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Penne d’aquila – S. Polimanti
Susanna Polimanti nel suo romanzo Penne d’aquila racconta i moti interiori della protagonista Virginia, attraverso gli eventi salienti della sua vita, alla ricerca di un equilibrio e di una risposta alle sue tante incertezze.
Questo romanzo ha senz’altro una valenza autobiografica, sebbene sia evidente la scelta simbolica dei nomi dei personaggi: l’autrice interviene più volte all’interno della vicenda con osservazioni e commenti, manifestando la sua presenza. Purtroppo la scelta di utilizzare la terza persona rende la lettura molto difficile ed è arduo il mantenimento ad alti livelli dell’attenzione. Tutte le vicende vengono strettamente narrate e mai mostrate, ogni episodio viene caratterizzato da scarsa tridimensionalità immersiva proprio a causa dell’uso della terza persona, i pochi dialoghi suonano forzati e poco verosimili e gli stesssi personaggi vengono descritti con i tratti tipici del clichè.
L’utilizzo della prima persona avrebbe reso più verosimile e più comunicativo il viaggio nell’interiorità della protagonista, rendendo quindi più accettabili anche le osservazioni personali, donando all’opera una forma di diario più rigorosa.
La struttura narrativa non è molto forte, spesso in alcuni passaggi in particolare nella prima metà del romanzo il lettore fa fatica a seguire agevolmente i riferimenti a personaggi che non sono stati adeguatamente illustrati in precedenza.
Un romanzo fortemente introspettivo che illustra uno sfogo dell’autrice in una forma forse non proprio efficace ma che costituisce un banco di prova per una fruttuosa crescita futura.
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Scheda: Penne d’aquila – S. Polimanti
Prima o poi, nella vita, arriva sempre un momento in cui ci si ferma a fare un bilancio. Un momento in cui si guarda al passato, alle esperienze fatte e non fatte, alle scelte intraprese, alle storie vissute, agli affetti, ai sogni nel cassetto. Non di rado questa riflessione coincide con un momento di buio interiore, di difficoltà, di chiusura di fronte alla vita. E’ quanto accade a Virginia, che ripercorre le tappe salienti della sua esistenza dall’infanzia all’adolescenza, sino alla maturità, attraverso un percorso tutto interiore, emotivo. Non fatti eclatanti ma episodi, ricordi, sensazioni, brividi di sentimento, frammenti di felicità, attimi di pace, schegge di dolore, baratri di disillusione che tuttavia sembrano guidare Virginia verso l’uscita dal tunnel.
Un romanzo dal tono diaristico, ora asciutto e meditativo, ora nostalgico e malinconico, che riserva al lettore una preziosa verità: il senso di questo percorso è il percorso stesso che conduce infine alla più intima comprensione, rischiarando le zone d’ombra. Nell’incontro finale tra cielo e terra, fra realtà materiale e dimensione spirituale, simboleggiato dall’aquila, si realizza la maturazione interiore della protagonista.l’autore
Susanna Polimanti è nata a Foligno(PG) nel 1956, vive attualmente a Cupra Marittima, sulla costa Adriatica. Ha frequentato il Liceo Classico Annibal Caro di Fermo e la Scuola per Interpreti-Traduttori a Bologna, conseguendo il Diploma di Laurea di Interprete-Traduttrice, suo attuale lavoro.
Eredita un background culturale dal nonno paterno scrittore e poeta dialettale e dal padre neuropsichiatra, autore di saggi e atti congressuali per la Storia della Medicina presso lo Studio Firmanum della Biblioteca Civica Romolo Spezioli di Fermo.
