Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
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Il ritorno di Inna-Mok – M. Giorgini
Nella Terra di Ruhel, il perfido negromante Inna-Mok sembra essere stato sconfitto, costretto in un bozzolo di impotenza e immobilità da un grande incantesimo, confezionato dai migliori maghi dei vari popoli. Ma con il passare dei secoli, il negromante ha ritemprato le sue forze e si appresta ad un ritorno in grande stile: le popolazioni si sono ormai dimenticati di lui, sono arrivati ad insediarsi nuove culture, la sua figura alegga nel mito e nessuno si aspetta un suo ritorno.
Ma nel mito che lo circonda, esiste un altro personaggio, Venorè, una giovanissima e potente maga che, presentendo il possibile ritorno del malvagio, ha escogitato un modo per poterlo nuovamente contrastare, questa volta, per sempre.
Pedine inconsapevoli del destino, Rash e Nystrid, affrontano un lungo viaggio nelle terre selvagge, ognuno seguendo obiettivi che infine li porteranno ad incrociare le loro strade, verso il compimento della profezia di Venorè.
Il ritorno di Inna-Mok di Max Giorgini è un romanzo fantasy dalla trama piuttosto originale e accattivante. Esce coraggiosamente dal seminato “à la Tolkien” per costruire un mondo dalle caratteristiche e dalla mitologia nuove e libere dalle ingombranti (e in apparenza onnipresenti) della Terra di Mezzo.
Di contro però, il romanzo risente di una certa inesperienza a livello narrativo, in quanto risulta affrettato, poco curato proprio dal punto di vista della costruzione del mondo, dei personaggi, degli ambienti e degli eventi, che sono di fatto gli elementi che fanno la differenza per la credibilità di un fantasy.
Nel complesso però apprezzabili la trama e le caratterizzazioni dei vari personaggi, sebbene come detto moltissimi spunti interessanti per sottotrame e arricchimento della vicenda vengano sistematicamente disattesi.
Anche la scelta di mantenere sempre molto forte la voce nel narratore, prediligendo il narrato nei confronti del mostrato, fa sì che risulti difficile immedesimarsi nella vicenda e consentire al lettore di calcare davvero i sentieri della Terra di Ruhel.
Nel complesso quindi risulta una lettura tutto sommato piacevole, perchè fluida e dalla trama interessante, ma che non riesce ad esprimere il suo completo potenziale, rimanendo un po’ infantile ed acerba.
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La ragazza meccanica – P. Bacigalupi
In una torrida Bangkok difesa strenuamente dall’innalzamento del livello delle acque, si intrecciano giochi di potere, corruzione estrema e sudditanza, solitudini, miserie e voglia di riscatto. In una società reduce dal crack energetico, in cui i carburanti sono considerati beni di lusso e si parla di potere in termini di calorie, in cui le popolazioni soggiaciono alle lotte egemoniche delle industrie genetiche, che producono coltivazioni sterili e al contempo sviluppano ceppi di virus ideati per infettare gli alimenti della concorrenza, si intrecciano le vicende di un imprenditore straniero, di un cinese che ha perso tutto, dell’ultimo tutore dell’ordine incorruttibile e della sua vice, e di una ragazza meccanica giapponese, abbandonata dal suo ultimo padrone come un qualunque rottame.
La ragazza meccanica di Paolo Bacigalupi è stato salutato come uno dei migliori romanzi di fantascienza degli ultimi anni e non posso che essere d’accordo. La storia è estremamente complessa e articolata, su uno scenario distopico e fantapolitico del tutto originale e fortemente inquetate, molto ben costruito. L’attenzione per la verosimiglianza è evidente, anche grazie al frequente utilizzo di espressioni thai e dell’accurata descrizione (volutamente amplificata in termini quasi grotteschi) delle caratteristiche di una Bangkok brulicante di umanità e di miserie.
Una lettura appassionante ma senza dubbio impegnativa, proprio a causa dell’intreccio così elaborato e imprevedibile, la terminologia e i nomi di personaggi espressi in una lingua decisamente non familiare e i complessi giochi di influenza tra le forze in gioco.
Un romanzo acclamato a buon titolo, molto ben studiato e efficacemente caratterizzato. Senza dubbio una lettura consigliata agli amanti del genere.
