Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
Archivio del 2013
Notte buia, niente stelle – S. King
«Scrivere male non è solo questione di cattiva sintassi o scarso spirito di osservazione: si scrive male quando ci si rifiuta di raccontare storie su quel che la gente fa realmente. Quando, mi viene da dire, si rifugge questo dato di realtà: capita che l’assassino aiuti una vecchietta ad attraversare la strada.»
Un anno particolarmente nefasto all’insegna di una serie di scelte sbagliate; una tremenda disavventura fronteggiata da una tranquilla scrittrice di romanzi gialli da salotto; un curioso incontro tra un malato terminale e un bizzarro venditore di “giuste estensioni”; la scoperta di una moglie del piccolo segretuccio del marito.
Questa raccolta di quattro racconti, Notte buia, niente stelle, di Stephen King, certamente entra a buon titolo nella produzione del Re del brivido.
A differenza delle grandi raccolte degli anni giovanili di King (primo tra tutti il celebre “Stagioni diverse”), in questi racconti più che in altri si individua saltuariamente il tentativo dell’autore di “fare sé stesso”, inserendo elementi tipici del suo stile e accenti horror anche laddove magari non sarebbe necessario.
A parte questo però, il libro costituisce una lettura assolutamente godibile. I racconti sono legati da un filo comune, che viene poi chiarito nella postilla finale dell’autore. Le cose brutte succedono e basta, per parafrasare un noto modo di dire americano, e di solito le cose molto brutte possono capitare anche alle persone più normali. E’ questo che King ci racconta: il comportamento, le risorse (o la mancanza delle stesse) che l’uomo e la donna media possono tirare fuori in circostanze eccezionali.
I veri elementi distintivi della produzione kinghiana ci sono tutti, al di là del semplice gusto dell’horror: sopra tutto sono i personaggi ad essere degni di nota, come sempre. Personaggi profondi e complessi, con voci originali e una introspezione degna di un romanzo vero e proprio. Ma sono le storie di questi racconti ad essere a modo loro terribili e indimenticabili. Lasciano dietro di loro una scia di verosimiglianza che non può lasciare indifferente nemmeno il più approssimativo dei lettori.
Una lettura consigliata, ovviamente: come potremmo dire qualcosa di diverso?
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Nel bosco di Aus – C. Palazzolo
Carla è un’insegnante che vive in un piccolo paese del sud Italia. E’ una donna come tante, che si divide tra lavoro, marito mondano, figli pestiferi e una grande casa da mandare avanti: una bella casa affacciata sul sinistro e affascinante bosco di Aus. Ben presto Carla vi ambienterà numerosi incubi notturni, in una spirale di stranezze che la porteranno al margine della follia, arrivando a rischiare ben oltre la sola salute mentale.
Nel bosco di Aus di Chiara Palazzolo probabilmente non brilla per innovazione, il concept su cui si fonda la trama è piuttosto banale, già letto in molti libri del genere. Senza dubbio però, il pregio e il difetto della Palazzolo è il suo stile, così frammentario ed in apparenza istintivo, che permette un approccio del tutto nuovo all’argomento. Nonostante la terza persona, l’autrice riesce a farne un uso talmente particolare che spesso arriva ad equivalere ad una prima persona, consentendo talvolta invece un certo punto di vista distaccato.
Dicevamo che il suo stile costituisce anche un difetto, perchè questo modo un po’ irruente di descrivere i fatti spesso e volentieri lascia spaesato il lettore, in particolare durante le scene più concitate, che diventano un po’ confuse.
Abbiamo trascorso ore interessanti nella lettura di questo romanzo, che per due terzi di fatto getta le basi al terzo finale, durante il quale possiamo tirare le fila della storia.
L’unica caduta di stile la troviamo nelle scene finali, che sembrano uscite da un anime di basso profilo, che invece di mantenere alta a tensione nel momento di climax, lo fanno cadere del ridicolo.
Tutto sommato un libro gradevole, blandamente horror, che vira quasi al triller paranormale, che si legge velocemente e che riesce a mantenere l’interesse del lettore anche grazie al suo stile così particolare
Consigliato.
