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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

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Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

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Niceville – S. Carsten

Postato da Legione il 6 Marzo 2015

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Una amena e tranquilla cittadina della provincia americana nasconde oscure trame, un turpe segreto e una entità malvagia che richiede periodicamente il suo tributo, secondo una antica maledizione.

Non molto più di questo appare nella quarta di Niceville, di Carsten Stroud e non c’è in effetti molto più di questo anche all’interno del romanzo stesso.
Inspiegabilmente osannato, a quanto si dichiara nelle alette di copertina, questo romanzo è decisamente deludente. Anche volendo evitare paragoni con il Re dell’horror, per il primo centinaio di pagine l’autore divaga, parlando un po’ di questo e un po’ di quello, facendo il background di un manipolo di personaggi (stereotipati al massimo, da “fisico sottile come una lama di coltello” a “occhi glaciali”, fisici asciutti e cecchini infallibili) e dei loro trascori militari. Per un bel pezzo non si vede all’orizzonte un filo di azione interessante, al punto da far perdere ogni interesse al lettore. Verso metà del volume però inizia finalmente a succedere qualcosa, e da quel momento l’interesse riesce a riprendere quota, anche grazie ad alcune scene effettivamente un po’ originali, e si risce a tirare avanti fino alla fine, anche senza particolare entusiasmo.
La trama in sè però è fiacca, trita e già vista, la parte incentrata sul soprannaturale (quindi quella da affrontare con la mentalità più aperta) è inconsistente e mal spiegata, oltre a concludersi in un modo del tutto insoddisfacente; la parte più concreta, incentrata sulle vicende di un gruppetto di malviventi alle prese con una ingombrante refurtiva, è stanca e non particolarmente avvincente.
Su tutto risplende, almeno in linea teorica, la mano sapiente dell’autore, che dovrebbe saper dosare gli elementi realistici con quelli soprannaturali, quelli drammatici con quelli rocamboleschi. Il risultato è però molto sotto la media (abbiamo le leggende indiane! e delle presenze oscure che raschiano le tavole dei parquet!) e poco credibile. A parte alcuni momenti un po’ più indovinati, Niceville sembra un tarocco di un horror mescolato con il tarocco di un thriller.
Agli amanti dei suddetti generi, quelli originali, si consigliano tutt’altre letture.

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Che ti sia lieve la terra – C. de Concini

Postato da Legione il 25 Febbraio 2015

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Il modo migliore per raccontare la storia di una vita, non consiste nell’enumerare date e fatti ed eventi, luoghi visitati e successi conquistati, bensì raccontare come quella vita, nel suo scorrere, abbia saputo influenzare le vite che si sono incrociate con essa.
Che ti sia lieve la terra, romanzo di Camilla de Concini, raggiunge questo obiettivo, raccontando una vita ugualmente straordinaria e comune attraverso le storie di tre vite che l’hanno incrociata, profondamente amata ed infine persa per sempre.
L’autrice racconta le vicende di tre donne, molto diverse per cultura ed età, unite da un legame di amore e di perdita con la quale, ciascuna a modo loro, deve scendere a patti e sulla quale devono imparare a costruirsi un nuovo percorso senza la persona tanto amata, arrivando finalmente a contare l’una sull’altra.
Attraverso una turnazione dei tre punti di vista narrativi, l’autrice riesce a cogliere con una sensibilità di alto livello le difficoltà di ciascuna protagonista: solitudine, abbandono, sconcerto, lutto, perdita, tradimento e in tutte, un forte e determinato desiderio di rinascita.
Le storie si estendono anche da un punto di vista geografico, spaziando dall’Italia al Libano passando per l’area balcanica e la Turchia, in un lungo viaggio attraverso culture diverse simbolico rispetto al viaggio interiore che le protagoniste devono affrontare per l’elaborazione del lutto.
E’ un ottimo romanzo, che ci sentiamo di consigliare a lettori e lettrici di tutte le età, perchè scritto con cura e competenza, sensibilità e credibilità, caratteristiche ormai rare nella letteratura d’assalto moderna.

