Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
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Invito in giardino – L. Brun
Abbiamo letto questo piccolo interessante libro, Invito in giardino della piemontese Lina Brun. Piccolo volume ma ricco ed evocativo. A seguito di un’accurata ricerca, l’autrice ci porta a spasso tra le residenze nobiliari di Torino e dintorni, invitandoci a visitarne i giardini. Scopriamo così quelli rimasti quasi intatti attraverso i decenni, rimodernati e riportati agli splendori delle origini, magari nascosti in luoghi insospettabili e vediamo, grazie alle immagini riportate i disegni di quelle aree verdi che per vari motivi non esistono più.
Accanto a questi racconti di antichi fasti, troviamo stralci di ricette d’epoca che, in un modo più o meno diretto sono legati ai giardini ed ai frutti che è possibile trovare, con le relative indicazioni terapeutiche della saggezza popolare, scritte in un autentico e pittoresco italiano di inizio ’900.
Ci sentiamo di consigliare questo piacevole volumetto, corredato da foto in bianco e nero ed copie di antichi documenti, perchè con gentilezza porterà il lettore a passeggio tra antichi viali verdi e ne farà percepire gli aromi fragranti di un’epoca che non c’è più.
Ecco la storia – D. Pennac
Trama: un dittatore sudamericano, preoccupato da una previsione che lo da linciato in pubblica piazza, assolda un sosia perché lo sostituisca. Un sosia, stanco della sua vita da copia, assolda un proprio sosia perché lo sostituisca. Un sosia, eccetera…
Prendere Pennac è quasi sempre un andare sul sicuro. Stavolta con Ecco la storia ero un po’ dubbioso, innanzitutto perché mia madre mi aveva sconsigliato questo libro in quanto sottotono rispetto agli altri, in secondo luogo perché dalla trama temevo di trovarmi di fronte ad un qualcosa alla Pirandello che, mi dispiace ammetterlo, non è esattamente tra i miei autori preferiti.
Io e mia madre, per fortuna, a volte ci sbagliamo. Anche se un libro così, è vero, alla schiera di lettura di Pennac ancora mi mancava! Il lavoro del nostro francese preferito è incredibile. Da una semplice favoletta morale riesce a tirare fuori biografie inventate a cui credere senza batter ciglio, autobiografie reali ma che non lo sembrano poi tanto, personaggi che non esistono ma dialogano con l’autore e lo invitano a cena e che vorremmo trovare a Parigi durante una delle nostre vacanze.
Tanti piccoli fiumiciattoli, riflessioni o opinioni, storie o verità, pensieri e racconti, piano piano fluiscono in un torrente di puro capolavoro per un romanzo che smette presto di esserlo, trasformandosi in qualcosa di molto più grande, e avvolgente.
Come se servisse, comunque sempre a confermare quale grande autore sia, il nostro Daniel Pennac.
Edito da: Feltrinelli. L’ho già detto altre volte, l’Universale Economica Feltrinelli è la mia collana preferita assieme a Lo Struzzo della Einaudi e agli Oscar Mondadori. Prezzo contenuto, traduzioni ottime, ottimi materiali, bellissime copertine.
Recensione scritta da RM
Eileen e il sogno di Velathri – E. S. Pietra
Questo libro, scritto dalla italiana Elena Stefania Pietra è il secondo volume che racconta le vicende della fata Eileen. Del primo volume (Eileen e il salice del tempo) purtroppo non abbiamo traccia, ma abbiamo letto Eileen e il sogno di Velathri con la mente abbastanza aperta per poter comprendere anche gli aspetti della storia che per forza di cose ci sono oscure perchè esplicate nel primo volume.
