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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

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Il venditore di storie – J. Gaarder

Postato da Legione il 4 Giugno 2010

Qual è il sogno di ogni scrittore? Non rimanere mai a secco di storie da raccontare. Ma cosa succederebbe se a scoprire la miniera d’oro dentro di sé fosse un uomo qualunque, uno di quelli che di mettersi a scrivere non ci pensa proprio?
Jostein Gaarder ce lo fa raccontare dal protagonista del suo romanzo Il venditore di storie: un tipo all’apparenza normale ma molto intelligente, forse troppo tant’è che proprio la sua intelligenza finirà ben presto per metterlo nei guai.
La fantasia di Petter, questo il nome del protagonista, è un pentolone sempre fumante, a cui gli scrittori si avvicinano esitanti ma con l’acquolina in bocca. Petter è una fonte inesauribile di idee, abbozzi di trame, storie fatte e finite di cui lui non sa che farsene. Perché non venderle allora? La sua carriera di venditore di storie inizia così, per caso, ma prosegue spedita e foriera di numerosi successi fino all’imprevisto epilogo.
Ad essere sincera, nonostante i numerosi pareri positivi sul romanzo, sono rimasta un po’ delusa dalla storia e dal suo protagonista che è riuscito a distruggere qualsiasi barlume di simpatia potessi provare nei suoi confronti. Forse, però, era proprio questo lo scopo dello scrittore sul cui stile non ho trovato nulla da eccepire: brillante, coinvolgente e capace di far entrare il lettore nella mente contorta del protagonista senza fargli provare smarrimento.
A lettura ultimata, mi sono resa conto che Il venditore di storie non può essere letto come se fosse la semplice storia di un uomo dalla fantasia troppo esuberante perché niente potrebbe giustificare il colpo di scena finale.
Provare simpatia o antipatia per un personaggio dipende anche dal carattere di chi legge, ma è interessante il modo in cui Gaarder riesca a generare una crescente antipatia nei confronti di Petter trasformando il lettore in uno dei personaggi del romanzo che punta il dito contro il suo protagonista scuotendo la testa e mormorando: “Eh no Petter, questo non lo dovevi fare”.
Gaarder si serve di Petter per descrivere il mondo degli scrittori e dell’editoria senza maschere o false ipocrisie e forse questo è il miglior merito che gli si può riconoscere: alla fine Petter esce sconfitto dal gioco, ma di vincitori non se ne vede l’ombra.

Recensione scritta da LM: L’imbrattacarte

Margherita Dolcevita – S. Benni

Postato da Legione il 31 Maggio 2010

Trama: Margherita è una bambina un po’ strana con una famiglia strana e un cane ancora più strano. Abita in campagna, ma nel prato vicino a casa sua arrivano dei nuovi vicini in un grande cubo nero. E la vita di Margherita cambia.

Quando si dice che un libro non si giudica dalla copertina. O dal titolo. O dall’inizio. Prendo in mano il volume: Margherita Dolcevita, un titolo scherzoso e ironico, l’immagine di una bambina sorridente in mezzo ad un prato che guarda una farfalla. Apro le prime pagine, la storia di una famiglia forse strana ma tutta nostra, un po’ assurda ma sicuramente vera. Poi arrivano i cattivi. E la tensione cresce, cresce di pagina in pagina trasformandosi in angoscia vera e propria nello stile del miglior Benni che credo non riuscirà mai a scrivere un libro ottimista con un bel finale. Ed è proprio al finale che la bolla di angoscia scoppia in ogni senso, lasciando attorno a sè solo distruzione e tristezza. Un capolavoro.

Edito da: Feltrinelli. Vale ogni singolo centesimo, ottima la scelta della copertina in totale ossimoro con il contenuto, quasi a voler completare l’opera.

Recensione scritta da RM

Il miglio verde – S. King

Postato da Legione il 27 Maggio 2010

E’ inutile farne mistero: con noi Stephen King sfonda sempre una porta aperta. Solo lui ci è in grado di farci divorare più di 600 pagine in meno di una settimana, farle scorrere come acqua, una dietro l’altra, senza percepire affaticamento nella lettura o noia (o fame o sonno, se è per questo). Il Miglio Verde non è altro che una grande conferma. Un grande classico moderno, un successo datato 1996 ma appuntamento assolutamente da non mancare per chiunque voglia considerarsi un appassionato Kinghiano ma anche per chi desidera una storia delicata e cruda allo stesso tempo, narrata con maestria incomparabile.
La storia è abbastanza nota, anche grazie al pregevole film del 1999 diretto da Frank Darabont con Tom Hanks nei panni del protagonista e narratore.
La storia narra di un periodo piuttosto breve, qualche mese, all’interno del braccio della morte di un penitenziario del Maine negli anni ’20 ed in particolare la vicenda degli ultimi mesi di vita di una creatura tanto straordinaria quanto fragile, che, proprio a causa della sua incapacità di difendersi e del generale razzismo imperante dell’epoca, è stato incompreso nelle sue azioni ed è stato condannato alla sedia elettrica.
Contrariamente a quanto si potrebbe credere, Il Miglio Verde non è mai angosciante o claustrofobico, permeato dal senso di morte incombente. Attraverso il magistrale stile del Re, il lettore non può che percepire una calma ed una pacatezza che dà a tutta la narrazione una connotazione sognante, onirica, favolistica, rendendo anche i dettagli e le scene più incredibili pazzescamente possibili.
Come l’autore ci ha ben abituati, il fiore all’occhiello di questo libro sono i personaggi. Vividi, definiti, precisi fino nel millimetro, vivi in ogni più piccolo difetto e mania. Con dei personaggi così e la ben nota prosa di King non è possibile perdersi in una lettura di questo genere.
La storia è appassionante, il desiderio di scoprire il finale è pressante, sebbene il lettore si accorgerà, esattamente come i protagonisti, che un lieto fine non è possibile.
Ma in fondo un lieto fine a questo romanzo così particolare sarebbe veramente un lieto fine?
Al Fedele Lettore l’ardua sentenza.

