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A barber story e altri racconti – P. Cavicchi
Un uomo, un barbiere, che coltiva la piccola fantasia di poter assistere al proprio funerale, si troverà invischiato in una faccenda molto più grande di lui solo per poter cogliere l’occasione di poter realizzare il suo desiderio.
Un giovane, un uomo qualunque, per un sadico gioco a lui incomprensibile si troverà rinchiuso in un labirinto alle prese con un’agghiacciante caccia all’uomo.
Un investigatore privato viene salvato dalla bancarotta dall’ingaggio per un caso semplice, quasi banale, ma che assumerà risvolti che andranno ben oltre l’immaginazione, fino ad una lotta per la sua stessa anima immortale.
Questi, in poche parole, i tre racconti contenuti nell’opera di esordio di Paolo Cavicchi, A barber story e altri racconti. Sono tutti racconti di stampo noir/horror, sebbene in diversi passaggi siano conditi da un tocco ben dosato di ironia e buone battute.
Nonostante l’autore si sia cimentato nell’impresa letteraria per la prima volta, risulta evidente che il piglio creativo c’è e si sente, anche se la narrazione a volte è limitata di una certa inesperienza. La sensazione generale infatti è quella di aver di fronte un buon potenziale inespresso e trattenuto, una mente creativa di notevole entità ma non ancora abituata a “comportarsi male”, come dice King, e quindi ad essere completamente trasportata dallo slancio creativo a briglia sciolta.
Il primo racconto, quello che da il titolo alla raccolta, non brilla certo di una particolare originalità, il concept di base è piuttosto semplice e l’intreccio pecca un po’ di scarsa motivazione psicologica. I personaggi infatti sono pedine che si muovono senza un vero perchè, ma questo potrebbe anche essere un effetto di tipo onirico/surreale espressamente voluto.
Nel secondo racconto, infatti, ci troviamo proiettati in un contesto al limite del surreale senza ottenere spiegazioni di background. Questo è un espediente tipico del racconto che, grazie alla sua brevità, permette di entrare nel vivo dell’azione senza passare attraverso i preamboli ben noti del romanzo. L’idea è molto buona, anche se, anche qui, non particolarmente originale (il gioco di morte manipolato dall’alto è presente in almeno due manga, un film e Dio solo sa quante opere narrative), la narrazione è efficace e scorre bene, creando una buona tensione nel lettore e un crescere dell’aspettativa verso il punto cruciale delle storie di questo genere: la risoluzione della situazione critica, ovvero l’uscita dal gioco. Nel caso del racconto in questione, l’autore ha optato per la soluzione forse meno appagante, il Deus ex Machina. Dopodichè abbiamo ancora una coda di eventi che distolgono il pathos dal core effettivo del racconto (quello che succede nel labirinto) fino ad arrivare alla conclusione forse più attesa e più accettabile ma anche più prevedibile.
Il terzo racconto ha ancora un’impostazione differente: narrato in prima persona, tocca un argomento davvero stuzzicante, alcune scene poi valgono senza dubbio la lettura già da sole. Lo sviluppo della trama però ricalca in modo evidente strutture videoludiche tipo “Alone in the dark”, che ne riprende di fatto l’azione principale (andare in giro armato fino ai denti ad ammazzare creature mostruose). Non che questa caratteristica di per sè costituisca un aspetto negativo, ma denota una struttura narrativa più visiva e orientata alle azioni, tralasciando quasi del tutto l’aspetto introspettivo e di descrizione del personaggio. Questa caratteristica si può trovare anche nel secondo racconto.
Ciò detto comunque, A barber story è un buon esempio di dignitosa opera prima: costituisce l’espressione di una mente creativa ancora acerba ma senza dubbio dotata di notevolissimo potenziale. Facciamo a Paolo Cavicchi il nostro sentito in bocca al lupo per le sue future fatiche.
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