Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
Archivio del 2012
Resident Evil: Retribution – J. Shirley
Ok, ammettiamolo. Ci pregiamo di essere lettori onnivori e non di farci fermare da nulla, ma probabilmente in questa occasione abbiamo trovato un nostro limite.
Conosciamo a grandi linee la trama della fortunata serie di videogiochi Resident Evil, e la relativa produzione cinematografica: senza dubbio questo romanzo tratto dall’ultimo film Resident Evil: Retribution rende onore a pieno titolo al materiale storico.
Il romanzo, così come videogiochi e film, si colloca nel genere horror splatter: una profusione di scene d’azione dettagliate a puntino con dovizia di particolari sanguinolenti che coinvolgono zombie e mutazioni genetiche, e protagonisti buoni e cattivi quasi inarrestabili sono le caratteristiche principali del libro.
La trama secondo parametri classici è debolina, nel senso che in circa 300 pagine succede concretamente poco e con scarsa risonanza, mentre ampio respiro viene dato alle scene di azione e di violenza.
L’autore, John Shirley, è lo stesso che ci ha deliziati qualche mese fa durante la lettura di Bioshock: Rapture: nasce come scrittore poliedrico proprio del genere splatter, ma in quel romanzo ha dato secondo noi il suo meglio nel ruolo di scrittore di una fantascienza di grande qualità e potenza evocativa. In Retribution la sua sapiente mano si riscontra nella qualità intrinseca del romanzo, che da spessore a personaggi altrimenti un po’ poveri e stereotipati attraverso introspezione e pensieri e concedendo qualche apertura anche sulla storia della protagonista Alice e su flashback degli episodi precedenti.
Un romanzo molto aderente al genere in cui si ascrive, quindi, che consigliamo agli appassionati del genere splatter, dallo stomaco forte e dall’alta soglia di impressionabilità, per una lettura assolutamente di svago e senza troppi pensieri.
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Ilium: l’assedio – D. Simmons
«Leggi i sonetti?» chiese Orphu.
Mahnmut chiuse il libro. «Come lo sapevi? Sei diventato telepatico, dopo aver perso gli occhi?»
«Non ancora» rise il moravec di Io. Era legato sul ponte a dieci metri da Mahnmut seduto a prua. «Alcuni tuoi silenzi sono più letterari di altri, ecco tutto.»
La fantascienza probabilmente è uno dei generi letterari più versatili. Esistono correnti, filoni, nicchie e anfratti, che si distinguono per gli elementi che contraddistinguono il mondo che l’autore plasma con le sue storie. Sono esistiti ed esistono autori che tracciano la strada, e tanti altri che più o meno efficacemente la seguono.
Dan Simmons si è sempre distinto per la sua ecletticità, fin dalla sua stessa definizione trasversale di scrittore di fantascienza, contaminato da mille generi ed influenze diverse. Dopo aver letto anni fa lo strepitoso ciclo de I canti di Hyperion, abbiamo capito di essere di fronte a un autore davvero eccezionale. Ma di certo nulla poteva prepararci a questo romanzo, Ilium.
Ilium si colloca un migliaio di anni circa dopo fine della vita sul pianeta Terra così come noi la conosciamo. Esseri senzienti dalle caratteristiche più bizzarre l’hanno ripopolata, altri hanno colonizzato alcune lune di Giove e Marte di certo non è più il pianeta rosso che conosciamo.
E proprio su Marte, un professore di storia antica dell’Indiana dei nostri tempi è stato ricostruito e portato in vita per essere testimone della nuova (o vecchia o forse mai esistita prima e solo profetizzata) guerra di Troia raccontata nell’Iliade.
Come questo si unisca alla matematica quantistica, i viaggi spaziali, i dinosauri, il teletrasporto, Shakespeare e Proust… ci scuserete, ma lo lasciamo alla lettura del romanzo.
Anche in questa occasione possiamo vedere come Simmons sia un autore dalla cultura enciclopedica: passa dall’analisi dei sonetti di Shakespeare ai dettagli dell’Iliade, dalla fantascienza spaziale classica alla geografia marziana con una disinvoltura e una chiarezza tale che solo chi è profondamente padrone della materia può fare.
E’ peraltro riuscito a rendere interessante (affascinante, per meglio dire) uno dei mostri letterari per antonomasia, l’Iliade appunto, scendendo nei dettagli e animando di vita questi personaggi mitologici, rendendo umane anche le divinità stesse. Da figure astratte e caricature dell’eroe classico per eccellenza, l’autore li ha trasformati in persone reali, almeno quanto gli attori hollywoodiani.