Tutto da capo – C. Schine

Postato da Legione il 23 Maggio 2010

Come si può parlare di donne, d’amore, di vecchiaia e solitudine ma allo stesso tempo di gioia di vivere, di speranza e di rinnovamento? Come si possono racchiudere queste tematiche in un solo libro? Tutto da capo può, e la sua autrice Cathleen Schine lo fa con sapienza.
La narrazione è volutamente non lineare, spesso spinge il lettore avanti o indietro nel tempo, a volte lasciando dei piccoli vuoti, che vengono comunque riempiti man mano. L’effetto all’inizio è un po’ destabilizzante, ma presto ci si prende la mano, lasciandosi catturare da questa vicenda dagli accenti a volte paradossalmente inverosimili.
La prosa è somministrata con maestria, l’autrice racconta gli avvenimenti attorno le protagoniste e nella mente di ciascuna con serietà e sarcasmo, così ben dosati che a volte non è possibile trattenere una risata.
Tutto da capo parla di donne destabilizzate e spiazzate, che perdono tutte qualcosa di fondamentale per il proprio equilibrio, ma che alla fine riescono a rimergerne nuove, più salde e più orientate al futuro, nonostante tutto. I co-protagonisti di questo romanzo sono gli uomini, causa e risoluzione di tutta la vicenda. Non ne escono dipinti in modo molto lusinghiero: sono fragili, incasinati, trasportati dagli eventi che loro stessi avevano la presunzione di poter ordinare e governare. Sono entità manifestamente deboli nella storia, che con le loro decisioni in apparenza irrazionali mettono nei guai le protagoniste, fino poi a vederle vincitrici, comunque, e molto più forti.
In sostanza, Tutto da capo è un bel libro con una bella storia, scritta con uno stile sottilmente acido e graffiante, ma misurato che si lascia leggere con piacere.

La passione secondo Thérèse – D. Pennac

Postato da Legione il 20 Maggio 2010

Trama: Thérèse si innamora di un funzionario statale di alto livello impegnato in azioni umanitarie, Ben racconta a teatro della nascita di Signor Malaussène e il Piccolo cerca suo padre. E la saga dei Malaussène giunge ad una conclusione.

Un libro, una piece teatrale e un racconto portano finalmente a conclusione la saga dei Malaussène esplorando quei pochi della famiglia che conoscevamo solo in parte. Mi sento un po’ triste, a dirla tutta, perché questa saga è bellissima e merita veramente di essere letta, secondo me, sapere che per me è finita… non mi piace affatto, insomma. Non sono il tipo che rilegge un libro, se non dopo davvero tanto tempo. Mi avevano detto che gli ultimi stralci di questa serie non erano certo tra le migliori produzioni di Pennac, ma devo dire che l’unico dei tre che non mi è piaciuto è Signor Malaussène a Teatro.

La Passione Secondo Thérèse, anche se molto meno divertente dei titoli precedenti e forse un po’ meno spontaneo, è pur sempre un libro del Malaussène che conoscevamo, ricco di comicità, ironia e colpi di scena uno più assurdo dell’altro.

Cristianos Y Moros inizia con una diagnosi assurda per concludersi in maniera ancora più assurda, ma quando finiranno di stupirci, Ben e famiglia? Penso mai… in poche pagine, un concentrato di quello che sono i Malaussène dal primo all’ultimo, un piccolo salto indietro nel tempo quando in famiglia ancora non c’era nemmeno il Piccolo.

Signor Malaussène a Teatro, invece, è stata una mezza delusione. Un’incollatura di spezzoni dal quarto romanzo corredati di un’interpretazione scenica come se Benjamin stesse effettivamente recitando a teatro. Non male, in realtà, ma sicuramente con un po’ di impegno Pennac avrebbe potuto produrre qualcosa di molto più interessante.

Ed ecco quindi che si conclude la saga di Benjamin Malaussène e della sua incredibile famiglia di parenti a cui lui fa da padre. Mi mancheranno tutti, dal primo all’ultimo: non sapremo com’è Signor Malaussène, Verdun ed È Un Angelo si muoveranno nel mondo senza di noi! Ma soprattutto, mi mancherà di non aver conosciuto meglio la piccola Clara, di cui è impossibile non innamorarsi dopo tutto quello che Benjamin ne dice. Nella speranza che Pennac cambi idea… perché no?

