Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
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Una notte di ordinaria follia – A. Filisdeo
Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici.
Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad un romanzo più elaborato: i personaggi sono ben disegnati dal carattere molto spiccato e quasi caricaturale, che ben si amalgama con l’argomento che sembra essere molto caro all’autore, che abbiamo già avuto modo di conoscere nella lettura del suo romanzo Le memorie oscure: il vampirisimo.
I vampiri di Filisdeo richiamano le carattersitiche dei vampiri della Rice, ma condendoli con molto più carisma e decisamente più violenza. Sono bellissimi e pericolosamente attraenti, ma sono anche molto più agitati da quelle che sembrano essere le umane emozioni, amplificate all’estremo dal sangue.
Lasciamo le scene gotiche e baroccheggianti del romanzo precedente per approdare in una notte moderna in una grossa città, anzi, La città per eccellenza, New York, teatro anche questa volta delle peggiori scene di violenza.
La storia ruota su un certo indiscutibile compiacimento dell’autore nel descrivere le sue scene con arguzia, umorismo e sagacia; il fatto che alla fine il mistero apparentemente oggetto della trama non viene svelato (anche grazie ad una serie di disastrosi fallimenti del co-protagonista) dimostra la vera ragion d’essere di questo racconto: raccontare una storia di urban horror vampirico del tutto godibile.
Non possiamo che consigliare la lettura di questo racconto, augurandoci che l’autore voglia mettere presto più carne al fuoco e ampliare il respiro di questa storia accattivante.
Anche perchè, diciamolo, di vampiri non ne abbiamo mai abbastanza.
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L’uomo in fuga – S. King
Più articolato e dalla struttura più complessa rispetto a La lunga marcia, più romanzo vero e proprio che non puro esercizio di perversione, L’uomo in fuga, di Stephen King nei vecchi panni di Richard Bachman rimae pur sempre uno di quei romanzi che si fanno fatica a lasciare.
Per molti versi assimilabile al succitato romanzo, anche questo delinea un futuro distopico nel quale i reality show hanno travalicato qualunque senso del pudore e attraverso questi una casta benestante e calcolatrice cerca di manipolare e tenere soggiogate le classi più povere, che in questo caso sono più disperate e affrante che mai.
In questo libro è possibile riconoscere moltissimi tratti distintivi di un altro grande romanzo con lo stesso fulcro, Hunger Games: la stratificazione sociale, l’utilizzo della tv e dei “giochi” come strumento di controllo e di sottomissione dei poveri ai più ricchi, la spietatezza e la mercificazione dell’essere umano e della sua morte ridotta a puro intrattenimento.
A leggerlo ora, L’uomo in fuga riesce ancora a genere un buon grado di tensione e il lettore, come sempre accade quando finisce nella mani del Re in una delle sue incarnazioni, non può scappare dalla trama che l’autore disegna attorno al protagonista.
Ciò non toglie però che il romanzo fa sentire la sua non più giovane età, e qualche scelta un po’ naif potrebbe risultare oggi non troppo efficace.
In ogni caso si tratta di una lettura piacevole e godibilissima, che scava un po’ meno a fondo nella mente e nelle allucinazioni de La lunga marcia, ma che si concentra su una trama incalzante degna di un buon action e lascia dei buoni spunti di riflessione per quanto riguarda i risvolti sociologici e morali di un simile scenario non così inverosimile.
Come spesso accade quando si tratta di King, lettura consigliata.
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La leggenda del vento – S. King
Una storia dentro una storia dentro un’altra storia, che si inserisce all’interno della grande storia di Stephen King, la saga de La torre nera, che in fondo è all’interno delle storie di tutti i romanzi che ha prodotto.
La leggenda del vento sembra a primo acchito (dai, diciamolo, lo è) un “romanzo tappabuchi” nato probabilmente con l’intento di dare qualche cosa agli amanti ormai appagati della saga della torre ma senza disdegnare l’attenzione del lettore generalista.
Il risultato, sebbene possa mostrare il fianco come detto a tutta una serie di logiche di mercato a discapito del valore vero e proprio del libro, rimane comunque un’ottima esperienza di lettura.
