Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
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Correva l’anno ed io divenni il caso – B. Maffezzoli
Correva l’anno ed io divenni il caso è il bel romanzo dell’autrice Benedetta Maffezzoli e racconta una storia in apparenza semplice, quasi banale, di marachelle infantili sull’orlo del teppismo, ma non solo. Con uno stile accattivante ed un ritmo incisivo, l’autrice racconta una storia di provincia, nella persona di Matteo Tebaldi, detto Papero, capo di una banda di impavidi pirati (saltuariamente pistoleri) di ragazzini di otto anni, sempre alla ricerca di qualche marachella da combinare. Il tutto senza farsi scoprire dalle temutissime mamme, che come emissari diretti del volere divino, sembrano essere state da Lui dotate di ogni genere di capacità extrasensoriale per percepire nell’aria l’odore delle malefatte. Riuscire nell’intento quindi diventa una sfida a tutti gli effetti, non solo verso il malcapitato oggetto di attenzione, verso le mamme e gli adulti in generale sempre pronti a rovinare i piani, ma anche verso loro stessi, l’amicizia che li lega, i patti di lealtà verso i compagni.
L’autrice riesce bene nell’intento di esprimere i pensieri e le parole del giovane Papero: i dialoghi sono piuttosto verosimili per un ragazzino di otto anni, mentre l’introspezione, che risulta l’aspetto più ricco, è serrata e unisce con sapienza la disarmante ironia infantile all’utilizzo di espressioni e ragionamenti adulti, trasmettendo bene un senso di dualità tra Papero bambino ai tempi dei fatti e Matteo Tebaldi adulto che ricorda il passato.
Una storia semplice, ma di notevole significato, per certi versi un vero e proprio romanzo di formazione, durante il quale Matteo racconta quell’anno in cui accaddero quella sequenza di avvenimenti che lo portò a posare la prima pietra verso la vita adulta.
La lettura è facile e scorrevole, spesso è impossibile reprimere un sorriso davanti a certe scene mostrate con grandissima efficacia, o a certe espressioni genuinamente comiche. La ricercatezza delle parole e dei moti di spirito lasciano intendere un notevole ed attento lavoro creativo che non ha lasciato davvero niente al caso.
I personaggi risultano credibili e comunque funzionali al loro ruolo: spiccano la mamma e la tremenda zia del protagonista, l’una descritta come una implacabile supereroina avvolta da una nuvola di timore ed affetto; l’altra circondata da un alone di iattura con accenti così ben studiati da renderla uno dei personaggi secondari più verosimili dell’opera.
Ci sentiamo quindi di consigliare la lettura a tutti, per concedersi momenti di piacevole svago, e ci permettiamo di comunicare i nostri più sentiti incoraggiamenti all’autrice per la realizzazione di tante altre opere future.
Aforismi di un futuro – M. Cappello
Aforismi di un futuro è una raccolta di quasi 1400 aforismi scritti da Manuel Cappello, raggruppati per argomento.
Innanzitutto: cos’è un aforisma? Dalla bella e completa spiegazione di Aforismario possiamo capire che aforisma è quella massima, quella sentenza, che attraverso la caratteristica principale della brevità, riesce a sintetizzare in poche ed efficaci parole un concetto o una riflessione che vada a cogliere il senso profondo di una tematica appartenente alla vita comune di ciascuno di noi.
Spesso un aforisma ben riuscito è quello che più è semplice e più riesce a cogliere nel segno, magari arricchito da un tocco di arguzia, talvolta cinica e disincantata e per questo ancora più calzante.
Alla luce di questo, leggere gli aforismi proposti nella raccolta risulta particolarmente ostico. Innanzitutto per lo stile: l’autore unisce la prosa ad una certa ricercatezza poetica e ad una costruzione della frase piuttosto estrema, ermetica e destrutturata. Il risultato quindi spesso porta più in primo piano la forma a discapito del contenuto. E questo ha un’incidenza ancora maggiore quando ci si imbatte nei componimenti più lunghi e complessi, andando a cozzare un po’ con la definizione stessa di aforisma.
