Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
Archivio del 2009
Lasciami entrare – J. A. Lindqvist
Oskar ha 13 anni, ed è vessato dai bulletti della scuola, picchiato e seviziato in modo crudele, umiliato ogni giorno qualunque cosa faccia. Non ha amici, occupa il suo tempo ritagliando articoli di giornale sui serial killer.
Eli ha lunghi capelli neri ed un faccino da bambola. Parla in modo strano, è molto poco pulita e vive insieme ad un uomo dall’aria disperata che lei definisce suo padre. Eli esce solo di notte e si muove agile come un gatto.
Lacke, Virginia, Jacke, i loro amici, costituiscono il gruppetto del ristorante cinese, si riuniscono a condividere alcolici e pallide speranze sul futuro.
Le loro vite si intrecciano in modi inaspettati in questo romanzo così particolare fino al lieto fine, se tale si può definire.
Questo romanzo viene catalogato come horror per i temi trattati, anche se potrebbe accostarsi meglio al genere drammatico e di formazione.
Un romanzo caratterizzato più dalla tristezza e dalla solitudine, descritte con efficacia, dei giovani protagonisti, che non alla questione horror tout court. Probabilmente evidenzia anche una realtà giovanile che si accosta molto alla verità, in particolare negli avanzati paesi del nord Europa; che tratta in modo anche piuttosto crudo e disincantato, senza censure o giri di parole, il tema sempre purtroppo attuale della pedofilia.
Un romanzo da leggere, masticando man mano le parole e le immagini, le scelte e il fato che portano i vari personaggi ad incrociare i loro cammini.
Ci ha ricordato molto “It” e “L’ombra dello scorpione“, di Stephen King, per il messaggio di crescita, per la delineazione di un mondo cupo e minaccioso, che, in questo caso, è terribilmente verosimile e nella descrizione dei personaggi, così terribilmente umani e allo stesso tempo coraggiosi, schiacciati dalle circostanze.
Un romanzo che incatena alla lettura, attimo dopo attimo sempre di più, dipanando le storie, modificando i cuori e le realtà dei protagonisti, e anche un po’ i nostri.
La ragazza che giocava con il fuoco – S. Larsson
Secondo capitolo della trilogia Millennium dello svedese prematuramente scomparso nel 2004 Stieg Larrson. Finalmente siamo riusciti a mettere le mani su questo volume di più di 700 pagine, colmi di aspettativa. Ebbene: non crediamo sia possibile fare un riassunto della trama di questa storia. E’ indiscutibilmente il romanzo poliziesco (in senso ampio) con la trama più contorta ed elaborata che ci sia mai capitato di leggere, anche di più del primo capitolo “Uomini che odiano le donne” del quale abbiamo parlato in precedenza(in progress, anche un commento al film).
Questo romanzo lega insieme argomenti che farebbero invidia al Fleming di James Bond, a profonde introspezioni e flussi di pensiero dei vari protagonisti, anche dei personaggi secondari, permettendo al lettore di compenetrarsi ottimamente nella storia e ad assistere col fiato sospeso l’evoluzione degli eventi.
Per chi ad esempio non è un divoratore di libri, o che magari legge piuttosto lentamente, questo romanzo sarà un’impresa titanica: il rischio di dimenticare passaggi e fatti avvenuti è sempre dietro l’angolo, anche se l’autore, probabilmente conscio di quanto questa trama possa essere difficile da seguire, non lesina in richiami e rimandi al passato recente della storia.
Nonostante tutto, però, questo è un libro che merita di essere letto. Dopo aver goduto del primo romanzo, il secondo è andato da sé, e certamente non è stato tempo sprecato: ottime le piccole frecciatine ironiche tra i personaggi; profonde le riflessioni che suscita riguardo, ancora, la violenza sulle donne e la difficoltà di taluni di esistere all’interno della società; stupefacenti (e a tratti inverosimili, diciamolo, la comunicazione attraverso i computer così come ci è stata presentata è vistosamente un espediente letterario) le vie di fuga, le risorse insperate e le casualità che permettono ai nostri eroi di portare a casa la pelle.
