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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

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Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

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Racconti dal focolare – C. Dickens, F. Zamparini

Postato da Legione il 30 Gennaio 2014

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Cinque racconti inediti, cinque spaccati carichi di potere evocativo dal sapore storico di altri tempi: Federica Zamparini ci consegna cinque storie di Natale di Charles Dickens, presentandocele in una forma linguistica leggermente modernizzata per essere più fruibili dal lettore di oggi ma lasciando intatto lo stile e soprattutto le sensazioni dell’autore.
Siamo abituati ad associare Dickens al Natale pensando al celeberrimo Canto di Natale, ma questi racconti permettono di assaporare l’affetto speciale che l’autore riservava per questa festa, accostandogli sempre i più dolci e toccanti sentimenti e l’innalzamento dell’animo umano, anche di quello più piegato dalle fatiche e dalle miserie della vita.
Senz’altro una lettura atipica ma evocativa, che consigliamo in particolare proprio a chi già per attitudine ha un amore particolare per la festività natalizia.

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Io, Jedi – M. A. Stackpole

Postato da Legione il 24 Gennaio 2014

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Siamo agli albori della Nuova Repubblica, gli eventi che hanno portato alla caduta dell’Impero sono ancora freschi nella memoria di tutti e gli eroi di quel periodo hanno preso ciascuno la sua strada in posizioni di rilievo. Corran Horn è un pilota di spicco all’interno di una delle squadre d’eccellenza della Ribellione, affetto da un certo atteggiamento scapestrato ed incosciente che lo fa sembrare ancora un po’ un ragazzino. Al suo rientro a casa da una missione non trova sua moglie Mirax ad aspettarlo. All’improvviso Corran viene invaso dalla consapevolezza che sia stata rapita e che sia da qualche parte nella galassia trattenuta contro la sua volontà. Questa scoperta farà sì che il pilota vada incontro alle sue origini, scavi all’interno della sua famiglia e dei suoi antenati, scoprendo di avere origini e poteri Jedi che non sospettava. Incontrerà Luke Skywalker e ne sarà discepolo all’interno della neofondata scuola Jedi, che lo metterà in contatto con la Forza e le sue possibilità, e conoscerà anche un potente ed antichissimo esponente del Lato Oscuro. Gli eventi lo porteranno tra le fila degli Invid, un gruppo armato di pirati nati dai cocci dell’Impero, perchè le prove lo danno legato con la sparizione di Mirax. In un susseguirsi di combattimenti spettacolari e scene d’azione, tra voltafaccia imprevedibili e la morale di fondo secondo la quale Bene e Male si differenziano solo in base ai punti di vista, il libro arriverà alla sua forse un po’ prevedibile conclusione.

Io, Jedi di Michael A. Stackpole è un bel libro che si inserisce all’interno del mondo espanso di Star Wars, collocandosi come detto poco dopo la caduta dell’Impero e dopo le vicende narrate nella trilogia di Thrawn. La sua particolarità risiede nel fatto che il protagonista è un personaggio mai citato all’interno del materiale ufficiale di Star Wars sebbene riesca ad inserirsi in modo molto credibile all’interno delle vicende dei protagonisti classici.
La lettura per un amante del genere è sicuramente piacevole, sebbene il perno della trama (la liberazione di Mirax) viene percepita un po’ come un espediente perchè l’autore possa indugiare su quello che indubbiamente ama di più scrivere: combattimenti spaziali, inseguimenti, inganni, divertenti spacconate, contrasti corpo a corpo.
Nel complesso puramente ludico la lettura è senz’altro piacevole sebbene a livello letterario non sia un capolavoro di profondità.
Consigliato a chi non ha mai abbastanza di sentir parlare della Forza.

