Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
Archivio del 2014
Quattro dopo mezzanotte – S. King
Sì, abbiamo ancora da recensire libri di Stephen King, anche se in effetti non più molti (e alcuni li abbiamo letti così tanto tempo fa da non aver voglia di mettere troppo alla prova la nostra memoria).
Oggi parliamo di una raccolta di racconti lunghi, o di romanzi brevi. Niente a che vedere con il celeberrimo “Stagioni diverse” in cui possiamo trovare racconti che nell’arco degli ultimi vent’anni sono passati tutti per il grande schermo, ma in Quattro dopo mezzanotte possiamo trovare senz’altro pane per i nostri denti.
Questi quattro romanzi brevi sono senza ombra di dubbio horror nella più kinghiana delle accezioni. Chi come noi ha letto e riletto le sue opere di ogni tempo può riconoscervi tantissimi punti distintivi, non solo elementi narrativi bensì intere espressioni e concetti che King ama riproporre e che forse, in virtù della più breve percorrenza in questo caso, ha deciso di non modificare in favore di espressioni più originali.
I racconti a nostro parere seguono un percorso, una escalation al contrario, una contrazione in termini di spazio e area di azione.
Ne “I langolieri” ci troviamo per le mani qualcosa di davvero grosso: di punto in bianco gran parte dei passeggeri e tutto l’equipaggio a bordo di un aereo di linea scompare misteriosamente nel nulla, lasciando nella più completa costernazione una manciata di superstiti che si troveranno a fronteggiare circostanze del tutto incredibili. In quest’opera l’elemento soprannaturale (fantascientifico, se vogliamo) è preponderante per la comprensione della vicenda, ma non manca un senso di orrore claustrofobico nonostante l’ampio spazio che viene dato anche agli eventi al di fuori dell’aereo. Molto ben delineati i personaggi e la ferrea (il)logicità del “cattivo” di turno.
Due dopo mezzanotte, “Finestra segreta, giardino segreto“, si contrae un po’ su se stesso. Pur svolgendosi in un’area geografica decisamente più ampia rispetto al primo racconto, risulta ben presto (forse non così presto) come il punto focale non sia da ricercarsi chissà dove, ma molto vicino al protagonista, talmente vicino da compenetrarlo. Uno scrittore di successo recentemente abbandonato dall’amata moglie si ritrova a dover fronteggiare uno scrittore amatorale, un redneck qualsiasi, che sostiene che un suo racconto è stato plagiato. In questo racconto ritroviamo elementi che è possibile riscontrare in altre opere, con caratteristiche più o meno analoghe.
Tre dopo mezzanotte, “Il poliziotto della biblioteca“, effettua ulteriormente una contrazione, questa volta in termini di orrore claustrofobico. Un assicuratore si trova a dover tenere un discorso al suo club e decide di prendere in prestito alcuni libri in biblioteca per mettere un po’ di sale alla sua esposizione. Lì farà la conoscenza di una bibliotecaria molto particolare e, quando si “dimenticherà” di riconsegnare per tempo i volumi, anche della temibile polizia bibliotecaria. L’ambientazione e i personaggi sono tra i più domestici possibile, ma il ritmo è incalzante e i personaggi sono disegnati con particolare nitidezza.
Quattro dopo mezzanotte, “Il fotocane“, si ricollega alle vicende di Castle Rock, cittadina del Maine di cui conosciamo l’affezione dell’autore anche grazie alla sua specifica introduzione. La contrazione qui la riscontriamo nell’ambiente geografico di azione, ma anche nella verosimiglianza dell’evento soprannaturale. Un ragazzino per il suo compleanno riceve una Polaroid difettosa: continua a scattare fotografie di un enorme cane nero, incurante del reale soggetto inquadrato. E non solo, le fotografie sembrano delineare una sequenza temporale e un movimento dell’animale. Movimento piuttosto minaccioso, in verità. In questo caso viene ripreso l’elemento caratteristico di un altro romanzo molto celebre di King, Cujo, sulla linea dell’incarnazione del Male all’interno di un animale (e non di un uomo o di una creatura aliena, come siamo stati abituati in altre circostanze). A nostro parere forse il meno incisivo della raccolta, in particolare per la lungheza del testo, che ad un certo punto diventa decisamente prolisso.