Siamo rimasti molto sorpresi da questa opera. Innanzitutto è un fantasy italiano anomalo. La prima particolarità superficiale risiede nella sua lunghezza. Se c’è un genere letterario per il quale si versano litri e litri di inchiostro è proprio il fantasy, invece questo libro è piuttosto breve, circa 170 pagine. La seconda peculiarità è certamente l’ambientazione. Parliamo di fate e di viaggi nel tempo, ma in questo romanzo ci si concentra in particolar modo sull’epoca etrusca, decisione particolarmente originale e felice, considerando le origini italiane dell’autrice e i numerosi spunti per nulla usurati su cui poter far vertere la narrazione.
Ciò premesso, come dicevamo, questo romanzo ci ha sorpresi. Negativamente.
Il potenziale per un romanzo interessante c’era tutto, a saperlo sfruttare. Purtroppo il risultato è stato un libro raffazzonato, frettoloso, scevro di qualsiasi interesse.
La narrazione è inesistente: viene presentato solo un elenco di fatti ed avvenimenti, senza enfasi, in tono piatto ed uniforme. Gli eventi si susseguono rapidamente, senza mai porre l’accento sui passaggi importanti, senza una descrizione che sia una, di nulla. Le fasi regine dei fantasy sono i processi di crescita in cui il protagonista viene educato a questa o quella disciplina, impara e l’autore fa sì che anche il lettore impari con lui, facendolo immedesimare ancora di più nel mondo fantastico che sta leggendo. In Eileen niente di tutto questo accade mai. Le notizie originali non esistono, la formazione viene liquidata in poche righe, nessun dettaglio emerge. Il lettore non viene coinvolto in nessun aspetto della narrazione. Per contro, qua e là come insidiose trappole sono collocate zone di infodump, passaggi in cui il narratore fornisce informazioni al lettore su piccolezze o dettagli insignificati che avrebbe potuto mostrare, anzichè elencare.
Non possono certo uscirne meglio i personaggi: in questo romanzo scritto con l’acqua alla gola questi simulacri di uomini e donne sono bidimensionali e senza carattere, perfetti clichè e paradigma di banalità già viste. I dialoghi sono illeggibili, ovvii e scontati ed il più delle volte inutili.
La necessità di una revisione di editing è palese, sia dal punto di vista di quanto espresso qui che da quello della prosa. Frasi brevi che rendono il tutto ancora più frettoloso, ma infarcite di ridondanze e ripetizioni. Aggettivi casuali, inspiegabili, che dovrebbero descrivere i personaggi mentre in realtà appioppano etichette ingiustificate dai fatti o dalle azioni.
La creatività e l’originalità dello spunto della storia è stato apprezzato, ma vengono entrambe segate da certi aspetti triti e ritriti, già letti ovunque (Eileen in contatto psionico con il nemico cattivissimo, ad esempio, non ci ricorda forse un certo Harry legato a doppio filo con tal Voldemort?).
Insomma, questo romanzo sembra più il Bignami di un fantasy vero, elenca una serie di fatti, racconta una serie di dettagli poco interessanti, in formato decisamente condensato, senza appassionare il lettore, senza coinvolgerlo o interessarlo. Il colmo è che questa serie di romanzi ha anche un sito web di approfondimento (http://www.eileen.it/) e quindi ci chiediamo: ma queste notizie e curiosità non potevano essere più proficuamente inserite nella narrazione? Magari il prodotto risultate sarebbe stato di qualità maggiore.
I delitti della luce – G. Leoni
Questo libro, I delitti della luce dell’autore italiano Giulio Leoni, è il secondo libro di una serie incentrata sulla risoluzione di enigmi misteriosi ambientati nella Firenze del 1300, con protagonista un fiorentino d’eccezione, Dante Alighieri.
Un veliero viene ritrovato arenato diversi chilometri dalla foce dall’Arno, carico di decine di uomini morti. In una stanza, viene rinvenuto un meccanismo misterioso, volutamente manomesso.
Da queste premesse si dipana una storia piuttosto ricca ed incalzante, nella quale le morti inspiegabili si susseguono, mentre Dante, priore di Firenze, si affanna per cercare la soluzione degli omicidi e il significato nascosto di tutto questo.
