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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

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Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

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L’attesa – P. Gotti

Postato da Legione il 28 Agosto 2013

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Penelope aspetta ormai da anni che Lui la venga a prendere. E’ ricoverata in un ospedale psichiatrico, circondata da una varia umanità, ciascuno alle prese con le proprie attese, il proprio passato e la gestione mai semplice del presente.
Questo breve romanzo, L’attesa, di Pamela Gotti, racconta efficacemente il significato dell’attesa quando diventa scopo dell’esistenza stessa e la funzione terapeutica del racconto, della fantasia come strumento di guarigione e mezzo per mantenere, recuperare e talvolta migliorare il contatto con la realtà.
La protagonista, essenza stessa dell’attesa (la scelta del nome non è certo un caso) attraverso i suoi racconti crea contatti e legami con gli altri pazienti, diventando un tramite verso la liberazione di sè stessi dalle prigioni, imposte e auto imposte.
L’autrice inoltre riesce ad esprimere, con grande semplicità e senza giudizi, una visione originale e delicata del disagio mentale, di come possa coinvolgere chiunque, anche la persona in apparenza più sana ed equilibrata. La sua visione di eccentricità come normalità risulta sensibile e mai retorica, lasciando ottimi spunti di riflessione e di approfondimento. I personaggi che si susseguono sono efficaci e verosimili, ognuno con le sue peculiarità, le sue stranezze che, all’interno del microcosmo dell’ospedale, diventano semplici caratteristiche. Diventa evidente come la “sanità mentale” contrapposta alla “pazzia” sia solo frutto di un giudizio, basato su convenzioni sociali spesso arbitrarie, su una linea di demarcazione accettata supinamente come valida e mai davvero valutata e analizzata in quanto tale.
Un romanzo breve ma intenso, scritto con semplicità e una forte spinta comunicativa, che lascia nel lettore la piacevole sensazione di aver letto qualcosa di speciale, originale e bello.
Un romanzo che desideriamo assolutamente consigliare.

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Linas – J. Ninni

Postato da Legione il 20 Agosto 2013

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A metà strada tra il romanzo fantasy e la fiaba ecologista, Linas di Jacopo Ninni racconta le vicende di creature fatate come i giganti e le ninfe dei boschi, elette a protezione della natura e delle sue creature, in contrapposizione ad alcuni uomini di un villaggio limitrofo, avidi di potere e ricchezze, che riescono a concepire la Natura solo come una fonte da sfruttare e che vedono i guardiani come nemici da sconfiggere e eliminare. Una storia dai tratti fortemente fantasy ma dalle chiare implicazioni concrete e realistiche, quanto mai attuali.

Il linguaggio è ricercato e raffinato, di alto registro, e forse proprio questa attenzione puntigliosa verso il lessico rende la lettura non molto scorrevole, al punto che la storia stessa diventa poco chiara per quanto non particolarmente complessa.
Le difficoltà di lettura sono accentuate anche dalla punteggiatura a volte un po’ casuale e da alcuni dialoghi particolarmente verbosi e inverosimili.
Senza dubbio tra i fattori più evidenti, la scelta di utilizzare il tempo presente e l’abuso del raccontato rispetto al mostrato fa sì che il lettore riesca difficilmente ad immedesimarsi e a destreggiarsi con efficacia tra i molti personaggi dai nomi complessi e spesso simili, dei quali non riusciamo ad avere altre informazioni che pochi dettagli appena accennati.

Nel complesso risulta un libro dalle caratteristiche fantasy ricco di sottotesto e con un messaggio morale piuttosto chiaro, ma con una storia non semplice da fruire, nei suoi cambi di punti di vista da un capitolo all’altro e negli esercizi stilistici e formali che spesso vanno a discapito della trama stessa.

