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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

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Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

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Cronache del ghiaccio e del fuoco: Il trono di spade e Il grande inverno – G.R.R. Martin

Postato da Legione il 19 Luglio 2015

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Sì, lo so. Recensire oggi le Cronache del giaccio e del fuoco è un po’ un esperimento di masochismo.
Al di là della vera opinione che un lettore può farsi, un romanzo che è stato in grado di trascendere l’attributo di best seller non può essere criticato con il cuore sereno e la più pura onestà.
Se questo è vero sempre, per la titanica opera di George R. R. Martin non può che essere proporzionale.
Premetto che sono una fervente ammiratrice della fiction HBO Il trono di spade, che ho guardato le prime tre stagioni praticamente a nastro, che ho atteso trepidante la quarta e che, per sedare l’attesa della quinta ho sbranato un terzo dell’edizione doppia de Il trono di spade + Il grande inverno in un weekend.
Ciò detto, devo ammettere a malincuore che se non fossi già completamente venduta per la trama e i personaggi, forse non avrei apprezzato altrettanto i libri.
O forse no: almeno per quanto riguarda questo primo volume, il vero fulcro attrattivo è esclusivamente la trama, la storia, e lo spessore dei personaggi. La serie tv in questo senso mi ha già stregato a sufficienza, di conseguenza il libro non è riuscito a darmi qualcosa di sostanzialmente aggiuntivo.
Martin è un narratore asciutto, che caratterizza i suoi personaggi grazie a dei dialoghi fulminanti, efficacissimi, assolutamente da manuale e dai quali tutti gli scrittori dovrebbero prendere spunto. E proprio attraverso le loro voci scopriamo via via il delinearsi di un quadro, un enorme disegno vasto quanto un continente, di intrighi, menzogne, interessi, sotterfugi e voglia di potere.
In questo intreccio, solo gli spregiudicati possono giocare. E chi si trova suo malgrado tirato in mezzo a questo gioco, o si adatta o muore.
Ed è proprio da queste premesse che prende il via la saga delle Cronache: Eddard Stark, lord di Grande Inverno, è un uomo saggio e onesto, fortemente aderente ai principi di giustizia e lealtà. Suo malgrado viene portato a corte dal suo amico di infanzia e re Robert Baratheon, e quando si verifica il peggio, proprio a causa della sua sete di verità, viene messo a morte.
Vediamo gettare le basi di un casus belli di un conflitto profondo e vastissimo che si esplicherà nei romanzi successivi e che, penso, non abbiamo ancora idea di dove ci porterà.
Nel frattempo, grazie ai numerosissimi cambi di voce che caratterizzano il romanzo, facciamo la conoscenza con un nugolo di personaggi che impareremo a conoscere molto bene, e abbiamo un’iniziale attribuzione di Buoni e Cattivi: Stark tra i buoni, Lannister tra i Cattivi.
800 pagine che fungono da primo capitolo di una saga definita più volte il miglior capolavoro fantasy moderno, imprescindibile ancorchè titanica lettura per qualunque amante del genere.

Recensione scritta da Sayu

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L’occhio del male – S. King

Postato da Legione il 6 Luglio 2015

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Un avvocato sovrappeso investe una zingara e, grazie alle sue aderenze la fa franca, uscendone pulito e impunito. Ma un vecchio zingaro gli lancia una maledizione e lui inizia a dimagrire, sempre di più.

Richard Bachman ci ha abituati, a suo tempo, alle sue storie allucinate ed estreme. Per quanto sempre alter ego di Stephen King, Bachman si è distinto per i suoi libri tipicamente “e se”: che cosa succederebbe se uno zingaro per vendetta lanciasse una maledizione e facesse dimagrire a morte un avvocato obeso?
Da questo input si dipana la trama de L’occhio del male.
Bachman, rispetto a King, morde di più: il suo stile è più asciutto e più crudo, spesso è meno incentrato sul puramente soprannaturale a favore di una più netta concretezza, ma come King esalta la conoscenza profonda delle umane miserie, dell’iniquità intrinseca della borghesia nei confronti di chi vive ai margini, degli effetti della perdita delle sicurezze di una vita tranquilla e agiata.
L’unica grossa differenza tra King e Bachman è che se leggendo il primo ci sono buone probabilità che il romanzo finisca tutto sommato con un lieto fine, con il secondo difficilmente avverrà. E infatti.
Un romanzo un po’ antico ma di certo ancora molto attuale, amaro e grottesco e a modo suo triste perchè le considerazioni sono tutte vere.

Lettura consigliata.