In conclusione, ci troviamo davanti ad una raccolta di aforismi che sfociano nella poesia ermetica di non facilissima lettura e assimilazione.
Qui di seguito alcuni esempi.
42 – Lo stupido cugino di velocità è la fretta.
58 – Scrive, il corpo: una camminata osservata dagli altri, tre matite appoggiate in parallelo, un pezzo d’acciaio co il tornio lavorato.
84 – La stessa aria con cui la formica si pronuncia, anche per un elefante basta.
102 – Pronunciano quel che serve, non quel che pensi.
166 – Scrivendo lo spirito si allena, a proteggersi dai sensi.
268 – Armato, così ti voglio! Con lo scudo sofferenza e la spada intelligenza.
307 – Ogni applauso interrompe la ragione.
480 – La linea del temo è buon rifugio dalle idee confuse.
729 – Il re degli stupidi, sarà costretto a fare tutto da sè.
808 – Materialismo della storia: segui i soldi, e troverai gli Dei.
1150 – Voglio una mia bellezza, a costo di esser brutto!
Giorni, stagioni, emozioni – M. Vaccaro
Giorni, stagioni, emozioni è una raccolta di poesie scritte da Massimo Vaccaro. Si possono definire senza dubbio poesie d’amore e di passione anche carnale, in rima libera, caratterizzate da una certa semplicità di fondo che le rende in un certo senso naif. Il vocabolario utilizzato, anche quello simbolico, è piuttosto ristretto e ricalca uno schema che si può rintracciare in quasi tutti i componimenti. Il risultato finale è una raccolta gradevole sebbene circoscritta di riflessioni sulla tematica amorosa. Qui di seguito alcuni esempi.
NON SONO STATO IN NESSUN LUOGO
Non sono stato in nessun luogo
ma sono stato ovunque, trascinato
dalle notturne note di un pianoforte
sotto il cielo di San Lorenzo
a raccogliere i desideri
appesi alle stelle
e, nel ripercorrere le solite strade,
ho scoperto nuove strade
colorate di un sogno,
mentre il mio cuore attende
di riposare ancora – presto -
sulla tua bocca.
QUAL MAGICO ISTANTE
Respiro il profumo di un sogno
quando pronuncio le parole
Ti amo.
Sento nel cuore un mare tranquillo,
ove il baluginare ddel sole dell’aurora
accarezza le morbide onde, cucendo
all’orizzonte il confine tra acqua e cielo.
Galleggio in un sorriso quando posso
tenerti per mano e guardare negli occhi,
perché, in quell’istante, riesco ad udire
il canto del tuo cuore puro e profondo.
Quale magico istante!
Quale magico infinito!
Cenerontola, principessa all’arrembaggio – D. Nonino
Le fiabe sono, per antonomasia, ricettacolo di clichè. Com’è il principe? Sempre bello, alto e possibilmente azzurro (chissà perché). E il re? Anziano, paterno, saggio e giusto. E la strega cattiva? Brutta, vecchia, inacidita e animata dalle più ambiziose e distruttive idee di potere.
E le principesse? Come sono le principesse?
Agendo per stereotipi, risulta facile per i bambini immedesimarsi nell’eroe o nell’eroina di una fiaba, perché sempre animati da forti e semplici connotati positivi. Ma, insieme a questi, vengono passati anche altri messaggi, più sottili, che possono andare molto più in profondità, facendo associare allo stereotipo i concetti di “giusto” e “sbagliato”.
Le principesse nelle fiabe sono belle, magre, leggiadre e soavi, amorevoli, ma essenzialmente passive, in attesa di essere salvate dal principe azzurro di turno; oppure, nelle fiabe moderne, sono coraggiose guerriere che affrontano il pericolo a colpi di kung fu per alti valori come la patria e la giustizia. Comunque vengano dipinte, le principesse delle fiabe hanno un elemento comune: sono surreali.
