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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

Post Taggati ‘best seller’

Assassinio sull’Orient Express – A. Christie

Postato da Legione il 18 Luglio 2010

Trama: sul leggendario treno che collega i due estremi dell’Europa, Hercule Poirot si trova ad indagare su un misterioso assassinio a metà tra il mistero della camera chiusa e il cuore nascosto. Con un arma in più, i suoi immancabili baffetti a punta.

Oh, insomma. Agatha Christie è un genio calzato e vestito, c’è poco da fare. Sarà che è da poco che ho preso in mano i gialli, ma libri così veramente non mi era mai capitato di prenderne in mano. E, facendo appello alla mia cultura video e videoludica, neppure mi vengono in mente film, videogiochi o anime così geniali.

Intendiamoci, non sotto ogni punti di vista. Romanzi meglio scritti e film meglio raccontati, così come anime o videogiochi più appassionanti ce ne sono a iosa. Io parlo della costruzione. Agatha Christie è un genio della costruzione, ecco di cosa.

Sarà per questo che mi sono sentito preso per il naso, all’ultimo capitolo del libro? Durante ogni singola pagina ho pensato di essere abile quanto Poirot, di essere riuscito a seguirne i pensieri, forse addirittura di anticiparlo. E ovviamente ero soddisfatissimo di questa cosa! Negli ultimi capitoli, ho iniziato a vacillare. E l’ultimo mi ha fatto completamente capitolare, costringendomi a riconoscere la bravura -non solo in termini di scrittura, perché è vero che c’è di meglio ma il libro è scritto benissimo e appassiona- della Christie nel costruire, citando la postfazione, una partita a dama in cui il lettore non può fare altro che perdere.

Edito da: Mondadori, nella collana Oscar. Il libro non costa molto e nel complesso la qualità è nella media, qualche parola un po’ “corrosa” ma niente di irrecuperabile. Apprezzabile la traduzione fedele all’originale e molto curata anche sul lato ortografico/sintattico eccetera. Prefazione e postfazione sono delle piccole perle all’interno del libro, motivo in più per volerlo leggere.

Recensione scritta da RM

La biblioteca dei morti – G. Cooper

Postato da Legione il 13 Giugno 2010

Trama: nel 2009, un serial killer colpisce le sue vittime in modo misterioso e la FBI non riesce a cavarne piede. Nel 782, un bambino nasceva sotto una cattiva stella.

Facciamo un piccolo esercizio mentale. Prendete un vecchio convento del medioevo inglese, metteteci un ragazzino che conosce tutte le date di nascita e morte degli uomini di questa Terra e aggiungeteci qualche violenza sessuale e i misteri della cristianità. È, secondo voi, un elemento di thrill, di tensione? No.

Prendete la storia di un misterioso serial killer che sceglie le sue vittime a casaccio e non si riesce a capire come le ammazzi. Aggiungetevi un agente del FBI, l’Area51, i marines, Winston Churchill. È un elemento di thrill? Può esserlo.

Prendete un thriller e metteteci dentro questi due ingredienti. Cosa ne esce? Non fatemelo dire, potrei essere volgare. La Biblioteca dei Morti è esattamente questo, un libro che parte con delle ottime premesse, ben scritto e avvincente, ma che si tramuta in una solenne stronzata (ok, l’ho detto) appena l’autore ci inserisce la volontà divina, la fine del mondo e blablabla. Cazzate, su cazzate, su cazzate, che rendono una buona metà del libro decisamente difficile da accettare e digerire. Quindi non sorprendetevi se salterete a pié pari interi capitoli, tanto la storia si capisce lo stesso. Era un thriller banale, Cooper l’ha risolto in un’oscenità. Peccato.

p.s. È recente la notizia dell’uscita di un secondo romanzo che farebbe da seguito a questo. Lo leggerò? No, non credo.

