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Dracula – B. Stoker
Trama: quando il giovane avvocato Jonathan Harker è inviato in Transilvania per affari, si trova costretto ad affrontare le sue terribili paure. Perché il suo ospite e carceriere altri non è che il Conte Dracula, il leggendario vampiro.
Dopo aver letto Lasciami Entrare di Lindqvist non potevamo non interessarci al romanzo che, se vogliamo, ha dato il via a tutta la letteratura vampiresca dell’ultimo secolo. Ci ha stupito -ma forse non più di tanto- ritrovare nell’opera di Stoker tutto quello che “sapevamo” sui vampiri e che avevamo imparato dalla filmografia di genere, o (perché no?) da Dylan Dog. In fondo, il vampiro dello scrittore è esattamente quello che ha portato questa icona dell’orrore alla ribalta rendendolo un archetipo della paura ben radicato in ognuno di noi.
Il vampiro di Stoker è forte, fortissimo, dalla sensualità tanto forte e irruente quanto ambigua, capace di ammaliare e uccidere con una crudeltà inimmaginabile. Accanto a questa forza, a bilanciare abbiamo le sue debolezze più famose, magistralmente orchestrate per renderlo credibile. Questo essere immondo è incastrato perfettamente nel mondo descritto da Stoker, il mondo reale del ‘900 che non deve essere stravolto per giustificare l’esistenza del mostro: Dracula è inserito nella realtà come ognuno di noi, forse anche meglio, e si muove seguendo e combattendo le regole fisiche e sociali senza che queste debbano piegarsi alla semplice sua esistenza. Forse è proprio in questo il punto forte del romanzo. Fatta eccezione per i suoi poteri soprannaturali, il Mostro non è riconoscibile, non ha segni tangibili della sua diversità. “Ecco perché si dice che il vampiro sia invisibile allo specchio. Egli c’è, ma noi non lo riconosciamo, dal momento che il nostro stesso viso lo cela”. È difficile, difficilissimo creare un essere sovrannaturale ben bilanciato, capace di fare si paura ma anche di risultare credibile e non tanto forte da sfondare nel ridicolo. Il Dracula di Stoker centra il bersaglio e fa punteggio pieno.
Un po’ meno i protagonisti del racconto, omaccioni senza paura capaci di sciogliersi in lacrime non appena la bella Mina accenna anche una sola invocazione a Dio. La costruzione dei sei antagonisti di Dracula è decisamente surreale, stona con l’atmosfera realistica che permea il romanzo e forse è l’unico difetto del libro di Stoker che viene comunque irrimediabilmente rovinato da questa macchia. Del resto, il Dracula del libro è praticamente invisibile, lo vediamo incessantemente solo nei primi capitoli per passare poi a delle apparizioni tanto sporadiche quanto brevi e non “pericolose”. I sei eroi ci raccontano l’avventura attraverso i loro occhi, se vogliamo chiamarli così, occhi che -per quanto capaci di spaziare i più diversi stili narrativi- sono troppo pieni di una fede palesata e sensibilmente fittizia per avvincere il lettore nel profondo. È un peccato, ripetiamo, perché la storia ha tutte le carte in regola per essere appassionante, avvincente, travolgente e chi più ne ha più ne metta. Stoker riesce a creare un buon “novanta per cento” di capolavoro buttando alle fiamme la possibilità di diventare immortale solo per tessere le lodi di un Dio -poi perché proprio lui? Perché le croci e non anche i versetti del Corano?- che ovviamente non si degna mai di intervenire e aiutare i suoi fedeli nella distruzione del Mostro. Ok, certo, siamo nell’Inghilterra del 1890 e questo è sicuramente un segno del tempo, ma non ci sarebbe dispiaciuto vedere Stoker “tirar fuori le palle” e riuscire a metter giù dei personaggi un po’ più credibili. Nonostante questo, diamo a Cesare quel che è di Cesare e non ci stanchiamo di ripetere che il Dracula di Bram Stoker è un capolavoro, il capostipite della letteratura vampiresca che ha partorito quel mostro capace di entrare negli incubi di tutti in meno di un secolo. Tanto di cappello.
Recensione scritta da RM