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Nihal della terra del vento – L. Troisi e considerazioni sul fantasy italiano
Avremmo potuto evitare di affrontare questa lettura. E anche se proprio avessimo desiderato toglierci questa curiosità, avremmo potuto risparmiarci la recensione: la rete è piena di commenti pungenti e estremamente dettagliati sulla opera della Troisi, noi stessi ne ospitiamo già uno scritto da RM (qui la recensione). E invece no: contro ogni ragionevole logica, abbiamo letto questo famigerato volume, il primo episodio delle Cronache del Mondo Emerso: Nihal della terra del Vento.
Perchè? Perchè noi stessi più volte vi abbiamo fatto riferimento come pietra di misura (o dello scandalo) di quel gran mischione che esiste sotto il nome di Fantasy Italiano. La Troisi in quanto scrittrice, e Nihal della terra del Vento in quanto suo primo volume delle varie saghe del Mondo Emerso, hanno segnato e segnano un punto esemplificativo dello stato dell’arte di questo genere, attorno al quale lo stesso si è declinato in varie sfumature. Siamo ancora in attesa di leggere qualcosa di valore, qualcosa che sia in grado di trasmettere emozioni e suggestioni, qualcosa che sia scritto con cognizione di causa.
Per il momento non abbiamo trovato nulla del genere, certamente non nelle produzioni italiane mainstream. Questo capitolo delle Cronache non fa eccezione, sebbene, forse, riesca ad elevarsi da pantano dell’orribile soggiornando nello status di “meno peggio”.
Potremmo elencare i numerosi difetti di questo libro, ma desideriamo dare un approccio diverso. In che modo un fantasy più che mediocre potrebbe diventare indimenticabile (anche per un pubblico adulto: l’entusiasmo adolescenziale è una risorsa economica notevole ma non è particolarmente indicativo di qualità)?
Con una storia avvincente e originale, in prima battuta. Il fantasy per sua natura dovrebbe essere il genere per eccellenza che permette di lanciarsi in arditi voli di fantasia, appunto. Osare con una storia innovativa, sfaccettature mai viste, colpi di scena. Ricordiamo i libri della De Mari: magnifici scenari fantasy proprio perchè i suoi romanzi NON sono stati creati in funzione dei princìpi del fantasy, ma affondando le radici nella psicologia. Risultato: una storia avvincente, imprevedibile ed incredibilmente emozionante.
Potremmo anche citare il nostro sempre apprezzato Everlost, il cui intero concept brilla per originalità.
La Troisi bazzica in una storia che sa di minestra riscaldata, pesca un po’ da Tolkien, mette qualche brusco cambio di rotta ma non riesce mai completamente ad afferrare il lettore, che resta sempre piuttosto passivo. Arrivando al termine del libro non si ha particolare desiderio di vedere come proseguirà la vicenda.
Cos’altro occorre? Personaggi memorabili. Questo elemento probabilmente andrebbe posizionato al primo posto in ordine di importanza, in quanto, come disse l’Autore Saggio, sono i personaggi che fanno la storia, e non viceversa. L’autore conosce fino in fondo la propria creatura, conosce anche quello che non racconterà, perchè lo farà trasparire dalle sue azioni. Personaggi veri con difetti veri, vivi, pensanti.
Nihal, Sennar, Soana: tutti i personaggi presenti nel romanzo della Troisi sono identici tra loro, non hanno voce, non hanno spessore. Nihal in particolare, che dovrebbe essere la nostra eroina, viene proposta come una guerriera implacabile ma al contempo una piagnona insensata, una calamità naturale in libera uscita, con una spiccata attitudine a fare cose stupide ed immotivate, lasciandole senza contesto e senza perchè.
Cos’altro ancora? Beh, lo stile. La storia migliore del mondo, con personaggi brillanti e vividi, staranno sempre nel pozzo della mediocrità se verranno raccontati con una voce mediocre e senza stile. Non ci si improvvisa scrittori, nemmeno di fantasy, anzi: per rendere credibile la propria creatura bisogna documentarsi, perchè sono i dettagli a fare la differenza. Se si vuole incentrare un romanzo sull’aspetto del combattimento, occorre almeno sapere come sono fatte le armi, come si impugnano e si maneggiano, come si effettua un corpo a corpo. Si studiano i tempi, i ritmi, si impara la terminologia, si *osserva* e si cerca di riprodurre a parole. Se intendo creare il mio mondo basandomi su principi scientifici seppur manipolati, sarà bene essere informato su questi principi che voglio sovvertire.