Edito da: Mondolibri. Rilegatura, qualità della carta e dell’inchiostro sono ok. Peccato che, come tutti i libri della Mondolibri, abbia una copertina veramente brutta a vedersi e che l’editing della traduzione non sia esattamente il massimo, con certe sviste tanto curiose quanto ilari. Ma vabé, in fondo era in omaggio!

Recensione scritta da RM

Il venditore di storie – J. Gaarder

Postato da Legione il 4 Giugno 2010

Qual è il sogno di ogni scrittore? Non rimanere mai a secco di storie da raccontare. Ma cosa succederebbe se a scoprire la miniera d’oro dentro di sé fosse un uomo qualunque, uno di quelli che di mettersi a scrivere non ci pensa proprio?
Jostein Gaarder ce lo fa raccontare dal protagonista del suo romanzo Il venditore di storie: un tipo all’apparenza normale ma molto intelligente, forse troppo tant’è che proprio la sua intelligenza finirà ben presto per metterlo nei guai.
La fantasia di Petter, questo il nome del protagonista, è un pentolone sempre fumante, a cui gli scrittori si avvicinano esitanti ma con l’acquolina in bocca. Petter è una fonte inesauribile di idee, abbozzi di trame, storie fatte e finite di cui lui non sa che farsene. Perché non venderle allora? La sua carriera di venditore di storie inizia così, per caso, ma prosegue spedita e foriera di numerosi successi fino all’imprevisto epilogo.
Ad essere sincera, nonostante i numerosi pareri positivi sul romanzo, sono rimasta un po’ delusa dalla storia e dal suo protagonista che è riuscito a distruggere qualsiasi barlume di simpatia potessi provare nei suoi confronti. Forse, però, era proprio questo lo scopo dello scrittore sul cui stile non ho trovato nulla da eccepire: brillante, coinvolgente e capace di far entrare il lettore nella mente contorta del protagonista senza fargli provare smarrimento.
A lettura ultimata, mi sono resa conto che Il venditore di storie non può essere letto come se fosse la semplice storia di un uomo dalla fantasia troppo esuberante perché niente potrebbe giustificare il colpo di scena finale.
Provare simpatia o antipatia per un personaggio dipende anche dal carattere di chi legge, ma è interessante il modo in cui Gaarder riesca a generare una crescente antipatia nei confronti di Petter trasformando il lettore in uno dei personaggi del romanzo che punta il dito contro il suo protagonista scuotendo la testa e mormorando: “Eh no Petter, questo non lo dovevi fare”.
Gaarder si serve di Petter per descrivere il mondo degli scrittori e dell’editoria senza maschere o false ipocrisie e forse questo è il miglior merito che gli si può riconoscere: alla fine Petter esce sconfitto dal gioco, ma di vincitori non se ne vede l’ombra.