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L’occhio del male

Una famiglia imperfetta – N. d’Attilio

Postato da Legione il 1 Luglio 2015

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Clelia è la tipica donna con la testa sulle spalle, uscita da una storia pluriennale con un ragazzo refrattario all’impegno stabile. Per una serie di curiose coincidenze conosce Diego, rampante marketer dedito al lavoro, al divertimento e alle compagnie femminili. Da questo incontro occasionale, Clelia scopre di essere incinta.

L’arrivo di un bambino provoca sempre una serie di sconvolgimenti, piccoli e grandi, anche all’interno di una coppia consolidata che ha maturato questa decisione. E’ facile quindi immaginare il genere di tsunami che un simile evento può provocare quando si verifica in un contesto del tutto impreparato.
Il romanzo di Nicola d’Attilio, Una famiglia imperfetta racconta nell’arco dei nove mesi di gestazione di Clelia, la trasformazione che investe tutte le vite che ruotano attorno a lei. Non solo quella della stessa Clelia e di Diego, che dovranno rivedere drasticamente il loro modo di approcciare le novità e i cambiamenti che a volte il destino mette lungo il cammino, affrontando forse per la prima volta la vera età adulta; ma anche quelle dei genitori di Clelia, che in età avanzata e con un lungo matrimonio alle spalle devono trovare un nuovo modo per stare ancora insieme; quello della sorella Margherita e degli amici di Diego, che ciascuno a modo suo dovrà guardare in faccia la realtà e cambiare il proprio modo di approcciarla.

Questo libro, con semplicità, ironia e con certi aspetti anche piuttosto inediti, illustra la paura verso il nuovo, verso il cambiamento sconvolgente, ma anche la necessità a volte di cambiare la visione delle cose, delle routine quotidiane, del proprio modo di vivere, per evolvere come singolo e come parte di una coppia.
E, esattamente come la scelta di far nascere un bambino, provoca in un solo momento una catena infinita di modificazioni irreversibili del proprio futuro, anche la presa di coscienza della realtà genera cambiamenti che non possono essere cancellati.

I personaggi, ciascuno con la sua caratterizzazione estremamente verosimile, mette in luce le quotidiane contraddizioni, le crisi, le incomprensioni e le indecisioni che possono cogliere ciascuno di noi, rendendo quindi i protagonisti ancora più vicini ai lettori.
Una lettura piacevole, divertente e al contempo profonda, che affronta tematiche delicate con ironia e leggerezza ma senza banalità o clichè. Estremamente consigliato.

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Una notte di ordinaria follia – A. Filisdeo

Postato da Legione il 17 Maggio 2015

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Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici.
Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad un romanzo più elaborato: i personaggi sono ben disegnati dal carattere molto spiccato e quasi caricaturale, che ben si amalgama con l’argomento che sembra essere molto caro all’autore, che abbiamo già avuto modo di conoscere nella lettura del suo romanzo Le memorie oscure: il vampirisimo.
I vampiri di Filisdeo richiamano le carattersitiche dei vampiri della Rice, ma condendoli con molto più carisma e decisamente più violenza. Sono bellissimi e pericolosamente attraenti, ma sono anche molto più agitati da quelle che sembrano essere le umane emozioni, amplificate all’estremo dal sangue.
Lasciamo le scene gotiche e baroccheggianti del romanzo precedente per approdare in una notte moderna in una grossa città, anzi, La città per eccellenza, New York, teatro anche questa volta delle peggiori scene di violenza.
La storia ruota su un certo indiscutibile compiacimento dell’autore nel descrivere le sue scene con arguzia, umorismo e sagacia; il fatto che alla fine il mistero apparentemente oggetto della trama non viene svelato (anche grazie ad una serie di disastrosi fallimenti del co-protagonista) dimostra la vera ragion d’essere di questo racconto: raccontare una storia di urban horror vampirico del tutto godibile.
Non possiamo che consigliare la lettura di questo racconto, augurandoci che l’autore voglia mettere presto più carne al fuoco e ampliare il respiro di questa storia accattivante.
Anche perchè, diciamolo, di vampiri non ne abbiamo mai abbastanza.

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Gli eletti di Scantigliano – P. Durando

Postato da Legione il 5 Aprile 2015

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Un gruppo di persone è stato selezionato per partecipare ad un reality show, formato tornato in auge dopo alcuni decenni di oblio. Una grande nave viene messa a solcare il mare verso una destinazione sconosciuta, per sei mesi i partecipanti non avranno altri contatti con il loro paese di origine, Scantigliano, se non tra loro stessi e il Mediatore, il Grande Fratello che li monitorerà durante il viaggio, valutandoli anche dal punto di vista dei rapporti interpresonali. Il viaggio ben presto assumerà contorni inattesi e inspiegabili.