Come sempre succede di fronte a questi esempi di letteratura di grande qualità, gli spunti di riflessione sono tantissimi: ad esempio si trova più umanità e sensibilità nei moravec, esseri meccanici parzialmente organici studiati per lavorare in condizioni estreme, che non nei nuovi umani, versioni modificate degli umani vecchio stile la cui sola occupazione è lo svago senza pensieri, che popolano la Terra come fosse un enorme parco giochi.
Insomma, un romanzo di assoluto interesse (e di grande divertimento: come tutte le persone dalla manifesta intelligenza, Simmons ha un senso dello humor deliziosamente caustico e non vi indugia mai oltre il necessario) per tutti gli amanti del genere, per chi ha voglia di stupirsi davanti ad un romanzo del quale difficilmente troverà pari altrove.
Note per chi desiderasse leggere questo libro: l’opera originale di Dan Simmons, Ilium, consta di un solo volume. Nell’edizione Mondadori italiana, invece, il volume è stato diviso in due parti distinte: L’Assedio
e La Rivolta.
Di conseguenza il primo volume non è affatto conclusivo.
Per completare il ciclo, è da segnalare il romanzo successivo a Ilium, Olympos, anch’esso diviso da Mondadori in due volumi: La guerra degli immortali e L’attacco dei Voynix.
Scheda: Resident Evil: Retribution – J. Shirley
IL MIO NOME E’ ALICE E QUESTA E’ LA MIA STORIA…
…LA STORIA DI COME SONO MORTA.
Proprio quando pare aver trovato un rifugio sicuro, libero dai non morti, Alice viene rapita dai suoi ex datori di lavoro della Umbrella Corporation.
Dopo aver ripreso conoscenza, si ritrova intrappolata nel più terrificante scenario immaginabile.
IL ROMANZO UFFICIALE DEL FILM
Il 28 settembre esce in tutte le sale cinematografiche del mondo il nuovo episodio della serie campione di incassi Resident Evil, interpretato da Milla Jovovitch e diretto da Paul W. S. Anderson. Il film è ispirato al videogioco survival-horror di Capcom, Resident Evil.
Per l’occasione Multiplayer.it Edizioni pubblica il riadattamento letterario che è stato affidato all’autorevole John Shirley, scrittore statunitense di fantascienza cyberpunk, noto in particolar modo per aver steso la sceneggiatura del film “Il Corvo”.
Sinossi:
Il T-virus continua a devastare la terra, trasformando la popolazione mondiale in un’orda di mostri assetati di sangue. Ritrovati i suoi amici e i suoi nemici – Rain Ocampo, Carlos Olivera, Jill Valentine, Ada Wong, Leon Kennedy e anche Albert Wesker -
Alice deve lottare per sopravvivere e ritornare alla realtà. Il conto alla rovescia è iniziato e il destino della razza umana è nelle sue mani.
l’autore
L’eclettico e autorevole John Shirley è noto per il suo contributo alla fantascienza cyberpunk, così come per la suspense (come nei romanzi Spider Moon e The Brigade), per le storie e i romanzi horror e per i lavori cinematografici sempre di stampo horror. La sua sceneggiatura più celebre è quella del film Il Corvo, del quale è stato lo sceneggiatore iniziale, prima che David Schow rimaneggiasse la sceneggiatura. Ha anche scritto sceneggiature per Star Trek: Deep Space Nine e Poltergeist. Da citare i suoi primi, intensi e espressionistici romanzi horror come Dracula In Love e Cellars che hanno influito sul movimento Splatterpunk nell’horror, e sul successivo movimento “bizarro”.
L’opera di Shirley spazia nei toni dal surreale, al crudo naturalismo, all’incubo. Shirley è anche uno scrittore di canzoni ed un cantante, avendo capeggiato numerose band punk, compresa la band di New York Obsession, che è stata registrata dalla Celluloid Records. Ha scritto testi per i Blue Öyster Cult, come ad esempio diverse canzoni dell’album Heaven Forbid.
Il canto della rivolta – S. Collins
In questo ultimo capitolo della saga best seller di Suzanne Collins, Il canto della rivolta, arriviamo finalmente all’epilogo di tutte le travagliatissime vicende di Katniss e per estensione di tutti i cittadini di Panem.
Definire denso questo romanzo sarebbe un eufemismo, probabilmente solo I doni della morte, conclusione della saga di Harry Potter, può reggere il confronto sulla quantità di eventi (sebbene, in quest’ultimo caso, il risultato sia stato molto più scarso e meno soddisfacente).
Diciamolo, la Collins ci è andata giù pesante.