Recensione scritta da Sayu
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Un’ucronia – S.M.Ottaiano
Si possono chiamare universi paralleli, realtà alternative, ucronìe; più prosaicamente si tratta di andalizzare rapporti di causa ed effetto prendendo cause differenti da quelle che si sono effettivamente verificate nella storia. Sergio Ottaiano sviscera questo concetto attraverso il romanzo breve Un’ucronia: una sorta di flusso di coscienza di un uomo distrutto dal susseguirsi delle sue scelte sbagliate, della sua paura del cambiamento, in un comportamento di autoconservazione portato all’eccesso al punto da diventare la sua stessa gabbia.
Un racconto senza dubbio particolare che si avvicina più che altro all’esercizio di stile considerando la limitatezza dei contenuti e il twist ending che giustifica l’intera narrazione.
Una lettura fluida e scorrevole, per certi versi un po’ enfatica nei toni, ma a posteriori giustificabile e quindi nel complesso piacevole.
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I labirinti del potere – F. Venier
In un futuro non troppo lontano, nella distopica Oregena, le libertà personali sembrano essere lentamente scivolate nelle trame di un potere costituito sempre più invasivo e paranoide. Nulla rimane davvero segreto: il governo sembra essere in grado di vedere, scoprire, tracciare conversazioni e attività di qualunque genere, seguire e controllare chiunque senza che questo venga percepito dalla popolazione che anzi sembra apprezzare la comodità e la sicurezza dei sistemi informatizzati e dell’abolizione di tutte quelle piccole incombenze come l’uso del denaro contante.
In questo quadro di rarefatta sicurezza, un uomo sembra essere in pericolo. Ha attirato l’attenzione delle alte sfere ma non sa perchè.
E questa sensazione, di non sapere il perchè di quello che sta succedendo, è quello che pervade il lettore durante la lettura del romanzo di Francesco Venier, I labirinti del potere.
Si tratta di un romanzo fortemente distopico e per alcuni versi fantascientifico, ma purtroppo la scarsa consistenza della trama non sfrutta numerosi spunti interessanti di sviluppo.
La sensazione nel complesso è quella di un primo approccio ad un genere decisamente complesso e ricco di insidie come quello della fantapolitica, ottenendo un romanzo piuttosto confuso e dalle maglie larghe, ricco di approssimazioni e di scelte di dubbia logicità.
Molti passaggi della trama risultano infatti del tutto immotivati, anche il nodo cruciale della storia (perchè il protagonista viene perseguitato con tale sistematicità) alla fine non viene del tutto chiarito e si perde in uno scenario incolore.
I personaggi risultano stereotipati, i dialoghi e le azioni anche in questo caso del tutto immotivati, le descrizioni delle reazioni e dei sentimenti fanno sentire forte la voce del narratore, che utilizza con eccessiva frequenza toni enfatici e spesso fuori luogo.
Come accade sempre per i romanzi di fantascienza, e in maggior misura per le distopie fantapolitiche, è la cura per il dettaglio a fare la differenza tra una storia solida, appassionante e altamente immersiva e una storia dagli accenti poco credibili.
Nel complesso quindi questo romanzo non sfrutta appieno l’alto potenziale evocativo del genere a causa di un approccio un po’ semplicistico che poteva essere limato grazie ad un intervento di un editor con esperienza del genere e una più curata documentazione per i contesti.
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528 – C. Bartoletti
Spesso l’illuminazione geniale dell’uomo, la scintilla creativa, il fuoco dell’arte, assumono dimensioni così straordinarie da essere attribuiti al divino. Non a caso infatti, nella mitologia greca, gli artisti invocavano la loro musa di riferimento, appositamente designata da Zeus a tutela e promozione di ciascuna delle arti maggiori. Ma i tempi cambiano e anche le muse hanno subito delle rivoluzioni strutturali, moltiplicandosi per venire incontro alle esigenze mutate nei secoli: oggi esistono novecentonovantanove muse, sparse per il mondo, ad ispirare le opere dei più vari talenti.
Ma che cosa succede se una musa inizia a sentirsi un po’ troppo umana, un po’ troppo legata alle vicende terrene? L’essenza del divino è poi davvero una condizione così privilegiata e invidiabile? Da questi spunti si dipana il romanzo di Clara Bartoletti, 528, intraprendendo ben presto strade del tutto inattese nella narrazione.
