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Il vizio di Caino – F. Pastori
Flavio è un avvocato mancato, un fotografo di successo che ama vivere fuori dagli schemi, scapestrata pecora nera di una famiglia bene del milanese. Il fratello Filiberto ha ereditato sogni e ambizioni del padre con una carriera irreprensibile, pacatezza e famiglia d’ordinanza.
Finchè Flavio viene richiamato a casa dalla scomparsa misteriosa del fratello e dalla corrispondente apparizione di una serie di filmini amtoriali dal contenuto inequivocabile. Mentre il giovane è sulle tracce del fratello incrocerà una bella e affascinante poliziotta che lo affiancherà nelle indagini in un giro di scambisti e club a luci rosse e incontrerà realtà che non avrebbe mai sospettato…
Il vizio di Caino, di Ferdinando Pastori è un buon noir dal ritmo incalzante, tenuto alto anche dall’utilizzo della prima persona singolare puntata su Flavio, che consente al lettore di essere al centro dell’azione.
La trama si sviluppa in modo abbastanza semplice e lineare, con pochi deviazioni dalla strada principale. I personaggi risultano piuttosto verosimili e ben delineati, anche se talvolta un po’ idealizzati e poco congruenti, come accade in particolare per la figura di Micol. Nel complesso però le azioni e in particolare i dialoghi, spesso punto critico in romanzi di questo genere, appaiono abbastanza fluidi, credibili e piacevoli.
La storia regge bene in tutta la sua lunghezza, tranne forse nella sua espressione finale, la conclusione. Come nei più frustranti romanzi, fino alle battute finali non è dato modo al lettore di provare ad individuare chi è il colpevole del misfatto a fulcro della storia, che entra in scena solo nel momento del climax conclusivo. Anche la drammaticità (forse eccessiva) della scena di chiusura, la stessa confessione del colpevole e il racconto delle sue motivazioni malate sembrano ricalcare un copione già visto e per questo molto impoverito nel potenziale emotivo.
Nel complesso quindi si tratta di una lettura piacevole e coinvolgente, che forse non brilla per originalità ma che può essere considerata una lettura di intrattenimento di buon livello.
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Scheda: Il vizio di Caino – F. Pastori
Flavio, dopo un mese in giro per l’Europa, è arrivato a Parigi. Non sta fuggendo da nessuno, ma non ha mai smesso di provare a levarsi di dosso il peso di una famiglia ingombrante. Il padre è un avvocato di fama, suo fratello Filiberto ne segue le orme. Lui invece vuole fare il fotografo. E potrebbe aspirare a essere felice, se non venisse richiamato all’improvviso a Milano. Filiberto è scomparso. Bisogna ritrovarlo.
Inizia così la discesa in un abisso dove Flavio non riesce a distinguere chi sta dalla sua parte e chi è contro di lui, mentre serpeggia l’inquietudine più grande: di essere passato dalla parte del male. Perché sullo sfondo della Milano delle escort e dei club privé, delle perversioni sessuali e della violenza più scabrosa, tornano a galla indicibili segreti.
Il vizio di Caino racconta in maniera magistrale una regola ineludibile: il male è contagioso.l’autore
Ferdinando Pastori è nato nel 1968. Vive e lavora a Milano. Ha pubblicato le raccolte di racconti Piccole storie di nessuno e Vanishing Point e i romanzi NoWay Out, Euthanasia e Nero Imperfetto, tutti editi da Edizioni Clandestine. In formato digitale ha inoltre pubblicato Del Vizio, la Bellezza (Errant Editions), Nella tana del Bianconiglio (Edizioni MilanoNera) e, in coppia con Paolo Roversi, Boeing 777. Cronaca di una strage (Edizioni MilanoNera). Il suo sito web è www.ferdinandopastori.com.
Il sentiero della mano sinistra – A. di Piazza
Un efferato delitto nei pressi del parco della Favorita, a Palermo, apre un caso dai tratti preoccupanti. La vittima è un bimbo di otto anni, il corpo composto al centro di uno schema di somboli satanici, su di esso risultano incisi post mortem alcune strane scritte in inglese.
