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Cronache del ghiaccio e del fuoco 2 – G.R.R. Martin
La storia riprende da appena dopo il momento cruciale del primo romanzo, la cruenta uccisione di Eddard Stark da parte di re Jeoffrey.
Da questo evento, prende il via la storia vera e propria delle Cronache del ghiaccio e del fuoco 2 di George R. R. Martin, l’equivalente dei romanzi in Italia de “Il regno dei lupi” e “La regina dei draghi”.
I personaggi principali ora sono tutti dispersi per i Sette Regni, e li vediamo impegnati nelle attività e nei drammi più vari: chi è vincolato in una gabbia dorata, chi è ai ceppi, chi è in sella per andare alla guerra, su uno e sull’altro fronte, chi sta semplicemente cercando di sopravvivere, chi è alla ricerca di un nemico silenzioso e invisibile che potrebbe rendere vano qualunque altro dramma.
In questo volume abbiamo un’apertura geografica e della trama: se il primo volume la storia principale era incentrata principalmente sulla famiglia Stark, ora il focus si allarga, includendo i punti di vista dei Lannister, uno sguardo dietro le quinte sulle attività di Stannis Baratheon e i grigi piani di Theon Greyjoy.
Credo che uno degli elementi che ha fatto inconsapevolmente il successo del romanzo, a parte l’intreccio appassionante e la caratterizzazione dei personaggi assolumente credibile e realistica nonostante l’ambientazione fantasy, è l’utilizzo dei punti di vista. Spesso infatti il capitolo dedicato non tratta del protagonista attore in prima persona degli eventi cruciali, bensì di un personaggio a lui vicino, che lo osserva e lo racconta al lettore, consentendo una vicinanza ancora maggiore alla storia e una visione più flessibile e ricca rispetto alla priva persona stretta sul personaggio principale.
Maestoso ed appassionante ma al tempo stesso semplice, logico ed equilibrato, anche questo capitolo aggiunge una ulteriore maglia alla catena che lega i fan a questa storia così ambiziosa.
Naturalmente molto consigliato.
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The queen of the Tearling – E. Johanson
In un futuro distopico dal clima neo-medievale, in un piccolo regno chiamato Tearling, una bambina cresce nascosta agli occhi dei più. Kelsea è la figlia della regina, erede al trono del regno. Al compimento dei suoi diciannove anni, un gruppo di armigeri la prelevano dalla famiglia adottiva per condurla a regnare, come suo compito. Kelsea scoprirà ben presto che sedere sul trono è una situazione scomoda, che porta con sè la necessità di decisioni talvolta difficili, in particolare quando si accorgerà che i suoi predessori hanno soggiaciuto a compromessi intollerabili per il mantenimento di una fragile pace con l’oscura regina del territorio confinante.
The queen of the Tearling è il romanzo di esordio dell’autrice Erika Johansen ed il primo capitolo di una trilogia della quale presto verrà realizzata anche una trasposizione cinematografica.
Il taglio della storia, nei suoi tratti principali, ben si attaglia ad un pubblico young adult: le caratteristiche tipiche del fantasy in stile medievale ci sono tutte, con tanto di principessa erede al trono, gioielli magici dai grandi poteri, un antagonista fantoccio ed una più pericolosa eminenza grigia, il tutto contornato da un ampio stuolo di personaggi secondari.
L’elemento principale che rende questo romanzo diverso dagli altri è probabilmente la caratterizzazione della protagonista, Kelsea. La sua figura esce dal clichè della principessa un po’ vittima degli eventi che ad esempio il più classico Disney ci ha sempre proposto, e vede prendere vita una giovane donna decisionista, assertiva, che mette davanti a tutto i valori che per lei sono inoppugnabili come dovrebbero esserlo in qualunque società civile.
Schiavitù, violenza gratuita, minacce, soprusi dei potenti sui più deboli, sottomissione femminile, droga, tradimento: questo non può in alcun modo comparire davanti alla giovane regina del Tearling così come non dovrebbero comparire dinnanzi agli occhi di nessuno, in nessuna epoca.
Oltre a Kelsea, l’autrice delinea una serie di personaggi ben caratterizzati, con tratti spesso non scontati.