La trama risulta originale e ricca di colpi di scena, anche se alcune scelte stilistiche forse non rendono completamente giustizia alla storia. Un lavoro di revisione ed editing di alcuni passaggi un po’ confusi e di correzione dei numerosi refusi agevolerebbe la lettura e l’immedesimazione del lettore, visto che in certi passaggi la trama verte proprio su tematiche ad alta emotività.
I personaggi sono efficacemente tratteggiati, sebbene talvolta qualche dialogo risulti un po’ troppo costruito. Il valore aggiunto viene portato dall’attenzione profusa nel delineare i caratteri psicologici ed introspettivi degli attori, che assumono così tratti profondamente umani – anche quando non lo sono.
Nel complesso il romanzo risulta piacevole e creativo per l’originalità e le caratteristiche della trama, ma con un potenziale non completamente espresso per quanto concerne la forma e lo stile di narrazione, che necessiterebbero di un lavoro di raffinamento.
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Gli occhi del drago – S. King
Prima che La Torre avesse la sua saga e prima che Roland fosse Roland, King ci concede una sbirciata in quello che diventerà il Medio Mondo in questo libro, Gli occhi del drago.
Roland è un anziano re, un po’ grezzo di modi ma fondamentalmente buono. Non ha mai avuto una particolare affinità con il sesso femminile, ma avrà anch’egli la sua regina che gli darà due figli, William e Thomas. Il primogenito è la luce degli occhi di Roland, e Thomas vive la sua gioventù da eterno secondo, sempre nell’ombra del fratello. Finchè il mago di corte e primo consigliere del re, Flagg (ci dice niente questo nome?) non decide che sia tempo di rimescolare un po’ le carte in tavola. Il re muore in un modo atroce che puzza di omicidio, e del reato viene accusato William, il devoto e perfetto figlio.
In un romanzo confezionato più come una fiaba fantasy che uno dei suoi più classici horror, King ci racconta una storia che, come spesso accade nei suoi libri, è vecchia come il mondo. Parla di tradimento, vendetta, abbandono, amore, coraggio, lealtà, regalità (quella che si trasmette nella natuale correttezza di intenti e dell’onestà) e, sopra ogni cosa, del Bene e del Male che alberga in cascuno di noi.
Un romanzo piacevole, imprescindibile per gli amanti di King perchè costituisce gli albori di una saga che ha attraversato i decenni ed è entrata nella storia della letteratura di genere.
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La crociata dei bambini – T. Avoledo
Questo romanzo mi ha ossessionato.
Diversamente da quello che avviene negli altri romanzi di Metro 2033 Universe, i romanzi di Tullio Avoledo sono incentrati su un taglio molto meno action per favorire argomentazioni di carattere molto più introspettivo, filosofico e anche religioso. Che fine fa la religione (così come la morale, la legge, la giustizia, l’umanità) in uno scenario postatomico in cui la speranza sembra essere l’unico motore e al contempo l’unico fardello per i sopravvissuti?
Se Le radici del cielo, il primo romanzo dell’autore, mi era piaciuto nella sua unicità, piuttosto lontana dall’idea impostata da Metro 2033 (troppa aria aperta e troppi chilometri percorsi!), La crociata dei bambini ritorna nel ventre polveroso ed oscuro delle metropolitane, richiamando prepotentemente tutto il bagaglio di esperienze (lette) affrontate in giro per le metropolitane del mondo.
E proprio perchè questo romanzo si inserisce formalmente di più nel solco delle aspettative ambientali della serie, colpisce per la sua profondità che lo colloca diverse spanne sopra gli altri.
Questo libro mi ha ossessionato, forse perchè non ero davvero pronta a tornare sottoterra, a vivere al buio, ad aver paura di quello che può spuntare da dietro l’angolo, creatura alata o uomo armato e senza pietà che sia.
Di questo libro mi ha ossessionato la sensazione pervasiva di voler avere speranza, nonostante siano passati 20 anni dall’olocausto nucleare che ha tradotto gli uomini in creature di galleria e nonostante i 20 anni di tribolazioni per la sopravvivenza l’essere umano non sia affatto cambiato e voglia mettere davanti a qualunque senso logico di mutua accoglienza l’arroganza e la grettezza e la più bassa volontà di sopraffazione, a spese dei più deboli e della propria anima.
