Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
Stai Navigando Recensioni
Merkavah – D. Versari
Marzio è un anatomopatologo dal carattere un po’ particolare e sconclusionato, Elena è una restauratrice decisa e solare. Durante un lavoro di restauro nel Duomo di Orvieto si imbattono in qualcosa che sembra essere un mistero storico, ma che ben presto si rivelerà come un segreto arcano rimasto celato per secoli, che portato alla ribalta comporterebbe la caduta della religione occidentale così come la conosciamo.
Merkavah è l’appassionante thriller nato dalla penna di Daniele Versari. Probabilmente di primo acchito, la prima cosa che può venire in mente è quella di tentare un paragone con il best seller Il Codice da Vinci di Dan Brown. Perché a grandi linee l’intenzione di fondo può essere assimilabile e perché, allo stesso modo del celebre romanzo, anche in Merkavah si cerca di dare una spiegazione (o meglio, di illustrare una suggestiva teoria), forse poco nota ma affascinante sulla vita di Gesù.
Vogliamo fermare qui la nostra ricerca di assonanze (anche perchè Il Codice non ci è piaciuto) e andare oltre.
In quest’opera risulta evidente il grande ed accurato lavoro di documentazione che è stato svolto per rendere credibile e consistente la narrazione. Nella prima parte del romanzo sono presenti interi capitoli immersi nel passato, nei quali ci viene presentata la genesi del mistero, che verrà poi svelato in epoca moderna nella seconda parte, dove i riferimenti alle Sacre Scritture, a teorie mistiche e ai più vari documenti si sprecano per costruire un’incastellatura di teorie del tutto credibile e intrigante.
L’ottima ed inappuntabile cura riservata al contenuto “core” del romanzo, non si ritrova purtroppo anche nel resto della narrazione, svalutando di fatto l’effetto complessivo.
Un buon lavoro di editing stilistico e strutturale in questo caso sarebbe stato fondamentale per ridurre fastidiose ridondanze di termini, ad esempio, per snellire alcuni periodi arzigogolati e poco chiari, per migliorare alcuni passaggi dinamici e soprattutto per rendere meno accademici gli escursus storici.
Gran parte dei dialoghi sono piuttosto surreali ed evidenziano una fondamentale mancanza di spessore dei personaggi. Lo stesso Marzio, che all’inizio del libro è quello che viene presentato con miglior efficacia, ben presto si perde nei meandri dell’intreccio, diventando evanescente ed incolore, almeno quanto la sua compagna.
Alcune incongruenze di scena risultano evidenti ad una lettura attenta, come descrizioni troppo particolareggiate di azioni svolte al buio, volti prima paonazzi e poi pallidissimi, uomini senza vestiti che si coprono la testa con un cappuccio, e via dicendo. E’ possibile riscontrare inoltre della diffusa incertezza sul posizionamento del punto di vista narrativo, che si colloca ora su Marzio, ora su Elena, ora su entrambi, ora su un terzo personaggio ancora.
In linea generale Merkavah è un romanzo molto promettente, frutto di evidente lavoro documentale, che però difetta di di alcuni accorgimenti che un lettore esterno avrebbe individuato senza fatica e un editor professionista avrebbe corretto, migliorando sensibilmente la resa finale dell’opera.
Ti interessa questo libro? Compralo su Amazon! Merkavah
Del seme più forte – S. di Stasio
Del seme più forte è una breve raccolta di 15 racconti scritti da Stefano di Stasio. Si può dire che il fil rouge di questi stralci di vita sia rappresentato dalla forza necessaria per sopravvivere, nelle sue molteplici forme, sia per l’essere umano immerso nelle piccole e grandi disgrazie urbane del nostro tempo, sia da un inedito punto di vista animale, sia nelle situazioni più estreme, da un capo all’altro del pianeta, nei luoghi più insoliti.
C’è molta varietà in questi racconti, ad esempio nei vari punti di vista del narratore (che in linea di massima però o è una terza persona esterna ed onniscente o è posizionato nella prima persona del protagonista) e nello stile, sebbene in generale il tono resti sempre piuttosto fermo e sostenuto, senza lasciar trasparire particolari emozioni.
Questa caratteristica, unita al fatto che alcuni racconti non trattino vicende particolarmente avvincenti, che anzi spesso lasciano il lettore un po’ interdetto, rendono l’immedesimazione nei personaggi molto limitata.