L’esorcismo di Mr Clarinet – N. Stone
Max esce di prigione e non trova altro che i cocci della sua vecchia vita: non è più un poliziotto ormai da diverso tempo, gli anni di carcere lo hanno cambiato e perfino il suo lavoro di investigatore privato non gli appartiene più. Sua moglie muore poco prima della sua scarcerazione e il futuro che avevano progettato si è dissolto. Accetta quindi il destino quando gli viene presentato un ennesimo caso da risolvere: trovare un bambino scomparso ormai da diversi anni, ad Haiti, figlio della famiglia più facoltosa ed influente della zona. Si troverà quindi ad affrontare un’indagine di per sè difficile nel contesto peggiore per questo genere di sparizioni: Haiti è il territorio dei senzalegge, dove il governo non esiste se non per prosciugare le misere risorse di un paese allo stremo, dove superstizione, orrore e illegalità si mischiano fino ad assumere connotazioni grottesche e inumane. In questo scenario Max scoprirà cose grandi e terribili nascoste sotto il velo del potere.
Il romanzo di esordio dell’americano Nick Stone (che più che un nome sembra uno pseudonimo), L’esorcismo di Mr Clarinet a primo acchito, anche grazie al titolo, può sembrare un horror dalle tinte fosche ambientato in una Haiti pre terremoto. Invece ben presto si rivela un buon thriller di stampo prettamente poliziesco, appartenente al filone tipico commerciale americano. Indubbiamente il punto di forza è la trama, che è piuttosto originale e ben strutturata, con un buon ritmo, ambientato in un luogo trattato piuttosto di rado dalla letteratura di consumo moderna e che l’autore dimostra di conoscere bene. Inoltre, Stone riesce a mescolare con attenzione la storia più strettamente poliziesca alle inclinazioni esoteriche e superstiziose del posto, rendendo efficacemente la dualità della quotidianità locale. Abbiamo quindi descrizioni della criminalità più bassa come la compravendita di bambini indigenti, spaccio di droga, gli scorci di una povertà annichilente che si dosano con le divinità voodoo, le superstizioni, gli oscuri riti esoterici e la credulità popolare.
Come praticamente tutti gli esempi di questo genere letterario, il protagosta risulta affetto da una sorta di infallibilità piuttosto prevedibile. La narrazione in terza persona fissa sul protagonista racconta i ragionamenti e le indagini di Max, ma l’autore non si arrischia a lasciare segnali al lettore, non permette quindi di fare congetture sull’effettiva soluzione del caso, che viene fornita direttamente dai personaggi e senza sfruttare particolari indizi.
Nonostante ciò, e tralasciando alcune battute di Max che sembrano uscite da un western di serie B (“Adios, bastardo” giusto per citarne una) e che mal si coniugano con un personaggio che ci appare tutto sommato sobrio, il libro è una piacevole lettura disimpegnata, adatta a passare il tempo in spiaggia, che ci mostra un’immagine purtroppo verosimile di un paese tra i più degradati e poveri del mondo.
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Missione in Alaska – M. Hansen
Uno stimato dirigente di azienda è intrappolato sotto il suo Range Rover in mezzo ad un bosco sperduto dell’Alaska. Le sue gambe sono immobilizzate dal semiasse del pesante SUV e là fuori, un orso bruno gli sta rosicchiando un piede. Ma Marv, questo è il nome dello stimato dirigente, è sereno e il suo umore è alto: ha con sè snack, birra e una grande quantità di medicinali e psicofarmaci e non sente assolutamente nulla. Sa che presto i suoi colleghi chiameranno le squadre di soccorso e lo tireranno fuori da quella spiacevole situazione.
Questo è il succo di quell’inno al paradosso che è Missione in Alaska, opera del maestro della bizarro fiction Mykle Hansen. Il genere forse non è dei più noti al grande pubblico e forse può lasciare spiazzati alle prime pagine, ma ben presto si viene travolti dal cinismo sardonico ed accattivante. Lo stile è impagabile, al di là del contenuto l’abilità del narratore è evidente: Hansen è un professionista e si vede in ogni occasione. Oltre alle qualità oggettive, l’ironia e il politically incorrect che lo caratterizza sono disarmanti proprio perchè così tanto controcorrenti: la natura è sporca, scomoda ma soprattutto pericolosa, mentre la tecnologia è rassicurante ed efficiente.