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L’uomo perfetto – V. Bosica

Postato da Legione il 16 Agosto 2013

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L’impressione a pelle è quella di un romanzo dall’acidità controllata e dal sarcasmo pungente, un libro-manuale paradossale grazie al quale l’autore vuole esprimere una certa opinione personale attraverso le lezioni di vita vissuta della sua creatura, il fantomatico Drake Vörson.
L’uomo perfetto, ci dice l’autore Vincenzo Bosica, è l’oggetto dei sospiri e delle speranze di tutte le donne. Chi non vorrebbe al suo fianco un uomo corrispondente in tutto e per tutto alle proprie aspettative, dove anche la capacità di stupire e di andare fuori dagli schemi è un requisito pianificabile e modellabile su misura? Su questo paradosso nasce la professione di Uomo Perfetto, un uomo cioè che dietro adeguato compenso (in fondo la perfezione costa) è disposto a diventare, fisicamente e caratterialmente, l’uomo perfetto di ciascuna donna.
Da questo assunto un po’ fantascientifico e un po’ ironico, Drake ci racconta come ha partorito questa idea lavorativa rivoluzionaria e, attraverso le più astruse esperienze, di come sia diventato L’Uomo Perfetto più… perfetto sul mercato.
Ne risulta un romanzo sicuramente originale, con un piglio volutamente paradossale e ironico. Talvolta lo stile un po’ verboso, con periodi lunghi e una accuratezza maniacale per la ricerca della parola giusta (elementi che avevamo già riscontrato nel lavoro precedente dell’autore, Irregolare) fanno perdere spesso il tempo comico della risata (quantomeno del sorriso) rendendo molto rari i moti di spirito.
Ne complesso comunque ne risulta un breve romanzo godibile, simpatico, che non svela grandi verità (o meglio, magari sì ma seminando lungo tutta la narrazione tali e tanti indizi che il colpo di scena alla fine non porta nessun grande stupore) e che batte su certi tasti forse già sentiti e già visti, oggetto dei più classici clichè sui rapporti uomo-donna.
Senza dubbio comunque un romanzo sui generis, alternativo e gradevole da leggere.

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Storie straordinarie per vite ordinarie – AA.VV.

Postato da Legione il 12 Agosto 2013

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Un’antologia di tutto rispetto quella che propone la casa editrice Multiplayer con Storie straordinare per vite ordinarie. Un volume corposissimo e variegato che raccoglie racconti incentrati fortemente sulle realtà alternative tipiche del mondo videoludico. Come il videogioco può fondersi con la vita reale, sconvolgerla, influenzarla o ispirarla? Dove e come è possibile trovare il magico e l’avventuroso anche nella vita più banale e tranquilla?
Questi e tanti altri spunti costituiscono i cardini dei racconti contenuti in questa antologia, che raccoglie le opere di autori noti e meno noti.
La caratteristica forse più particolare di questa antologia, al di là del fil rouge che collega le opere, è infatti la provenienza: agli scritti di autori italiani noti e blasonati come Tullio Avoledo, Matteo Strukul e Roberto Recchioni si affiancano quelli prodotti dai partecipanti al concorso letterario indetto dalla stessa Muliplayer “Realtà in gioco”, sia selezionati da una giuria di qualità, sia i più votati online dall’utenza.
I 33 racconti brillano per varietà e originalità, spaziando dalla fantascienza videoludica più classica (i riferimenti al survival horror non si contano) alle storie al limite dell’assurdo, i toni variano dal drammatico, all’introspettivo diaristico, all’ironico.
Ci ha stupito la frequenza dell’associazione tra realtà virtuale del videogioco e gli effetti delle sostanze stupefacenti. Nesso espresso nei modi più diversi, esplicitamente e non, ma quasi sempre presente nelle trame, come comparsa di sfondo o protagonista.
In ogni caso, nonostante le caratteristiche così varie dei racconti, è bello notare come le opere degli scrittori meno noti non sfigurino affatto accanto a quelle degli autori “certificati”, creando un insieme piacevole e regalando letture interessanti e variegate.
Antologia sicuramente consigliata a tutti gli amanti della fantascienza che sappiano apprezzare letture talvolta un po’ fuori dai soliti schemi.

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La stella della fantasia – L. Doveri