Come detto, le tematiche sono molto diverse tra loro, ma è possibile individuare alcuni schemi che si ripetono, incentrati prima di tutto nel solo protagonista, al punto che i personaggi secondari, se presenti, hanno ruoli assolutamente marginali e senza spessore.
Possiamo quindi dire che questa raccolta di racconti costituisca una lettura poco impegnativa e piacevole, sebbene in alcune occasioni un po’ di editing in più sarebbe stato auspicabile.
Metro 2033 – D. Glukhovsky
Anno 2033, Mosca. A seguito di un oscuro conflitto di proporzioni mondiali, l’umanità così come la conosciamo si è rintanata nella metropolitana e lì, tra stazioni e gallerie oscure, ha cercato di ricostruirsi e di sopravvivere. In questo clima di precarietà e paura continua, il giovane Artyom si troverà ad affrontare un viaggio attraverso la metropolitana e le sue insidie, scoprendone misteri e leggende, e scoprendo anche una insospettabile verità sul loro futuro.
Metro 2033 di Dmitry Glukhovsky è probabilmente uno di quei romanzi di genere che sono diventati non solo dei best seller ma che hanno tracciato un vero e proprio solco, ideale o ideale, come in questo caso.
Questo romanzo infatti costituisce il fulcro di un ambizioso progetto multimediale ed internazionale. L’autore non solo ha commissionato una colonna sonora per il suo romanzo ed una serie di dipinti, oltre che aver promosso la realizzazione di un videogioco omonimo, ma ha dato il via a Metro 2033 Universe, consentendo a scrittori di ogni parte del mondo di sviluppare la propria versione locale della storia, dando respiro mondiale a questo scenario distopico.
Senza dubbio questo romanzo possiede tutte le carte in regola per essere considerato indispensabile per tutti gli amanti del genere fantascientifico post apocalittico, e l’autore ne è assolutamente consapevole. E’ un’opera monumentale, che disegna una visione angosciante di umanità costretta a vivere sottoterra, in un sistema di gallerie e tunnel che per quanto vasto mantiene la sensazione di claustrofobia opprimente e di continuo pericolo.
Tutte le implicazioni di questo assunto iniziale sono rispettate e declinate in ogni forma: sociale, culturale, politica, economica, psicologica, medica, alimentare. Insomma, questo mondo distopico è ricco di ogni sfumatura, vero, tangibile ed emozionante.
Quello che forse lascia un po’ perplessi è invece la trama specifica di questo romanzo, ovvero la storia di Artyom, ragazzo moscovita nato in superficie, disceso nella metro in tenera età e ben presto rimasto orfano, che dovrà affrontare un pericoloso viaggio attraverso tutta la rete metropolitana, dapprima a compiere una missione affidatagli e successivamente a scoprire un modo per proteggere la sua stazione e l’intera comunità sotterranea dai violenti attacchi delle creature mutanti che sono sopravvissute in superficie.
Questa vicenda, di per sè, è piuttosto banaluccia. Senza dubbio risulta funzionale allo scopo più grande dell’autore, ovvero mostrare la società di sopravvissuti e gettare le basi di questo mondo sotterraneo, ma come intreccio è abbastanza povero, segue uno schema prevedibile (che ricorda molto da vicino quello dei videogiochi), l’introspezione dei personaggi è quasi assente, salvo poi assumere le dimensioni di uno sproporzionato rigurgito quando presente; lo stesso finale, risolutivo sebbene aperto, assume dettagli abbastanza inverosimili.
Tutto sommato quindi possiamo dire che Metro 2033 costituisce senza dubbio un’esperienza particolare e piuttosto evocativa, che consigliamo a tutti gli amanti del genere per una lettura interessante e di facile fruizione, e che sarà spunto per più di una riflessione anche sul nostro modo di vivere moderno, valorizzando ed impreziosendo aspetti che per noi ora sono gesti quotidiani e privi di valore.
Ti interessa questo libro? Compralo su Amazon! Metro 2033
Succo di melagrana – L. Guida
Donne che sono state innamorate della persona sbagliata e continuano a subire il giudizio non richiesto della gente; donne amiche, vittime degli eventi e della vita; donne mamme, donne coraggiose, che hanno fatto delle scelte e che nonostante le conseguenze non si guardano indietro. Nei racconti di Lucia Guida, raccolti in Succo di melagrana, vengono delineate sei piccole storie al femminile di vita comune. Storie quotidiane raccontate illuminando il presente ed il passato di queste protagoniste, delle quali sentiamo i pensieri e le emozioni.