Il protagonista è il paradigma del pessimo dirigente, anzi, del pessimo esemplare umano. Arrogante, pelandrone, fedifrago, egocentrico ed egoista: con il procedere del soliloquio di Marv sotto il SUV scopriamo tutti i suoi peggiori difetti, disegnando i profilo di un uomo assolutamente insopportabile. E man mano, scopriamo (con le informazioni abilmente centellinate da Hansen) che alla fine un po’ di giustizia divina esiste.
L’aspetto che però rende così pregevole la lettura di questo libro così particolare, è che al di là dell’apparenza cinico-ludica, si nascondono (nemmeno troppo in profondità) messaggi intelligenti e disillusi sulla vita e sull’ecologia, ma anche sui rapporti umani, sulle fragilità e le manie, sul lavoro e le dinamiche sociali, in cui tutti possono riconoscersi. Questo libro veicola concetti non nuovi, ma senza dubbio in modo accattivante, al punto da vestirli di originalità e freschezza.
In conclusione, consigliamo vivamente la lettura di questo libro a chiunque sia un appassionato della letteratura non convenzionale, ma anche a coloro i quali sanno ancora sorridere delle umane disgrazie.
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Scheda: Missione in Alaska – M. Hansen
«Cercano spesso di convincermi che gli esseri umani hanno bisogno della natura. E non di quella degli zoo e dei parchi, si badi bene, ma del selvaggio, caotico marasma di natura primordiale che c’è in Alaska. Io di una cosa sono certo: se gli esseri umani per stare bene giù a Seattle hanno bisogno che enormi orsi vadano in giro per l’Alaska a mangiare la gente, allora l’Alaska intera dovrebbe essere messa fuorilegge. Forse, quando in quello Stato si decideranno a sbattere fuori a calci quei quattro straccioni di eschimesi e cominceranno a cercare un po’ di petrolio, allora avranno i soldi per importare qualche poliziotto come si deve dalle nostre città e mettere in riga gli orsi.
Negli anni Cinquanta l’America era riuscita a mettere al suo posto la natura, ma poi torme di capelloni abbracciabalene si sono infilate nelle infrastrutture della società, indebolendola. È stato dichiarato un cessate il fuoco con la natura, ma lei proprio non capisce quando è il momento di fermarsi. È sempre alla ricerca di un nuovo scontro, e giuro sul cruscotto della mia Rover che con me ha trovato pane per i suoi denti. Sono un Homo Sapiens, io, e sono gli uomini che comandano su questo pianeta! La natura è al nostro servizio, è il nostro spuntino sempre pronto. Può fornirci granchi freschi, salmone Chinook, legno esotico per il nostro minibar, e di questo dovrebbe essere contenta, ma invece no: non sa proprio stare al suo posto. Deve alzare la testa, lei. E allora io dico: natura, sei licenziata!»l’autore
Mykle Hansen è uno scrittore e performer specializzato in narrativa surreale e satirica. È anche
musicista e suona la batteria in diverse band. Vive a Portland, nell’Oregon.
Scheda: Anatolji Ljiupanov – E. Mercuri
Anatolij Ljiupanov percorre il suo secolo, non come uomo comune, ma come spirito di un’epoca. L’opera, Anatolji Ljiupanov, in uno spirito che oscilla tra il gotico e il noir è stata strutturata volontariamente in due parti: Da Parigi a Londra: la poesia della vita; Praga.