Il caso rientra nelle competenze della squadra dell’ispettore della scientifica Mimmo Abbate e di quella della mobile di Leonardo Bennici, che con un lavoro di sinergia, grazie anche alle capacità e alla stima personale tra i due gruppi, dovranno venire a capo di un enigma che si farà via via sempre più fitto.
Il sentiero della mano sinistra di Annalisa di Piazza è un bel giallo, ottimamente costruito e ben scritto, che riesce perfettamente nel suo scopo primario di incuriosire il lettore attraverso il disvelamento del mistero, ma che al contempo riesce anche a coinvolgerlo con piacere attraverso la vicenda.
Addirittura, il fulcro del romanzo quasi non è il mistero stesso, bensì lo sono i personaggi, con la loro caratterizzazione peculiare e vividissima, a costituire la vera struttura all’intera storia. Le loro caratteristiche, le loro capacità e debolezze, fanno in modo che il romanzo si regga non solo sul mistero in sè e sulle dinamiche ad esso strettamente correlate, ma anche sulle umane vicende che vi ruotano attorno.
Mistero che, va detto, si colloca all’interno di un contesto decisamente non banale e originale, ottimamente poi illustrato da una voce autorevole, la più adatta nel ruolo all’interno del racconto.
Un bel romanzo di esordio per l’autrice, della quale ci auguriamo di poter leggere presto una nuova fatica.
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Scheda: Il sentiero della mano sinistra – A. di Piazza
Una mattina di scirocco Mimmo Abbate, palermitano ispettore della polizia scientifica, viene chiamato sul cellulare di servizio: è stato trovato un cadavere alle Case Rocca, un gruppo di case diroccate vicino al parco della Favorita.
Mimmo, lasciando il suo compagno Andrea ancora a letto a dormire, si affretta a recarsi sul posto senza immaginare cosa avrebbe trovato. La vittima è un bambino di otto anni, il cui cadavere viene trovato in uno scenario di simboli satanici e con delle strane incisioni sul corpo.
L’autopsia dimostrerà che tali incisioni compongono delle parole in inglese e che nella bocca del bambino era stata introdotta una piccola lamina di metallo con incise due lettere dell’alfabeto greco.
L’indagine viene condotta da Mimmo insieme ai colleghi della scientifica Mario Barresi e Costanza Marcella Bivona e insieme ai colleghi della mobile Leonardo Bennici e Stefania Mannino.
I primi sospetti si incentrano sul fratellastro della vittima, Tommaso, con una triste storia famigliare alle spalle e proseguono seguendo sia il filone della pista pedofila sia il filone della pista satanista.
Ad un certo punto delle indagini gli indizi sembrano condurre ad un misterioso uomo con i pantaloni arancioni, ma prima che si possa individuare un nome viene scoperto un secondo cadavere. Questa volta si tratta di una ragazza, che prima di essere stata strangolata ha subito un rapporto sessuale. Sul suo cadavere le medesime incisioni, con nuove parole in inglese, e nella bocca di nuovo una lamina con incise altre due lettere dell’alfabeto greco.
Mentre continuano le indagini viene ritrovato un terzo cadavere: una anziana donna con le stesse incisioni sul corpo e nuovamente una lamina con due lettere greche in bocca.
Un prete siciliano, esperto di esorcismi, che era stato consultato nel corso delle indagini per dare un senso ai vari simboli ritrovati intorno ai corpi, dà la svolta decisiva che porta la squadra alla inattesa conclusione.
Il sentiero della mano sinistra è un giallo in salsa palermitana in grado di appassionare il lettore, coinvolgendolo pagina per pagina, fino all’epilogo, sorprendente e imprevedibile.l’autore
Annalisa Di Piazza è nata a Palermo nel 1969, ma vive e lavora da anni in Provincia di Bergamo. Il sentiero della mano sinistra è il suo primo libro.
La geometria del vento – R. Malavasi
Cos’hanno a che spartire le controverse ricerche antropologiche di un illustre e bizzarro personaggio dell’Ottocento con uno studio di un laureando del giorno d’oggi sulle prestazioni sportive, in particolare dei velocisti?