E infine, ma non per importanza, la vera protagonista di Millennium, Lisbeth Salander, che nel primo romanzo iniziava ad essere tratteggiata nella sua particolarità, in questo romanzo assume il ruolo di assoluta protagonista. Viene interessata da un certo processo di crescita, di maturazione, di presa di coscienza di sé anche grazie a coloro che nonostante tutto la circondano e le vogliono bene. Probabilmente l’apice lo raggiungeremo nel terzo capitolo della trilogia “La regina dei castelli di carte” che non vediamo l’ora di leggere.
In chiusura, ancora una nota: non so che titolo portasse in lingua originale questo romanzo, non so quanto si debba alla traduzione italiana e quanto allo scrittore. Abbiamo motivo di credere che la nostra versione ne sia l’esatta traduzione dallo svedese e così ci auguriamo. Mai titolo fu più adatto.
Duma Key – S. King
Neanche l’avessimo scelto di proposito, abbiamo appena finito di leggere “Duma Key”, uno dei più recenti romanzi, forse l’ultimo romanzo, sfornato da Il Re. E’ singolare come sia stato letto adesso, senza sospettare l’assonanza con il primo racconto di “Pochi inutili nascondigli” di Faletti, il quale assona con “La Torre Nera” di nuovo di King. E’ un curioso risonare, qua dentro…
Comunque, ennesima riprova della palese superiorità tecnica e contenutistica di King, una storia in apparenza semplice, quasi banale, estremamente lineare, ma sepolta in *tanto*: affetti, ricordi, sensazioni, amicizia, confusioni, vita vecchia e vita nuova, incubi, tratti di matita, dolori e siparietti comici, come solo Lui sa fare così bene, intrecciando tutti i fili fino ad una conclusione da fiato sospeso, in un crescendo dal quale è impossibile staccarsi prima di aver finito.
Un romanzo alla King nella versione moderna, che molto si distingue da quella antica, ricca di quello smalto di lucente e crudelissima creatività giovanile, ma che ancora sa affascinare, ti sa portare laggiù dove ci sono le cose peggiori, dove le ombre hanno messo i denti.
Ti trovo un po’ pallida – C. Fruttero
Un racconto riedito dopo diversi anni, scritto dal solo Fruttero, e una fornita appendice allo stesso che ne spiega i come e i perchè.
Questo contiene il volumetto “Ti trovo un po’ pallida”, nel complesso estremamente breve, da divorare un poco tempo.
Forse la sua brevità delude, o meglio: se si affronta questo volumetto senza la precisa consapevolezza di che cosa si andrà a leggere, è inevitabile rimanere insoddisfatti.
Il racconto è esattamente tale, un racconto, anche piuttosto breve sebbene articolato e pregevole, ansiogeno e in apparenza sconclusionato, fino alla sorpresa finale (inappellabile, oseremmo dire). Creativo, stilistico, andrebbe letto con attenzione e assaporato pian piano, cosa che non avviene, di solito, quando si apre un libro nuovo che ci interessa: ci si avventa sulle prime pagine per poi assestarsi al ritmo più adatto dopo un po’.
Qui invece il racconto termina proprio quando si sta iniziando ad apprezzare l’arrampicata sintattica, e quindi si resta spiazzati.
Segue un interessante approfondimento di backstage, proprio come lo definisce l’autore, nel quale ci dona ancora la sua capacità narrativa a tratti scanzonata e ironica.
Un libro indubbiamente per i cultori del duo Fruttero&Lucentini, che rischia però di costituire un “cattivo acquisto” per chi invece non sa cosa aspettarsi dall’opera.
Pochi inutili nascondigli (II parte)
segue da qui
“La ragazza che guardava nell’acqua”
Oh… Ecco, forse l’unico modo per descrivere appieno questo racconto è solo questo, un sospiro. Un racconto che in prima battuta ti spiazza, e non per forza in positivo, per come si propone. Scritto in prima persona, su un personaggio decisamente singolare. Gli scettici della partenza si saran ricreduti dopo qualche pagina: un racconto dolcissimo, scritto con parole semplici, come se la voce narrante fosse un bambino, e per certi versi lo è, toccante, delicato, stupendamente surreale, la storia veloce di un deux ex machina di particolare dolcezza. In contrapposizione con “Graffiti”, che è l’equivalente dello stridio delle unghie su una lavagna, questo racconto è… un languido sguardo di occhi buoni ed un naso umido e timido. Finito con le lacrime agli occhi.