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Smettila di reprimere tuo figlio – A. Panarese, R. Cavallo

Postato da Legione il 21 Gennaio 2014

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In un momento in cui diventano best seller negli USA libri che esaltano come pratica educativa la violenza continua e sistematica perpetrata sui bambini fin dalla più tenera età, leggere Smettere di reprimere tuo figlio di Antonio Panarese e Roberta Cavallo restituisce fiducia nel genere umano e nelle sue possibilità.
In questo saggio, strutturato in modo molto efficace come un manuale, gli autori affrontano con semplicità e con tanti esempi concreti come sia possibile (come sia auspicabile) affrontare il ruolo di genitore in modo leggero, senza sforzi o nervosismi e soprattutto facendo crescere i propri figli in sintonia con il loro vero modo di essere.
Tutti noi ci portiamo sulle spalle le ferite dell’infanzia, anche coloro i quali non hanno vissuto evidenti soprusi o privazioni: ogni genitore, nella sua incolpevole inconsapevolezza, ha fatto quello che ha potuto, quello che riteneva più giusto fare. Ma nel momento in cui il genitore (o l’aspirante tale, o semplicemente la persona che vuole guardarsi dentro) si pone domande su di sè e sul suo operato, diventa un dovere cercare di non ripercorrere gli stessi piccoli grandi errori.
Seguendo le indicazioni e le linee guida illustrati nel manuale è possibile innanzitutto mettere in luce alcuni comportamenti inconsapevoli evidenziandone gli effetti sui più piccoli. Si passa da tematiche quali una corretta alimentazione secondo natura, la consapevolezza delle proprie azioni, la suddivisione della crescita del bambino in tre cicli settennali, con il corrispondente sviluppo di specifiche competenze, la messa in luce delle necessità funzionali ad ogni fase di crescita.
Mettendo in discussione i dogmi con i quali vengono cresciuti i bambini da generazioni e mettendo quindi in gioco noi stessi, risolvendo le ferite della nostra infanzia, potremo imparare rapidamente a farci guidare dalla natura che si manifesta nei bambini e ad incanalarla per aiutarli nel modo migliore a crescere e ad esprimere tutto il loro potenziale.
Un libro fondamentale per chi sta per essere genitore e per tutti coloro i quali stanno intraprendendo un viaggio all’interno del proprio essere. Perchè, come spiegano molto bene gli autori nel libro, in ciascuno di noi vive ancora un bambino che non aspetta altro che essere ascoltato.

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Una giornata lunga un giorno – G. Giancavallo Scrafoglia

Postato da Legione il 18 Gennaio 2014

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La morte violenta di una anziana donna segna l’inizio di una lunga giornata per Giuseppe Giancavallo Scrafoglia, uomo di mezza età single e disoccupato, che lo vedrà dapprima oggetto di indagine da parte della polizia e poi oggetto dell’interesse di una giovane e avvenente ragazza, fino all’imprevedibile conclusione della vicenda con la fine del giorno.

Il romanzo breve Una giornata lunga un giorno di Luca Sciarma, che ha ceduto il suo nome come autore a favore di quello del suo personaggio, può essere valutato secondo due punti di vista distinti: la trama e l’escursus filosofico introspettivo. Se per il secondo aspetto non è possibile eccepire nulla, in quanto proprietà di linguaggio e gli occasionali accenti di ironia, il primo è decisamente spoglio e povero.
La trama poco incisiva e di non particolare interesse si trascina attraverso la verbosità delle elucubrazioni introspettive, che allungano la narrazione oltre misura, diluendola e privandola di qualunque mordente. Il risultato è quindi un racconto fine a sè stesso, caratterizzato da questa ricercatezza verbale che lo assimila alla poesia ma che nulla ha a che vedere con la struttura del racconto, che non lo valorizza e del quale non evidenzia uno sviluppo del personaggio, un percorso di crescita, un’evoluzione o un cambiamento.
Il tutto si estrinseca nel finale, che risulta sconvolgente per il protagonista, ma il lettore, che non è riuscito ad immedesimarsi nella storia a causa della diluizione della trama, lo affronta con il più tiepido del trasporto.
Anche a causa di questa strenua ricercatezza lessicale, i dialoghi risultano inverosimili, e se in alcuni punti si può individuare un apprezzabile moto di spirito, nella maggior parte dei casi si è di fronte a soliloqui inconcludenti tra i personaggi, che parlano con la stessa voce e che poco apportano alla trama.
Nel complesso quindi il racconto è un buon esempio di opera altamente introspettiva e filosofica ma alquanto poco appagante dal punto di vista della trama.