Giulio Leoni ha indubbiamente scritto un libro di valore dal punto di vista della prosa. E’ ineccepibile e scorrevole, e propone un narratore onniscente compenetrato nell’epoca che sta trattando, facendogli fare osservazioni e inserendo dettagli che calzano con il modo di vedere il mondo al quel tempo.
C’è da dire però, che in questo romanzo la risoluzione del mistero diventa un aspetto secondario rispetto al contesto storico, diventando forse un po’ poco verosimile. Ci troviamo quindi Dante che disquisisce di filosofia a due passi da un tafferuglio in piazza, oppure sempre Dante che corre a perdifiato per le vie della città, quando a 35 anni ce lo aspetteremmo come un posato uomo di mezza età più che uno scapestrato giovincello.
E’ forse questa la pecca principale di questo libro, il fatto di voler utilizzare Dante come protagonista dichiarato, dandogli una dimensione di quotidianità che, forse, non siamo abituati a leggere e a immaginarci. Abbiamo più volte storto il naso davanti al sommo poeta che parla come un Gil Grissom ante litteram, asserendo di voler ascoltare quello che il morto ha da dire sulla dinamica dell’omicidio e sul suo assassino…
Tolto questo stravaganze riguardo la verosimiglianza dei personaggi, l’intreccio è interessante ed originale e di certo incuriosisce il contesto storico ricostruito così con cura a fare da sfondo ad una vicenda dai toni noir.
Uomini che odiano le donne – S. Larsson
Su questo libro molto è già stato detto, quindi scriverne ancora potrebbe risultare ridondante. È un romanzo che sa farsi amare, nonostante alcuni ne abbiano criticato lo stile, non propriamente “di alto livello”, e la storia sia a tratti infarcita da stereotipi di vecchia data.
Premesso questo c’è però un aspetto in Uomini che odiano le donne di cui, credo, si possa ancora parlare senza cadere nel già detto. Basta leggere il titolo per capire di cosa si tratta: l’odio, la violenza che alcuni uomini provano nei confronti delle donne.
Certo, è vero che la storia parla di un serial killer, di un pazzo esaltato da se stesso e dalla sua psiche malata, quindi la violenza di costui è fine a se stessa, ma è anche vero che ogni parte del romanzo è accompagnata da dati reali che fanno venire i brividi. Ad esempio:
Parte Prima: “In Svezia il 18% delle donne al di sopra dei quindici anni è stato minacciato almeno una volta da un uomo”.
Almeno una volta. Nell’uomo c’è spesso una violenza gratuita e non giustificabile nei confronti della donna: fisica o psicologica che sia. E di questa violenza subìta che non può (e non deve) essere tollerata è simbolo Lisbeth Salander, il personaggio icona di Larsson, quello meglio riuscito, capace di ritagliarsi un ruolo da co-protagonista accanto al giornalista, “macho dal cuore tenero”, Mikael Blomkvist.
Ogni donna che si è sentita impotente di fronte a un uomo, per un’attenzione non richiesta, uno spazio violato, un rispetto negato, ha sognato di essere come Lisbeth Salander, di avere la sua stessa freddezza e lucidità per mettere in pratica non una vendetta come quella che amano gli uomini – violenta e letale – ma quella più sottilmente femminile: la tortura psicologica. Quello che hai fatto ti rimarrà marchiato addosso perché tu non lo possa più fare: questo è il potere di una donna su di un uomo, questa la vendetta di Lisbeth sul suo aguzzino.
Il merito di Larsson in questo libro non è solo quello di aver scritto un ottimo giallo-thriller dal ritmo incalzante, ma anche di aver saputo dar vita a un personaggio come Lisbeth, ovvero un personaggio che, anche a mistero scoperto, continua a stupirti e al quale finisci persino per affezionarti perché, per quanto non vorresti essere come lei, una parte di te l’ammira e spera che sia lei a vincere su tutti.