“L’ospite d’onore”
Scritto magistralmente, da autore brillante quale Faletti sicuramente è, anche se cerca di camuffarlo in altre cose. Un racconto dal ritmo talmente serrato di similitudini, lazzi ironici, voli e paragoni impossibili, che regge solo per il fatto di essere breve. Così come il precedente ci aveva strappato una lacrimuccia, questo ci ha portato ben più di una volta alla risata liberatoria. Una trama non male, con il consueto finale soprannaturale e decisamente sospeso, che lascia intendere ma non del tutto chiaramente. Secondo noi questa è la prova che Faletti non dovrebbe rinnegare le sue origini brillanti: un sano giallo, poco noir con qualche pennellata di ironia e comicità, senza scadere nello sguaiato, potrebbe riportare la sua fama ai livelli che merita.
“Physique du role”
Uhm, mi verrebbe da dire classico, un racconto meta-cinematografico, una storia che diventa realtà. Non male, carina l’idea meccanica che ne sta alla base, ben delineato il personaggio principale, con una introspezione chiara fin da subito, che verte sui desideri notturni del protagonista. Molto descrittivo, molto ben evocative le immagini, anche perchè si parla di cinema. Finale negativo, o meglio, una “brutta fine”, indovinabile. Carino, ben scritto, ma niente di particolamente innovativo a confronto del resto, ben scritto e poco di più.
Pochi inutili nascondigli – G. Faletti
Abbiamo letto “Pochi inutili nascondigli” in attesa dell’ultimo libro di Giorgio Faletti, “Io sono Dio” che speriamo di avere presto tra le mani. Per quanto noi lo stimiamo come persona e come comico, purtroppo ci siamo trovati spesso a non parlare molto bene di lui come scrittore.
Parlando di questo volume che raccoglie una serie di racconti, è evidente l’influenza Kinghiana, il tentativo di avvicinarsi al suo stile nei quali spesso il Maestro si diverte a giocare su stravaganze ancora più ardite di quelle che riserva per i suoi romanzi, risultando sempre affascinante. La similitudine però finisce qui: aprire un libro di King, come ci piace dire, è come accomodarsi nella tua vecchia poltrona preferita, dopo le prime due o tre pagine di assestamento sui cuscini, la senti avvolgerti e sostenerti caldo e comodo fino alla fine. Faletti invece, ha qualcosa che stona, non solo nei contenuti, ma proprio nella scrittura. Per carità, i moti di spirito sono sempre geniali e strappano più di un sorriso, ma la prosa a volte troppo dettagliata, forzata nel particolare che magari il lettore già ha capito di suo, rende la lettura incespicante, sebbene la ricercatezza delle frasi sia palese. Non si può dire che, nonostante i temi trattati e la cura della narrazione, sia sempre una lettura scorrevole.
“Un gomma e una matita”
Come esordio della raccolta è una toppata clamorosa, per chi almeno bazzica nell’horror/fantascienza da un po’ ed abbia letto King quel che basta per trovare in questo racconto un ricalco dei suoi lavori. Un racconto con del potenziale, ma nemmeno poi molto originale, che prende spunto (forse, chissà) da un certo personaggio (cacciato dentro a forza per salvare la trama, ammettiamolo) che appare alla fine de “La torre nera” e che risulta infine la chiave risolutiva di tutta la saga. Un racconto con pretese horror ma che secondo noi scade più nello splatter, durante il quale brilla per assenza una reale introspezione del protagonista, che cambia radicalmente carattere dopo aver scoperto le potenzialità distruttive di una gomma e una matita. L’effetto del cambiamento lo si legge negli altri personaggi e dalle sue azioni, ma la reale introspezione si riscontra solo alla fine e solo in senso sbrigativo, lasciando un po’ di sapore dubbioso in bocca. Ma nemmeno poi tanto, in fondo, solo confortati che il racconto sia finito.