Se lo chiede il giovane Carl, dopo aver scoperto di essere un discendente del controverso Cesare Lombroso, studioso che sul finire del 1800 inanellò una serie di indagini empiriche volte, tra l’altro, all’individuazione di caratteristiche fisiche in correlazione alle attitudini delinquenziali e deviate. La scoperta di alcune particolari asserzioni dello studioso fanno sì che Carl inizi un’approfondita indagine per includere alcuni punti di vista all’interno della sua tesi di laurea. Ma questa indagine, in apparenza del tutto accademica e inoffensiva, ben presto si rivelerà, a sue spese, irta di insidie e di doppigiochi.
Questo romanzo di Raffaele Malavasi, La geometria del vento, è un bel giallo appassionante e molto ben costruito, che si articola attorno alla figura notoriamente controversa di Lombroso e che indaga in modo approfondito la sua produzione, mettendo a fuoco alcuni aspetti ed alcune intuizioni particolarmente affascinanti.
In questo romanzo, realtà storica e fantasia si intrecciano così bene e così strettamente che ben presto è inevitabile chiedersi dove finisca una e dove cominci l’altra: le argomentzioni sono tutte altamente credibili e così ben documentate e intriganti che possono essere prese tranquillamente come vere (anche quando non lo sono).
I personaggi sono ben delineati e tutti piacevolmente vividi: in alcuni casi, come per il personaggio di Carl, il risultato scorre liscio senza intoppi, in talaltri, come per il personaggio di Giulio, si vede lo sforzo espressivo dell’autore nella definizione di un linguaggio che lo caratterizzi in relazione al suo passato, comunque con buoni risultati.
Anche la descrizione dei vari ambienti, in particolare l’Accademia delle Scienze e il Museo Lombroso, entrambi di Torino, è estremamente efficace e risulta semplice immedesimarsi nell’azione, scatenando inevitabili moti di entusiasmo in chi ha avuto esperienza diretta di quei luoghi (come noi ).
Se la realizzazione di un romanzo giallo costituisce una sfida intrinseca in più, visto che per l’autore non si tratta solo di riuscire ad esprimere la sua storia al meglio delle sue possibilità ma anche costruire una trama sufficientemente misteriosa ed appassionante, seminando indizi con le giuste tempistiche ed alternando punti di climax a fasi di elaborazione delle informazioni e di minore tensione; l’autore ha portato efficacemente a termine tutta la sfida, e con onore. La geometria del vento è un piacevolissimo romanzo giallo, intelligente, mai banale, ottimamente costruito e eccezionalmente ben documentato. Lettura molto consigliata.
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Scheda: La geometria del vento – R. Malavasi
Esiste il segreto del successo del velocista, la parte del corpo dell’atleta che permette di ottenere prestazioni vincenti?
Questo interrogativo segna sorti e vicende della famiglia Carrara da oltre un secolo: Carl, laureando in biologia, suo nonno Giulio, già partigiano, e il loro avo dell’Ottocento, il famigerato studioso di antropologia criminale Cesare Lombroso.
Durante gli studi per la sua tesi, Carl si imbatte nelle tracce di un testo che potrebbe fornire a quella domanda una clamorosa risposta; ma esso sembra essere stato occultato per cause non chiare. Si getta quindi alla ricerca del manoscritto, trovandosi presto a dover fronteggiare l’ingombrante passato della sua famiglia e a dover sfuggire a chi, risvegliandosi da un lungo letargo, vuole a tutti i costi mettere le mani su quell’antica scoperta.
La vicenda si snoda tra Parma e Torino, tra campi di atletica e biblioteche polverose; qui si intrecciano avventura, mistero, formazione, anelito verso grandi ideali, impietosa manifestazione dell’umana debolezza ed esercizio senza scrupoli del potere: dietro lo scenario del mondo dell’atletica si affacciano prepotenti i fantasmi del razzismo, della guerra fredda e del doping.l’autore
Raffaele Malavasi, 45 anni, libero professionista genovese, con “La geometria del vento” esordisce nella narrativa.
Una giornata lunga un giorno – G. Giancavallo Scrafoglia
La morte violenta di una anziana donna segna l’inizio di una lunga giornata per Giuseppe Giancavallo Scrafoglia, uomo di mezza età single e disoccupato, che lo vedrà dapprima oggetto di indagine da parte della polizia e poi oggetto dell’interesse di una giovane e avvenente ragazza, fino all’imprevedibile conclusione della vicenda con la fine del giorno.
