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Come diventare buoni – N. Hornby
Probabilmente una delle opere più famose uscite dalla caustica penna inglese di Nick Hornby, Come diventare buoni soddisfa tutte le aspettative nei confronti dell’autore e forse va addirittura oltre.
L’intera vicenda viene narrata da Katie, madre di famiglia e medico del servizio sanitario nazionale inglese, fondamentalmente rilassata nella sua routine indagatrice nelle vite, a volte grame, che incontra. Suo marito, David, scrittore arrabbiato con tutto e tutti, al punto da tenerne una rubrica su una rivista, è perennemente ingrugnito e rende la vita domestica di Katie un fastidioso inferno. Finchè qualcosa di imprevisto cambia: lei decide di lasciare lui a causa di una storia extraconiugale e lui… assume un modo del tutto inatteso di affrontare la vita, facendo rivalutare all’intera famiglia, e non solo, il significato di essere buoni.
Un romanzo dallo stile impareggiabile che caratterizza da sempre Hornby: narrato in strettissima prima persona, la visione è sempre attraverso gli occhi di Katie, spesso inframmezzata da lunghe digressioni interiori, come sempre in toni un po’ esagerati ed enfatici che tanto sono cari all’autore e che integrano perfettamente la vicenda.
Questo romanzo infatti è forse uno dei più focalizzati al sentire dei personaggi, ai sentimenti che accompagnano le decisioni, spesso incomprensibilmente troppo buone, che il nuovo David impone alla famiglia.
I personaggi sono come sempre disegnati con maestria, chiari e coerenti eppure mai banali o pedanti. La visione di Katie, inoltre, rappresenta bene il pensiero di persona media (mediamente felice, mediamente partecipe dell’andamento della società, mediamente interessata a mutarne in prima persona la direzione) e quindi veicola bene il pensiero del lettore, con semplicità ed efficacia, accompagnandolo sempre attraverso questa storia in apparenza normalissima ed al contempo paradossalmente rivoluzionaria.
Un libro che non può mancare nel repertorio dell’estimatore dell’autore ma allo stesso tempo ottimo per chiunque per un viaggio introspettivo ma disimpegnato, come solo Hornby sa fare.
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