Il concept di base de Gli eletti di Scantigliano, di Paolo Durando, è effettivamente interessante e dalle possibilità corpose: i presupposti fanno pensare non solo ai vari reality show dei quali abbiamo tutti esperienza e che richiamano a loro volta ben note distopie, ma anche al romanzo di Dan Simmons, Hyperion, esordio affascinante della saga de I canti di Hyperion.
L’effetto finale alla lettura del romanzo, invece, è contraddittorio. Se lo si vuole intendere come romanzo di fantascienza, così come si propone, risulta piuttosto povero e scarsamente costruito. Gli aspetti di lungimiranza, di indagadine nel futuro, talvolta di velata denuncia del tempo moderno, sono quelli che rendono credibili e interessanti i romanzi di questo genere, proprio perchè traggono linfa vitale dalla mente visionaria dell’autore. In questo caso invece ben presto il lettore si accorge che la struttura immaginifica del futuro rappresentato è confuso e poco saldo. Non si riesce a comprendere innanzitutto quanto lontano è il futuro rappresentato: capiamo dalle narrazioni dei protagonisti che ci sono state diverse rivoluzioni sociali e culturali, che si è ritornati ad una certa sobrietà di intenti e di costumi, ma non si riesce ad intendere che cosa sia successo e come questo si sia ripercosso nella società italiana. Manca insomma una definizione chiara di causa ed effetto, fondamentale per rendere il contesto credibile.
D’altro canto, se si vuole intendere il romanzo come una storia di introspezione e con un sottotesto nascosto, anche in questo aspetto l’effetto risulta incompleto. I personaggi hanno voce e reazioni che sembrano artificiosi e poco naturali, per questo talvolta nasce il sospetto di un’allusione nascosta dall’autore in questi comportamenti. La scelta di rendere poi la permamenza sulla nave piuttosto monotona, con scarsi eventi per gran parte del romanzo, induce necessariamente a spostare la narrazione dal mostrato al raccontato, per voce dei personaggi.
Insomma, nonostante un’idea che ha indubbiamente del potenziale, riscontriamo un risultato che non convince del tutto il lettore.

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Noi siamo infinito – regia di S. Chbosky

Postato da Legione il 30 Marzo 2015

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Ho letto questo libro perchè avevo sentito parlare molto bene del film. Dopo aver scoperto, poi, che l’autore è anche il regista del film stesso, ho deciso di completare l’opera guardando anche quest’ultimo, prima di fare la recensione.
Credo di aver fatto bene.
Noi siamo infinito, altrimenti noto come Ragazzo da parete o anche La fortuna dell’essere timidi che hanno tradotto in modo così poco univoco il titolo originale “The perks of being wallflower” di Stephen Chbosky, è diventato a pieno titolo, qualche anno fa, un libro cult per il publico young adult. E, anche se sono fuori tempo massimo di qualche anno, credo di aver capito perchè.
Questo romanzo affronta con delicatezza e sensibilità una storia che in molti possono sentire come propria. Charlie, un ragazzo timido e sensibile, deve iniziare il suo percorso scolastico alle superiori. Non ha amici e non conosce nessuno, quindi decide di scrivere delle lettere ad un ragazzo sconosciuto, che possiamo essere noi lettori o che può essere sè stesso come in un diario, per farsi forza e tenere il filo dei propri pensieri.
Grazie a questa finzione narrativa scopriamo la particolare intelligenza di Charlie, il suo spirito di osservazione, la sua fragilità. E conosciamo quelli che pian piano diventano i suoi amici più leali, Patrick e Sam, studenti dell’ultimo anno, che lo aiuteranno ad affrontare questo delicato momento di vita e al contempo a fronteggiare finalmente i demoni del passato, per guardare con nuova fiducia al futuro.
Consiglio di godere di entrambe le opere, quella letteraria prima e quella cinematografica poi, poichè essendo nati entrambi dalla stessa penna, si compenetrano completandosi a vicenda.
Se il libro è più fine e sottile nell’affrontare alcune sfaccettature introspettive di Charlie e in generale dei protagonisti, il film semplifica la storia verso la sua essenzialità, mutuando dalla capacità espressiva degli attori i dettagli di una vicenda delicata e intelligente.
Ho apprezzato molto la storia e mi sono sentita molto vicina al personaggio di Charlie, come immagino gran parte dei lettori di tutte le epoche abbiano sempre fatto con i romanzi di formazione, ma se la lettura del libro mi ha lasciata con una sensazione di tranquilla positività, il film è riuscito a turbarmi molto di più, facendomi sentire di nuovo quindicenne, incasinata come oggi e quasi più di allora, con uno struggente desiderio di arrivare ad afferrare finalmente quella fiducia, quella chiarezza, quell’equilibrio che i protagonisti sembrano vedere di fronte a loro alla fine del film, passando a tutta velocità sotto il tunnel, verso il futuro.