Postato da Legione il 4 Agosto 2013

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Nel piccolo e colorato libro per bambini di Luca Doveri, La stella della fantasia, troviamo alcuni brevi racconti adatti ai lettori giovanissimi. Tra pupazzi parlanti, animaletti fatati, viaggi onirici, sicuramente il filo conduttore di queste storie è la valorizzazione dell’immaginazione infantile, il potere creativo della loro mente, libera da condizionamenti e infrastrutture, come più volte viene infatti esplicitamente detto anche all’interno dei racconti stessi.
Racconti molto brevi che in alcune occasioni non portano molto chiaramente in una direzione precisa, così come in alcuni passaggi viene usato un linguaggio che dubitiamo possa essere effettivamente compreso dal piccolo lettore.
Viene insomma talvolta smarrito il reale obiettivo della fiaba, che dovrebbe essere il comunicare qualcosa (rassicurazioni, principi morali, piccole regole sociali, comprensione del mondo adulto, ecc) al bambino, in un linguaggio che possa essere comprensibile anche attraverso metafore, possibilmente immersivo grazie agli espedienti tipici del racconto per l’infanzia quali il discorso diretto e le descrizioni dettagliate ed enfatiche che stimolano la fantasia.
Nel complesso comunque una lettura che i più piccoli potrebbero apprezzare, mentre il lettore adulto potrebbe storcere il naso davanti ad alcuni passaggi particolarmente bisognosi di editing.

Nota a parte per le illustrazioni, molto colorate e un po’ naif, nel complesso gradevoli e sempre molto pertinenti con il racconto al quale si riferiscono.

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Meditazione nelle Ande – H. H. Mamani

Postato da Legione il 23 Luglio 2013

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«“Cammina, scegli una via qualsiasi, e se poi ti renderai conto che non è quella giusta, scegline un’altra. Prova e riprova più volte, ma non fermarti mai solo per il dubbio di aver scelto quella che non è la tua.”
Ho paura di intraprendere un cammino sbagliato e perdere tempo.” Sembrò rispondere la mia mente.
“Qualunque cammino seguirai, t’insegnerà qualcosa e ti darà l’esperienza per poter scegliere quello che davvero devi seguire.”
»

“Chi sono” e “qual è lo scopo della mia vita” sono le domande esistenziali che tengono in scacco la maggior parte di chi non si accontenta della propria vita quotidiana, le domande da cui spesso parte la ricerca interiore. Le stesse domande che hanno destato in Hernan Huarache Mamani, autore del libro Meditazione nelle Ande, il desiderio di fare i bagagli, un semplice zaino in cui raccogliere lo stretto indispensabile, e partire in solitaria alla volta delle Ande. Trovare rifugio in una grotta sconosciuta ai più e vivere così, in stretta relazione con se stesso e la natura fiera e indomabile delle montagne andine.

Il libro raccoglie gli appunti e le riflessioni sorte da questa avventura, le conversazioni con uomini e donne visceralmente legati alla loro terra e resi forti da un legame con la vita che niente ha da spartire con il progresso e le comodità moderne.

Meditazione sulle Ande potrebbe essere considerato una sorta di diario il cui l’autore condivide la sua visione sulla vita, la società, Dio, l’universo. Interessanti le domande che alla fine di ogni capitolo lanciano la palla al lettore e lo invitano a interrogarsi sui grandi temi dell’esistenza: cos’è per lui la vita? E cosa significa cercare se stesso? Che rapporto ha con la religione? E con Dio? Che cos’è il progresso per lui?

Huarache Mamani ci mostra le conclusioni a cui giunge alla fine della sua esperienza, quando riprende lo zaino in spalla per tornare a casa, dalla sua famiglia, in quella società da cui era scappato. Ha ritrovato la sua strada riscoprendo se stesso nel rapporto armonioso con la natura e con le radici del suo popolo, gente che sapeva vivere con poco, ma a cui la vita donava molto.

Si può essere più o meno d’accordo con le riflessioni dell’autore, ma è innegabile la validità di una diversa possibilità di vivere, un’altra strada da seguire per trovare quel pezzo mancante che, dai tempi dei tempi, tormenta l’essere umano con un’indefinita e malinconica sensazione di vuoto e incompiutezza.

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La clessidra infranta – J.L. Bourne

Postato da Legione il 19 Luglio 2013

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Ed eccoci, infine, al terzo e conclusivo (probabilmente) romanzo della premiata saga Z di Dario di un sopravvissuto agli zombie di J. L. Bourne (le recensioni ai primi due romanzi si trovano qui: Diario di un sopravvissuto agli zombie e Oltre l’esilio) dal titolo La clessidra infranta.
Di certo di strada ne è stata fatta tanta, e non solo in termini chilometrici: il nostro eroe, ex graduato dell’areonautica americana, ha esplorato e viaggiato in lungo e in largo, affrontando in mille modi diversi, dal corpo a corpo al lancio di ordigni balistici, orde di zombie sempre più putrefatti e dalle risorse sempre più insospettabili. Ha raccolto uomini, donne e bambini attorno a sè, fino ad arrivare a interessare l’ultimo baluardo della struttura governativa americana, e anche qualche personaggio addirittura superiore.

