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Lo schiavo del tempo – A. Rice
Come spesso accade, penso, a tutti i maniaci compulsivi della lettura, talvolta si vogliono prendere in mano certi libri dei quali conosciamo bene l’autore, il suo modo di scrivere, l’argomento ci è congeniale ecc, anche se non conosciamo approfonditamente la trama della storia specifica che ci accingiamo a leggere.
E’ un po’ come andare in pizzeria e prendere veriazioni sul tema della nostra, amata, pizza preferita.
Questo è ciò che ci ha spinti nel prendere in mano questo volume, “Lo schiavo del tempo” di Anne Rice. Ne abbiamo letti molti, di suoi libri, con fortune alterne. Ineguagliabili le sue cronache vampiriche, sempre un po’ particolari e controversi i suo romanzi che escono dal solco da lei stessa tracciato. Con questo volume ci troviamo appunto in quest’ultimo caso.
Uno storico, Jonathan (un caso?), si trova bloccato in una baita in montagna, gravemente ammalato ed in fin di vita. Come un dono dal cielo, ecco arrivare un bellissimo giovane dai folti capelli neri e dallo sguardo carico d’amore. Lo cura, lo salva, ed in cambio chiede che la sua storia venga raccolta, scritta e resa pubblica.
Qui inizia il racconto del giovane Azriel, ebreo vissuto ai tempi dell’antica Babilonia ed ucciso barbaramente da negromanti incompetenti. Nasce così Azriel sotto nuova forma, uno spirito potentissimo, nato per fare del male e per essere schiavo dei suoi padroni, attraverso i secoli, ancorato alla terra mortale dalle sue stesse ossa d’oro.
Anche in questo romanzo abbiamo il leit-motiv della cronaca, lo stesso protagonista delle vicende narra al lettore la sua vita e la sua grama esistenza, con dovizia di paricolari. Al solito, la scrittura barocca della Rice permette di calarsi in queste atmosfere al di fuori del tempo.
Altro carattere distintivo è come sempre la caratterizzazione dei personaggi, carichi di sensazioni e sentimenti, lo sguardo sempre puntato verso l’interiorità, i pensieri e le emozioni.
Come spesso accade nei romanzi/cronaca, anche Lo schiavo del tempo non ha una vera conclusione, risolve le questione pressanti della narrazione ma lascia in sospeso moltissime domande, delle quali Azriel, in quanto protagonista e non narratore onniscente, non può conoscere le risposte.
Un romanzo forse poco noto all’interno del prolifico repertorio della Rice, ma che merita di essere letto con attenzione, per lasciarsi trasportare da questo protagonista, bellissimo come tutti i figli immortali che ci ha regalato l’autrice, che tenta di scoprire sè stesso e cerca di salvare l’Uomo per il quale nutre amore, odio ed invidia allo stesso tempo.