Abbiamo perso il conto di quante volte Katniss ha rischiato la vita, in una varietà di modi differenti, entrando ed uscendo dai fumi degli psicofarmaci e dei sedativi.
Le perdite di vite sono ingentissime, nel procedere di questa guerra contro Capitol City, ma sembra che ci sia una guerra molto meno chiara in corso, una lotta interiore sulla posizione da assumere nei confronti delle due fazioni e di coloro che stanno in mezzo: la gente comune.
Ed è infatti di questo che parla principalmente il romanzo, del fatto che, che si sia governativi o ribelli, le figure che hanno presa sul popolo vengono trattate come pedine, fantocci strumentalizzati, spesso senza nemmeno essere messi a parte dei progetti che li riguardano.
Leggere la saga The Hunger Games ci ha ricordato all’improvviso un altro romanzo che abbiamo tanto apprezzato, Unwind di Neal Shusterman. Entrambi descrivono un futuro distopico nel quale le nostre attuali grettezze vengono portate all’esasperazione, nel quale un governo dal pugno assurdamente troppo duro e amorale si arroga diritti di vita e di morte sugli innocenti e gli inermi. In entrambi si assiste al cambiamento, alla sovversione, che parte dal basso.
Il canto della rivolta racconta la discesa negli incubi peggiori, in uno scenario ancora più orrendo delle arene dei giochi: un’arena viva, vera, combattuta strada per strada. E dopo l’inferno, la lenta risalita, attraverso il recupero delle cose semplici, il ritrovamento a piccoli passi dell’equilibrio mentale, la voglia di provare a pensare ad un futuro senza gli Hunger Games che per decenni sono stati lo strumento del governo per tenere al guinzaglio una nazione tramite il terrore.
Questa saga è lontana dalla perfezione, sia stilistica che contenutistica, ma la sua forza è evidente. Cattura il lettore, lo lega a Katniss e alle sue vicende anche quando magari non risulta proprio simpatica, veniamo strapazzati e sorpresi dalle decine di colpi di scena che si susseguono per tutto il romanzo, per arrivare al finale, che a modo suo è un happy end, l’unico possibile viste le circostanze. Katniss fa una sola scelta, di salvaguardia e di conservazione, che alla fine si rivela la più giusta. Tutte le tessere del mosaico vanno al loro posto, anche malgrado le sue azioni dettate dall’impulsività.
Una saga che consigliamo, in particolare ai giovani adulti appassionati di distopie e fantapolitica che amano leggere qualcosa che lasci loro dei pensieri da rimuginare ed un mondo, ancorchè crudo, affascinante e ricco di dettagli che lo rendono vivo e molto, troppo, vicino a noi.
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La ragazza di fuoco – S. Collins
Katniss e Peeta sono riusciti a farla franca, nei 74esimi Hunger Games di Panem, vincendo i giochi per la prima volta in due. Ma questa vittoria non li mette al sicuro da Capitol City, anzi. La vittoria è stato un affronto al presidente Snow e al sistema, perchè i due giovani hanno piegato a loro favore le regole del gioco salvandosi la vita.
E non solo: l’intelligenza istintuale dettata dalla disperazione di Katniss è stata un esempio di autodeterminazione che ha innescato qualcosa di grosso e ingestibile all’interno dei distretti.
Così, mentre la coppia affronta il Tour della Vittoria in preparazione ai 75esimi Hunger Games, qualcosa inizia a muoversi, qualcosa che non può essere nascosto o soffocato nel silenzio. Ma questo è l’anno dell’Edizione della Memoria: i giochi speciali che cadono ogni venticinque anni, e l’occasione per Capitol City è troppo ghiotta per essere trascurata.
La ragazza di fuoco, secondo romanzo della trilogia Hunger Games di Suzanne Collins (titolo originale Catching Fire), parte piuttosto sottotono. Per almeno metà romanzo (che, diamine! è troppo breve!) l’autrice si dilunga nel raccontarci come la vita di Katniss è cambiata al suo rientro dai giochi. E non solo la sua, ma dell’intero distretto: sembra che la sorveglianza si sia fatta molto più serrata e che, soprattutto, qualcosa inizi a covare sotto la cenere. Approfondiamo anche il rapporto duale della ragazza con Peeta, suo compagno nei giochi, che recita con lei la parte degli innamorati sventurati del distretto 12 e che probabilmente ha salvato loro la vita da morte certa per mano diretta della capitale; e Gale, il suo storico compagno del cuore.