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La metà oscura – S. King

Postato da Legione il 10 Gennaio 2014

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Uno scrittore di romanzi dall’incerto successo riesce a conquistare il grande pubblico grazie al suo alter ego, firmando romanzi di alta violenza. Ma quando lo scrittore si decide a chiudere definitivamente questo capitolo della sua vita, eliminando il suo pseudonimo, succede qualcosa di imprevisto ai limiti della fantascienza.

Stephen King non è certo nuovo a trattare questo genere di tema: lui per primo conosce bene l’argomento, visto che ha firmato alcuni romanzi con lo pseudonimo di Richard Bachman in età giovanile. Proprio in virtù del fatto che Bachman costituiva la sua valvola di sfogo per le fantasie più crude (non che la fantasia “classica” di King sia mai stata così ben educata), anche l’alter ego Stark de La metà oscura incarna (mai termine fu più appropriato) i pensieri più malati e viziosi del moderato protagonista.
Questa dualità è stata oggetto di diversi racconti, in svariate forme, ma in questo caso King vi dedica l’intero romanzo, uscendo fuori da qualunque metafora: l’alter ego si trasforma in un concretissimo doppelganger capace di uccidere e seviziare nel mondo reale chiunque dovesse intralciare il suo personalissimo piano di autodeterminazione.
Contrariamente alle aspettative, il romanzo ci ha un po’ delusi. Un po’ per lo stile propriamente narrativo, insolitamente verboso e prolisso, un po’ per gli accenti marcatamente inverosimili della trama stessa. Per quanto gli stessi personaggi giustamente facciano fatica a credere all’incarnazione di Stark, alla fine il lettore riesce a digerire con difficoltà questa versione, con tutte le sue particolarissime accezioni che dovrebbero fornire una base logica e che invece non fanno altro che dare una sensazione di brancolamento nel caos.
Indubbiamente, come ogni produzione di King, si tratta di un indiscutibile best seller, ma in prospettiva, dopo aver letto opere decisamente migliori e più incisive, questo romanzo lascia un po’ straniti ed insoddisfatti.

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La casa dal pergolato di glicine – L. Guida

Postato da Legione il 3 Gennaio 2014

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L’estate di una giovane coppia dalle belle prospettive, ma di fatto stanca e già in rottura, sullo scenario di un piccolo paese laziale e una vecchia casa, discreta spettatrice dello sgretolamento delle vite dei loro abitanti e della successiva rinascita.

Il romanzo di Lucia Guida, La casa dal pergolato di glicine, è sicuramente un’opera fortemente incentrata sull’universo femminile, che viene descritto e scandagliato con credibilità e attenzione, dando una struttura evolutiva alla vicenda che può anche costituire un esempio per chi vive situazioni analoghe.
La trama è semplice e nel complesso interessante, incentrata su una vicenda non particolarmente originale ma che l’approfondimento psicologico femminile senz’altro valorizza.
Purtroppo alcune infelici scelte narrative rendono la lettura un po’ ostica: senz’altro l’utilizzo del “raccontato” per l’intera vicenda invece del “mostrato” fa in modo che sia molto difficile sentirsi vicini alla protagonista della storia, che vediamo agire come su un palco, con scarsa immedesimazione per il lettore.
Anche la scelta stilistica di una elevata ricercatezza lessicale appesantisce la lettura rendendola ridondante e, quando applicata sui rari dialoghi, del tutto inverosimili.
Protagonista indiscussa della vicenda è senz’altro Marina e il punto di vista narrativo rimane solidamente puntato su di lei, ma a volte questo focus si sposta in modo imprevedibile sugli altri personaggi, destabilizzando il lettore.
Nel complesso quindi un’opera semplice e con dei buoni tempi, con un solo rigoroso filone narrativo e senza trame secondarie, dai buoni contenuti, che risulta però appesantito da caratteristiche poco funzionali all’efficacia del testo, arrivando a smorzarne l’intensità emotiva ed evocativa.