Recensione scritta da L’Imbrattacarte
Womenomics – C. Shipman, K. Kay
Partiamo da una premessa: l’Italia non è l’America. E fin lì siamo tutti d’accordo. Claire Shipman, una delle autrici del libro, è americana, Katty Kay, l’altra autrice, vive negli Stati Uniti anche se è inglese. Womenomics, quindi, è un libro scritto da due donne immerse in una realtà che, sotto certi aspetti, è lontana anni luce da quella italiana.
Sottolineiamo “sotto certi aspetti” perché è pur sempre vero che l’Italia ha idolatrato gli USA per molto tempo cercando di assimilarne quanto di meglio (o di peggio) poteva.
Considerata questa premessa, proviamo a immaginarci una giornata in cui, delle 24 ore che abbiamo a disposizione, “solo” 4 o 6 sono dedicate al lavoro: dedicate seriamente, con zelo e senza il costante pensiero di “far passare il tempo”. Così, anche se siete un manager, potete ricoprire il vostro ruolo senza lavorare 10 ore al giorno ed essere reperibili nei fine settimana.
Un’utopia? Ebbene, le autrici di Womenomics affermano di no. Tutto ciò che ci separa da quell’invitante realtà è un modo di pensare antiquato e la paura nei confronti dei cambiamenti.
Il problema fondamentale di una società come la nostra è l’idea che per essere qualunque cosa si debba prima di tutto apparire: sono capace di produrre solo se lavoro tanto. Più lavoro e più produco. Più produco e più guadagno. Più guadagno e più… sono importante. Ma è davvero così?
Per una mentalità che considera equivalenti successo, competitività e ambizione, non ci sono dubbi eppure, come dimostrano Shipman e Kay attraverso storie e dati raccolti durante le loro indagini, il successo è qualcosa di molto più sfaccettato e la produttività non viene garantita dalle ore passate in ufficio.
La tesi su cui si fonda il libro è che si possa ragionevolmente accorciare l’orario di lavoro senza perderne in produttività, al contrario, aumentandola.
Un orario di lavoro più corto ci permetterebbe di stare di più con la nostra famiglia, i figli, il partner, gli amici, di coltivare vecchi e nuovi interessi, di trovare un equilibrio a una vita che, per come viene concepita ora, non ne ha.
Il titolo del libro è un mix tra “women” (donne) ed “economics” (economia) in quanto le due autrici partono dal presupposto che sono proprio le donne, più degli uomini, a sentire il bisogno di trovare un equilibrio tra lavoro (che consente indipendenza economica e realizzazione personale) e vita privata.
La chiave di volta, affermano, è il cambiamento di una mentalità che, ora, si basa e valorizza esclusivamente i tratti maschili del successo, svalutando se non negando quelli femminili.
È un libro che si legge bene, scorre senza intoppi e offre spunti interessanti su cui riflettere anche se, obiettivamente, poco applicabili nella realtà aziendale italiana (spesso guidata da giovani-vecchi felici di sposare filosofie arcaiche e non scatenare alcuna rivoluzione).
In Italia sentiamo sempre più spesso dire che “stiamo tornando indietro, invece di andare avanti”, ma libri come Womenomics offrono una speranza. Mostrano una prospettiva diversa e le conferiscono valore, mettendo in evidenza i risultati ottenuti da aziende che hanno applicato i suoi modelli; innescano nelle persone, donne e uomini, il tarlo del cambiamento, di un possibile nuovo equilibrio tra lavoro e vita privata.
Perché, alla fin fine, un’utopia non è qualcosa di irrealizzabile, bensì una realtà che ha semplicemente bisogno di un luogo per esprimersi. E di qualcuno abbastanza coraggioso per concederglielo.
Recensione scritta da L’imbrattacarte
Assassinio sull’Orient Express – A. Christie
Trama: sul leggendario treno che collega i due estremi dell’Europa, Hercule Poirot si trova ad indagare su un misterioso assassinio a metà tra il mistero della camera chiusa e il cuore nascosto. Con un arma in più, i suoi immancabili baffetti a punta.