Ma tutto cambia quando viene annunciata l’Edizione della Memoria, e da quel momento l’attenzione viene focalizzata nuovamente sui giochi e sulle imperscrutabili trame della capitale. Ma questa volta non saranno solo gli Strateghi a far andare le cellule grigie…
Non c’è che dire, la storia della trilogia è appassionante e regge bene anche sulla lunghezza. Lo stile asciutto in combinazione con la strettissima prima persona su Katniss rende la lettura scorrevole (forse pure troppo) da incatenare il lettore alla pagina. Una slavina inarrestabile di eventi ed emozioni fanno sì che da metà romanzo in poi la lettura non si possa più interrompere.
Anche in questo episodio è impossibile non lasciarsi andare a qualche riflessione, sia di carattere politico (in fondo la situazione di Panem è così inverosimile?) che sociologico. La Collins dimostra una immaginazione spietata incredibile, non solo nella realizzazione della nuova arena di gioco ma anche nel definire i dettagli delle vittorie dei giochi precedenti, ad esempio, e nel delineare il nuovo regime di polizia nei distretti.
La Collins coglie qualcosa, dentro di noi, attraverso i suoi romanzi, qualcosa di atavico e animale che abita in noi tutti, giocandoci, e attraverso questa intrappolandoci nel suo mondo perverso.
Ci sarebbe tanto da riflettere sui simbolismi che permeano i romanzi, molto da dire sull’aderenza di certe sfumature alla vita reale e alle umane debolezze. Non possiamo dire che questo romanzo sia oggettivamente perfetto (per Hunger Games siamo stati un po’ fuorviati dalla visione del film, lo ammettiamo) ma è quel tipo di opera che evoca nel lettore qualcosa che va oltre la sola parola scritta. Non un capolavoro indiscutibile, ma efficacissimo nelle sue imperfezioni.
Per chi ha intrapreso la lettura di Hunger Games e ne è rimasto rapito, non c’è sicuramente bisogno di consigliare la lettura de La ragazza di fuoco.
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Little Italy, la storia di Arianna, Nik e Tonio – E. Rossi
Little Italy, opera prima dell’autrice Elisa Rossi, è un romanzo che, fin dalle prime pagine, manifesta la necessità di un pesante lavoro di revisione principalmente dal punto di vista dello stile e della struttura della storia.
Il testo è scritto in prima persona, collocandosi nella testa della protagonista femminile Arianna. Anche volendo passar sopra a certe descrizioni che di fatto la protagonista fa di se stessa e degli effetti che suscita nel protagonista maschile Nik, delineandosi come bellissima ed irresistibile, il punto di vista diventa labile quando l’autrice si trova a scrivere fatti ed azioni a cui non ha assistito e che non poteva conoscere.
Questo punto di vista piuttosto incerto si combina con la scelta stilistica (opinabile) dell’utilizzo del tempo imperfetto, rivolgendosi ad una seconda persona singolare che si incarna in Nik. Il lettore si trova quindi in mezzo ad un groviglio di tempi verbali, punti di vista variabili e personaggi indefiniti che risulta molto difficile da districare e da apprezzare.
A queste scelte stilistiche non proprio felici si aggiungono alcuni difetti indicativi della scarsa revisione a lavoro concluso: i dialoghi sono surreali, artificiosi e mal costruiti, rendendo caotico l’insieme, considerando anche che i pochi personaggi rilevanti si trovano a esprimersi in modo uniforme, simile l’uno all’altro.
Dando poi uno sguardo generale alla storia, laddove è possibile seguirne la trama principale, diluita da una profusione di dettagli indistinguibili tra utili e non, i personaggi sono stereotipati, senza profondità. Ci sarebbe anche da discutere sulla qualità stessa della storia, nel senso che noi personalmente abbiamo trovato la vicendad’amore narrata piuttosto banale e non particolarmente interessante.
In conclusione, possiamo dire che questo romanzo può essere considerato un esperimento, un primo tentativo letterario per l’autrice, confidando e augurandole che possa avere migliori e più proficue esperienze future.
Hunger games – S. Collins
Infine l’abbiamo letto. Grazie ad una gentile spintarella di un gruppo di amici dello Staff, abbiamo finalmente messo le nostre piccole manine avide (ma pulite) sull’intera trilogia cartacea e profumata di Suzanne Collins, Hunger Games.
Dopo aver visto il film ed esserci disgustosamente entusiasmati alla storia, abbiamo bramato leggere questa controversa opera. Controversa perchè, come abbiamo detto altrove, è stata più volte tacciata di essere plagio dell’opera nipponica Battle Royale. Abbiamo sufficientemente argomentato altrove (sempre nella recensione del film), e confermiamo tutto riga per riga anche per il romanzo.
Il romanzo. Parliamone dunque.