Recensione scritta da LM: L’imbrattacarte

Il miglio verde – S. King

Postato da Legione il 27 Maggio 2010

E’ inutile farne mistero: con noi Stephen King sfonda sempre una porta aperta. Solo lui ci è in grado di farci divorare più di 600 pagine in meno di una settimana, farle scorrere come acqua, una dietro l’altra, senza percepire affaticamento nella lettura o noia (o fame o sonno, se è per questo). Il Miglio Verde non è altro che una grande conferma. Un grande classico moderno, un successo datato 1996 ma appuntamento assolutamente da non mancare per chiunque voglia considerarsi un appassionato Kinghiano ma anche per chi desidera una storia delicata e cruda allo stesso tempo, narrata con maestria incomparabile.
La storia è abbastanza nota, anche grazie al pregevole film del 1999 diretto da Frank Darabont con Tom Hanks nei panni del protagonista e narratore.
La storia narra di un periodo piuttosto breve, qualche mese, all’interno del braccio della morte di un penitenziario del Maine negli anni ’20 ed in particolare la vicenda degli ultimi mesi di vita di una creatura tanto straordinaria quanto fragile, che, proprio a causa della sua incapacità di difendersi e del generale razzismo imperante dell’epoca, è stato incompreso nelle sue azioni ed è stato condannato alla sedia elettrica.
Contrariamente a quanto si potrebbe credere, Il Miglio Verde non è mai angosciante o claustrofobico, permeato dal senso di morte incombente. Attraverso il magistrale stile del Re, il lettore non può che percepire una calma ed una pacatezza che dà a tutta la narrazione una connotazione sognante, onirica, favolistica, rendendo anche i dettagli e le scene più incredibili pazzescamente possibili.
Come l’autore ci ha ben abituati, il fiore all’occhiello di questo libro sono i personaggi. Vividi, definiti, precisi fino nel millimetro, vivi in ogni più piccolo difetto e mania. Con dei personaggi così e la ben nota prosa di King non è possibile perdersi in una lettura di questo genere.
La storia è appassionante, il desiderio di scoprire il finale è pressante, sebbene il lettore si accorgerà, esattamente come i protagonisti, che un lieto fine non è possibile.
Ma in fondo un lieto fine a questo romanzo così particolare sarebbe veramente un lieto fine?
Al Fedele Lettore l’ardua sentenza.

Tutto da capo – C. Schine

Postato da Legione il 23 Maggio 2010

Come si può parlare di donne, d’amore, di vecchiaia e solitudine ma allo stesso tempo di gioia di vivere, di speranza e di rinnovamento? Come si possono racchiudere queste tematiche in un solo libro? Tutto da capo può, e la sua autrice Cathleen Schine lo fa con sapienza.
La narrazione è volutamente non lineare, spesso spinge il lettore avanti o indietro nel tempo, a volte lasciando dei piccoli vuoti, che vengono comunque riempiti man mano. L’effetto all’inizio è un po’ destabilizzante, ma presto ci si prende la mano, lasciandosi catturare da questa vicenda dagli accenti a volte paradossalmente inverosimili.
La prosa è somministrata con maestria, l’autrice racconta gli avvenimenti attorno le protagoniste e nella mente di ciascuna con serietà e sarcasmo, così ben dosati che a volte non è possibile trattenere una risata.
Tutto da capo parla di donne destabilizzate e spiazzate, che perdono tutte qualcosa di fondamentale per il proprio equilibrio, ma che alla fine riescono a rimergerne nuove, più salde e più orientate al futuro, nonostante tutto. I co-protagonisti di questo romanzo sono gli uomini, causa e risoluzione di tutta la vicenda. Non ne escono dipinti in modo molto lusinghiero: sono fragili, incasinati, trasportati dagli eventi che loro stessi avevano la presunzione di poter ordinare e governare. Sono entità manifestamente deboli nella storia, che con le loro decisioni in apparenza irrazionali mettono nei guai le protagoniste, fino poi a vederle vincitrici, comunque, e molto più forti.
In sostanza, Tutto da capo è un bel libro con una bella storia, scritta con uno stile sottilmente acido e graffiante, ma misurato che si lascia leggere con piacere.