King è un affabulatore di classe superiore, e in questo romanzo costruito a scatole cinesi lo fa al suo meglio, raccontando e mostrando storie fantastiche in seno al Medio-Mondo.
Un ottima e appassionante lettura, dalle trame non travolgenti, forse, ma narrate in modo stupefacente come solo Il Re sa fare.
Libro assolutamente consigliato a tutti gli amanti di King, a quelli che hanno nostalgia del Medio Mondo (dei suoi aye, dico grazie-sai) e anche a quelli che semplicemente non vedono l’ora di leggere una storia fantastica, essere trasportati lontano sulle ali del vento, quel vento speciale che spira dal buco della serratura e scompagina i destini.
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La metà oscura – S. King
Uno scrittore di romanzi dall’incerto successo riesce a conquistare il grande pubblico grazie al suo alter ego, firmando romanzi di alta violenza. Ma quando lo scrittore si decide a chiudere definitivamente questo capitolo della sua vita, eliminando il suo pseudonimo, succede qualcosa di imprevisto ai limiti della fantascienza.
Stephen King non è certo nuovo a trattare questo genere di tema: lui per primo conosce bene l’argomento, visto che ha firmato alcuni romanzi con lo pseudonimo di Richard Bachman in età giovanile. Proprio in virtù del fatto che Bachman costituiva la sua valvola di sfogo per le fantasie più crude (non che la fantasia “classica” di King sia mai stata così ben educata), anche l’alter ego Stark de La metà oscura incarna (mai termine fu più appropriato) i pensieri più malati e viziosi del moderato protagonista.
Questa dualità è stata oggetto di diversi racconti, in svariate forme, ma in questo caso King vi dedica l’intero romanzo, uscendo fuori da qualunque metafora: l’alter ego si trasforma in un concretissimo doppelganger capace di uccidere e seviziare nel mondo reale chiunque dovesse intralciare il suo personalissimo piano di autodeterminazione.
Contrariamente alle aspettative, il romanzo ci ha un po’ delusi. Un po’ per lo stile propriamente narrativo, insolitamente verboso e prolisso, un po’ per gli accenti marcatamente inverosimili della trama stessa. Per quanto gli stessi personaggi giustamente facciano fatica a credere all’incarnazione di Stark, alla fine il lettore riesce a digerire con difficoltà questa versione, con tutte le sue particolarissime accezioni che dovrebbero fornire una base logica e che invece non fanno altro che dare una sensazione di brancolamento nel caos.
Indubbiamente, come ogni produzione di King, si tratta di un indiscutibile best seller, ma in prospettiva, dopo aver letto opere decisamente migliori e più incisive, questo romanzo lascia un po’ straniti ed insoddisfatti.
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L’estate dei morti viventi – J. A. Lindqvist
«Esiste… il pensiero? Anche se Elias era morto e si era essiccato, qualcosa che non era pioggia lo aveva fatto risorgere. Cosa? E cosa faceva sì che continuasse a vivere se dentro di lui c’era il vuoto? Un seme può rimanere inerte per centinaia, migliaia di anni. Essiccato o congelato in un ghiacciaio. Mettetelo nella terra umida e germoglierà. C’è una forza. La forza verde che porterà al fiore. Qual è la forza che agisce nell’essere umano?»
Se leggendo il titolo di questo libro avete pensato di avere di fronte un ennesimo romanzo Z, vi state sbagliando completamente. Non si tratta nemmeno di un horror nel senso classico del termine, a volerla dire tutta. Se avete soppesato questo volume in libreria pensando di trovarci brividi, squartamenti, morti violente e banchetti a base di cervello fresco, scordatevelo.
Chi già ha avuto la fortuna di conoscere ed apprezzare questo autore svedese per la sua opera più famosa, Lasciami entrare, avrà un sospetto su quello che stiamo intendendo.
Lindqvist non è nuovo ad opere singolari come questa, reinterpretazioni originali di cose già viste e sentite, punti di vista inediti su clichè e archetipi noti e stranoti. Per la prima opera si trattava di una rivisitazione umanissima della figura del vampiro; nel caso de L’estate dei morti viventi, coperto dall’apparenza della figura dello zombie, abbiamo l’opportunità di avere un raro esempio di comprensione profonda e non banale della morte.
