Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
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La dama e l’unicorno – T. Chevalier
Questo romanzo, scritto da Tracy Chevalier, salita alla ribalta del grande pubblico grazie ad un altro romanzo, La ragazza dall’orecchino di perla, narra le vicende che si intessono attorno alla realizzazione di sei grandi arazzi commissionati da un notabile parigino della fine del 1400.
Come è nello stile della Chevalier, La dama e l’unicorno è un gradevolissimo romanzo storico, ispirato ad arazzi fiamminghi realmente esistenti, che raffigurano la seduzione dell’unicorno da parte delle dame rappresentate, attraverso l’allegoria dei cinque sensi.
In questo romanzo l’autrice fa parlare ciascun personaggio, dedicandogli un intero capitolo, permettendo al lettore di comprendere il punto di vista ed il pensiero più intimo di ciascuno. Non ci sono mai descrizioni fisiche precise dei protagonisti, eppure hanno una profondità sfaccettata di altissimo livello. La prosa è semplicissima e diretta, muta per ciascun personaggio parlante, facendo sì che il carattere di ognuno possa trasparire con forza e chiarezza in ogni passaggio: abbiamo quindi Claude, figlioletta viziata e vacua del notabile, che si esprime con infantilismo e pedanteria; Nicholas, il pittore che ha realizzato i disegni degli arazzi, sciupafemmine e materialista, che con il suo modo di raccontarci le vicende ci trasmette anche una profondità e sensibilità d’animo che non avremmo certo sospettato; Aliénor, la figlia non vedente del tessitore fiammingo, che si esprime con compostezza e ci racconta il valore di un suono o di un profumo di un fiore.
In questo bel romanzo, la protagonista è l’interiorità dei personaggi, utilizzando l’espediente degli arazzi per mostrare lo spaccato di vita alle porte del 1500 in Europa, dal punto di vista dei benestanti, degli artigiani e degli artisti, con una sensibilità che raramente abbiamo riscontrato altrove.
Consigliamo la lettura di questo libro a tutti, ed in particolare a chi, dopo aver visto il vero ciclo di arazzi in questione (ad esempio qui: La dama e l’unicorno) si sentirà incuriosito e stuzzicato a sapere che cosa questi tessuti avrebbero potuto celare.
Un indovino mi disse – T. Terzani
Tiziano Terzani è famoso per i suoi articoli e i reportage di viaggio tra cui si annoverano alcuni tra i suoi libri più famosi. È anche conosciuto per il controverso “Lettere contro la guerra” in cui si schierò contro la guerra americana in Afghanistan: il libro, per molto tempo, non trovò un editore americano disposto a pubblicarlo e circolò quindi gratuitamente in lingua inglese.
Un indovino mi disse è antecedente e racconta l’esperienza vissuta da Terzani nel 1993 quando decise, per il suo lavoro di reporter in Asia, di spostarsi unicamente in treno, auto, a piedi e su nave.
L’aereo era offlimits in quanto un indovino, vent’anni prima, gli aveva predetto la morte se avesse volato in quell’anno futuro.
Terzani, pur scettico, decise di imbarcarsi in questa avventura curiosa e originale che lo portò a viaggiare dalla Thailandia alla Birmania passando per il Vietnam e la Cambogia rigorosamente via terra e via mare.
Un indovino mi disse è un libro affascinante in cui Terzani mostra sia il corpo sia l’anima dei luoghi in cui vive o che attraversa. Un’Asia che pur lanciandosi nelle braccia del progresso occidentale, mantiene uno spirito legato a superstizioni, magie elargite da indovini, più o meno dotati, e vecchie tradizioni misteriose e seducenti.
C’è Singapore e il suo ordine “perfetto”; c’è Bangkok con i suoi angeli e i demoni; c’è la Birmania con il suo isolamento brutale; ci sono la Cambogia e il Vietnam che provano a rialzarsi. E c’è il pellegrinaggio da indovino a indovino che Terzani intraprende con curiosità malinconica.
Alla fine sappiamo come si è concluso il suo lungo viaggio e se da un lato ci colpisce il fatto che, effettivamente, Terzani scampò ad un incidente aereo durante quell’anno, dall’altro è triste ricordare come molti indovini gli avessero predetto una vecchiaia lunga e serena.
Di certo, però, la sua avventurosa vita rimane una fonte inesauribile da cui attingere, ora e in futuro, per conoscere un mondo, a tutti gli effetti, spietatamente meraviglioso.
Recensione scritta da L’imbrattacarte
Le ore sotterranee – D. de Vigan
Le ore sotterranee è il nuovo libro recentemente pubblicato da Mondadori dell’autrice francese Delphine de Vigan, che si è presentata al grande pubblico con il suo romanzo di esordio, Gli effetti secondari dei sogni nel 2008.