Questo libro mi ha ossessionato per la sua crudezza. L’autore, ricordo, non è nuovo agli estremismi, ma in questo caso conduce il lettore in un abisso oscuro che nessuno si sente davvero pronto ad affrontare. In fondo è solo una storia inventata, che male può farti?
Questo libro mi ha ossessionato ma forse mi hanno ossessionato di più i suoi protagonisti. Se John Daniels era una vecchia conoscenza, così come alcuni dei suoi “trucchetti Jedi”, i nuovi attori sulla scena sono così umani, così veri, che non possono lasciare indifferenti. Mi ha ossessionato la figura di Vagante: il suo nome, il suo passato, il suo presente. L’essere la pietra angolare della sua comunità per attitudine naturale, l’essere diventato adulto senza essere mai stato un bambino ed il riscoprirsi finalmente fragile e ancora uomo.
Questo libro mi ha ossessionato perchè non è solo un romanzo di svago fine a se stesso, è un viaggio all’interno dell’uomo, della sua mente e del suo cuore, all’interno delle sue debolezze, dei suoi percorsi mentali, delle sue paure e dei suoi bisogni più atavici.
Questo libro mi ha ossessionato perchè gli scenari che dipinge non sono nè surreali nè inverosimili, ma vicini a noi, potenzialmente ad un solo passo.
Questo libro mi ha ossessionato, e spero che possa ossessionare anche voi.
Recensione scritta da Sayu
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La geometria del vento – R. Malavasi
Cos’hanno a che spartire le controverse ricerche antropologiche di un illustre e bizzarro personaggio dell’Ottocento con uno studio di un laureando del giorno d’oggi sulle prestazioni sportive, in particolare dei velocisti?
Se lo chiede il giovane Carl, dopo aver scoperto di essere un discendente del controverso Cesare Lombroso, studioso che sul finire del 1800 inanellò una serie di indagini empiriche volte, tra l’altro, all’individuazione di caratteristiche fisiche in correlazione alle attitudini delinquenziali e deviate. La scoperta di alcune particolari asserzioni dello studioso fanno sì che Carl inizi un’approfondita indagine per includere alcuni punti di vista all’interno della sua tesi di laurea. Ma questa indagine, in apparenza del tutto accademica e inoffensiva, ben presto si rivelerà, a sue spese, irta di insidie e di doppigiochi.
Questo romanzo di Raffaele Malavasi, La geometria del vento, è un bel giallo appassionante e molto ben costruito, che si articola attorno alla figura notoriamente controversa di Lombroso e che indaga in modo approfondito la sua produzione, mettendo a fuoco alcuni aspetti ed alcune intuizioni particolarmente affascinanti.
In questo romanzo, realtà storica e fantasia si intrecciano così bene e così strettamente che ben presto è inevitabile chiedersi dove finisca una e dove cominci l’altra: le argomentzioni sono tutte altamente credibili e così ben documentate e intriganti che possono essere prese tranquillamente come vere (anche quando non lo sono).
I personaggi sono ben delineati e tutti piacevolmente vividi: in alcuni casi, come per il personaggio di Carl, il risultato scorre liscio senza intoppi, in talaltri, come per il personaggio di Giulio, si vede lo sforzo espressivo dell’autore nella definizione di un linguaggio che lo caratterizzi in relazione al suo passato, comunque con buoni risultati.
Anche la descrizione dei vari ambienti, in particolare l’Accademia delle Scienze e il Museo Lombroso, entrambi di Torino, è estremamente efficace e risulta semplice immedesimarsi nell’azione, scatenando inevitabili moti di entusiasmo in chi ha avuto esperienza diretta di quei luoghi (come noi ).
Se la realizzazione di un romanzo giallo costituisce una sfida intrinseca in più, visto che per l’autore non si tratta solo di riuscire ad esprimere la sua storia al meglio delle sue possibilità ma anche costruire una trama sufficientemente misteriosa ed appassionante, seminando indizi con le giuste tempistiche ed alternando punti di climax a fasi di elaborazione delle informazioni e di minore tensione; l’autore ha portato efficacemente a termine tutta la sfida, e con onore. La geometria del vento è un piacevolissimo romanzo giallo, intelligente, mai banale, ottimamente costruito e eccezionalmente ben documentato. Lettura molto consigliata.
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