Edito da: Feltrinelli. Soliti discorsi per La Passione Secondo Thérèse, mentre Ultime Notizie dalla Famiglia mi ha davvero deluso: quasi tutte le ultime pagine sono sbiadite o stampate malissimo, tanto che arrivare alla fine è stata una vera e propria sofferenza. Spero che sia solo un problema della mia copia, perché rovinare così il finale della serie è un sacrilegio!

Recensione scritta da RM

La rosa mistica – S. R. Lawhead

Postato da Legione il 16 Maggio 2010

La rosa mistica è il capitolo conclusivo della trilogia sulle crociate celtiche. La protagonista del libro è Caitriona, la figlia di Duncan. La ragazza decide d’intraprendere il suo viaggio spinta da un sentimento ben diverso rispetto a quelli del padre e del nonno: la vendetta.

Caitriona perde i valori che le erano stati trasmessi fin da bambina e che dava per scontati, lasciandosi guidare dal rancore non si rende conto di aver imboccato una strada oscura e di far del male a chi le sta vicino. Solo al termine del racconto la protagonista riuscirà a ritrovare ciò che aveva perso, vedendo ciò che le era stato insegnato sotto una nuova luce e riuscendo ad apprezzarne la vera essenza.

L’autore nell’ultimo capitolo della saga ( dei primi due libri abbiamo parlato qui: La lancia di ferro e La croce nera) si concentra nella lotta tra bene e male, senza mai menzionarli direttamente, sottolineando che il confine tra i due e molto sottile e che spesso lo si oltrepassa in modo inconsapevole; il taglio è scorrevole a tratti divertente, l’ambientazione è varia ampia e verosimile.

Recensione scritta da TT

Orgoglio e Pregiudizio – J. Austen

Postato da Legione il 13 Maggio 2010

Ci siamo concessi con piacere la lettura di un ben noto romanzo, fiore all’occhiello della letteratura inglese d’evasione: Orgoglio e Pregiudizio, opera più celebre della penna di Jane Austen. La storia è di quelle che tutti più o meno conoscono e narra le vicissitudini di una famiglia borghese inglese dei primi dell’Ottocento e delle sue cinque figlie.
Ciò che rende però Orgoglio e Pregiudizio un piccolo capolavoro, e la Austen una scrittrice da ricordare, non è la trama in sè, quanto il ritratto che riesce a tracciare di un’epoca non troppo lontana negli anni ma incredibilmente lontana negli usi, con una prosa leggera e sarcastica che la rende incredibilmente moderna e piacevole.
Ecco quindi come, ad esempio, i personaggi vengano delineati attraverso i modi, le azioni e la qualità della conversazione, piuttosto che fornirne accurate descrizioni fisiche. In questo modo il lettore può riscontrare come queste caratteristiche siano trasversali ai tempi e alle nazioni, trovandole nei propri familiari e nelle proprie conoscenze.
La vacuità delle conversazioni educate, la necessità di salvaguardare le apparenze anche al di sopra della propria felicità, il senso dell’onore e di “urbanità”, l’orgoglio e le valutazioni fondate sulle dicerie, il pregiudizio appunto, sono concetti che in quell’epoca erano i più rilevanti per la borghesia, ma che a tutt’oggi conservano un certo valore, anche se si manifestano in modi completamente differenti.
Insomma, Orgoglio e Pregiudizio è e resta uno di quei romanzi che vanno letti almeno una volta nella vita e certamente non sarà una lettura pesante come si potrebbe pensare di fronte ad un’opera certamente un po’ datata, ma in grado di essere fresca ed attuale come poche altre.

La croce nera – S. R. Lawhead

Postato da Legione il 10 Maggio 2010

La saga delle crociate celtiche prosegue con La croce nera. Nel secondo capitolo della trilogia, Murdo con il sudore della fronte ha raggiunto gli obiettivi che si era prefissato nel primo libro, ma un evento inatteso rompe la routine quotidiana. Torf-Einar, fratello maggiore di Murdo, fa il suo ritorno in patria dalla Terra Santa. Il crociato racconta ai presenti le sue avventure in Oriente, narrando di grandi tesori e battaglie importanti.

Mesi dopo, un tagico fatto segna la vita di Duncan, secondogenito di Murdo, il quale dopo aver riflettuto a lungo decide di compiere un pellegrinaggio a Gerusalemme malgrado la disapprovazione del padre.

Lawhead decide di scrivere questo libro come un diario la cui voce narrante è Duncan. Grazie a questo espediente l’autore riesce a esprimere al meglio i sentimenti del protagonista e ciò che gli altri personaggi suscitano in lui.

I temi affrontati sono pressoché gli stessi del primo libro, con l’aggiunta importante del confronto tra culture, popoli e religioni differenti, riuscendo a sottolineare che avere qualcosa in comune non equivale trovare un punto d’incontro che sembrerebbe scontato.

Recensione scritta da TT