Oh, insomma. Agatha Christie è un genio calzato e vestito, c’è poco da fare. Sarà che è da poco che ho preso in mano i gialli, ma libri così veramente non mi era mai capitato di prenderne in mano. E, facendo appello alla mia cultura video e videoludica, neppure mi vengono in mente film, videogiochi o anime così geniali.
Intendiamoci, non sotto ogni punti di vista. Romanzi meglio scritti e film meglio raccontati, così come anime o videogiochi più appassionanti ce ne sono a iosa. Io parlo della costruzione. Agatha Christie è un genio della costruzione, ecco di cosa.
Sarà per questo che mi sono sentito preso per il naso, all’ultimo capitolo del libro? Durante ogni singola pagina ho pensato di essere abile quanto Poirot, di essere riuscito a seguirne i pensieri, forse addirittura di anticiparlo. E ovviamente ero soddisfatissimo di questa cosa! Negli ultimi capitoli, ho iniziato a vacillare. E l’ultimo mi ha fatto completamente capitolare, costringendomi a riconoscere la bravura -non solo in termini di scrittura, perché è vero che c’è di meglio ma il libro è scritto benissimo e appassiona- della Christie nel costruire, citando la postfazione, una partita a dama in cui il lettore non può fare altro che perdere.
Edito da: Mondadori, nella collana Oscar. Il libro non costa molto e nel complesso la qualità è nella media, qualche parola un po’ “corrosa” ma niente di irrecuperabile. Apprezzabile la traduzione fedele all’originale e molto curata anche sul lato ortografico/sintattico eccetera. Prefazione e postfazione sono delle piccole perle all’interno del libro, motivo in più per volerlo leggere.
Recensione scritta da RM
Passioni di una geisha – J. Bacarr
Esiste una sola parola che è possibile usare per descrivere questo libro. Sembrerà una valutazione recisa, netta, estrema, ma nulla ci sgorga più sincera che questa. Spazzatura.
Questo libro è la perfetta antitesi di tutto ciò che chi è affascinato dal Giappone desidererebbe mai leggere. Dozzinale, mediocre, completamente privo di trama (oh, beh, una trama c’è, ma è talmente minima che possiamo anche dire che non esiste), viene spacciato probabilmente per romanzo erotico, decisamente sopravvalutandolo. Di erotico non ha davvero nulla, è solo pruriginoso, ridondante, assolutamente non credibile in nessuna accezione, un Harmony di basso livello passato per letteratura.
Questo libro è finito nelle nostre mani per caso, la copertina ci aveva incuriositi e, come abbiamo ormai preso abitudine, non abbiamo letto la quarta di copertina. Forse avremmo fatto meglio ad andare contro i nostri usi: già da lì i sintomi di narrazione degradante ci sono tutti, ma nulla poteva prepararci a questo.
Dopo aver letto con passione ed estremo interesse la magnifica opera di Golden, Memorie di una Geisha e il saggio Geisha, storia di un mondo segreto di Lesley Downer, scritti con una cura per il dettaglio, una precisione ed una raffinatezza veramente senza pari, informativi ma mai pedanti, assolutamente indispensabili per avere una visione storica (per il secondo libro) ed estatica (per il primo) della geisha, questo libercolo risulta un pugno in un occhio. La scimmiottatura della Geisha è raccapricciante, senza contare il continuo rigirare sulle questioni sessuali che rendono veramente ridicolo il risultato, oltre che pure un po’ offensivo.
Nulla da dire contro la letteratura erotica tout court, ma questo è veramente troppo. Troppo grottesco, troppo offensivo per la figura bistrattata della geisha per essere anche solo considerato.
Consigliamo a chiunque voglia leggere qualcosa sul fascino antico di quelle donne coraggiose di evitare come la peste questo libro e dedicarsi ad altre letture.