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Hey Prof! – F. McCourt
Trama: un professore ormai in pensione ripercorre passo passo la sua carriera di insegnante. Il primo incontro con i ragazzi, le storie degli adolescenti americani di ogni tipo di scuola, le aspirazioni a cattedre sempre più importanti e l’arrivare a capire che, nonostante l’apparenza, insegnare non è solo inserire nozioni nella testa dei giovani.
Il libro di Frank McCourt è interessante sotto molti punti di vista. Primo su tutti, è la storia di un Irlandese cresciuto nel periodo più buio delle lotte per l’indipendenza del paese dal Regno Unito emigrato negli Stati Uniti d’America con la speranza di fare soldi e rendere orgogliosa la propria famiglia. Poi è la storia di un insegnante come tanti, uscito da un’università dove nessuno gli ha mai detto a cosa realmente sarebbe andato incontro: a che serve se chi ti dice come si insegna agli adolescenti non ha mai nemmeno messo piede in un liceo se non da ragazzo? Ancora, la storia di un uomo timido, fondamentalmente solo, facile a farsi trascinare dagli altri e forse anche un po’ debole di mente. Il tutto condito di molta autoironia e tanto sarcasmo, pochi peli sulla lingua e tanta voglia di raccontare le cose per come sono senza voler fare favori a nessuno. Ci troviamo davanti a tantissimi interessanti aneddoti su ragazzi di ogni età, etnia, ceto sociale con i problemi che tutto questo di porta dietro. Troviamo tanta introspezione, molta autocommiserazione, ma tutto sempre raccontato con il piglio giusto, quello che permette al lettore di esclamare tutto contento quando si riconosce nelle parole di McCourt. E allora cosa c’è che non va?
C’è che il libro è tutto questo. Trecento pagine circa di aneddoti, tutti ben scritti, ma privi di un qualcosa di fondamentale: un vero e proprio filo conduttore. Forse è stato il non prendersi quasi per niente sul serio, ma alla fine quello che fa McCourt è mettere in fila, uno dopo l’altro, aneddoti che per quanto interessante non sono niente di più. E trecento pagine di storielle sconnesse possono risultare molto, molto pesanti da sopportare. È un peccato, perché il libro è scritto bene e si fa leggere molto piacevolmente, nonostante a volte la traduzione ci dia un po’ da pensare. Peccato. Ma come direbbe lui stesso… riprovaci, Frank!
P.S.: ironia della sorte, Frank McCourt è morto lo stesso giorno in cui ho scritto questa recensione. L’ho saputo trenta minuti dopo aver premuto il tasto “salva”. Quindi lui non può più riprovarci, ma possiamo farlo noi con Le Ceneri di Angela o Che Paese, l’America.
Recensione scritta da RM