Noi abbiamo letto i racconti in un unico volume, ma abbiamo visto che in un’edizione successiva è stato pubblicato in due volumi, il primo dei quali risulta essere fuori catalogo. Noi comunque vi segnalamo i link, caso mai dovesse tornare disponibile.
Mystic river – regia di C. Eastwood
Tre ragazzini, nella provincia americana, conoscono la tragedia: uno di questi viene rapito per quattro giorni finchè non riesce a fuggire. Passano gli anni, ognuno segue la propria vita, ma tutto sembra incrinato. E quando un’altra tragedia colpisce uno dei tre uomini, si troveranno a fronteggiare nuovamente i fantasmi del passato, scoprendo che nulla è mai stato davvero superato.
Mystic river è forse uno dei più celebri film diretti da Clint Eastwood, ma è forse meno noto che il soggetto è tratto da un romanzo di Dennis Lehane, La morte non dimentica. Per quanto la trama sia semplice e non ci siano spettacolari effetti speciali o colpi di scena straordinari, si può certo dire che si tratti di un Bel Film. Per ovvi motivi tutto il focus è incentrato sulle dinamiche e sui processi interiori dei tre protagonisti e dei comprimari, ma la struttura del film riesce a valorizzare efficacemente questo aspetto, rendendo il film estremamente denso e cadenzato dagli eventi che si susseguono quasi torpidi, fino al crescendo in cui finalmente si scopre la soluzione della drammatica vicenda.
Una bella esperienza cinematografica, un buon esempio di film di qualità senza strepiti, tenuto insieme dall’abilità degli attori e della regia.
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E il libro di Lehan: Mystic River. La morte non dimentica (Bestseller)
Diario di guerra contro gli zombie – N. Furia
Sì, ancora zombie. E questa volta qui, vicino a casa nostra. Anche Avoledo nel suo Le radici del cielo all’interno del progetto Metro 2033 Universe ci aveva provato, ma questa occasione, l’autore dietro lo pseudonimo di Nicola Furia, è andato più sull’artiglieria pesante.
Diario di guerra contro gli zombie è un romanzo atipico, e ben sappiamo che per questo argomento ben si attagliano i formati inconsueti. In questo caso, il romanzo si presenta come una raccolta documentale di post, lettere e trascrizioni di interrogatori, attraverso i quali viene raccontato l’inizio del declino della civiltà a causa di un’invasione zombie e la lotta senza quartiere messa in atto dal tenente dei carabinieri Nicola Furia.
Quanti lettori, leggendo un romanzo zombie, si sono alterati inveendo alla pagina stampata: “Ma no, idiota! Se fai così ti fai ammazzare!” a causa di qualche sciocchezza del sopravvissuto di turno? Questo romanzo risponde esattamente a questo impulso: racconta, tra le altre cose, per filo e per segno come un militare organizzerebbe la resistenza ad un’orda zombie e come poi reagirebbe per realizzare una zona sicura per i sopravvissuti.
Tutto perfettamente logico quindi, ma nella lettura saltano spesso agli occhi alcuni punti incongruenti. Uno su tutti è la semplicità con cui viene considerato l’elemento zombie e soprattutto la variabile umana. L’autore non fa alcuna congettura su come i non morti si siano generati e la stessa propagazione del virus può suonare talvolta un po’ stridente. Ma soprattutto, all’interno dei piani d’azione, non vengono mai prese in considerazione le variabili, che invece sono i veri punti di brivido di qualunque altro romanzo del genere. Gli zombie qui rappresentati sono “cose” semoventi, stupide, lente e disorganizzate, al punto che è possibile attuare sortite di decimazione controllata per sfoltirli dalle strade. Zero brivido. E poi, munizioni, armi e veicoli in abbondanza, fin da subito, nessuna difficoltà, solo qualche morto. Zero coinvolgimento.
Quelli che vengono dipinti come del tutto assurdamente prevedibili, sono i sopravvissuti. Nessuno che commette sciocchezze, nessuno che si fa ammazzare, nessuno che fa il pusillanime. Per carità, l’autore ci racconta il succedere di queste cose, e in un paio di occasioni ci viene anche mostrato, ma tutto nei rigidi ranghi controllati della realtà sotto corte marziale che il protagonista Furia ha messo in piedi.