The Dome – S. King

Postato da Legione il 7 Febbraio 2010

Spesso i romanzi più geniali si generano da una domanda che, per quanto assurda, innescano una lunga processione di considerazioni e riflessioni che portano alla creazione di una storia complessa ed organica.
Questo libro, ultimo romanzo della prolifica penna del Re, è un tipico esempio.
Che cosa succederebbe se una tranquilla cittadina del Maine venisse all’improvviso messa sotto vetro da un’impenetrabile quanto inverosimile Cupola?
Da questo semplice evento scaturisce la storia di Chester’s Mill, una storia drammatica e verosimile di come un’intera cittadina possa trasformarsi quando le vie di comunicazione con l’esterno si interrompono e la sola legge che conta è quella che viene fatta rispettare dal più forte di turno, senza possibilità di appello.
Ecco che quindi il romanzo da fantascientifico/horror/assurdo si trasforma in sociologico: i deboli soccombono e torna in vigore la legge di natura, nella quale chi riesce a sopravvivere è colui che riesce a portare la maggior parte dei suoi simili dalla propria parte. Indipendentemente da chi ne trarrà poi il beneficio finale.
La trama di questo libro, almeno nella prima metà, richiama alla mente del Fedele Lettore un altro grande romanzo kinghiano, “L’ombra dello scorpione”, per i toni catastrofistici (qui una cupola su una cittadina, là un’epidemia di un virus che riduceva la popolazione degli Stati Uniti e forse del mondo intero a poche migliaia di persone), per i volumi decisamente ponderosi in termini di pagine ma soprattutto per il carattere corale della narrazione. In entrambi i romanzi i protagonisti risultano un manipolo di uomini e donne più che normali, che utilizzano l’ingegno ed il coraggio per cavarsela e rendere giustizia alle loro vite e a quelli che la vita l’hanno persa.
Purtroppo le similitudini con quel capolavoro si fermano qui. Infatti The dome non si può certo definire un brutto libro, ma ci ha lasciati perplessi. Un po’ crediamo sia dovuto alla china che ha preso King da qualche anno a questa parte. I suoi libri prodotti in questo ultimo periodo differiscono abissalmente da quelli scritti in età più giovanile, anche se è difficile capire bene in cosa consti questa differenza. Magari un giorno ne parleremo più diffusamente.
Un po’, almeno a parere nostro, il problema è insito nella spiegazione che ad un certo punto l’autore dà di questa cupola. Una giustificazione era d’obbligo, e poteva essere di varia natura, volendolo. Ha preferito quella forse più semplice, che non vi diremo quale sia, che non ci ha soddisfatti appieno.
Certo è che la penna dello scrittore c’è e si sente ad ogni pagina: pur priva del mordente de “L’ombra dello scorpione”, riesce a trascinarti fino in fondo alle sue 1036 pagine come se niente fosse, arrivando al finale trascinando il lettore in un vero stato di ansia.
King, è noto, ama i lieto fine, ma ad una cinquantina di pagine dalla fine viene davvero da chiedersi se questa cupola si leverà mai, se veramente tutte queste persone (i personaggi che abbiamo imparato ad amare ed odiare, e non mancano nè gli uni nè gli altri) perderanno le loro piccole vite a causa di questa “cosa” inspiegabile…
Non vogliamo dirvi altro.
Impossibile non menzionare la ricchezza del parco personaggi, specialmente quelli negativi, che assumono uno spessore così realistico da suscitare moti di odio spontaneo nel lettore. Per contro, abbiamo notato un po’ di debolezza per i “buoni”, che in linea di massima sono buoni senza ombre e si riconoscono come tali fin dalle prime pagine. I cattivi sono stati disegnati con molta più cura, ecco, e se ne potrebbe parlare per ore intere.
Ma non lo faremo: le vostre ore, Fedeli Lettori, saranno impiegate meglio che non nella lettura di questa recensione, ovvero leggere direttamente il libro originale il prima possibile.
Godetevelo.