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Accabadora – M. Murgia
Maria è nata due volte. Una volta dalla sua madre naturale, che l’ha partorita per ultima in una famiglia di sole donne e senza padre, e una volta da Bonaria Urrai, una donna rimasta vedova senza essere mai stata sposata. Bonaria cresce Maria come una figlia, colmando con questa unione i reciproci vuoti dell’esistenza.
Bonaria è però anche l’accabadora del paese, l’ultima madre, la pietosa figura che mette fine alle sofferenze di chi non riesce a lasciare il mondo dei vivi.
Con un tratto delicato ma preciso, Michela Murgia racconta una storia dal sapore antico nato in terra sarda, Accabadora.
Lo stile è misurato, ogni parola selezionata con cura, pesando con attenzione i regionalismi, la struttura delle frasi, le espressioni del discorso diretto, avvicinando il lettore al territorio e all’epoca narrata. Proprio come le genti di cui tratta, l’autrice si esprime con riserbo, lasciando poco spazio agli slanci poetici, senza tralasciarli del tutto ma facendoli trasparire nella scelta delle figure retoriche e nelle similitudini.
Un romanzo sicuramente molto noto, e a buon titolo, che disegna con maestria una storia semplice ed efficace, che lascia buoni spunti di riflessione.
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Scheda: April rose – C. Bartoletti
Tiziano è il figlio trentenne di un noto imprenditore edile intenzionato ad acquistare una vecchia casa ormai abbandonata, di proprietà della bizzarra signora April.
La trattativa per arrivare a concludere l’affare diventa ogni giorno più difficile, e mette in luce aspetti inquietanti sulla proprietaria di casa e sul carattere di Tiziano. Quest’ultimo, che ambisce a diventare un cantante famoso, e che odia lavorare con il padre, capirà che per raggiungere lo scopo dovrà scoprire il terribile mistero di April, e dare un senso ad undici giorni di caos e di emozioni.
Romanzo surreale che affronta temi psicologici, come il narcisismo dilagante presente nei giovani di oggi, e l’incomunicabilità tipica dei rapporti moderni.l’autore
Clara Bartoletti, nata a La Spezia nel 1967, vive a Massarosa, Lucca, dove lavora e coltiva la passione della scrittura da sempre. Al suo attivo ci sono racconti surreali, pubblicati negli anni 90 sulla Rivista Windsurf Italia, l’uscita della serie di racconti “Tribal” nel 1990, e di “Kea e altri racconti”, pubblicato autonomamente nel 2011, con lo scopo raccolta fondi per l’ospedale Meyer di Firenze, contenente dodici racconti minimali.
Appassionata di subacquea, e di viaggi, si considera un’internauta. Ama scrivere racconti e romanzi con tematica prevalente nella psicologia, le nevrosi, e i disagi del nostro tempo, indirizzandoli a far conoscere gli aspetti più emotivi, biechi o profondi dell’animo umano.
Scheda: Il corvo e lo scorpione – F. Civiletti
Quale destino attende la giovane Rowan, unica superstite dell’incendio di Ynys Mon da parte delle Legioni di Nerone? Incontri sorprendenti, rivelazioni inaspettate e una difficile missione da compiere: impedire che l’Uroboro, un antico manoscritto di inestimabile valore, cada nelle grinfie dell’ordine nero di Roma. Gli Scorpioni Neri.
Significherebbe immenso potere per una setta votata al male che, da tempo immemorabile ha l’obiettivo di rompere il Patto di Equilibrio tra il Bene e il Male, sulla Terra e nell’Aldilà. Nella sua lotta contro il tempo e terribili forze oscure, dalla Britannia alla verde Erin, dalla Gallia al cuore dell’Impero, Rowan potrà contare sulla sua sapienza druidica e la sua abilità di guerriera; ma anche sulla solidità di un veterano della Ventesima Valeria Victrix, la furbizia di un pirata dal sangue nobile, gli occhi vigili di un misterioso Guardiano, e una buona dose di coraggio.
Saranno sufficienti per riuscire nell’impresa?l’autore
Francesca Civiletti è nata nel 1976 a Milano, ma il suo cuore è ancora a Dublino
dove ha vissuto per un anno nel 2004, e iniziato la stesura de “Il corvo e lo scorpione”.
È copywriter freelance, e questo è il suo primo romanzo.