Proprio il protagonista e i personaggi in generale, risultano poco credibili, se non caricaturali. Il protagonista, nei suoi deliri di sedicente folle, sfiora la comicità in quasi tutto il romanzo.
Interessante la digressione religiosa sull’entità zombie, che però purtroppo resta soltanto una digressione quando sarebbe potuto essere un buono spunto narrativo da portare avanti per dare un risvolto ancora più fantasy alla storia.
Insomma, un romanzo che può risultare gradito agli amanti del genere (in fondo di zombie non ne abbiamo mai abbastanza) ma che mostra il fianco a parecchie incertezze che lo rendono un po’ naif e poco verosimile.
Maledettismo – V. Biuso
A volte, in certe particolari circostanze, l’animo umano può raggiungere il suo punto più basso, più abbietto, più tragico. Talvolta non è il soggiacere al vizio a rendere pessimo l’uomo, ma spesso è questo fattore ad avvicinarlo alla tragedia.
La raccolta di racconti decisamente “old fashioned” di Valeria Biuso, Maledettismo, è un esperimento interessante. Ogni microstoria racconta uno spaccato di vita più o meno realistica su un concetto base di causa-effetto, nel quale, come dicevamo, vengono descritti uomini e donne e rispettivi vizi e inclinazioni, che talvolta li portano davanti ad un tragico finale.
Sebbene lo stile di scrittura salti all’occhio per la sua costruzione audace, pomposa e barocca, i contenuti quando ridotti alla sostanza suonano un po’ ingenui e piuttosto fantasiosi, dal mordente relativamente debole.
Anche la scelta di mantenere il narratore molto distante dai fatti narrati, come se fosse un personaggio egli stesso che racconta senza mostrare, è piuttosto opinabile: le storie risultano con poco mordente e poco appassionanti. Probabilmente il momento in cui l’autrice riesce bene nel suo intento è di fronte alle descrizioni dei personaggi, più che delle loro storie.
Un’opera singolare che, per quanto breve in termini di numero di pagine, non risulta proprio una lettura del disimpegno.
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Un’altra notte di emozioni – M. Crisafulli
Da germoglio a segna pagina
Credo che l’uomo sia come una rosa appassita
dentro un libro dalle pagine infinite,
chiamato vita:
per ogni riga scritta prende colore,
per ogni pagina letta vede luce,
ma, a mano a mano che si volta pagina,
e che si consuma carta,
finisce per avvizzire,
schiacciata da sottili fogli
pesanti come un macigno per un povero fiore
consumato dal tempo.
E pensare che quella rosa, prima di appassire,
fu piantata, curata, sopportò vento, pioggia, sole,
e divenne forte,
fino a quando una mano la colse,
strappandola dalla terra in cui aveva vissuto
assieme ad altri fiori.
Quella mano, però, le diede vita nuova,
forse arida, ma eterna.
La raccolta poetica di Mariapia Crisafulli, Un’altra notte di emozioni, si incentra sugli aspetti più semplici del quotidiano, in particolare sulla notte, occasione di ristoro per la mente e di rinnovata comunione con i propri sentimenti, ma anche sulla natura in generale e le sue manifestazioni, che spesso sintetizzano e semplificano i grandi eventi della vita umana.
Semplici, introspettive, talvolta un po’ naif, le poesie dell’autrice rivelano un animo tanto sensibile quanto giovane e acerbo. Sicuramente con lo studio e l’esperienza non mancheranno di crescere in profondità ed efficacia espressiva.
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Le memorie oscure – A. Filisdeo
Desueto, polveroso, retrò, barocco: mai prima di ora queste parole assumono una connotazione tanto positiva. Il romanzo di esordio del giovane Alessio Filisdeo, Le memorie oscure, è l’antitesi della modernità, e meno male. In questo romanzo che possiamo definire gotico, fanno bella mostra di loro ambientazioni e personaggi ottocenteschi e creature notturne degne del sapore delle origini. Vampiri non alla stregua del Bela Lugosi, ma si piacevolmente vicini a quelli della Rice, dei quali però non vengono ricalcate pedestremente le fattezze e caratteristiche, ma anzi vengono presentati in accenti del tutto originali.