Attraverso i punti di vista di diversi personaggi, assistiamo a questo fenomeno tanto strano quanto sinistro: a seguito di un’ondata di caldo e di un accumulo di energia inspiegabile, i morti riprendono vita. Non tutti: solo quelli deceduti da non più di due mesi, sepolti o meno, e una volta verificatosi non sembra ripetersi con i decessi più recenti. Questi morti viventi, al contrario di quanto potremmo immaginare, sono del tutto pacifici e non aggressivi (anche se un po’ inquietanti). Hanno però una particolare attività celebrare, molto elementare, che sembra incentivare la telepatia tra i vivi.
Il romanzo, abilmente congeniato e anche molto credibile nonostante tutto, illustra con chiarezza quali potrebbero essere gli effetti pragmatici e spirituali di un simile avvenimento sconcertante, lasciando ampio margine di riflessione.
Il sottotesto offre molti spunti, anche filosofici: è inutile e dannoso anelare a qualcosa (o qualcuno) amato e perduto nel passato, perchè il suo ritorno non sarebbe mai corrispondente al nostro ricordo; la morte non è la negazione della vita, ma ne è il naturale complemento; non identifichiamo la morte come un qualcosa di estraneo e in quanto tale ferino e malvagio, bensì come qualcosa parte di noi, nostra compagna da sempre.
Un romanzo davvero particolare, costruito in crescendo e in progressivo distacco dalla materialità e dalla concretezza. Perchè, per quanto si possa affrontare l’argomento dai più creativi punti di vista, la Morte è e resta una faccenda intima e spirituale, che ciascuno deve fronteggiare da solo, sia la propria che quella di chi dobbiamo lasciar andare.
Lettura consigliata per una buona dose di riflessioni.
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I figli della paura – D. Simmons
Un thriller più che dignitoso sebbene non esattamente innovativo nella forma e nelle meccaniche, questo romanzo poco noto del poliedrico autore Dan Simmons, I figli della paura, mantiene alte e non disattende le legittime aspettative del lettore.
Si parla di Dracula, in questo romanzo, ma in modo estremamente circostanziato, come Simmons ci ha sempre abituati. Ecco come la creatura mitologica di Bram Stoker acquista connotazioni storiche ma anche mediche molto approfondite e dettagliate. Scopriremo quindi come in realtà la creatura vampirica altro non è che il prodotto di un incrocio di difetti genetici e come l’entità maligna che identifichiamo con il vampiro in realtà può associarsi a qualsiasi creatura.
Un romanzo molto articolato che fa un po’ di fatica a catturare il lettore nelle sue trame. Fino al primo centinaio di pagine non succede molto di appassionante e si può avere la tentazione di abbandonare la lettura. Dopo quel punto però, la lettura si fa intrigante e i colpi di scena si susseguono con ritmo incalzante.
Dell’horror ha le tematiche, ma del thriller ha sicuramente i tempi e anche la struttura narrativa, che è piuttosto prevedibile, anche per quanto concerne le dinamiche tra i personaggi principali.
Qualche Deus ex Machina non si può certo negare, come in ogni romanzo d’azione che si rispetti.
Insomma, un libro piacevole da leggere e dalla solida base di documentazione, ma di certo non uno dei romanzi indimenticabili di Simmons.
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La clessidra infranta – J.L. Bourne
Ed eccoci, infine, al terzo e conclusivo (probabilmente) romanzo della premiata saga Z di Dario di un sopravvissuto agli zombie di J. L. Bourne (le recensioni ai primi due romanzi si trovano qui: Diario di un sopravvissuto agli zombie e Oltre l’esilio) dal titolo La clessidra infranta.
Di certo di strada ne è stata fatta tanta, e non solo in termini chilometrici: il nostro eroe, ex graduato dell’areonautica americana, ha esplorato e viaggiato in lungo e in largo, affrontando in mille modi diversi, dal corpo a corpo al lancio di ordigni balistici, orde di zombie sempre più putrefatti e dalle risorse sempre più insospettabili. Ha raccolto uomini, donne e bambini attorno a sè, fino ad arrivare a interessare l’ultimo baluardo della struttura governativa americana, e anche qualche personaggio addirittura superiore.