La trama è semplicissima: è il 20 maggio, e in questo giorno le vite di Mathilde e Thibault cambieranno. Non sanno ancora come, ma succederà. I due non si conoscono, non sospettano nemmeno dell’esistenza l’uno dell’altra, ma hanno molto in comune. Entrambi sono sull’orlo, osservano l’abisso spalancato davanti a sè e ne sono attratti. Oscillano su questo baratro e basterebbe davvero niente per farli precipitare. Mathilde è vittima delle manovre di annientamento da parte del suo capo e mentore, non lavora più, è relegata in un angolo, ha smesso di esistere agli occhi dell’azienda. Thibault è un medico, inghiottito dal dolore che vede ogni giorno, vorrebbe una dimostrazione di affetto dalla donna che ama ma che non sa riamarlo, colei che sa solo dire “grazie” per quello che lui le da.
Il 20 maggio i loro destini cambiano, ma non come ci si aspetterebbe da un romanzo, con un happy end che mette ottimismo, ma come solo la vita vera sa fare, attraverso i piccoli gesti, sguardi, decisioni.
Le ore sotterranee non è esattamente un romanzo, è un racconto lungo, perchè dal racconto mutua la rapidità di comunicazione e la possibilità di andare dritti al nocciolo del problema, senza fronzoli, anche creativamente. La narrazione è serrata, claustrofobica, difficile da reggere sulla lunghezza, a frasi brevi, spezzate, ricche di sensazioni e di introspezioni ma frammentarie. Ma quando si arriva alla conclusione e si leggono le ultime pagine, si capisce quanto sia stata brava l’autrice a descriverci questa vicenda attraverso l’uso di queste frasi, e a trasmettere il senso di cambiamento, leggero ma inevitabile, che può coinvolgere ciascuno quando le vite si incrociano, anche solo per un istante.
Un libro molto intenso, che si lascia leggere in un sol fiato, farcito da quella sensazione di solitudine ineluttabile che già permeava il romanzo precedente, una sensazione così stabile e quotidiana da aver perso la sua violenza, fino ad essere percepita come condizione di normalità.
Un libro veramente pregevole, che ci sentiamo di consigliare a tutti, perchè fa riflettere, con i denti nella carne, su quanto possa essere terribile la normalità.
Il venditore di storie – J. Gaarder
Qual è il sogno di ogni scrittore? Non rimanere mai a secco di storie da raccontare. Ma cosa succederebbe se a scoprire la miniera d’oro dentro di sé fosse un uomo qualunque, uno di quelli che di mettersi a scrivere non ci pensa proprio?
Jostein Gaarder ce lo fa raccontare dal protagonista del suo romanzo Il venditore di storie: un tipo all’apparenza normale ma molto intelligente, forse troppo tant’è che proprio la sua intelligenza finirà ben presto per metterlo nei guai.
La fantasia di Petter, questo il nome del protagonista, è un pentolone sempre fumante, a cui gli scrittori si avvicinano esitanti ma con l’acquolina in bocca. Petter è una fonte inesauribile di idee, abbozzi di trame, storie fatte e finite di cui lui non sa che farsene. Perché non venderle allora? La sua carriera di venditore di storie inizia così, per caso, ma prosegue spedita e foriera di numerosi successi fino all’imprevisto epilogo.
Ad essere sincera, nonostante i numerosi pareri positivi sul romanzo, sono rimasta un po’ delusa dalla storia e dal suo protagonista che è riuscito a distruggere qualsiasi barlume di simpatia potessi provare nei suoi confronti. Forse, però, era proprio questo lo scopo dello scrittore sul cui stile non ho trovato nulla da eccepire: brillante, coinvolgente e capace di far entrare il lettore nella mente contorta del protagonista senza fargli provare smarrimento.
A lettura ultimata, mi sono resa conto che Il venditore di storie non può essere letto come se fosse la semplice storia di un uomo dalla fantasia troppo esuberante perché niente potrebbe giustificare il colpo di scena finale.
Provare simpatia o antipatia per un personaggio dipende anche dal carattere di chi legge, ma è interessante il modo in cui Gaarder riesca a generare una crescente antipatia nei confronti di Petter trasformando il lettore in uno dei personaggi del romanzo che punta il dito contro il suo protagonista scuotendo la testa e mormorando: “Eh no Petter, questo non lo dovevi fare”.
Gaarder si serve di Petter per descrivere il mondo degli scrittori e dell’editoria senza maschere o false ipocrisie e forse questo è il miglior merito che gli si può riconoscere: alla fine Petter esce sconfitto dal gioco, ma di vincitori non se ne vede l’ombra.
Recensione scritta da LM: L’imbrattacarte