Nel libro della Troisi manca tutto questo: manca la documentazione alle spalle di quello che scrive, ma manca anche lo stile evocativo in ciò per cui avrebbe gli strumenti di descrivere. La città verticale di Salazar, per esempio. Ci fa mancare completamente gli strumenti per vedere questa torre, e di fatto non la vediamo e non capiamo come sia strutturata (e il giardino al fondo della torre? Si è mai fatta un disegnino? Un giardino interno ad una torre sarebbe ben umido e poco rigoglioso per la scarsità di sole…). La narrazione è frettolosa ed accozzata, in più di 300 parine succede di tutto e di più, e al lettore mediamente interessato alla fine del libro non rimane quasi nulla nella memoria.
Insomma, probabilmente ne avrete abbastanza e di certo ne abbiamo abbastanza noi. Ci va talento per scrivere un romanzo degno di essere letto, anche per scrivere un fantasy, che ha la fama della Cenerentola dei generi letterari (basta una spada, un buono, un cattivo, un po’ di magia e il fantasy è fatto, che ci vuole?). Il problema, riteniamo, sta anche nella scarsità dei buoni esempi al momento. In mancanza di questo, ci si improvvisa (se la Mondadori ha pubblicato lei, posso farmi pubblicare qualunque cosa!)e probabilmente l’aspetto più utile è l’autocritica.
Nonostante tutto, vi consigliamo di leggere questo libro, se avete tempo da spendere, perchè tutto insegna, anche i cattivi esempi.
Tags: best seller, cronache del mondo emerso, fantasy italiano, fantasy per ragazzi, licia troisi, Nihal
30 Ottobre 2010 at 02:03
e, soprattutto, un consiglio spassionato agli aspiranti scrittori di fantasy italiano. NON. METTETECI. LA. *censura*. di storia d’amore, insomma. Non se ne può più. Cribbio.
30 Ottobre 2010 at 15:40
beh ma, per dindirindina, se la trama lo richiede e l’autore è abbastanza sveglio da inserirla in modo non banale e smaccato (ma sul serio, non basta che sia l’autore a ritenerlo originale) ci può anche stare. In fondo, anche la fantasy come la fantascienza ha tanti filoni e sottogeneri, se si riesce a non farlo scadere nel romanzetto rosa, potremmo anche accettarlo, no?
30 Ottobre 2010 at 16:12
eh, ma ormai nel fantasy italiano sembra un must. e, forse per questioni biologiche, non so, la romanticheria nel romanzo fantasy italiano è quasi sempre scontata e fuori luogo (ho recensito, anche qui, un romanzo fantasy italiano rovinato quasi solo dalla storia d’amore).
un buon punto di partenza sarebbe rinunciare alla componente, secondo me, per reintrodurla quando si sarà dimostrato di poterne fare a meno ma saper lo stesso mandare avanti una storia.
30 Ottobre 2010 at 17:00
e se l’introduzione pedestre della storia d’amore avesse puri scopi di marketing? la fantasy moderna tende a rivolgersi ad un target giovane, interessare il pubblico maschile è facile nel contesto (lame, combattimenti, draghi, tesori, guerre sanguinarie), più difficile è appassionare il pubblico femminile. Quindi ecco spiegate le eroine-fantoccio, dure dal cuore tenero e dalla lacrima in tasca che intervallano il combattimento ai languori d’amore. è noto che alle adolescenti queste cose piacciono e le fanno immedesimare nella storia. pura speculazione eh…
30 Ottobre 2010 at 17:38
appunto, non si può scrivere per marketing. quindi prima di tutto, togliere gli elementi che potrebbero essere stati inseriti solo per quello, poi si inizia a ragionare sul resto! se il libro è buono e la storia d’amore ci sta, ben venga… ma in un fantasy non dev’essere la componente principale. solo una sottotrama. altrimenti, non è fantasy.
30 Ottobre 2010 at 17:57
eh sarebbe la prospettiva ideale, purtroppo con l’aria che c’è (la fantasy per YA tira come non mai anche per le case editrici più piccole) bisogna rivolgersi a produzioni meno moderne o alle supernicchie letterarie, per leggere fantasy degna di questo nome e non favolette banali o harmony camuffati. le brutte abitudini sono dure da togliere purtroppo. magari un giorno parleremo dei libri fuori genere…