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La pesatura dell’anima – C. Farris
In un antico Egitto alternativo, dove l’ingegneria genetica ha permesso di ottenere strumenti di alta tecnologia da animali e piante, un gruppo di sette guardie elette comunicano con i Morti, somministrando la giustizia più vera e assoluta: lo scambio dell’anima colpevole per quella innocente della vittima.
Ma, all’interno di questo sistema apparentemente infallibile, un caso insoluto svela una debolezza che trascende ogni immaginazione e mina l’intero equilibrio politico e culturale della società.
Questa, in estrema sintesi, la trama del romanzo di Clelia Farris, La pesatura dell’anima. Un romanzo di fantascienza ucronica estrema, che si spinge molto oltre il mainstream letterario al quale la letteratura commerciale ci ha abituato negli ultimi anni.
Un’opera quantitativamente breve (183 pagine) ma densa ed intensa. La Farris non solo ci offre un intreccio degno del miglior poliziesco, ma lo inserisce all’interno di una realtà fantascientifica così elaborata ed originale da lasciare senza fiato.
Lo stile è impeccabile e denota l’esperienza con la lingua scritta e con il genere. L’autore infatti non cede mai nella tentazione dell’infodump, anche a costo di lasciare il lettore nell’incertezza per parecchie pagine. Le occasioni infatti sarebbero numerose, perché viene imbastito un mondo intero del tutto lontano a ciò a cui siamo abituati, e non abbiamo nessuna nota o spiegazione a nostro beneficio. Nonostante questo, o forse anche grazie a questo, l’interesse non scende mai, e alla fine, con pazienza, tutti i fili vengono tirati nella giusta direzione.
La voce narrante è una distaccatissima terza persona, con punto di vista variabile, che corrisponde per la maggior parte con il punto di vista della protagonista, Naima, ma che spesso coinvolge gli altri cinque personaggi principali. Il tono è quasi chirurgico, completamente impersonale, al punto che la sensazione finale ben presto assomiglia ad una cronaca di fatti. Questo espediente permette ai personaggi di risaltare sopra ogni altra cosa.
I personaggi, infatti, sono probabilmente la punta di diamante di questo romanzo. Si inseriscono nell’intreccio con naturalezza e credibilità e, sebbene vengano descritti fisicamente solo all’inizio, restano vivi e ben distinti l’uno dagli altri, ciascuno con le sue proprie caratteristiche, mai scontate o banali e sempre vivide e coerenti tra loro.
Il romanzo si fonda su un intreccio talmente elaborato che è impossibile non evincere lo studio che deve essere costato per realizzarlo: inventare un mondo del tutto straordinario, con una sua geografia, una sua struttura politica, le sue proprie religioni, credenze, usanze e dialetti, presuppone uno sforzo creativo non da poco, difficile da riscontrare anche in altri esponenti del genere.
Un libro ottimo, che ci sentiamo di consigliare a tutti coloro che cercano, senza trovarlo se non di rado, il Sense of Wonder che caratterizza la letteratura fantascientifica, e a tutti coloro che sono dei lettori dalla mente aperta, disponibili a farsi stupire in modi sempre più imprevisti dalla parola scritta.
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Scheda: La pesatura dell’anima – C. Farris
LA PESATURA DELL’ANIMA
Clelia Farris
Casa Editrice: Kipple Officina libraria
Collana: Biblioteca di Avatar
Anno di pubblicazione: 2011
Genere letterario: Fantascienza
Vincitore del premio Kipple 2010
Pagine: 192
Isbn 13: 978-88-95414-26-3In un Egitto minacciato dalla desertificazione, i Movimentisti si ribellano al tradizionale attaccamento alle Due Terre degli Stanziali. I movimenti centrifughi sono presenti anche nella politica e nella religione, dove i Mitriaci combattono l’ortodossia della Religione tradizionale. In questo scenario i Sette (un gruppo elitario di Giudici, in contatto con l’Aldilà), si rende conto di aver sbagliato un verdetto di condanna a morte per un misterioso infanticidio. Le conseguenze saranno pesanti, il loro patto con il Regno dei morti vacillerà e la situazione sarà aggravata da un nuovo omicidio.
l’autore
Clelia Farris è nata a Cagliari nel 1967, dove si è laureata in psicologia, con una tesi di epistemologia.