Sono piccoli racconti, che rendono onore alla forza femminile di affrontare il giudizio degli altri, di essere madri, di amare nonostante tutto, di essere amiche e di dare una mano per il solo piacere di farlo.
Lo stile narrativo è ricco, il lessico utilizzato è ricercato ma non pomposo, il tono è sempre lievemente sognante, introspettivo, che permette al lettore di immedesimarsi nelle vicende.
Di fatto in questi brevi racconti non succede nulla o quasi, la narrazione si incentra sul mondo interiore del personaggio e sulle sue circostanze immediate. Questo fa sì che questi racconti costituiscano solo schegge di vita, senza lasciare spunti di sviluppo in storie vere e proprie ma restando quindi nell’ambito dell’esercizio di stile.
Esercizio comunque gradevole, che evidenzia l’abilità dell’autrice, lasciando la voglia nel lettore di leggerla alle prese con qualcosa di più corposo e strutturato.
La mongolfiera, il monte Tambura e il tappeto volante – F. Raineri
Quattro ragazzi si avventurano in mongolfiera sorvolando le alpi Apuane, ma per una serie di sfortunate coincidenze atterrano sul Monte Tambura, dove scopriranno tanti misteri ivi celati, rischiando più volte la pelle.
La mongolfiera, il monte Tambura e il tappeto volante, di Fernanda Raineri si presenta come un romanzo per ragazzi un po’ accondiscendente, dalla narrazione molto approssimativa e sbrigativa.
Questo romanzo innanzitutto brilla per assenza di editing e della più basilare correzione di bozze, la notazione del discorso diretto è errata e fastidiosa e i refusi risaltano con evidenza (“movimenti teutonici” anzichè di tettonici, solo per fare un esempio).
I tratti salienti della trama sono piuttosto semplici, ma i vari passaggi sono ingiustificati ed immotivati: ad esempio i ragazzi si addentrano in una serie di caverne e cunicoli, e contro alcuna logica decidono più e più volte di immergersi nei gelidi e pericolosi corsi d’acqua scoprendo casualmente indizi funzionali alla trama.
I personaggi stessi sono piuttosto incredibili, l’unico maschio della compagine risulta quello che di fatto riesce a progredire nella vicenda, mentre le tre ragazze si limitano ad urlare per qualunque assurdità, a lagnarsi di questo e quello, risultando moleste quando non assolutamente ininfluenti.
L’antagonista ricorda da vicino un clichè da romanzo di pirati di fine Ottocento, con la curiosa abitudine di lanciare candelotti di dinamite accesi contro i ragazzi (il fatto che sia esplosivo risalente alla seconda guerra mondiale e quindi altamente instabile non lo induce a maneggiarlo con cautela, anzi).
Altra caratteristica è appunto l’inverosimiglianza di tanti piccoli dettagli che coinvolgono i ragazzi (il nome scientifico di un fungo luminoso, la quantificazione a colpo d’occhio della durata del petrolio in una lampada, la cottura di un pesce calandolo in una caldera naturale) che rendono tutto il romanzo, in realtà un racconto lungo, avvolto in un’aura di imprecisione nella quale è difficile immedesimarsi.
Opinabile poi la scelta di costituire il romanzo in un blocco unico, senza capitoli, paragrafi, stacchi temporali e di punti di vista di qualunque tipo. Questo, associato ad un uso piuttosto casuale della punteggiatura, rende la lettura poco agevole.
Insomma, risulta evidente come questo romanzo sarebbe potuto essere un’opera al suo pieno potenziale se solo fosse stato curato un po’ di più, con una correzione di bozze attenta, un editing puntuale e un po’ più di documentazione.
Le Cronache di Aldimondo, Zak Elliot e il libro del destino – R.Recchimurzo
Zac Elliot è un ragazzino come tanti, cresciuto senza genitori in un orfanotrofio. Un giorno, si trova per puro caso all’interno di una polverosa libreria, nei cui recessi conoscerà un uomo che lo condurrà nelle magiche terre di Aldimondo, un tempo ridente e felice, dove ora si annida un oscuro personaggio.