“L’ultimo venerdì della signora Kliemann”
Ecco, questo racconto si discosta un po’ dal solco Kinghiano, in senso felice, sebbene mantenga una certa aura di inverosimiglianza fino alla fine (per tutto il racconto è inverosimiglianza mal riposta, mentre al termine si raggiunge l’apice del soprannaturale). Ben scritto, ben tratteggiati i personaggi, forse più incisivi quelli di sfondo che non i protagonisti, è evidente come Faletti stia parlando di posti e persone a lui noti veramente (non a caso parla di Capoliveri, vogliamo scommettere che esiste davvero un baruccio al cui tavolo siedono sempre i soliti quattro a far passare le ore?). A volte ridonda un po’ di domande nella testa del protagonista, sempre le stesse, ripresentate sempre in fogge nuove. E ammettiamolo: per tutto il racconto abbiamo pensato storcendo il naso che fosse una versione falettiana di “Weekend con il morto”, ma la scrittura sufficientemente incalzante ci ha fatto tenere duro fino alla fine, per scoprire che la realtà era meno grottesca. Ma solo di poco… Toccante il finale, o meglio, la conclusione dell’intreccio, pervaso da una certa malinconia che concede un punto di valore aggiunto a tutto il racconto.
“Graffiti”
Uhm… un racconto decisamente particolare. Ben strutturato, teso, in un crescendo di normale aberrazione umana fino alla conclusione completamente surreale. Un racconto certamente simbolico, con una morale piuttosto evidente. Ben scritto, con la delineazione di un personaggio semplicemente corrotto, nell’accezione di disfacimento, dalla sua stessa ira che nutre ed alimenta giorno per giorno e che infine lo conduce, inconsapevole, alla resa dei conti. Un personaggio da romanzo, con un finale che solo un racconto può permettersi. Se proprio si desidera trovare una pecca in questo brano è la delineazione eccessivamente perfetta della corruzione dell’anima del protagonista, che infine ottiene la sua giusta ricompensa. King ci ha spesso abituati a vedere il Male e l’evento soprannaturale, sia a ripagare le cattive condotte, come vendetta, e sia, e forse soprattutto, che piova come ennesima sfiga su persone tecnicamente normali, nè troppo buone, nè troppo cattive. Perfidamente e perfettamente in disfacimento, quindi, il protagonista, ma è davvero l’unica nota su un racconto che stupisce.
“Spugnole”
Un racconto particolare, molto racconto e poco horror fino alla fine. Evocativo, ben descrittivo, quel genere di racconto che fa domandare al lettore che cosa ci faccia in una raccolta definita come thriller. Lungo rimuginare su vari aspetti della campagna, pregevole, fino alla parte conclusiva del racconto ovvero la parte succosa, dove sta il fulcro del racconto. Ed il finale… Kinghiano anche lui, surreale all’estremo, ma chissà com’è che l’irreale di King è più verosimile che non quello uscito dalle penne di altri?
Segue qui nella seconda parte.
Blackout – G.Morozzi
Abbiamo appena finito di leggere “Blackout” di Gianluca Morozzi, non un best seller probabilmente, ma ricordavamo di essercelo segnato tanti anni fa dopo averne sentito parlare da Aldo Busi.
Intanto un libro che si divora in due giorni al massimo, 200 pagine e poco più. Senza contare il ritmo incalzante degli avvenimenti: tre persone restano chiuse in un ascensore per diverse ore. Come soggetto può non sembrare molto eccitante, ma se si considera che i tre sventurati sono un ragazzino che deve prendere assolutamente un treno, una giovane con ottimi motivi per essere infastidita dal genere maschile ed un pazzo sadico assassino, forse la scena diventa leggermente più attraente.
Un libro che narra più un paradosso che una vicenda, ma assolutamente coinvolgente e perfettamente credibile, un libro che ti trasmette implacabile il disagio, il caldo, la sete, la paura. Un libro che per un terzo ti disgusta sul serio, senza tralasciare alcun particolare del quale avremmo fatto volentieri a meno.
Non un Romanzone, ma un racconto lungo spietato, che ti cattura con tutte le sue forze dentro il vortice della narrazione, facendotela azzannare pagina per pagina con l’ansia di vedere come andrà a finire. Assicurando il colpo di scena.
Benvenuti!
Primo post in assoluto, inauguriamo questo blog tutto speciale. Desideriamo che questo sito diventi presto meta e punto di riferimento per coloro che hanno bisogno di essere visibili, di qualcuno che parli di loro.
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Buona lettura, speriamo.
L’Amministrazione di A&C