Nel 2004 ha vinto il premio letterario Fantascienza.com con il romanzo Rupes Recta (Delos Books), giunto alla terza ristampa.
Ha pubblicato su Fantasy Magazine il racconto Dialogo diabolo e sulla rivista Robot il racconto L’eroe dei mille mondi.
Nel 2009 ha vinto la prima edizione del premio Odissea con il romanzo Nessun uomo è mio fratello (Delos Books).
Nel 2010 ha vinto il premio Kipple con il romanzo La pesatura dell’anima (Kipple Officina Libraria).
Comodo… ma come dire… poca soddisfazione – G. Fracasso
Se, a dei profani, si chiedesse che cosa sappiano della particolare branca della fisica chiamata Meccanica Quantistica, probabilmente in molti storcerebbero il naso, liquidando la propria scarsa preparazione in materia adducendo il fatto che “l’infinitamente piccolo” non può influenzare la nostra vita quotidiana, e che in fondo tutte queste teorie così ardite lasciano il tempo che trovano.
Il romanzo di Gianluca Fracasso, Comodo… ma come dire… poca soddisfazione dimostra semmai il contrario, costruendo un intreccio originale e risolvendo un giallo degno di questo nome, basandosi proprio sulle teorie e sui personaggi illustri che le hanno enunciate.
Al contrario di quello che si può abitualmente leggere in diversi romanzi, in cui le nozioni tecniche fanno da contorno e giustificano particolari passaggi della trama, in questo caso la situazione è rovesciata. Emergono infatti al di sopra e prima di tutto il resto, le informazioni che riguardano gli enunciati fondamentali della meccanica quantistica e i cenni biografici degli uomini di scienza che li hanno elaborati. Attorno a queste informazioni, viene tracciata una trama, o per meglio dire, una vicenda con un piccolo mistero, che viene risolto grazie alle nozioni che abbiamo imparato a conoscere man mano.
Senza dubbio si tratta di un romanzo molto particolare ed originale, non solo per la tematica trattata, non nota certamente per il suo appeal, ma anche per lo stile di narrazione.
Sebbene impostato sulla prima persona, l’intera storia è in pratica una lunghissima sessione di dialogo tra il protagonista, Epy, e gli altri personaggi. I dialoghi, che costituiscono appunto la componente fondamentale, sono spesso un po’ poco fluidi e forzatamente funzionali alla storia, mancando di naturalezza e credibilità, rallentando un po’ la lettura. Ciò che è indubbio però è che la combinazione tra l’argomento trattato e il contenuto dei dialoghi fa sì che vengano caratterizzati piuttosto bene i personaggi, che appaiono tutti particolarmente sui generis, eccentrici e molto sopra le righe.
Uno degli obiettivi dichiarati dell’autore è quello di avvicinare ed incuriosire il lettore a questi aspetti ritenuti a priori ostici ed incomprensibili, mostrando anche il lato umano della scienza. Possiamo dire che almeno secondo noi, l’obiettivo è stato raggiunto, mostrando con chiarezza divulgativa questi aspetti che spesso trascendono la sola immanenza matematica e spesso sfociano nella filosofia, con tutto quello che ne consegue.
Un libro piacevole, insomma, che purtroppo risente di alcuni errori di stampa che infastidiscono la lettura, ma che oltre ad intrattenere permette anche di imparare qualcosa di nuovo, che non guasta mai.
Scheda: Comodo… ma come dire… poca soddisfazione – G. Fracasso
Epy è una matricola universitaria iscritta al corso di Fisica; per preparare l’esame di Meccanica Quantistica arranca dietro concetti nebulosi come il Principio di Indeterminazione di Heisenberg ed il dualismo onda/particella. Sono coinvolti in queste sue tribolazioni: il padre Adelmo, da qualche anno in pensione, tuttologo per indole ed ellenico per vocazione; la madre Grazia, ingenua e candida esperta di improbabili discipline come il fitness frattale; Mario, nostalgico portinaio veneto, senza più riferimenti ideologici dopo un fiero passato da militante.
Il casuale ritrovamento di una lettera in cantina distoglierà Epy dai suoi studi e gli permetterà di introdursi in uno spaccato della vita del padre, tenuto caparbiamente nascosto ai propri cari fino a quel momento.