Davide Nonino dà voce e corpo (con le curve) a CenerOntola, dove una sola lettera segna profondamente la differenza da tutte le principesse che l’hanno preceduta. E’ buona e gentile, ma anche lei come tutte ha i suoi momenti scorbutici; è intelligente e usa il cuore per superare i piccoli grandi ostacoli della vita e non si tira indietro per aiutare un amico in difficoltà. Insomma, si mette in gioco per quella che è, senza pose nè finzioni, trucchi o tacchi alti.
Cenerontola è la donna che vuole bene a se stessa anche con i suoi piccoli difetti, perché sa di valere, molto di più delle altre principesse che non sono altro che gusci, belli ma vuoti.
Cenerontola, principessa all’arrembraggio è una di quelle storie che riesce ad insegnare qualcosa a tutte le età: ai più piccoli attraverso una storia originale e molto più vera delle altre, propone una fonte di ispirazione più vicina alla realtà, più simpatica e più umana; agli adulti suggerisce uno spunto di riflessione anche profonda, dando un punto di vista nuovo e originale.
E’ impossibile non provare simpatia per Cenerontola, perchè bastano poche righe per riconoscersi nei suoi capelli spettinati, nelle sue battute ironiche e nel suo cuore grande di principessa scalcinata ma vera fino al midollo.
Calvin l’invisibile (The Schwa was here) – N. Shusterman
Sarà capitato a tutti, nella vita, di sentirsi trasparenti, di passare inosservati, a volte in modo anche un po’ irritante, da bambini e da adulti: essere scavalcati in una fila, essere ignorati alla fermata del bus, essere scordati nelle conte per i giochi in cortile. Ma come ci si potrebbe sentire se, invece di episodi sporadici, tutto questo capitasse sempre, ogni giorno in ogni occasione?
Da questo presupposto prende vita il personaggio di Calvin Schwa nel libro per ragazzi Calvin l’invisibile del pluripremiato autore di Everlost, Neal Shusterman.
Calvin è quel ragazzo, a scuola, che nessuno nota mai, che i professori segnano come assente alle lezioni anche quando non lo è, che i compagni non hanno idea di che faccia abbia. Insomma, Calvin non è proprio invisibile ma ci va vicino. Finchè per una serie di coincidenze conosce Antsy, di fatto protagonista e narratore della vicenda, che si rende conto di questa strana capacità di Calvin di passare inosservato, e cerca di metterla a frutto insieme a lui.
Abbiamo letto questo romanzo in lingua originale (The Schwa was here), cercando di cogliere il tratto geniale di Shusterman fin dalla fonte, e l’abbiamo trovato. Questo libro è semplice e più che adatto al pubblico a cui si rivolge, ma ad una lettura attenta possiamo notare le caratteristiche di grande intelligenza che l’autore ha saputo inserire all’interno della storia, donando spessore ai personaggi ed alla trama, e rendendolo degno di una lettura per adulti.
Già la scelta del protagonista la dice lunga: il romanzo si incentra sull’evanescente Calvin, ma il protagonista resta Antsy: Calvin è talmente imprecisato nelle sue caratteristiche che sarebbe impossibile per lui essere protagonista di qualcosa, anche della sua stessa storia. Nel procedere della trama poi, i personaggi fronteggiano le implicazioni dell’invisibilità in un crescendo di consapevolezza: dapprima se ne vedono solo i vantaggi, che vengono sfruttati dai due per raccimolare qualche soldo portando a termine sfide e scommesse; successivamente entrano in ballo domande anche esistenziali come l’annullamento di sè stessi qualora si venisse dimenticati da tutti.
