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Il saio sepolto – M. R. Angellotti
Nel Medioevo centroeuropeo, un novizio cerca di venire a capo di un mistero intricato che coinvolge morti sospette e tradimenti, ma che diventa occasione di indagare dentro di sè, nelle umane passioni che pensava aver accantonato per sempre.
Questo è, in estrema sintesi, il romanzo storico di Maria Rosaria Angellotti, Il saio sepolto.
La narrazione si svolge in terza persona, con il punto di vista principalmente su Fortunio, il novizio protagonista, che si trova suo malgrado invischiato in questa intricata vicenda, ma che talvolta si sposta su questo o quel personaggio.
La vicenda risulta senza dubbio interessante e accattivante, ma penalizzata purtroppo da uno stile narrativo troppo distante dal centro dell’azione. E’ infatti questo stile distaccato a costituire il punto più penalizzante all’intera opera.
La sfida più ardua nella scrittura di un romanzo storico efficace ed appassionante è quella di arrivare a trasmettere le informazioni storiche consisenti con la realtà, unendole alla finzione, e renderle appassionanti, allontanandole dallo stile un po’ noioso, distaccato e accademico che caratterizza la storia raccontata nei libri di scuola.
Ed infatti su questo punto che, forse per inesperienza, l’opera subisce il genere. I fatti vengono raccontati sempre, seppure a volte con dovizia di particolari, senza venir mai mostrati; anche le scene potenzialmente più dinamiche, nelle quali l’autrice avrebbe potuto sbizzarrirsi sfruttando dettagli con ricchezza sensoriale (nelle torture inflitte a Guglielmo, l’incendio al borgo, l’intera parte dedicata al flashback della rocambolesca fuga di Federico, giusto per fare alcuni piccoli esempi), vengono invece raccontati da un punto di vista lontano, distaccato. Questo infatti rende molto difficoltoso per il lettore immergersi nella storia, che diventa invece un lontanissimo spettatore, senza coinvolgimento.
Alcune scelte narrative poi, creano qualche confusione nel lettore, principalmente abbiamo rilevato una certa difficoltà nell’associare i nomi dei personaggi al loro ruolo, specie nella prima metà dell’opera.
La storia in sè ha senza dubbio del potenziale, e anche i dialoghi sono curati e verosimili, così come la caratterizzazione dei personaggi, dipinti a tratti decisi, ma la narrazione così lontana dall’azione smorza di fatto tutti questi aspetti positivi.
Si tratta insomma di un’opera con dell’indubbio potenziale, penalizzato purtroppo da una carenza di editing che avrebbe permesso di esprimersi al meglio ottenendo un romanzo al pieno del suo fascino storico evocativo.
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