Riemergeranno così i mai sopiti sensi di colpa di Adelmo legati ad un episodio che lo aveva visto, suo malgrado, protagonista vent’anni prima: il suicidio del responsabile, quando si trovava a svolgere la sua attività di impiegato amministrativo in una azienda di carenature trattori.
Da dove nascono questi tormenti, mai repressi nonostante il tempo trascorso da quegli avvenimenti? L’incontro con le figure di Gödel e Turing, due fra i matematici più influenti del secolo scorso, munirà Epy degli strumenti necessari a rimuovere il velo di silenzi e omissioni su quella strana morte…Alcune fra le più limpide teorie partorite in ambito matematico e fisico definiscono i confini entro cui “scorazza” la struttura narrativa. Nel solco di questi vincoli si dipana un giallo psicologico dalle tinte molto tenui, spesso venate di ironia, alla cui risoluzione si arriva attingendo dalle personalità e dai concetti espressi da alcuni fra i più straordinari uomini di scienza del secolo scorso.
nota dell’autore
Caro lettore, per lo sforzo di attenzione che richiedo, ti sono debitore di un gesto di onestà intellettuale. Devo quindi illustrarti i motivi che hanno portato alla pubblicazione di questo libercolo.
Diciamo che la necessità di esorcizzare le ricadute psicologiche di un esame andato a buca all’università, durante il corso di Fisica, quasi vent’anni fa (!!) mi ha costretto a vergare queste righe.
Tu potresti giustamente ribattere: “Ed io che c’entro con le tue paranoie a scoppio ritardato?”
Hai ragione, ma mi piacerebbe coinvolgerti per vedere l’effetto che fa, come direbbe Jannacci.Ho provato a giocare la carta dell’ironia per portarti in modo indolore, pressochè involontariamente, a condividere qualche riflessione su materie che magari non hanno mai suscitato il tuo interesse.
Di fatto, ti trovi davanti ad una sorta di giallo psicologico: c’è il morto, ci sono le indagini, gli indizi. Non ti aspettare però emozioni forti, tensione narrativa: non possiedo i ferri del mestiere dello scrittore. Ho cercato piuttosto di imbastire con tutta l’ingenuità del caso ed attraverso la cornice fornita da alcune teorie scientifiche, una storia che potesse presentare una certa coerenza all’interno di questi vincoli auto-imposti.Perché il mio scopo é quello di riuscire ad instillare la curiosità verso argomenti qui presentati “a tratti di pennello”, visto che non ho la competenza né i titoli per potermi spingere oltre.
Mi piacerebbe fossi tu poi ad affrontare il toro per le corna: immergerti nell’impalpabilità della Fisica Quantistica, nei corto-circuiti cerebrali della Logica, nella sfida al senso comune della Relatività.
Sappi solo che sono argomenti che invogliano a porsi domande che vanno oltre il loro specifico contesto scientifico: potresti rimanere turbato dalle riflessioni scaturite dal loro approfondimento e vedere scalfite convinzioni consolidate!!
Tu, di nuovo, potresti dirmi: ”Che vantaggio ho io a fustigarmi così? “
Beh, io lo ritengo un buon allenamento per non alzare troppo “l’asticella” delle nostre certezze, guidati dal dubbio come stella polare per maturare le nostre convinzioni e migliorare le nostre (inter)azioni. Ci sono, se ci si vuole “immergere”, i presupposti per creare dei buoni antidoti contro fanatismi e prese di posizioni aprioristiche.Ultima considerazione: nel caso in cui riuscissi ad invogliarti a queste letture, sappi che vige l’effetto “peperoni”, che si ripropongono due o tre volte prima di essere digeriti: bisogna sbatterci il naso in più di una occasione per una completa comprensione (io l’esame incriminato, Meccanica Quantistica, l’ho poi superato con diciotto e lancio del libretto: “..E non si faccia più vedere!” ed ancora oggi non è che possa ostentare chissà che sicumera).
Bene, caro lettore, penso di averti messo al corrente di quanto necessario per affrontare o meno la lettura.
Ora sta a te decidere.