Nel complesso, forse anche a causa della confezione del libro stesso (preziosissima, con pagine anticate e ricco di belle illustrazioni a colori, completo di mappa dei territori), il taglio della narrazione lascia presupporre un target più giovane rispetto a quello classico young adult: ad un lettore un po’ più smaliziato può indurre sconcerto la scelta di costruire dei personaggi piuttosto bidimensionali, poco sfaccettati, che riservano (almeno per il momento) poche reali sorprese.
Di contro, alcune particolari caratteristiche proprie della storia, alcune scene in particolare, potrebbero risultare inadatte ad un pubblico troppo giovane.
Pur considerando ciò, The queen of the Tearling risulta una lettura assolutamente godibile e comunque atipica, che propone un’eroina femminile nuova, con dello spessore intellettuale e soprattutto un’integrità capace anche di andare contro agli usi protratti dai regnanti che l’hanno preceduta, che non ha bisogno di una figura maschile accanto per completare la sua dimensione di regina e di donna e nella quale diventa davvero possibile, oltre che positivo, immedesimarsi.
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Cronache del ghiaccio e del fuoco: Il trono di spade e Il grande inverno – G.R.R. Martin
Sì, lo so. Recensire oggi le Cronache del giaccio e del fuoco è un po’ un esperimento di masochismo.
Al di là della vera opinione che un lettore può farsi, un romanzo che è stato in grado di trascendere l’attributo di best seller non può essere criticato con il cuore sereno e la più pura onestà.
Se questo è vero sempre, per la titanica opera di George R. R. Martin non può che essere proporzionale.
Premetto che sono una fervente ammiratrice della fiction HBO Il trono di spade, che ho guardato le prime tre stagioni praticamente a nastro, che ho atteso trepidante la quarta e che, per sedare l’attesa della quinta ho sbranato un terzo dell’edizione doppia de Il trono di spade + Il grande inverno in un weekend.
Ciò detto, devo ammettere a malincuore che se non fossi già completamente venduta per la trama e i personaggi, forse non avrei apprezzato altrettanto i libri.
O forse no: almeno per quanto riguarda questo primo volume, il vero fulcro attrattivo è esclusivamente la trama, la storia, e lo spessore dei personaggi. La serie tv in questo senso mi ha già stregato a sufficienza, di conseguenza il libro non è riuscito a darmi qualcosa di sostanzialmente aggiuntivo.
Martin è un narratore asciutto, che caratterizza i suoi personaggi grazie a dei dialoghi fulminanti, efficacissimi, assolutamente da manuale e dai quali tutti gli scrittori dovrebbero prendere spunto. E proprio attraverso le loro voci scopriamo via via il delinearsi di un quadro, un enorme disegno vasto quanto un continente, di intrighi, menzogne, interessi, sotterfugi e voglia di potere.
In questo intreccio, solo gli spregiudicati possono giocare. E chi si trova suo malgrado tirato in mezzo a questo gioco, o si adatta o muore.
Ed è proprio da queste premesse che prende il via la saga delle Cronache: Eddard Stark, lord di Grande Inverno, è un uomo saggio e onesto, fortemente aderente ai principi di giustizia e lealtà. Suo malgrado viene portato a corte dal suo amico di infanzia e re Robert Baratheon, e quando si verifica il peggio, proprio a causa della sua sete di verità, viene messo a morte.
Vediamo gettare le basi di un casus belli di un conflitto profondo e vastissimo che si esplicherà nei romanzi successivi e che, penso, non abbiamo ancora idea di dove ci porterà.
Nel frattempo, grazie ai numerosissimi cambi di voce che caratterizzano il romanzo, facciamo la conoscenza con un nugolo di personaggi che impareremo a conoscere molto bene, e abbiamo un’iniziale attribuzione di Buoni e Cattivi: Stark tra i buoni, Lannister tra i Cattivi.
800 pagine che fungono da primo capitolo di una saga definita più volte il miglior capolavoro fantasy moderno, imprescindibile ancorchè titanica lettura per qualunque amante del genere.
Recensione scritta da Sayu
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Scheda: The queen of the Tearling – E. Johansen
Il giorno del suo diciannovesimo compleanno la principessa Kelsea Raleigh Glynn, cresciuta in esilio, intraprende un pericoloso viaggio alla volta del castello in cui è nata per riprendersi il trono che le spetta di diritto. Kelsea è una ragazza determinata che adora leggere e imparare e che somiglia ben poco a sua madre, la fatua e frivola regina Elyssa. Kelsea sarà pure inesperta, ma non è indifesa: al collo porta lo zaffiro di Tearling, un gioiello dagli immensi poteri magici, ed è accompagnata dalla Guardia della Regina, un gruppo scelto di coraggiosi cavalieri guidato dall’enigmatico e fedele Lazarus.