Lo stile e la scelta lessicale accuratissima e barocca rallenta un po’ la lettura ma ben si confà all’obiettivo immersivo del romanzo: leggere i protagonisti e lo stesso narratore esprimersi in modo consistente con l’atmosfera narrata rende l’esperienza della lettura ancora più pervasiva.
Lettura comunque molto piacevole e appassionante: la trama è ben articolata, non banale nè scontata, i personaggi sono numerosi, ben delineati e dalle caratteristiche precise, per i quali si prova rapidamente un istintivo riconoscimento di umanità e spessore realistico. Talvolta la gravità della narrazione viene smorzata da siparietti genuinamente comici, con tratti mutuati dalla cinematografia, con scene dalla forte valenza visiva che risultano efficacissime anche per una migliore comprensione del background dei personaggi.
Ragguardevole comunque la proprietà di linguaggio di questo giovane autore: a parte qualche refuso del tutto trascurabile, la costruzione tecnica e la struttura del romanzo sono praticamente impeccabili: buoni ritmi, buona sequenzialità delle immagini, delle informazioni e gestione delle scene dinamiche che non risultano quasi mai confuse.
Leggere Le memorie oscure ci ha portato alla mente diversi film, dei più disparati: da L’esorcista a Wild wild west, da Inception a Dracula di Bran Stoker, da Van Helsing a Underworld. Passaggi segreti a volontà, sparatorie e combattimenti con il doveroso spargimento di sangue e dettagli macabri, scenette deliziose, drammi, paladini invincibili, segreti, misteri, tradimenti e vampiri. Che cosa potremmo volere di più?
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Felicità nuda – M. C. Petrucci
La felicità è un diritto di tutti, forse l’unico vero obiettivo che merita di essere perseguito nella vita, e nulla, neanche le avversità, possono distoglierci da questo desiderio naturale.
Questo è il concetto fondante del romanzo di Maria Cristina Petrucci, Felicità nuda, un romanzo biografico in cui si narrano le vicende della protagonista Virginia, che attraverso alti e bassi cerca di riguagnare quella purezza infantile che gli eventi sembrano averle fatto perdere.
Il romanzo risente innanzitutto di una costruzione piuttosto ingenua e poco organizzata, pur mantenendo una stretta sequenzialità temporale. Lo stile è confuso, i punti di vista saltano tra i vari personaggi spesso senza una logica, dialoghi, pensieri e descrizioni si mescolano creando un insieme disomogeneo che rende la lettura difficile e poco coinvolgente.
I personaggi si esprimono in modo uniforme e talvolta stereotipato, i dialoghi sono stereotipati e poco incisivi ma soprattutto il narratore onniscente fa sentire fortemente la sua voce raccontando gli eventi tenendo il lettore sempre piuttosto lontano dall’immedesimazione nella storia, usando toni pomposi nel descrivere le peculiarità del carattere della protagonista e degli altri personaggi invece di mostrarle attraverso scene ed episodi selezionati con cura.
Nel complesso quindi l’obiettivo empatico del romanzo viene solo sfiorato, a causa dello stile, della vicenda di per sè e della struttura poco organizzata.
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Icarus – A. Cipollini
L’aggettivo più adatto per descrivere la breve opera di Alessandro Cipollini, Icarus, è probabilmente “singolare”.
Tre brevissimi racconti e tre poesie, tutti che brillano di sicuro per la proprietà di linguaggio e la capacità espressiva, raccolti in un volume a dir poco minimale: di certo si tratta di curioso esperimento editoriale, sia per la forma che per i contenuti.
A voler prendere in esame i racconti, si può dire che pur essendo stati evidentemente studiati con l’idea di suscitare un senso di stupore nel lettore, di rovesciamento della trama, il risultato è un po’ debole.
Nel primo racconto si indovina il twist ending dalle primissime righe, considerando anche la somiglianza con svariati racconti analoghi susseguitisi nella storia delle fantascienza; nel secondo l’idea è effettivamente intrigante ma la costruzione del racconto risulta un po’ incerta nel discernere di volta in volta chi è che agisce, pur mantenendo abbastanza efficace il finale a sorpresa; il terzo sembra un incipit di design di un romanzo giallo, pur però concludendosi rapidamente senza chiarire molto dell’accaduto.
Insomma, Icarus costituisce indubbiamente una lettura esteticamente pregevole, ma senza riuscire ad andare oltre l’esercizio di stile fine a sè stesso.
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