Bisogna dire però che questo ultimo romanzo si distingue dai due precedenti per stile e contenuti, e non sempre si può dire che il risultato si ottimo.
Se i due romanzi precedenti sono stati caratterizzati dalla grande capacità immersiva, dovuta alla finzione letteraria del diario (anche con qualche scivolone qua e là, l’effetto finale è sempre stato efficace), questo episodio è scritto in terza persona e su scala estremamente più ampia. Scopriamo un nomignolo per il nostro eroe senza nome, Kil, ma soprattutto teniamo il polso di una situazione che coinvolge navi, portaerei, sottomarini, basi artiche e non solo. Va da sè che gli attori siano molti di più, e ci si sente un po’ smarriti e anche un po’ distanti in mezzo a questa visione complessiva dell’azione.
Oltre a questa opinabile scelta stilista, va detto che anche il contenuto risente dell’ampio respiro che l’autore ha voluto dare a tutta la saga. Già alla fine del secondo romanzo avevamo iniziato a sospettare che dietro all’epidemia zombie si stesse nascondendo qualcosa di più grande, e in questo episodio ne abbiamo conferma. Senza scendere nei dettagli, lo scenario cospiratorio diventa a tratti un po’ eccessivo (diversi passaggi hanno fatto trasalire le nostre sopracciglia). A nostro parare, l’autore da il meglio di sè quando è posizionato al centro dell’azione, sopra e dentro le teste degli attori, che soffrono il freddo, la paura, l’angoscia e la solitudine.
Rimane punto debole (e non saranno in molti a notarlo, probabilmente), il lato emotivo/sentimentale della vicenda: si tratta certo di un piccolissimo aspetto, niente di che, ma che contribuisce alla percezione di una scarsa organicità di fondo.
Il finale… beh, non possiamo dire che a confronto del resto della saga si arrivi ad un finale col botto, anzi. Probabilmente l’autore ha voluto chiudere la serie dandogli completezza, lasciando comunque aperte varie possibilità di sviluppi futuri.
In ogni caso resta un romanzo assolutamente da leggere per tutti gli amanti del genere, imprescindibile per chi ha iniziato la lettura della saga che nel complesso è piacevole e appassionante.
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Diario di un sopravvissuto agli zombie: 1
Oltre l’esilio. Diario di un sopravvissuto agli zombie: 2
La clessidra infranta. Diario di un sopravvissuto agli zombie: 3
Scheda: La clessidra infranta – J.L.Bourne
Il mondo è in rovina. Dell’umanità non restano che alcuni superstiti: i morti viventi hanno preso il dominio sui vivi, e sono la nuova specie dominante. Diario di un sopravvissuto agli zombie: La Clessidra Infranta è il nuovo episodio della saga survival horror ampiamente acclamata dalla critica. In esso si alternano le pagine del diario che riporta la personale lotta per la sopravvivenza di un militare, e la storia dei sopravvissuti incontrati sulla sua strada, l’ultima speranza dell’umanità nella sua ora più oscura. Prigionieri nel disastro, i personaggi si troveranno da soli e in gruppo a dover affrontare atroci decisioni che potrebbero significare sopravvivere per un giorno ancora, o vagare nell’eterna dannazione di un cammino senza fine in un’orda di zombie…
INIZIO INTERCETTAZIONE:
Negli Stati Uniti e nel resto pianeta sono sorti dalle loro tombe eserciti di non morti. Non c’è alcun rifugio sicuro dai cadaveri malati e affamati di carne umana. Tuttavia, nel mezzo di una zona desolata del Texas, un piccolo gruppo di sopravvissuti cerca di contrastare le migliaia di famelici assassini che li stanno accerchiando da ogni parte.
Giorno dopo giorno, i brani scritti nel suo diario da sopravvissuto, rimasto imprigionato in un cataclisma planetario, ne catturano la disperazione – e la volontà di sopravvivere – mentre unisce le sue forze a quelle di un gruppo di profughi nel tentativo di combattere i molti nemici senz’anima, umani e inumani, dall’interno di una struttura missilistica strategica abbandonata. “Ma nel mondo dei non morti, basta davvero sopravvivere?”