Kelsea avrà bisogno di tutti loro per sopravvivere alla cabala di nemici che cercherà di impedire la sua incoronazione con ogni mezzo, da sicari dai mantelli cremisi a tremendi incantesimi di sangue.
Nonostante il suo sangue reale, Kelsea è ancora una giovane piena di insicurezze, una bambina chiamata a guidare un popolo e un regno dei quali non sa praticamente nulla. Quello che scoprirà nella capitale, però, cambierà tutto, mettendola di fronte a orrori inimmaginabili. Sarà un gesto semplice quanto audace a gettare il regno nel caos, scatenando la vendetta della tirannica sovrana della vicina Mortmesne: la Regina Rossa, una strega posseduta dalla magia oscura. Kelsea dovrà scoprire di chi fidarsi tra i suoi servitori, i nobili di corte e le sue stesse guardie del corpo.
La sua missione per salvare il regno e compiere il suo destino è appena cominciata: Kelsea dovrà affrontare un viaggio alla scoperta di sé stessa e una prova del fuoco che la faranno diventare una leggenda… se solo riuscirà a sopravvivere.
“Una lettura avvincente… Johansen tesse una storia coinvolgente, ricca d’azione e personaggi interessanti” New York Post
“Chiamatelo pure The Hunger Games of Thrones. Il primo romanzo di Erika Johansen è un insieme di generi: il fantasy medievale incontra il futuro distopico… in un’avventura avvincente e divertentissima” USA Today
L’edizione italiana di The Queen of the Tearling sarà curata da Matteo Strukul (Mila Zago,I Cavalieri del Nord) e conterrà illustrazioni originali di Roberto Recchioni (fumettista, sceneggiatore ed ora curatore per Sergio Bonelli Editore della storica serie di albi a fumetti Dylan Dog)!
Non si tratterà insomma di un semplice libro, ma di un cartonato di prestigio con 14 inserti grafici, 7 immagini a colori a tutta pagina e una mappa del regno di Tearling in preziosa carta pergamena riposta in un’apposita tasca interna. Un vero e proprio gioiello per la collana Multipop!
“Sono orgoglioso di prestarmi nella veste per me abbastanza inedita di illustratore puro a questo libro inusuale, avventuroso e appassionante”, racconta Roberto Recchioni, “Cercherò di rispettare questo spirito, sto lavorando intorno a uno stile minimale che ne rappresenti, in parte, lo spirito”.
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Lo hobbit, la battaglia delle cinque armate – regia di P. Jackson
***ATTENZIONE! IRONIA E SPOILER!***
Dopo cinque film, innumerevoli ore di proiezione, centinaia di pagine di sceneggiatura, siamo arrivati alla fine di questo lungo viaggio nella Terra di Mezzo.
La battaglia delle cinque armate è il capitolo conclusivo del lungo prequel dei fatti ampiamente dettagliati ne Il Signore degli Anelli.
Il film si apre un attimo dopo la conclusione del capitolo precedente, quando Smaug, un po’ incazzato perchè i nani sono penetrati nella sua fortezza sotto la montagna e hanno cercato di portare via il suo oro, va a sfogare la sua infuocata collera sugli abitanti di Pontelagolungo. Nell’arco di un quarto d’ora il drago muore, e lì lo spettatore sprovveduto si chiede “Adesso di che cosa rempiamo i prossimi 130 minuti?”.
Perchè se è vero che il serpentiforme ha lasciato definitivamente incustodito il suo nido, Thorin non ha ancora vinto: Erebor ha al suo seguito solo un manipolo di nani, e la smisurata ricchezza in essa celata fa gola a tanti, troppi.
La voce della liberazione da Smaug si sparge in fretta, e ben presto Thorin si trova alla porta una legione di elfi, capitanati dal sempre algido Thranduil (Lee Pace non sbatte nemmeno le palpebre!) che ambisce a riavere i preziosi gioielli eredità del suo popolo, lo sparuto gruppo di superstiti di Pontelagolungo guidati da Bard (che vorrebbero qualche spicciolo per rifarsi una vita), e gli orchi che vedono nelle stanze finalmente libere di Erebor una ottima occasione per menare le mani e fare fuori un po’ di nani.