Nel suo fuggire dalla Madre Patria, la vecchia Russia degli Zar, rimuove il suo passato di bambino nobile, fuggito per miracolo ad uno dei tanti saccheggi, che durante un’insurrezione aveva spinto il popolo a “nutrirsi” dei regnanti. Adolescente arriva a Parigi, ove per un caso fortuito, la notte di capodanno, incontra uno stanco poeta, Charles Baudelaire. Di lui diviene il mentore, iniziandolo al “terzo occhio del poeta”, l’Arthemisia Absinthium, l’assenzio. Lentamente inizia a porsi tutte le domande che mai prima la sua mente aveva partorito, viaggiando, attraverso il tragico percorso dei flash back, nel suo oscuro passato, di esso sentendo soltanto l’amaro grido di un bambino senza nome. Londra lo porta a incontrare la figura di Rabbi Shimon Loew, del suo strano cocchiere e compagno, Ezechiele sino alla follia e alla violenza, l’istinto di morte e di orrore scaveranno nella sua mente ancora troppo giovane una fossa cosi profonda, da permettergli di essere tutto ciò che la sua anima aveva voluto dimenticare, la violenza. scopre e ammira Praga e di essa, chi apparve essere la signora, Ester Anders, una femme fatale con il potere di un uomo, ma con il cuore fragile di un bambino. Ella lo avvicina alla multiculturalità di una delle capitali dell’Impero, permettendogli di incontrare un giovanissimo Nikola Tesla. È proprio, allora, che Anatolij smette di essere un ragazzo e diviene uomo, diviene ciò che è realmente, nella notte in cui la sua mente riflette il monologo ubriaco del Diavolo e dal solo vero e unico burattinaio, un uomo non è altro che ciò che gli mostra, gli occhi vuoti di una maschera veneziana.
l’autriceEmanuela (Emy) Mercuri nasce a Polistena (RC) il 16.05.1983. Dopo aver conseguito il diploma di Liceo Classico all’Istituto Vincenzo Gerace in Cittanova, si trasferisce a Torino, ove consegue la Laurea in Studi Internazionali, Facoltà Scienze Politiche (vecchio ordinamento, D.to Leg. 509,99) con la tesi “Norimberga: coscienza storico internazionale dei crimini di guerra, contro la pace e contro l’umanità”. Attualmente è iscritta al Corso di Laurea Magistrale in Scienze del Governo e dell’Amministrazione. Dopo varie esperienze formative e lavorative, attualmente gestisce le relazioni esterne dell’Associazione Italia – Bosnia Erzegovina www.assitabih.com. L’approccio alla letteratura avviene nell’infanzia grazie all’influenza genitoriale e scolastica che hanno spinto la piccola “Emy” a leggere Giacomo Leopardi e Frederich Nietzsche, molto presto.
Anatolji Ljiupanov
autore Emanuela Mercuri
Edizioni CIESSE
Survivor – C. Palahniuk
Sono pochi gli autori che riescono a catturare in modo così tenace in lettore al punto di provocargli un voluto senso di malessere quando riesce a fare Chuck Palahniuk con i suoi libri.
L’ultimo che abbiamo letto è Survivor, opera non nuovissima ma certamente degna di essere accomunata a opere più note come Fight Club.
Anche questo libro inizia dalla fine, e si dipana come un lungo flashback. Un uomo è su un aereo, vuoto, che si schianterà tra qualche ora nel deserto australiano. Non sa quanto tempo gli rimane, sa solo che la sua ultima cosa da fare è lasciare traccia della sua vita e dei fatti che l’hanno portato lì. Quindi racconta la sua storia al nastro della scatola nera dell’aereo, mentre questo va in contro al suo destino.
Iniziamo quindi a conoscere quest’uomo senza nome (in senso letterale) e, con lo stile tipico di Palahniuk, frammentario, colloquiale, ricco di ripetizioni, misto di pensieri, contraddizioni e interruzioni, scopriamo passo passo la sua storia.
La vera maestria dell’autore risiede proprio in questo suo narrare apparentemente caotico e sconclusionato, perchè, nonostante ciò, il lettore riesce sempre a scoprire al momento giusto quello che è giusto che sappia.
