato da Blanche, l’umiliazione di cui sarà vittima e l’incapacità psicologica di opporsene da cui la tragedia prenderà il suo avvio.

A sei anni, spogliarsi non è nulla. a ventisei, è ormai una vecchia abitudine.
A sedici anni, spogliarsi è un atto di una violenza insensata.
“Perché mi chiedi questo, Christa? Sai cosa significa per me? Lo pretenderesti, se lo sapessi? È proprio perché lo sai che lo pretendi?
Non capisco perché ti obbedisco.”

Recensione scritta da L’Imbrattacarte

Ti sei incuriosito e vuoi comprare questo libro? Antichrista (Amazzoni)

Demetrio dai capelli verdi – M. Mazzanti

Postato da Legione il 18 Dicembre 2010

copertina demetrio dai capelli verdi Abbiamo affrontato la lettura di questo libro, Demetrio dai capelli verdi di Marco Mazzanti, come usiamo fare di solito con i fantasy italiani. Senza scetticismo nè opinioni per partito preso, ci siamo aggirati per le sue pagine (283 in una buona edizione, stampate con un carattere un po’ troppo grande per i nostri gusti) con gli occhi bene aperti e la volontà, anzi il desiderio, di lasciarci stupire ed affascinare.
Dopo un po’ di pagine però, la prima cosa che salta all’occhio è che questo in realtà non ha niente a che vedere con il genere fantasy. L’unico elemento “weird” è costituito dal protagonista che, appunto, ha i capelli verdi ed alcune curiose caratteristiche fisiche che lo rendono particolare ed affascinante. Per il resto, la storia è ambientata in un uno pseudo est Europa, con alcune differenze dalla geografia attuale, e in un’epoca attorno alla seconda metà del 1800.

La trama si può sintetizzare in poche parole: Demetrio è un giovane che appare molto diverso dagli altri e per questo si sente infelice ed emarginato e cerca di trovare indizi sul proprio passato per riuscire a ritagliare il suo spazio nel mondo.
La trama alla lettura risulta debole e talvolta incongruente: non ci sono eventi di particolare rilievo, e quando questi accadono, lo stile non li mette in risalto, arrivando a farli disperdere nel tessuto narrativo e ben presto anche nella memoria del lettore.
Infatti, quello che nella quarta di copertina viene definito “stile maturo”, in realtà si concretizza in un uso un po’ eccessivo di paroloni e costruzioni grammaticali ardite e pompose, che nulla hanno a che vedere con l’effettiva necessità del contesto narrato.
Il punto di vista della terza persona, poi, non aiuta a immedesimarsi nella storia: la voce fuori campo è sempre molto presente, le scene effettivamente mostrate sono poche e spesso impoverite da dialoghi piuttosto deludenti.
I personaggi risultano stereotipati, improntati alla visione narrativa tipica del romanzo ottocentesco: spesso ci si domanda il perchè di certe reazioni immotivate, come alcune lamentose crisi di pianto o di panico, che stridono con l’immagine appena costruita o con le azioni appena portate a termine.

In generale poi, si possono ancora ascrivere alcune pecche che non fanno altro che smorzare il potere di affascinare il lettore: la prefazione, ad esempio, che oltre a non dare alcun contributo alla storia, stronca la forza fondamentale dell’incipit, quella di catturare il lettore gettandolo in mezzo alla mischia (noi siamo sempre molto contrari all’uso di addizioni prima del testo, in questo caso più che mai). Inoltre, l’intera costruzione del romanzo, che dovrebbe essere orientato ad un target di Young Adult, di fatto lo allontana dal suo pubblico. Rifarsi ad uno stile classico è apprezzabile, ma forse non molto avvincente per i giovani lettori moderni abituati a sbranare tomi fantasy di centinaia di pagine dense di fatti.

Infine, quello che secondo noi costituisce sempre il neo più grave e la negligenza più importante nei confronti del lettore: questo romanzo non finisce. E non lasciando la scappatoia aperta per spianare la strada ad un secondo volume (che potrebbe esserci come no, non lo sappiamo e da nessuna parte sul libro questo viene precisato) ma chiudendo con l’equivalente del “verso nuove e mirabolanti avventure”, senza risolvere nessun quesito aperto nella narrazione e senza di fatto dare la certezza che qualcosa dovrà ancora succedere.

In conclusione, Mazzanti anche in virtù della sua giovane età, ha dimostrato di avere la giusta immedesimazione ed il trasporto per scrivere (è il suo terzo romanzo), ma al contempo mostra il fianco ad una necessità di maturare significativa, sia dal punto di vista stilistico che creativo e narrativo. Gli auguriamo sinceramente in bocca al lupo per le sue fatiche future.

La nostra scheda romanzo

Ti interessa questo libro? Demetrio dai capelli verdi (Fantasy)

Fight Club – diretto da D. Fincher

Postato da Legione il 15 Dicembre 2010

Leggendo il primo grande successo di Palahniuk, ci siamo chiesti come avrebbe fatto Fincher a trasporre un’opera così eclettica e particolare sul grande schermo. Quindi abbiamo guardato l’omonimo film, Fight Club, con una notevole aspettativa. Ne è risultato un film, se possibile, ancora più delirante dell’opera originale. Di grandissimo effetto e immediato cult, come infatti è stato, gli espedienti sono dei colpi da maestro.
A partire dalla scelta dei protagonisti: uno spregiudicato, scolpitissimo, muscolosissimo e dal pessimo gusto in fatto di abbigliamento Brad Pitt, crea un binomio stridente e perfettamente ossimorico con Edward Norton, ottimo nella sua parte di impiegatino ingabbiato nella sua tranquilla e rassicurante routine.
Entrambi gli attori danno viso e corpo a personaggi complessi in modo efficace e sono in grado di comunicare i messaggi fondamentali dell’opera scritta, non solo grazie alle loro parole ma anche e soprattutto attraverso l’espressività del linguaggio del corpo, aiutato e supportato da una regia impareggiabile.
Menzione speciale per la sempre singolare Helena Bonham Carter, che sembra selezionare solo parti borderline: a prescindere dal profilo della singola produzione (da Harry Potter a Sweeney Tood, giusto per citarne due) la sua interpretazione brilla sempre per il carattere che riesce ad imprimere al proprio personaggio. Marla Singer non fa eccezione.
Come già detto, ottima la regia: una sceneggiatura difficile, un concept articolatissimo, un cast di qualità, orchestrato alla perfezione per rendere giustizia ad un romanzo che ha certamente segnato un’epoca.

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