Penne d’aquila – S. Polimanti
Susanna Polimanti nel suo romanzo Penne d’aquila racconta i moti interiori della protagonista Virginia, attraverso gli eventi salienti della sua vita, alla ricerca di un equilibrio e di una risposta alle sue tante incertezze.
Questo romanzo ha senz’altro una valenza autobiografica, sebbene sia evidente la scelta simbolica dei nomi dei personaggi: l’autrice interviene più volte all’interno della vicenda con osservazioni e commenti, manifestando la sua presenza. Purtroppo la scelta di utilizzare la terza persona rende la lettura molto difficile ed è arduo il mantenimento ad alti livelli dell’attenzione. Tutte le vicende vengono strettamente narrate e mai mostrate, ogni episodio viene caratterizzato da scarsa tridimensionalità immersiva proprio a causa dell’uso della terza persona, i pochi dialoghi suonano forzati e poco verosimili e gli stesssi personaggi vengono descritti con i tratti tipici del clichè.
L’utilizzo della prima persona avrebbe reso più verosimile e più comunicativo il viaggio nell’interiorità della protagonista, rendendo quindi più accettabili anche le osservazioni personali, donando all’opera una forma di diario più rigorosa.
La struttura narrativa non è molto forte, spesso in alcuni passaggi in particolare nella prima metà del romanzo il lettore fa fatica a seguire agevolmente i riferimenti a personaggi che non sono stati adeguatamente illustrati in precedenza.
Un romanzo fortemente introspettivo che illustra uno sfogo dell’autrice in una forma forse non proprio efficace ma che costituisce un banco di prova per una fruttuosa crescita futura.
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Scheda: L’amore non muore mai – H.H.Mamani
Questa è una storia vera, ed è stata scritta su richiesta dei figli: Sofía, Ángel, Martín, Sonia e Stephan per evitare che la discriminazione razziale, sociale, religiosa ed economica continui.
L’amore ha tanti misteri. È come un gioiello formato da innumerevoli pietre preziose le cui lucentezze si mescolano tra di loro.
Così l’essere umano, guidato da tanti pensieri, sentimenti, emozioni, desideri e bisogni, crea un’ineguagliabile illusione chiamata innamoramento. Quando questa esperienza amorosa positiva viene trasformata in passione, tenerezza, abbandono totale e dedizione muove una grande energia fisica e mentale. Un’esperienza amorosa negativa apre invece la strada alle emozioni più oscure e bestiali dell’essere umano: odio, rancore, invidia, gelosia, rabbia, sete di vendetta, tradimento, crimine e distruzione.
La storia dei grandi amori dell’umanità è il racconto delle vite tormentate di uomini e donne che hanno vissuto momenti di luce e ombra, con tutti i rispettivi alti e bassi: amore, allegria, piacere, passione, illusione, dolore, tristezza e odio. Gli uomini e le donne hanno sacrificato tutto per amore: potere, ricchezze, beni, lavori. Per amore hanno realizzato le azioni più incredibili o sono caduti nel più profondo sconforto.
Tutti, in un dato momento della nostra vita, siamo stati fedeli devoti della Dea dell’Amore e i nostri cuori hanno battuto al ritmo dell’energia divina dell’amore incondizionato.
Questo libro narra la storia reale di due esseri che vissero e si amarono, al di là delle parole, sopravvivendo con fatica, ma sempre con l’idea di crescere nel futuro, Anton, un Indio nato in una casa umile, ma con un’intelligenza straordinaria, e una forte volontà. Egli lotta per crearsi una professione ed entrare nel mondo degli affari in una società altamente razzista.
I suoi sforzi per raggiungere il suo obiettivo e il desiderio di progresso “per coincidenza”, lo fanno incontrare con una donna che è il suo esatto opposto: una donna ricca, bianca, appartenente alla famiglia più influente della città. Karen è idealista, decisa, con il desiderio di violare i tabù di una società conservatrice. Appassionata della vita e dei suoi ideali, si innamora di lui abbandonando le ambizioni della famiglia, il razzismo dei genitori e la pressione di una società puritana.
Le differenze economiche, sociale e razziali li separano, così entrambi iniziano a vivere in un mondo in cui tessono le loro passioni, affrontano delle rinunce, vivono con dolore la separazione fino al giorno in cui la soluzione definitiva segnerà il loro destino e il loro cammino per sempre.