Con salti avanti ed indietro nel tempo, con peregrinazioni dentro e fuori la mente del protagonista, scopriamo che è l’ultimo sopravvissuto di una setta religiosa suicida e che qualcuno sta cercando di ucciderlo, quando lui non desidera altro che morire ed eseguire l’ordine che la sua comunità ha già eseguito. C’è molto altro, ma non vogliamo spoilerarvi nulla di questa trama, perfetta come un castello di carte, così assurda e paradossale come solo la verosimiglianza può essere.
La sensazione che pervade questo libro è il peso dell’ineluttabile, del destino, dell’impossibilità o l’incapacità di decidere.
La vediamo dapprima in forma palese, con le rigide regole che la comunità Creedish impone ai suoi, poi in forme sempre diverse, in un susseguirsi di vincoli, menzogne, obblighi, imposizioni che rendono di fatto già scritta la vita del protagonista.
Questo si esprime anche molto bene nell’espediente stilistico del flashback (tutto opererà per portarmi qui) e anche nella curiosa trovata editoriale di numerare le pagine e i capitoli a ritroso. Il senso del conto alla rovescia verso lo schianto finale è quindi reso perfettamente, con notevole grado di coinvolgimento.
Insomma, a tutti coloro che apprezzano Palahniuk per la sua mente crudele, contorta e brillante, non possiamo fare altro che consigliare di leggere anche questo romanzo e di tenere duro fino alla fine.
Lo strano mistero di Torre Mozza – V. Galati
Sei ragazzi trovati senza vita su una spiaggia della Toscana. Composti, sepolti sotto un leggero strato di sabbia ed accompagnati da grosse conchiglie. Da qui si dipana l’indagine del commissario Barbagelata,che lo porterà a scoprire segreti e misteri sepolti in profondità sotto la sabbia e nel passato, davanti al mare.
Questo nel romanzo di esordio di Vincenzo Galati, Lo strano mistero di Torre Mozza, un giallo dalle caratteristiche brillanti.
Seppur breve (126 pagine), l’autore riesce a suscitare vivo interesse nel lettore, mostrando man mano gli elementi di un intreccio che risulta davvero accattivante. Il fulcro è senza dubbio lo svolgimento delle indagini, che si dipanano con le ben note modalità del romanzo giallo di tipo poliziesco. Alle informazioni fondamentali per la trama vengono aggiunti dettagli sulla storia dei personaggi, tormentati e legati a doppio filo tra loro da sentimenti contrastanti e inespressi.
La storia è intrigante, ben congegnata, con personaggi secondari piuttosto vividi e credibili sebbene appena tratteggiati. L’effettiva risoluzione del caso può forse lasciare un filo di amarezza, ma d’altra parte il vero cuore del romanzo giallo è l’indagine più che la soluzione del caso, che comunque, per quanto forse non proprio appagante, è logica e accettabile.
Lo stile di scrittura probabilmente è quello che più caratterizza questo libro. L’autore infatti mantiene un ritmo serrato e senza fronzoli, sebbene molto chiaro. Le frasi sono brevi, a volte frammentarie, talvolta con accenti quasi poetici; questo, in combinazione con la trama appassionante, rende il romanzo una lettura incalzante difficile da lasciare.
Se proprio volessimo trovare una pecca, potremmo dire che probabilmente una narrazione un po’ meno serrata e recisa avrebbe potuto dare un valore aggiunto all’opera, alternando fasi sincopate e passaggi più tranquilli, in cui si sarebbero potuti approfondire i personaggi arricchendone la psicologia e l’introspezione, rendendo questo giallo un romanzo di letteratura a tutto tondo.
Comunque questa lettura ci ha appassionati: non possiamo fare altro che consigliare Lo strano mistero di Torre Mozza a tutti gli amanti del genere e fare i nostri sinceri complimenti all’autore.