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L’attacco del tuono nero – A. Costantin

Postato da Legione il 20 Febbraio 2015

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La narrativa di genere, per sua natura, ha scopi prettamente di intrattenimento e si caratterizza, a seconda appunto del filone di appartenenza, per caratteristiche differenti e talvolta diametralmente opposte a quelle tipiche della letteratura.
Ecco quindi che elementi come la credibilità, la verosimiglianza e la costruizione di personaggi sfaccettati possono passare in secondo piano, per mettere in risalto esclusivamente l’aspetto ludico. Ed è questo il caso della fiction a sfondo poliziesco/criminale, alla quale appartiene L’attacco del tuono nero di Andrea Costantin. Storie di uomini duri, rudi e coraggiosi, carismatici e forti, che portano giustizia tra bande malavitose o che, in nome del distintivo vestito per anni, danno una mano alle nuove leve nella lotta contro il crimine.
Va da sè che i protagonisti di queste storie hanno spesso caratteristiche da semidivinità, espressione massima della possibilità onnipotente dello scrittore nei confronti dei suoi personaggi: instancabili, infallibili, senza macchia nè paura, e così sono i personaggi delle storie incluse nel libro.
Di contro, anche i cattivi di turno sono un po’ da operetta: gli sgherri sono mediamente degli incompetenti semiritardati, mentre il boss appare come un freddo ed intelligente calcolatore, salvo poi farsi mettere fuori combattimento in modo decisamente poco furbo.
Un romanzo di genere dedicato ad estimatori del settore, che possono lasciarsi trasportare storie non del tutto credibili e passare sopra ad errori, disattenzioni e “licenze poetiche” sia in termini di editing che di costruzione dei dialoghi e dei personaggi.

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Stoner – J. Williams

Postato da Legione il 16 Febbraio 2015

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Credo che negli ultimi dodici mesi si siano scritti fiumi di inchiostro su questo libro, Stoner di John Williams. Fiumi di inchiostro digitale e reale e un sacco di passaparola hanno reso questo romanzo un vero e proprio caso editoriale.
Magnifico, superlativo, assolutamente sconcertante e profondo. Tutti questi commenti hanno fatto sì che mi decidessi ad affrontare questa lettura armata di interesse e curiosità.
Ora che ho terminato la lettura di questo libro, aggiungo anche queste mie parole ai commenti di tutti.

Da quello che ho potuto capire, Stoner è uno di quei romanzi di vera letteratura, perchè il suo contenuto ed il suo significato cambia a seconda di chi lo legge. Qualcuno rimane sconvolto dalla bellezza della prosa, altri dalla profonda complessità del protagonista, altri ancora vi vedono uno sfondo filosofico ed altri invece restano colpiti dal distacco narrativo della terza persona che però sa indagare con tanta efficacia e semplicità come e meglio di qualunque prima persona.

Io credo di essermi riconosciuta molto in Stoner, e forse per questo non ho trovato questo romanzo così stupefacente come molti, anche se indubbiamente è molto ben scritto e di una qualità complessiva elevatissima.
Leggere della vita di Stoner è stato un po’ come leggere qualcosa della mia. Non nei fatti o nelle vicende, ma nei principi, o *nel* principio.
Qualcuno ha scritto che Stoner vive per ciò che ama; secondo me invece Stoner ama quello che vive, e questo amore per ogni suo aspetto della vita gli permette di avere una resistenza formidabile nei confronti delle maree che lambiscono la sua esistenza.
Stoner compie pochissime scelte nella sua vita, tutte cruciali, tutte coscienti: la scelta di abbandonarsi alla letturatura, di sposare una donna semisconosciuta, di mantenersi forte nei suoi principi, di innamorarsi, di morire con dignità.

Stoner lascia qualcosa dentro in chi legge della sua vita, perchè la semplicità e l’integrità, la resistenza e la passione, viaggiano a fondo dentro l’anima e fanno vibrare certe corde che magari non si sapeva nemmeno di possedere.