Ho sentito descrivere il Thorin Scudodiquercia di Richard Armitage come “shakespeariano”. Io non ne so niente di recitazione, men che meno elisabettiana, però è innegabile che l’espressività di Thorin sia un qualcosa che buca lo schermo e che di rado si vede nella recitazione contemporanea cinematografica. Favorito anche dal magnifico trucco di scena, Thorin appare con un uomo magnetico, carismatico, che a causa della “sindrome del drago” perde il lume della ragione, cede alla cupidigia (gli si arrota la esse facendoci ricordare un altro “tesssoro”), arriva a rimangiarsi la sua stessa parola di re e ad avere allucinazioni visive e uditive.
Bilbo rimane il magnifico borghesotto inglese del primo film, furbo ma di buon cuore, animato dai sentimenti e dai dubbi più semplici, senza lasciarsi scalfire dalle beghe di potere e ricchezza.
Anche in questo episodio, più che nei precedenti, il personaggio di Tauriel risulta smaccatamente fuori posto. Non so se per responsabilità diretta dell’attrice, dell’autore dei dialoghi o della doppiatrice, ma quasi ogni battuta pronunciata risulta fintissima, costruita e inverosimile. Un personaggio che fa credibilmente bene solo menare le mani (da buona elfa guerriera e braccio destro del sempre biondissimo Legolas) e che, quando non lo fa, si guarda attorno con occhi spiritati (la “vista da elfo” è una maledizione, in questo caso) o si dispera per il suo amore tormentato per Kili, amore che non siamo riusciti a digerire nemmeno in tre anni dal primo film. Gli elfi sono creature immortali senza cuore e senza passioni, gelidi, altezzosi e anche razzisti: così ci sono stati dipinti fino ad ora da Tolkien in primis, e questa sanguigna elfa dai capelli rossi suona stonato in ogni circostanza.
Il film si conclude con qualche lacrimuccia di rito (ho già spoilerato abbastanza), anche per essere ormai arrivati a dover dire addio al magico mondo della Terra di Mezzo, con i suoi complessi equilibri, i suoi orizzonti affascinanti e i suoi personaggi valorosi e carismatici. Si conclude con una carrellata di ritratti dei personaggi, accompagnati da una canzone malinconica, composta ed eseguita da Billy Boyd, il Pipino de Il signore degli anelli.
Farewell. E’ stato un vero piacere.
Titoli di coda.
Recensione scritta da Sayu
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La guerra degli incubi – L. Bosisio
Nella pacifica terra dei Quattro Regni, l’equilibrio duramente conquistato con la lotta contro il Male sembra essere nuovamente a rischio. Figure sinistre si aggirano tra i villaggi e i boschi, segni preoccupanti si palesano: i Sigilli si stanno spezzando e una profezia lascia intendere che presto il Male sarà nuovamente in grado di risorgere. Ma, per portare speranza al mondo, un ragazzo dimostrerà di avere il potere e il Talento per fronteggiarlo.
Aska è un ragazzino che, dopo aver vissuto un’infanzia felice e serena, si trova di fronte ad una realtà che mai avrebbe immaginato: è lui l’incarnazione della speranza e dovrà sviluppare i suoi poteri al più presto, per difendere il suo mondo, sè stesso e le persone che ama.
Il primo episodio della saga fantasy di Lorenzo Bosisio, La guerra degli incubi, introduce il lettore in un mondo fantastico dominato da creature particolari, maghi e stregoni dai grandi poteri, dei e semidei che si fronteggiano dai due versanti di Luce e Ombra.
Il romanzo si rivolge ad un pubblico giovane e nel complesso la trama risulta piuttosto semplice nella sua struttura generale. Anche se è possibile rilevare l’impegno dell’autore nella costruzione di un intreccio interessante e originale, in alcuni passaggi un po’ semplicistici si rivela una certa scarsa logicità nelle decisioni e nelle azioni dei personaggi. In particolare i dialoghi sono molto poco credibili e richiamano l’altisonanza dei grandi romanzi epici fantasy. La scelta di incentrare molto il raccontato rispetto al mostrato rende la vicenda piuttosto lontana dal lettore, coinvolgendolo solo tiepidamente.