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Lo Hobbit, la desolazione di Smaug – regia di P. Jackson

Postato da Legione il 24 Dicembre 2013

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***ATTENZIONE! IRONIA E SPOILER!***

Prosegue l’avventura di Bilbo Baggings e dello squadrone di nani alla volta della riconquista del regno sotto la montagna. La desolazione di Smaug entra nel vivo ciccioso della storia, in due ore e quaranta di film succede proprio di tutto.
Entramo nel cuore di Bosco Atro e ci perdiamo nei suoi infidi meandri, facendo la conoscenza (toh, guarda! una ragnatela *enorme*, perchè non la punzecchiamo un po’?) con varie oscure (e schifose) creature. Ma soprattutto incontriamo gli elfi silvani, ritrovando l’algido viso di Legolas e del suo più che amichevole padre: si sa, a furia di stare sepolti dentro una foresta asfittica, tagliati fuori dal mondo esterno, tanto teneri non si può essere. E di freccia in freccia, tra aspiranti amici che diventano nemici ma poi ridiventano amici (forse, per ora e per un po’), e di elfiche grazie infilate di forza all’interno della storia, i nostri arrivano finalmente alle porte di Erebor dopo indicibili fatiche e aver sbocconcellato la squadra di nani. E arrivano agli ingressi proprio nel momento giusto, ma la porta non si vede e dopo tipo dieci minuti di tentativi il nostro Thorin Scudodiquercia e Occhiofiero, condottiero di eserciti nanici e forgiatore di stampi per biscotti, il Thorin che vuole smuovere un *drago* per riprendersi il suo trono, smolla la preziosa chiave e se ne va scornato. Logico.
Ma alla fine l’intervento risolutivo del nostro hobbit dall’àplomb british fa aprire comunque il portoncin… ehm, la porta magica per il regno sotterraneo e quindi tutto bene.
Ma invece di festeggiare con una merenda hobbit, i nani mollano due pacche sulle spalle a Bilbo: “vai caro, trovami l’archengemma, ma mi raccomando, cerca di non svegliare il drago eh! Noi stiamo qua e ti guardiamo le spalle! Vai caro, vai!”.
E così, Bilbo sentendosi un peletto fregato si incammina nelle viscere di Erebor. Ben presto ci accorgiamo che cercare quel gingillino prezioso non è che sia proprio una passeggiata: in un salone che nemmeno il deposito di Zio Paperone è conservato un tesoro vastissimo, oltre che un draguccio serpentiforme dall’eloquio forbito. Visto che Bilbo da solo non riusciva a quagliare, accorre Thorin e con un grande gesto di amicizia (l’avrebbe affettato lì per lì) riprende in mano la situazione e decide di… no vabbè, questa non ve la dico perchè è troppo furba e non posso spoilerarvi proprio tutto, men che meno il finalone col botto.