Recensione scritta da Discordia

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Le 7 idiozie sulla crescita dei bambini – R. Cavallo, A. Panarese

Postato da Legione il 12 Febbraio 2015

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Credo che il miglior modo per recensire un libro come Le 7 idiozie sulla crescita dei bambini sia raccontando una storia.
Sonia, una mia cara amica, aveva appena terminato di leggerlo quando sua figlia, una bambina di quasi 2 anni e mezzo, si prese il raffreddore. Dopo qualche giorno, bussò alla porta anche la tosse e il verdetto del pediatra fu inappellabile: ci voleva l’aerosol. Ora, facile immaginare come non si possa convincere una bimba così piccola a farsi infilare in faccia una mascherina fastidiosa che soffia vapore in bocca e nel naso spiegandole che le fa bene. Più semplice che la bimba associ quello strano marchingegno al demonio e si rifiuti di collaborare. E così stava per accadere a Sonia che, da buona mamma, era intenzionata a fare il bene della figlia. Per fortuna, prima che scorressero fiumi di lacrime, Sonia si ricordò di uno dei consigli letti nel libro: “Il bambino impara giocando, prima lasciati imitare mentre fai le cose con gioia, poi fai le cose insieme, giocando.”

Il risultato? Persino meglio di quanto si aspettasse la mia amica! Silvia raccontò alla bimba che la macchinetta dell’aerosol era un trenino che emetteva vapore e iniziò a giocare, mettendosi la mascherina lei per prima e poi, dopo aver catturato la curiosità della piccola, chiedendole se volesse giocare anche lei. Incredibile ma vero, la bimba si lasciò mettere la maschera e, in breve, l’appuntamento con l’aerosol si trasformò nel gioco con il trenino a vapore.

Quanti genitori ogni giorno combattono con i loro figli per cose come questa, quando invece potrebbero ridere e giocare insieme? Il libro di Roberta Cavallo e Antonio Panarese è un vero gioiello proprio per questo motivo: offre molti spunti interessanti e cerca di sfatare alcuni vecchi e dannosi miti, o come le chiamano gli autori idiozie, sui bambini e sulla loro crescita. Il mito sui capricci, sul sonno, sull’egocentrismo, sulle regole, sull’alimentazione e sull’apprendimento, a cui si aggiunge un settimo mito particolarmente sfidante: quello sull’adolescenza.

Non si tratta quindi del solito manuale per genitori ricolmo di nozioni e di consigli belli e pronti su come ci si debba comportare, ma di una guida che vuole fornire strumenti concreti per relazionarsi meglio con i bambini, ascoltando i loro bisogni e lasciando che si esprimano liberamente.

Le 7 idiozie sulla crescita dei bambini è il degno seguito di Smettila di reprimere tuo figlio, quindi se avete letto il primo, vi consiglio anche il secondo, mentre se il primo vi è sfuggito… bè, allora ve li consiglio entrambi.

Recensione scritta da Lara, Pensiero Distillato


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L’acchiappasogni perduto – D. de Stefano

Postato da Legione il 4 Febbraio 2015

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L’acchiappasogni perduto, di Daniele de Stefano, è un romanzo di fantascienza che risente principalmente di scelte stilistiche e strutturali un po’azzardate.
La storia di per sè appare già piuttosto complicata (fantascienza, viaggi nel tempo, messaggi alieni, il tutto in un mondo futuristico) ma la lettura viene resa ancor più difficoltosa e confusa a causa di scelte strutturali e stilistiche opinabili. Innanzitutto il punto di vista cambia di continuo, più volte all’interno di uno stesso capitolo, a distanza di pochi paragrafi e talvolta anche all’interno della stessa porzione di testo, seguendo i vari protagonisti che raccontano vicende in diverse collocazioni spaziali, rendendo molto difficile per il lettore mantenere un flusso narrativo coerente.
In secondo luogo, la scelta di avvalersi della finzione letteraria del diario, talvolta utile per semplificare lo sviluppo di personaggi e vicenda, costituisce un ulteriore appesantimento della narrazione: in questo caso non si tratta solo diario scritto, ma di registrazione audio-video (in alcuni casi viene spiegata con una registrazione olografica, non molto motivata) che rende più difficile la gestione dell’effetto parlato in termini di dialogo, tempi, ritmi, sovrapposizione di eventi alla registrazione, ecc.
I dialoghi sono in generale poco verosimili e poco realistici, e non si verifica un cambio di registro al cambiare del personaggio parlante, anche a causa di una “pomposità lessicale” che di fatto banalizza la personalità dei personaggi.
Non è possibile non notare inoltre errori grossolani di editing, come tempi verbali inesatti, parole utilizzate impropriamente e sillabazione approssimativa, ma anche incongruenze e inesattezze di ambientazione (le videocassette in un ambiente ostentatamente futuristico, i bisticci linguistici tra l’italiano e l’ambientazione USA sono solo due esempi in uno scenario piuttosto poco realistico e poco immersivo).
Nel complesso quindi la sensazione è quella di un romanzo costruito in modo un po’ ingenuo e senza un supporto opportuno di editing, raffinamento e riorganizzazione, in grado di demoralizzare anche il lettore più motivato e ben disposto.