Il romanzo non si conclude, essendo il primo episodio di una serie, ne consegue che l’arco narrativo rimane incompleto e del tutto aperto.
Nel complesso il romanzo risulta gradevole per un pubblico giovane, mentre un lettore smaliziato lo troverà un po’ ingenuo.
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Scheda: La guerra degli incubi – L. Bosisio
La prima Guerra degli Incubi è un lontano ricordo e i Quattro Regni vivono un periodo di pace e prosperità, ma l’ombra di un antico nemico torna a stendere il suo velo d’oscurità su tutto il continente. I Lord del Terrore solcano nuovamente la terra per preparare il ritorno del loro Signore e questa volta nessuno potrà fermarli.Le speranze di tutti sono riposte in un giovane ragazzo dal retaggio nobile e in un gruppo di eroi che sotto la guida di Ailamar, ultimo fra gli Stregoni, dovranno affrontare sfide al di là di ogni immaginazione, fino allo scontro finale, da cui emergerà il dominatore di una nuova era.
l’autore
Mi è sempre piaciuto scrivere, è un modo per comunicare ed esprimere emozioni che per anni ho trovato più semplice rispetto alla parola. Il foglio di carta non ti giudica, non simpatizza con te nè cerca di capirti.
E’ uno specchio onesto della tua anima, se hai il coraggio di affrontarlo. Tutto è cominciato così, scrivendo lettere, pensieri, mettendo in parole le emozioni più profonde. Poi, durante la prima adolescenza, ho incontrato un professore che ha cambiato profondamente la mia vita. Mi ha insegnato a leggere, mi ha portato per mano nel mondo della letteratura italiana e mi ha fatto innamorare della lettura e della nostra meravigliosa lingua, che non amiamo abbastanza.Non so quale può essere la definizione di scrittore, ma ne conosco gli ingredienti principali: passione, amore, dedizione, fantasia.
Scrivere è emozione.
Il ritorno di Inna-Mok – M. Giorgini
Nella Terra di Ruhel, il perfido negromante Inna-Mok sembra essere stato sconfitto, costretto in un bozzolo di impotenza e immobilità da un grande incantesimo, confezionato dai migliori maghi dei vari popoli. Ma con il passare dei secoli, il negromante ha ritemprato le sue forze e si appresta ad un ritorno in grande stile: le popolazioni si sono ormai dimenticati di lui, sono arrivati ad insediarsi nuove culture, la sua figura alegga nel mito e nessuno si aspetta un suo ritorno.
Ma nel mito che lo circonda, esiste un altro personaggio, Venorè, una giovanissima e potente maga che, presentendo il possibile ritorno del malvagio, ha escogitato un modo per poterlo nuovamente contrastare, questa volta, per sempre.
Pedine inconsapevoli del destino, Rash e Nystrid, affrontano un lungo viaggio nelle terre selvagge, ognuno seguendo obiettivi che infine li porteranno ad incrociare le loro strade, verso il compimento della profezia di Venorè.
Il ritorno di Inna-Mok di Max Giorgini è un romanzo fantasy dalla trama piuttosto originale e accattivante. Esce coraggiosamente dal seminato “à la Tolkien” per costruire un mondo dalle caratteristiche e dalla mitologia nuove e libere dalle ingombranti (e in apparenza onnipresenti) della Terra di Mezzo.
Di contro però, il romanzo risente di una certa inesperienza a livello narrativo, in quanto risulta affrettato, poco curato proprio dal punto di vista della costruzione del mondo, dei personaggi, degli ambienti e degli eventi, che sono di fatto gli elementi che fanno la differenza per la credibilità di un fantasy.
Nel complesso però apprezzabili la trama e le caratterizzazioni dei vari personaggi, sebbene come detto moltissimi spunti interessanti per sottotrame e arricchimento della vicenda vengano sistematicamente disattesi.
Anche la scelta di mantenere sempre molto forte la voce nel narratore, prediligendo il narrato nei confronti del mostrato, fa sì che risulti difficile immedesimarsi nella vicenda e consentire al lettore di calcare davvero i sentieri della Terra di Ruhel.
Nel complesso quindi risulta una lettura tutto sommato piacevole, perchè fluida e dalla trama interessante, ma che non riesce ad esprimere il suo completo potenziale, rimanendo un po’ infantile ed acerba.
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