Noi, che non amiamo nemmeno leggere le quarte di copertina per non trovarci con qualche pregiudizio, siamo tendenzialmente contrari alla visione del film prima della lettura del romanzo. Purtroppo in questo caso non abbiamo potuto fare come avremmo voluto. Ma al termine della lettura, possiamo dire che sì, il film spoilera l’intera trama, togliendo gran parte della tensione (che di fatto è il punto di forza del romanzo) ma non lo uccide del tutto.
Romanzo e film possono essere considerate opere complementari.
Il romanzo, scritto in prima persona strettissima nella testa della protagonista Katniss, e al tempo presente, ha delle limitazioni oggettive facilmente intuibili che non potevano essere trasposte con efficacia nel film. Di contro, quindi, il film permette di arricchire sensibilmente la trama già più che nutrita, approfondendo ad esempio il contesto sociale di Panem e degli Hunger Games, che nel romanzo rimangono piuttosto sottointese.
Il lettore è collocato stabilmente nella testa di Katniss, vede quello che vede lei, soffre con lei i morsi della fame, della paura, della violenta sensazione di impotenza, osserva i suoi pensieri e i suoi ricordi. Hunger Games è un romanzo che ti porta via dalla tua poltrona e ti getta in mezzo alla mischia nell’arena, flaccido e sprovveduto come solo un cittadino benestante può essere in mezzo alla natura selvaggia, protetto solo dall’arco di questa minuta cacciatrice, fortemente determinata a vincere e portare a casa la pelle, ma senza perdere il lume della ragione, l’equilibrio, senza diventare crudele in nome dello spettacolo, senza perdere la propria identità.
A differenza di ciò che il film lascia più volte sottointendere, nel rapporto tra lei e Peeta non c’è poi tutta questa freddezza. Katniss non riesce a comprendere fino a che punto Peeta finga di essere innamorato di lei per intercettare il favore di pubblico e sponsor, ma al contempo lei stessa è meno padrona dei suoi sentimenti quanto il suo alter ego cinematografico lascia più volte intendere.
Ne risulta una Katniss molto più cruenta e determinata, in alcuni frangenti, rimanendo in altri molto più fragile e confusa, molto più simile ad una sedicenne qualunque.
L’autrice è stata indubbiamente abile nello scrivere una storia semplice, ricca di causa/effetto logici e lineari, lasciando trasparire la naturale angoscia della situazione, senza ricami stilistici di pathos o ricercatezza del linguaggio (in questo la Collins è molto scarna e diretta, rappresentando perfettamente la voce interiore di una Katniss senza fronzoli). Vengono gettate le basi, le note di avvio, di un mondo distopico morboso e dittatoriale. Il resto viene colmato dalla nostra immaginazione, coinvolgendoci, facendoci porre delle domande, a volte togliendoci il sonno.
Se non si è capito fin qui: lettura fortemente consigliata. Magari non molto adatta ai facilmente impressionabili.
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Demoni in soffitta – D. Canepa
Non proprio prosa ma nemmeno poesia, non racconto ma quasi manifesto ed invettiva sociale, questo piccolo volumetto di Donatella Canepa, Demoni in soffitta, è senza dubbio un esperimento dal contenuto singolare.
Il libro raccoglie una serie di brevi scritti della giovane autrice caratterizzati principalmente dalla passione per le cose che più profondamente la animano: la musica, innanzitutto, la sua città natale Genova, la riflessione sociale e politica.
E’ senz’altro un’opera molto intima, nella quale l’autrice mette nero su bianco i suoi pensieri e le sue considerazioni su varie tematiche, a volte esprimendo concetti definibili scomodi (o sovversivi) dall’uomo comune. E forse proprio in queste espressioni che viene messa in risalto una certa ingenuità nelle prese di posizione radicali, riportando concetti noti, con accenti passionali e alternativi nelle intenzioni, ma senza arricchirli effettivamente con un punto di vista personale e con opinioni autonome.
Dal punto di vista stilistico invece, si nota già alla lettura delle primissime pagine come la produzione sia influenzata dal background musicale dell’autrice: molti componimenti infatti stanno a cavallo tra la poesia e la lirica di una canzone, con metrica e ripetizioni tipiche appunto del testo musicale. Alcuni altri testi invece assomigliano di più a dei brevissimi racconti, pur ricadendo, tendenzialmente nella parte finale, nella ritualità musicale e senza raggiungere la compiutezza del racconto vero e proprio nei contenuti e nella struttura.
Un’opera giovanile, dunque, che manifesta il bisogno di esprimersi dell’autrice con esuberanza ed impulsività, al di fuori degli standard.
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