Recensione scritta da Sayu

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Drood – D. Simmons

Postato da Legione il 24 Marzo 2015

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Tutti conoscono Charles Dickens, un autore già ampiamente celebrato nella sua epoca e passato con stima indenne attraverso i decenni fino a noi. Ma non tutti conoscono la figura di William Wilkie Collins, Wilkie per tutti, romanziere e drammaturgo, collaboratore e amico per oltre ventanni dell’Inimitabile.
Dan Simmons rende onore alla sua fama di autore geniale e di intellettuale dalle conoscenze enciclopediche con il suo romanzo Drood, nel quale affronta gli ultimi quattro anni di vita di Dickens raccontato dalla penna di Collins.
Il risultato, oltre agli aspetti più dark e horror della storia che comunque non mancano, è un romanzo ponderosissimo (800 pagine) incentrato sulla figura di Dickens, disegnato qui in una figura molto terrena, tridimensionale (e spesso insopportabile), ricca di debolezze, manie, egogentrismi e vezzi.
Al contempo, probabilmente la punta di diamante di tutta l’opera è lo stesso narratore, Wilkie, cresciuto lavorativamente sempre all’ombra del Maestro, in una continua ricerca di autodeterminazione come scrittore e come individuo, sempre teso a rapportarsi con Dickens come un pari, e non più come un protégé di belle speranze ma dal talento modesto, in un rapporto conflittuale di amore ed odio.
Spesso l’utilizzo della prima persona nei romanzi fa sì che la figura narrante rimanga in ombra, rispetto a quello che sta narrando, o che al contrario risulti troppo forte da influenzare il racconto. In questo caso, il personaggio di Wilkie Collins è il vero protagonista del romanzo: il modo in cui parla di Dickens comunica moltissimo su sè stesso, sui suoi sentimenti, sulla sua parzialità di visione, pur senza alterare i fatti ai nostri occhi.
Simmons ha dimostrato doti di vero acrobata nel gestire questa storia complessissima e frutto evidente di uno studio approfondito e preciso delle biografie di Dickens e di Collins in primis, ma anche di una conoscenza profonda dell’epoca storica, degli usi, dei costumi morali e spesso meno documentati di un’epoca che ormai ci appare lontanissima.
Un romanzo impegnativo ma godibile come il miglior Simmons, punteggiato da moti di spirito deliziosamente misurati e per questo ancora più pregevoli.
Lettura assolutamente consigliata.

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Buonasera, dottor Nisticò – A. del Giudice

Postato da Legione il 18 Marzo 2015

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Il dottor Nisticò, direttore d un’importante istituto creditizio, è appena stato elegantemente invitato a dare le dimissioni. La sua implicazione nello “scandalo”, un giro di mazzette per i notabili del paese a sostegno di un importante affare, è stata scoperta e la notizia è su tutti i giornali. L’uomo si ritira in esilio volontario in casa sua, e il romanzo di Antonio del Giudice, Buonasera, dottor Nisticò, illustra proprio il flusso di pensieri e ricordi scaturiti da questa caduta sociale.
L’autore, con grande abilità, racconta l’amarezza di un uomo illustre nel momento della crisi e rielabora con amarezza tutto ciò che la connivenza agli usi poco limpidi negli affari ha prodotto nella sua vita fino a quel giorno. Un matrimonio nato per amore e naufragato nel gelido disprezzo da parte della moglie, gli innumerevoli tradimenti incentivati dalla sua posizione sociale, i figli ricoperti di doni e denaro insufficienti a conquistarne l’amore e la fiducia.
Un romanzo breve che è un flusso di coscienza del protagonista nel corso di alcuni mesi dalla sua rovina, che come in un film rivede tutti i momenti chiave della sua vita e nella quale distinguiamo i tratti caratteristici di molti individui simili, che appartengono alle cronache italiane di tutti i giorni.
Una lettura interessante e ben congeniata che ci sentiamo di consigliare.

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