Bisogna dire però che questo ultimo romanzo si distingue dai due precedenti per stile e contenuti, e non sempre si può dire che il risultato si ottimo.
Se i due romanzi precedenti sono stati caratterizzati dalla grande capacità immersiva, dovuta alla finzione letteraria del diario (anche con qualche scivolone qua e là, l’effetto finale è sempre stato efficace), questo episodio è scritto in terza persona e su scala estremamente più ampia. Scopriamo un nomignolo per il nostro eroe senza nome, Kil, ma soprattutto teniamo il polso di una situazione che coinvolge navi, portaerei, sottomarini, basi artiche e non solo. Va da sè che gli attori siano molti di più, e ci si sente un po’ smarriti e anche un po’ distanti in mezzo a questa visione complessiva dell’azione.

Oltre a questa opinabile scelta stilista, va detto che anche il contenuto risente dell’ampio respiro che l’autore ha voluto dare a tutta la saga. Già alla fine del secondo romanzo avevamo iniziato a sospettare che dietro all’epidemia zombie si stesse nascondendo qualcosa di più grande, e in questo episodio ne abbiamo conferma. Senza scendere nei dettagli, lo scenario cospiratorio diventa a tratti un po’ eccessivo (diversi passaggi hanno fatto trasalire le nostre sopracciglia). A nostro parare, l’autore da il meglio di sè quando è posizionato al centro dell’azione, sopra e dentro le teste degli attori, che soffrono il freddo, la paura, l’angoscia e la solitudine.
Rimane punto debole (e non saranno in molti a notarlo, probabilmente), il lato emotivo/sentimentale della vicenda: si tratta certo di un piccolissimo aspetto, niente di che, ma che contribuisce alla percezione di una scarsa organicità di fondo.
Il finale… beh, non possiamo dire che a confronto del resto della saga si arrivi ad un finale col botto, anzi. Probabilmente l’autore ha voluto chiudere la serie dandogli completezza, lasciando comunque aperte varie possibilità di sviluppi futuri.

In ogni caso resta un romanzo assolutamente da leggere per tutti gli amanti del genere, imprescindibile per chi ha iniziato la lettura della saga che nel complesso è piacevole e appassionante.

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Diario di un sopravvissuto agli zombie: 1
Oltre l’esilio. Diario di un sopravvissuto agli zombie: 2
La clessidra infranta. Diario di un sopravvissuto agli zombie: 3

Finchè zombie non ci separi – J. Petersen

Postato da Legione il 15 Luglio 2013

http://annessieconnessi.net/finche-zombie-non-ci-separi-j-petersen/

Un romanzo Z dissacrante, un po’ sui generis, ironico e con accenti chick lit. Sembra un’accozzaglia improponibile di generi del tutto incompatibili, e invece no: Finché zombie non ci separi di Jesse Petersen racchiude tutto questo in un solo romanzo gradevolissimo e di facile lettura.
Può un’invasione zombie in piena regola dare l’opportunità ad una giovane coppia di rinsaldare il proprio matrimonio? A quanto pare sì. E’quello che succede a David e Sarah, che dal momento in cui l’epidemia zombie inizia a dilagare in modo inarrestabile nella loro Seattle, riescono faticosamente a ritrovare una loro dimensione di coppia e a lavorare come una squadra, salvando il loro matrimonio e la rispettiva pelle.

Un romanzo zombie decisamente diverso, che offre uno sguardo divertente su un aspetto che decisamente viene ignorato dagli altri titoli del genere, ma allo stesso tempo non lesina in dettagli splatter e macabri come qualunque storia Z che si rispetti. Accanto ai momenti surreali e ironici non mancano gli episodi più emozionanti, mantenendo alta l’attenzione e l’immedesimazione del lettore.
Ci saremmo aspettati forse un linguaggio più graffiante e ancora più ironia, ma è possibile che parte dell’efficacia lessicale si sia parzialmente persa nella traduzione, che a volte risulta un po’ legnosa.
Nel complesso però il risultato è un romanzo di piacevole lettura che coinvolge e diverte, dando un tocco di originalità femminile ad un argomento che mai più che in questo momento è usurato e consumato.
Un romanzo adatto a tutti gli amanti del genere zombie, in particolare alle lettrici.

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