Comunque, al di là della facile ironia (in fondo tutta la fantasy sta a cavallo tra il fantastico e l’idiozia, dipende da con quali occhi la si guarda), La desolazione di Smaug è un film pregevole. L’ho visto in 3D e ha fatto la sua bella figura: non se n’è sentito l’abuso ma anzi è sempre stato funzionale all’apprezzamento delle scene.
C’è però qualcosa che stona, in questa rilettura cinematografica, e non parlo solo dell’aggiunta a tavolino della figura di Tauriel e del ricamo pseudoromantico costruitole attorno (talmente assurdo che gli stessi protagonisti hanno la faccia poco convinta mentre recitano), che si vede lontano chilometri per quanto poco è amalgamato nella storia. I dialoghi sono forzati, in particolare quelli tra gli elfi, e alcuni comportamenti un po’ assurdi, per quanto attinenti al romanzo, potevano essere reinterpretati in un modo un po’ più profondo e introspettivo invece di essere solo spiattellati così nell’assurdità.
Senz’altro un filmone, perchè gli attori sono tutti bravissimi, vista anche la coralità dell’interpretazione, ma forse subisce un po’ l’eccesso della CGI che in pratica domina tutte le scene, costruendo legioni di comparse (oltre che tre cattivi più il Cattivissimo per eccellenza, Sauron, che si manifesta in forma umanoide e che ricorda un po’ lo Shrike di simmonsiana memoria), ambienti, draghi, ecc. e che fanno compiere alla storia un altro gradino sulla scala del surreale.
Ma comunque, ironie a parte, il terzo episodio me l’andrò a vedere eccome!

Recensione scritta da Sayu

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Cyber Tokio – A. Monterisi

Postato da Legione il 22 Dicembre 2013

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In una distopia ultramoderna rigidamente suddivisa in caste e stratificata anche fisicamente, a una ragazza qualunque viene riconosciuta un’intelligenza tale da consentirle di avanzare di livello e di affrancare quindi lei e tutta la sua famiglia dal degrado e dalla fatica del suo livello natìo.
Ma per una questione burocratica le viene imposto un miglioramento molto inferiore al suo diritto, per lei sola. Pur di non separarsi dalla famiglia, la giovane decide di opporsi alla decisione degli esaminatori, costituendo quindi un pericoloso precedente di sovversione al sistema. Da qui una serie di eventi dall’ampia portata faranno della ragazza un simbolo di rivolta, con conseguenze (im)prevedibili.

Cyber Tokio di Antonella Monterisi è un racconto pubblicato in formato eBook da La Mela Avvelenata e costituisce una piacevole lettura. Sebbene di primo acchito sia la distopia disegnata che lo sviluppo della trama sulla ribellione facciano pensare nettamente ad Hunger Games, al punto da poterne identificare addirittura un paio di battute, nel complesso il racconto è gradevole e piuttosto ben congeniato.
Spiace, come spesso accade in circostanze analoghe, il fatto che la breve lunghezza del testo non consenta un approfondimento della trama e quindi un maggior spessore alla vicenda e alla distopia creata: la parte divertente dello scrivere (e del leggere) fantascienza è immergersi in una realtà diversa da quella che conosciamo, aver modo di poterla studiare e immaginare sotto molteplici aspetti la rende realistica ed evocativa. Per questo molti punti che potevano essere felici argomenti di digressione e approfondimento vengono lasciati ai margini, rendendo il mondo creato molto meno solido di quanto si meriterebbe: non viene approfondita la questione delle caste (quante, quali, perchè) così come passa drammaticamente nel sottotesto il perchè della suddivisione in Orientali e Occidentali e dei rispettivi giochi di forza (doverlo scoprire nella sinossi è quasi un delitto!) e non viene affatto approfondito il personaggio dell’esaminatore buono, che invece poteva essere una fantastica freccia all’arco dell’arricchimento della trama.
A voler trovare una pecca, o per lo meno individuare un errore commesso da molti nella scrittura di romanzi e racconti di fantascienza, è l’infodump iniziale, o meglio, quella necessità percepita dall’autore di spiegare la straordinarietà del mondo che ha creato, sia attraverso espressioni didattiche all’interno del testo, sia tramite una titolazione altisonante dei capitoli. In questo caso, visto che la vicenda si svolge nell’arco di qualche giorno, una titolazione con anno, mese e ora ogni poche pagine produce l’effetto contrario a quello desiderato: invece di aiutare la comprensione di alcuni passaggi avanti/indietro/avanti nel tempo narrativo, l’informazione si perde.
Nel complesso comunque una lettura gradevole, ben scritta e interessante. Consigliato.

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