Il romanzo breve Una giornata lunga un giorno di Luca Sciarma, che ha ceduto il suo nome come autore a favore di quello del suo personaggio, può essere valutato secondo due punti di vista distinti: la trama e l’escursus filosofico introspettivo. Se per il secondo aspetto non è possibile eccepire nulla, in quanto proprietà di linguaggio e gli occasionali accenti di ironia, il primo è decisamente spoglio e povero.
La trama poco incisiva e di non particolare interesse si trascina attraverso la verbosità delle elucubrazioni introspettive, che allungano la narrazione oltre misura, diluendola e privandola di qualunque mordente. Il risultato è quindi un racconto fine a sè stesso, caratterizzato da questa ricercatezza verbale che lo assimila alla poesia ma che nulla ha a che vedere con la struttura del racconto, che non lo valorizza e del quale non evidenzia uno sviluppo del personaggio, un percorso di crescita, un’evoluzione o un cambiamento.
Il tutto si estrinseca nel finale, che risulta sconvolgente per il protagonista, ma il lettore, che non è riuscito ad immedesimarsi nella storia a causa della diluizione della trama, lo affronta con il più tiepido del trasporto.
Anche a causa di questa strenua ricercatezza lessicale, i dialoghi risultano inverosimili, e se in alcuni punti si può individuare un apprezzabile moto di spirito, nella maggior parte dei casi si è di fronte a soliloqui inconcludenti tra i personaggi, che parlano con la stessa voce e che poco apportano alla trama.
Nel complesso quindi il racconto è un buon esempio di opera altamente introspettiva e filosofica ma alquanto poco appagante dal punto di vista della trama.
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Scheda: Una giornata lunga un giorno – G. Giancavallo Scrafoglia
Un evento esterno, la morte di una anziana signora, coinvolge la sfera privata di un signorino di mezza età, lo chiama in causa come testimone nella ricerca della verità. Parte da qui lo spunto investigativo che proseguirà su due livelli narrativi sovrapposti: da un lato il confronto col commissario che tenta di dare un ordine esterno agli eventi; dall’altro la riflessione più profonda e matura che interessa invece il personaggio principale. Indagando sul caso, il protagonista si trova ad affrontare ricordi e reminiscenze, riflessioni sulla propria identità, sul senso della solitudine, in una ricerca di ordine e di senso che porta il lettore a scandagliare un mondo del tutto psicologico e onirico, quello della sua interiorità, fatta di contraddizioni e fragilità descritte con l’ironica consapevolezza dei propri limiti e delle proprie manie.
In particolare, la morte della signora attraversa il racconto suggestionando il lettore, portandolo alla riflessione sulla minaccia della non-vita, su tutto ciò che nella società civile e umana può perire irreversibilmente; inoltre, il confronto del signor Scafroglia con Giuditta, sposta l’attenzione sulla dicotomia “raziocinio-istinto”, “giustizia-ingiustizia”, lasciando al lettore il ruolo di giudice.l’autore
Mi chiamo Luca Sciarma ed abito a Perugia. Ho 44 anni, una maturità commerciale ed una formazione universitaria in Agraria. Piuttosto che coltivarli – gli ortaggi -, ho preferito cucinare quello che viene dal campo, ecco per cui ora faccio il cuoco.
Ho incontrato la scrittura una sera a cena dopo aver bevuto una Coca-Cola. Non so quanto c’era di Cola, ma è stata così stimolante che ho passato alcune ore notturne disteso su un foglio di carta con in mano una penna. Lì ho concepito la bozza del racconto per intero, la stesura complessiva è stata abbastanza lineare nel tempo, senza eccessivi ripensamenti. Il racconto è in parte autobiografico e questo lo ritengo normale dato che si parte sempre da un punto, che è il proprio. Per il resto la storia è puramente inventata… ma questo si capisce.
Ultimamente mi sto dilettando a scrivere brevi testi in rima per ragazzi. Con uno di questi sono arrivato in finale in un concorso nazionale.