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14 – P. Clines

Postato da Legione il 31 Gennaio 2015

La mia passione per il brivido è cominciata da ragazzina, quando andavo a saccheggiare la bibliotechina comunale portandomi a casa a cadenza settimanale pile di romanzi Junior Mondadori della collana fantascienza e mistery. Quello che mi è rimasto più impresso, una lettura breve ma suggestiva, è La stanza 13: un orrore è celato dietro la porta numero 13 di un sinistro hotel e un gruppo di ragazzini si trovano a dover scoprire quale esso sia.
Quel libro, quando ho preso in mano 14, di Peter Clines, mi è tornato alla memoria con prepotenza. Iniziando a leggere, però, ho scoperto che questo libro sarebbe andato molto oltre.
L’appartamento 14 nasconde ben altro che un barocco vampiro; in realtà questo è solo il primo e più evidente indizio di tutta una serie di assurdità, incongruenze e stranezze, celate dentro Palazzo Kavach, edificio centenario sorto su una delle colline di Hollywood.
La casa stregata è uno dei più tipici clichè della letturatura del brivido, ma quello che Palazzo Kavach nasconde, la sua vera *essenza*, beh… posso garantire che non si è mai letto niente del genere.
14 è un romanzo appassionante, che incolla il lettore alle sue pagine in una lunga corsa fino alla fine, seminando indizi e colpi di scena, fino ad arrivare al climax, che più inaspettato non si può.
Il romanzo può essere diviso in due parti: se la prima si può assimilare ad una affascinante caccia al tesoro (stile Goonies), in cui i protagonisti indagano sull’edificio e raccolgono informazioni e indizi; la seconda prende una piega del tutto inaspettata, accantonando una volta per tutte il prototipo della casa stregata e affrontando terreni delicatissimi, degni della migliore e più spinta fantascienza di altri tempi.
Non voglio spoilerare di più, sappiate solo che il testo in quarta di copertina, che definisce il libro come “romanzo apocalittico”, ha utilizzato una efficace e suggestiva sintesi.
L’autore, Peter Clines, è lo stesso della saga surreale e gradevolmente inaspettata Ex, abbiamo parlato del primo romanzo qui.
In chiusura, due note: la confezione del libro in brossura è spettacolare; di contro, volendo trovare una pecca, devo rilevare una certa carenza nel livello qualitativo della traduzione. Moltissime frasi perdono di efficacia a causa di una struttura poco chiara e confusa o del riportare in italiano in modo troppo letterale le espressioni americane.

Comunque, questo romanzo è assolutamente da leggere. Fatevi un regalo natalizio in ritardo!

Recensione scritta da Midna

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Baciati dalla luna – M. Canella

Postato da Legione il 27 Gennaio 2015

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Baciati dalla luna è il racconto romantico di Marco Canella. Sia dal punto di vista stilistico che da quello della costruzione della trama risulta evidente una certa inesperienza nell’affrontare una narrazione. La scelta di raccontare e mostrare pochissimo l’azione, l’utilizzo di espressioni di giudizio da parte del narratore (“magnifico sorriso”, “muscoli possenti”) rende il racconto povero di carattere e di originalità, in particolare a causa dell’utilizzo di espressioni, topos e frasi fatte usurati nella narrativa di genere.
Nel complesso quindi una lettura semplice ma di scarsa struttura e di contenuto grado di intrattenimento.

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