La casa degli spiriti – I. Allende

Postato da Legione il 15 Novembre 2009

Questo è indubbiamente uno dei romanzi di cui tutti hanno sentito parlare. Chi per il nome dell’autrice, Isabel Allende, una delle più grandi scrittrici al mondo e probabilmente la più grande sudamericana, chi più prosaicamente per l’omonimo film, interpretato da un cast veramente d’eccezione (e del quale provvederemo a fare una scheda al più presto). Insomma, anche solo di sfuggita questo romanzo lo conoscono tutti, ed è stato quindi con grande piacere ed aspettativa che lo abbiamo preso finalmente in mano.
Si presenta come un volumetto modesto (noi avevamo un’edizione paperback decisamente non lussuosa), nemmeno particolamente ponderoso. Leggendolo però siamo stati portati in un’altra epoca ed in un’altro luogo, in un Paese ufficialmente non meglio identificato del Sudamerica, ed abbiamo assistito a quella che a tutti gli effetti è una saga famigliare.
Un’anonima voce narrante ci espone i fatti in rigoroso ordine cronologico, partendo dai genitori di coloro che poi saranno i patriarchi della famiglia Trueba attraverso le tre succesive generazioni. Un racconto incredibile, denso di fantasmi, appunto, di predizioni e premonizioni ma al contempo terribilmente terreno, crudo e duro, ricalcando la stessa dicotomia che compare all’interno dei Trueba tra i maschi, prosaici e materiali, e le femmine della famiglia, sensibili alle influenze spiritiche ma anche alla compassione e all’empatia.
La stessa dicotomia di un Paese che è sempre vissuto di agricoltura ed allevamento sereno ma senza diritti che vede se stesso trasformarsi dall’interno per sfociare in un sovvertimento di forze e di
poteri, un golpe ed una dittatura militare che risultano peggiori della situazione che intendevano migliorare.
Attraverso la storia intricata dei Trueba e dei molteplici protagonisti si narrano le vicende storiche di un Paese, il Cile, che ha dovuto realmente patire questi sconvolgimenti politi e sociali e che faticosamente è riuscito poi, in epoche più vicine alla nostra, a rimettersi in sesto dopo anni di guerre intestine e grandi patimenti.
Questo è il romanzo di esordio della Allende, e capiamo bene perchè sia stato acclamato subito come un grande capolavoro. Nonostante la grande quantità di personaggi e vicende, l’autrice riesce a intrecciare tutte le variabili, spargendo semi di curiosità su quello che dovrà ancora raccontare pur mantenendo un rigoroso ordine cronologico, alternando la voce distaccata del narratore alla prima persona del patriarca Esteban, disegnando in tal modo personaggi vivi, pensanti e tormentati.
Un romanzo, un best seller, un grande classico moderno da leggere assolutamente.

La Bambina Che Amava Tom Gordon – S. King

Postato da Legione il 15 Ottobre 2009

Questo è forse uno dei romanzi meno noti del Re del Brivido, l’abbiamo scelto perchè era uno dei pochi rimasti sullo scaffale alla lettere K che non avevamo ancora letto ed eravamo incuriositi. La trama è molto semplice: una bambina si perde nel bosco. Basterebbe da sola a suscitare paure ataviche come quella del buio e del babau nell’armadio, e King lo sa bene: da sempre sfrutta le nostre paure più antiche per allestire i suoi romanzi.
La storia si dipana in stretto ordine cronologico, seguendo le vicende della povera Trisha che, per una leggerezza, si trova a girovagare da sola, speduta e spaventata nei boschi che vanno dal Maine fino al Canada. Altra caratteristica dei romanzi Kinghiani, la commistione tra l’orrore soprannaturale e quello naturale e reale: come se non bastassero le zanzare, le vespe, la fame, la sete ed il freddo, una presenza inquietante la segue, e sembra anche grottescamente intelligente.
La bambina sarebbe finita in breve tempo, se non riuscisse a trarre la forza di andare avanti ispirandosi al suo idolo: Tom Gordon, appunto.
Niente da dire sulla trama, i brividi li mette davvero, il desiderio di vedere come riuscirà a tirarsi fuori dai guai la piccola Trish manda avanti il lettore divorando pagina per pagina questo volumetto certo non ponderoso, almeno secondo i paramentri a cui ci ha abituati l’autore.
Qualche piccola nota stonata, però, risuona, e la potremmo collocare nello stile di scrittura. A volte il narratore onniscente insinua pensieri che forse esulano troppo da una mente infantile di una ragazzina di una decina d’anni, creando una dissonanza. In altri romanzi non siamo incorsi spesso in questo tipo di licenza stilistica, quindi in questo caso la cosa è risaltata di più.
Tutto sommato comunque resta un ottimo libro da leggere tutto d’un fiato.