Zak Elliot e il libro del destino è il primo volume della saga de Le cronache di Aldimondo, del giovane autore Roberto Recchimurzo. La prima cosa che salta agli occhi prendendo in mano il volume è certamente la cura riservata all’impaginazione grafica: oltre ad una copertina molto colorata ed accattivante, anche le pagine del romanzo sono decorate con l’effetto grafico della pergamena, ed il testo, stampato in caratteri grandi, è inframmezzato da gradevoli illustrazioni. Anche di primo acchito quindi, il romanzo si rivolge dichiaramente ad un pubblico molto giovane.
Questa sensazione viene confermata nella lettura dell’opera, che sotto molteplici punti di vista si dimostra un buon romanzo fantasy per ragazzi, mentre risulta piuttosto povero ad un lettore più adulto.
Le citazioni più o meno volute di grandi romanzi fantasy si sprecano, sia nei tratti salienti della trama che nella scelta di alcune sfumature dei personaggi. Come abbiamo già detto più volte in passato, ormai il panorama fantasy è talmente vasto che risulta quasi impossibile muoversi senza andare a toccare un precedente illustre: la forza potenziale del libro e della lettura ricordano La storia infinita di Ende e Cuore d’inchiostro della Funke, mentre l’utilizzo di varchi magici per entrare in un’altra dimensione, in un mondo dove è sempre notte evocano il primo volume de Le cronache di Narnia (dove, infatti, c’è sempre la neve). In tante altre piccole caratteristiche possiamo intravvedere l’immancabile Signore degli anelli e la saga di Harry Potter (lo stesso antagonista Lord Velvet ricorda un Lord Voldemort edulcorato).
La trama risulta piuttosto semplice da seguire, chiara sia nell’avvio che lungo il suo svolgimento, sebbene i vari momenti critici, nei quali Zak e compagnia si trovano in difficoltà e per i quali giustamente il lettore si aspetta un po’ di suspense, si risolvono o con l’entrata in scena di un clamoroso deus ex machina, o con una battaglia che lascia alquanto a desiderare in termini di credibilità (giusto per citare un esempio, il poco brillante combattimento vincente contro il meccanoserpo lascia dubitare delle capacità dei grandi guerrieri tribani che hanno tentato l’impresa prima di Zak).
I personaggi sono molto poco delineati, si esprimono in modo piuttosto banale e i dialoghi sono spesso poco realistici (re e regina sopra tutti, ma è una caratteristica diffusa anche per i dialoghi dello stesso Zak). Il personaggio di Zoe, poi, sembra del tutto posticcio, totalmente privo di personalità. Probabilmente avrà uno scopo negli sviluppi futuri della storia, ma in questo episodio il suo apporto è del tutto irrilevante.
Lo stile di scrittura è abbastanza scorrevole, molto raccontato, con alcune scelte a nostro parere un po’ dubbie nell’aggettivazione e nell’uso degli avverbi e con alcune incertezze sul posizionamento del punto di vista del narratore.
In sostanza, Zak Elliot e il libro del destino risultano una lettura certamente apprezzabile per un pubblico giovane e giovanissimo, ma tiepidamente interessante per un pubblico più maturo.
Ti interessa questo libro? Compralo su Amazon! Le cronache di Aldimondo. Zak Elliot e il libro del destino
L’amore lungo il cammino del destino – Y. Crippa
Il mestiere dello scrittore è un mestiere difficile. Portare alla luce un romanzo che sia degno di tale nome, rendendo onore ad una storia che sia interessante, originale ed appassionante, è un lavoro complesso, che arriva al termine di un processo lungo e faticoso. Spesso può rendersi necessario un intervento esterno, un lettore professionista o un editor, per dare quello sguardo oggettivo all’opera e permettere di perfezionare il lavoro.
Da un po’ di tempo a questa parte, invece, sembra che stia passando un messaggio differente, ovvero che per scrivere un romanzo non ci vada null’altro che il tempo materiale per scriverlo, e che il manoscritto sia subito a posto, pronto per essere pubblicato e fruito, come se l’autore fosse dotato di eloquenza infallibile e divina.
L’amore lungo il cammino del destino, di Ylenia Crippa, incarna il romanzo acerbo e in embrione, pubblicato troppo presto.