Io te lo dovevo e mi sento già meglio..l’autore
Gianluca Fracasso nasce a Torino il 15/10/67. Negli anni a seguire compie studi incoerenti che lo portano incidentalmente a perseguire una laurea in Fisica.
Attualmente vive a Grugliasco (To) ricoprendo la posizione di padre a tempo pieno ed impiegato a tempo indeterminato.
Nei ritagli cerca di coltivare le sue passioni: la scrittura a penna stilografica e la chitarra che si ostina a tormentare da vent’anni nella ricerca, vana finora, di riproporre uno straccio di assolo di Jimi Hendrix.
“Comodo ma come dire… poca soddisfazione” è il suo primo romanzo e, forse, anche l’ultimo.
Vangelo del cavolo – E. Monti
La politica, i peccati, la vanità umana ingiustificata: questi alcuni dei temi che si possono trovare nei racconti della raccolta di Edoardo Monti, Vangelo del cavolo.
In verità più che di racconti si tratta di micro racconti, lunghi solo qualche pagina, caratterizzati da uno stile particolarmente scarno e colloquiale.
I personaggi infatti sono solo appena accennati e solo per quanto riguarda le caratteristiche fisiologiche al racconto, sono solo voci narranti che esprimono la loro opinione su un determinato argomento.
Sono racconti molto poco narrativi, quindi, che si concentrano più sul veicolare l’opinione (a volte rivolgendosi direttamente a chi legge) che l’autore si è costruito su una particolare tematica piuttosto che mostrare una storia o far muovere personaggi con un’anima e un’introspezione.
Talvolta lo scopo del racconto sfugge al lettore, che cerca di intuire il messaggio nascosto sotto un buon numero di interiezioni e modi di dire che rendono questi episodi particolarmente oscuri.
Anche alcuni passaggi restano senza spiegazione e senza una motivazione (i bikini in ufficio? le bastonate in fronte?), diventando quindi difficile capire se l’autore intendesse usare una metafora o se invece si debbano prendere letteralmente, e lasciando comunque una sensazione di sconcerto arrivati alla fine del racconto.
Nello stesso gruppo si annovera anche l’ultimo racconto, in cui lo stesso autore manifesta il suo desiderio di fama nel mondo della letteratura.
Insomma, una lettura certamente particolare, a tratti non molto chiara, scritti in uno stile colloquiale che però spesso può essere frainteso con imprecisione lessicale e grammaticale che non al vero e proprio stile creativo dell’autore.
Scheda: A barber story e altri racconti – P. Cavicchi
Tensione e situazioni al limite attendono il lettore!
Come la caduta di un piccolo sasso può provocare una valanga, così un innocuo pensiero può trasformarsi in ossessione stravolgendo la vita di un uomo, e cogliere un’opportunità può rivelarsi una scelta molto pericolosa.
Svegliarsi in una stanza sconosciuta e trovarsi improvvisamente a lottare per la propria sopravvivenza, in un labirinto dove follia, rabbia e paura hanno preso il sopravvento sulle altre emozioni.
Un caso semplice che sembra mandato dal cielo per salvare i conti di un investigatore privato pragmatico e con i piedi per terra, che si troverà a giocare una partita da incubo per la salvezza della sua anima.
Tutto questo in A Barber Story e altri racconti.
l’autore
Paolo Cavicchi, nato l’11 agosto 1982 a Ferrara, nei primi anni di vita si trasferisce in valle di Susa nei pressi di Torino, dove abita tuttora. Nel corso degli anni si incammina lungo un bizzarro percorso di studi, prendendo il diploma di perito agrario, poi una laurea triennale in ingegneria dell’informazione e infine una laurea specialistica in ingegneria gestionale (entrambe conseguite al Politecnico di Torino), giustificando ogni volta le sue scelte con la frase “all’inizio sembrava una buona idea”. Nel frattempo lavora saltuariamente per brevi periodi, facendo i lavori più disparati, come il magazziniere, il giardiniere, l’assicuratore, l’analista funzionale, il programmatore.A barber story e altri racconti
di Paolo Cavicchi
Edizioni CIESSE
Lo strano mistero di Torre Mozza – V. Galati
Sei ragazzi trovati senza vita su una spiaggia della Toscana. Composti, sepolti sotto un leggero strato di sabbia ed accompagnati da grosse conchiglie. Da qui si dipana l’indagine del commissario Barbagelata,che lo porterà a scoprire segreti e misteri sepolti in profondità sotto la sabbia e nel passato, davanti al mare.