L’autore ci fa vivere tutti i sentimenti umani che si sviluppano lungo le entusiasmanti pagine di questo libro. Attraverso la storia di Anton e Karen… entreremo nel tempio dell’amore eterno.
“Tutti, in un momento della nostra vita, siamo stati così fedeli devoti alla dea dell’amore che i nostri cuori hanno battuto per l’energia divina dell’amore incondizionato”.l’autore
Hernán Huarache Mamani è un indio nato a Chivay, un villaggio della Cordigliera delle Ande. Laureato in Economia e Agraria, è un sacerdote, ultimo erede di un’antica generazione di curanderos andini.
Da anni lavora a un progetto di conservazione della cultura del suo paese e gira l’Europa per diffondere la sua conoscenza spirituale attraverso seminari, conferenze, interventi in università e cerimonie religiose.
Contemporaneamente svolge la sua attività di autore con all’attivo 200.000 libri venduti, in Italia ha pubblicato “I curanderos delle Ande” (Riza Psicosomatica, 1985), “Negli occhi dello sciamano” (Piemme 1998), “La profezia della Curandera” (Piemme 2001), “La donna dalla coda d’argento” (Mondadori 2005), “La donna della luce” (Piemme 2007), “Inkariy la profezia del sole” (Piemme 2011) , “Gli ultimi Curanderos” (Piemme 2012), “L’amore non muore mai” (Uno Editori 2012).
Scheda: Oltre le rive – F. Arizza
Il vento di mezzogiorno accarezza dolcemente i volti degli uomini e delle donne che da sempre hanno lo sguardo puntato lì. E’ un vento che nasce dalle più basse, zone tropicali: secco, caldo, impetuoso e libero nei deserti africani alza la polvere ridisegnando i profili della sabbia che, granello su granello, con gran fatica aveva disposto mucchietti ordinati e regolari. Lungo il suo viaggio lo Scirocco incontra la mitezza del mare, ne assapora l’eterno invenire, lo assorbe, se ne imbeve e mitiga le giornate più calde spingendosi oltre le rive del Mediterraneo. Allo stesso modo le vite di questi uomini e di queste donne scorrono aride e secche confinate entro limiti solo in apparenza sociali, limiti che nascono dagli istinti più bassi e profondi e che si nutrono delle fragilità di cui la natura umana è piena. Il viaggio comincia per tutti allo stesso modo: coltiviamo il nostro egoismo, quali fosse un germoglio, tracciamo confini, creiamo differenze, delimitiamo entro spazi ben precisi comportamenti, sentimenti, idee. Poi, un giorno qualunque, ti accorgi che quei confini non ti hanno protetto dal resto del mondo, te ne hanno tenuto fuori; non determinano spazi in cui è agevole muoverti ma rappresentano le barriere che ti soffocano. La vera sfida diventa riuscire a trovare la forza di superare quelle barriere e di guardare oltre, oltre se stessi. Alza la polvere delle anime questo scirocco, si imbeve di sentimenti sopiti, mitiga la solitudine e si spinge oltre le rive, là dove Speranza non è solo una parola: è il volto di un figlio, è l’amore di un padre, è la compagna di una vita.
l’autore
“La mia storia è simile a quella di altri cento, mille e infinite persone nate e cresciute all’interno di una comunissima città d’Italia. Ma non voglio fare del qualunquismo, anzi. La mia salvezza è stata lei, la scrittura, piovuta nella mia vita in una afosa giornata d’estate. Non so se sia stato io a scegliere lei o la scrittura a scegliere me, so solo che un pomeriggio mi ritrovai con una penna tra le mani a consumare quello che sarebbe stato un un tacito matrimonio che ormai va avanti da diversi anni. Da quel giorno non ho più smesso di scrivere. Scrivo per me, per chi non può farlo, per chi mi legge e per chi ha orecchie che sappiano ascoltare storie dove il lieto fine non è mai un punto col sorriso sulle labbra, ma un utopia irraggiungibile, un’isola che non c’è. Ah dimenticavo io sono Francesco Arizza, ho quasi trent’anni e di professione non faccio lo scrittore, ma l’impiegato. La scrittura non si “fa”, si vive. Solo vivendola puoi sentirti parte di un mondo fatto di simboli, lettere e codici che dettano il ritmo a questa assurda sinfonia che è la vita. VITA! VITA!”