La storia innanzitutto è infantile ai massimi livelli, una via di mezzo tra una favola e un racconto fantasy, con più che prevedibili risvolti amorosi, indugiando in dettagli stile manga, che rendono inverosimile il racconto anche per il lettore più disponibile.
I dialoghi sono assurdi e stucchevoli, pronunciati da personaggi che risultano indistiguibili l’uno dagli altri, eccetto che per la protagonista, Ylene, che viene dipinta come eroina a tutto tondo, degna della migliore tradizione fiabesca (bellissima, buonissima, ovviamente dotata dalla nascita di poteri straordinari, addirittura incarnazione di un angelo).
Lo stile stesso, anche volendo sorvolare sui contenuti, grida a gran voce la necessità di crescita e maturità. I periodi sono costruiti come castelli di sabbia, con punteggiatura e congiunzioni distribuiti a casaccio.
I fatti vengono descritti rapidamente, elencati, raccontati con una proprietà di linguaggio assolutamente insufficiente, con fretta e senza alcuna cura, tranne che per certi passaggi in cui si indugia su dettagli immotivati che ricordano da vicino i più classici videogiochi giapponesi.
Insomma, senza dubbio un’opera di esordio prematura, che evidenzia la necessità di un profondo lavoro di crescita e raffinamento a tutto tondo dell’autrice, di senso critico e di capacità espressiva e soprattutto di una ricerca approfondita di Nuove Idee alle quali dare voce.
Tradimento – R. Furth, P. David, S. King
Roland ed il suo ka-tet sono tornati a Gilead dopo le pessime vicissitudini ad Hambry e dopo il terribile viaggio di ritorno.
Mentre Bert e Alain, promossi pistoleri sul campo, cercano di tenere a bada le invidie dei coetanei, Roland ha ben altri problemi. Invece di consegnare a suo padre il Pompelmo di Maerlyn, la sfera rosa proprietà ed emissaria del Re Rosso, rimane intrappolato nelle sue suadenti spire, provocandogli uno stato quasi costante di allucinazione, durante il quale assiste a scene raccapriccianti della Torre e di Rhea del Coos che cerca di uccidere suo padre così come ha fatto con la sua amata Susan Delgado.
Questo episodio ha una tematica ben precisa che funge da filo conduttore alla narrazione: il tradimento. Si manifesta in molti modi, alcuni più subdoli, altri più evidenti. In ogni caso però, il tradimento esige un pedaggio di sofferenza e sangue.
Anche in questo terzo episodio del fumetto de La torre nera pubblicato da Marvel e Sperling & Kupfer, Lee e Furth non si sono risparmiati. Così come accade nell’episodio precedente, non vengono ripresi fatti narrati nei romanzi di Stephen King, bensì vine approfondita la storia del giovane Roland, con accenti verosimili che rendono il personaggio che ben conosciamo dai romanzi ancora più realistico e sfaccettato.
In questa occasione inoltre abbiamo l’introduzione di un nuovo personaggio femminile, che si inserisce nella vicenda in modo piuttosto originale. Aileen è la giovane nipote di Cort, l’addestratore di pistoleri di Gilead. E’ una ragazza bella e volitiva, che farebbe di tutto per essere considerata alla stregua dei suoi pari maschi ed avere la possibilità di essere anche lei un pistolero al servizio del Medio-Mondo.
Come sempre accade, i fans più accaniti della saga potrebbero storcere il naso davanti a questi personaggi gratuitamente aggiunti alla storia; d’altra parte occorre ricordare che l’infanzia di Roland è sempre stata narrata con povertà di particolari, e che quindi le opere a fumetti vanno ad aggiungere tasselli taciuti o solo allusi nei romanzi.
Come sempre, una nota a parte va ovviamente per la qualità del fumetto in sè, al di là della storia che racconta. I disegni sono come sempre superbi, mantengono la qualità elevatissima degli episodi precedenti, i colori sono strabilianti, foschi, cupi e tenebrosi. I volti restano quasi sempre nell’ombra, diventando visibili e chiari solo di rado, lasciando quindi di fatto ancora un ampio margine di immaginazione e di coinvolgimento.
Un ottimo prodotto che non delude in nessuna sua parte.
Ti interessa questo volume? compralo su Amazon! Tradimento