Questo nel romanzo di esordio di Vincenzo Galati, Lo strano mistero di Torre Mozza, un giallo dalle caratteristiche brillanti.
Seppur breve (126 pagine), l’autore riesce a suscitare vivo interesse nel lettore, mostrando man mano gli elementi di un intreccio che risulta davvero accattivante. Il fulcro è senza dubbio lo svolgimento delle indagini, che si dipanano con le ben note modalità del romanzo giallo di tipo poliziesco. Alle informazioni fondamentali per la trama vengono aggiunti dettagli sulla storia dei personaggi, tormentati e legati a doppio filo tra loro da sentimenti contrastanti e inespressi.
La storia è intrigante, ben congegnata, con personaggi secondari piuttosto vividi e credibili sebbene appena tratteggiati. L’effettiva risoluzione del caso può forse lasciare un filo di amarezza, ma d’altra parte il vero cuore del romanzo giallo è l’indagine più che la soluzione del caso, che comunque, per quanto forse non proprio appagante, è logica e accettabile.
Lo stile di scrittura probabilmente è quello che più caratterizza questo libro. L’autore infatti mantiene un ritmo serrato e senza fronzoli, sebbene molto chiaro. Le frasi sono brevi, a volte frammentarie, talvolta con accenti quasi poetici; questo, in combinazione con la trama appassionante, rende il romanzo una lettura incalzante difficile da lasciare.
Se proprio volessimo trovare una pecca, potremmo dire che probabilmente una narrazione un po’ meno serrata e recisa avrebbe potuto dare un valore aggiunto all’opera, alternando fasi sincopate e passaggi più tranquilli, in cui si sarebbero potuti approfondire i personaggi arricchendone la psicologia e l’introspezione, rendendo questo giallo un romanzo di letteratura a tutto tondo.
Comunque questa lettura ci ha appassionati: non possiamo fare altro che consigliare Lo strano mistero di Torre Mozza a tutti gli amanti del genere e fare i nostri sinceri complimenti all’autore.
Io non ho paura – N. Ammaniti
In una caldissima estate del Sud italia, un ragazzino di nove anni scopre un bambino in un buco. Questa in una sola frase il concept del caso letterario di qualche anno fa, Io non ho paura, di Niccolò Ammaniti. Eravamo rimasti in pochi a non averlo letto, e quindi abbiamo deciso di porvi rimedio.
Siamo rimasti tutto sommato soddisfatti dalla lettura di questo breve romanzo, anche se, considerando tutto il clamore che gli si è costruito attorno all’epoca dell’uscita, l’abbiamo trovato un po’ fragile dal punto di vista stilistico.
L’io narrante infatti è rappresentato dal narratore che ricorda fatti avvenuti quando aveva nove anni, pertanto lo stile tende ad avvicinarsi al modo di esprimersi di un ragazzino delle campagne del Sud negli anni ’60, un po’ sgrammaticato, intuitivo, ricco di ragionamenti piuttosto credibili tipici di quell’età, con giochi immaginari, fantasie e paure immotivate.
A volte però l’autore, o il narratore adulto, si intrufola in questi ragionamenti con frasi e similitudini che suonano forzati per un bambino, e quindi qualche passaggio a volte risulta un po’ dissonante.
Un altro punto che ci ha fatto storcere un po’ il naso è stato, ahinoi, il finale. Ottimo il ritmo che tira la volata al pathos conclusivo, in modo serrato si segue il crescendo drammatico della vicenda… per poi finire con una specie di inciampo. Si capisce perfettamente come i fatti arrivino a conclusione, anche la modalità in cui viene espressa è piacevole, è solo che se ci fosse stata qualche riga in più probabilmente non avrebbe guastato.
Nel complesso comunque è risultato un libro piacevole, dalla trama semplice eppure ricca di sfumature, che cattura il lettore con i suoi personaggi chiari e verosimili, credibili come se fossero attori di veri ricordi d’infanzia.
Un libro e un autore che non possono mancare sugli scaffali delle nostre librerie.
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