La firma di Shusterman si fa sentire, quando tocca argomenti così particolari e profondi come la solitudine, la perdita immotivata di un affetto, la sconfitta, la delusione, il passare inosservati anche per chi dovrebbe prendersi cura di noi. Magistrali in questo i ruoli dei personaggi secondari, scelti per lasciare grandi sottointesi: Lexie, l’unica persona che sempra notare Calvin proprio perché non vedente; Mr.Crawley, anziano e dignitoso signore barricato nel suo mausoleo circondato da una muta di cani afgani; lo stesso Antsy, che come ogni romanzo di formazione che si rispetti, arriva pian piano ad apprezzare la sua condizione di adolescente qualunque, aiutando anche Calvin, a suo modo, ad avere una forma più definita e ad essere finalmente davanti agli occhi di tutti.
Insomma, un libro assolutamente consigliato, piacevole, ironico e intelligente, degno della produzione di Shusterman in ogni riga.
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In lingua originale: The Schwa was here
Coraline e la porta magica – diretto da H. Selick
Tempo fa abbiamo parlato del romanzo per ragazzi Coraline di Neil Gaiman; a distanza di un anno abbiamo finalmente visto il bel film di animazione diretto da Henry Selick, Coraline e la porta magica del 2009.
La sensazione generale è di avere davanti un prodotto cinematografico di alto livello. La cura profusa per la realizzazione di ogni sua parte, infatti, brilla per attenzione e cura del dettaglio (non a caso sono stati necessari 3 anni di produzione). Il film nelle sale è stato proiettato in 3D, ma anche sullo schermo domestico mantiene una qualità elevatissima. La tecnica di realizzazione è quella dello stop motion, che come è noto permette di dare una tridimensionalità tutta particolare rispetto all’animazione classica.
Coraline e tutti i personaggi sono caratterizzati benissimo, con le movenze e le espressioni dei volti. Non ci si può non appassionare alla vicenda a tinte fosche della piccola undicenne, anche con un discreto filo di apprensione per la sua sorte. La storia, come il romanzo di Gaiman da cui è tratta, si incentra sul rapporto genitori/figli, che a volte può essere morbosamente malato, ma anche sulla simbologia della vista, come possibilità di vedere la realtà e quindi formarsi una mente aperta e critica, invece di decidere di non vedere e restare quindi prigionieri nella visione ristretta del mondo che ci vogliamo costruire, una reggia dorata in cui tutto è bello e non ci sono problemi, perchè non si presta attenzione a quello che invece ci circonda.
Menzione speciale va riservata alla colonna sonora, completamente originale, pregevolissima e dolcemente malinconica e sinistra, che completa il quadro di questo piccolo capolavoro di animazione consigliato ai bambini di tutte le età.
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Teorie del caos armonico – M. Iacovone
E’ arduo provare a sintetizzare la trama del libro Teorie del caos armonico del giovane autore Michele Iacovone, potremmo considerarlo come un esercizio di narrativa, ricamato attorno al concetto di ordine nel caos ben noto ai matematici.
La struttura di questo breve romanzo è piuttosto particolare: si escordisce con un’introduzione alla teoria con toni rigorosi, per poi proseguire nella narrazione vera e propria, costituita da una serie di brevi capitoli di carattere episodico, che appaiono dapprima come racconti scollegati gli uni dagli altri, ma che pian piano vanno ad assumere le caratteristiche di un tassello all’interno di uno scenario generale.
Abbiamo trovato questo concept narrativo abbastanza originale, sebbene non proprio nuovissimo (Cuori in Atlantide di King è strutturato in modo analogo, sebbene formato da racconti molto più lunghi ed articolati e il legame tra gli stessi sia molto più sottile); di contro un simile progetto necessita di una grande padronanza di ogni più piccolo dettaglio della trama, così come della cura quasi maniacale da dedicare a ciascun episodio, che, per raggiungere lo scopo, dovrebbe essere trattato come un racconto vero e proprio sotto gli aspetti di stile, personaggi e contenuti.
Sono proprio questa precisione e questa cura che mancano nell’opera, probabilmente a causa dell’inesperienza dell’autore e dell’assenza di un buon lavoro di editing sull’opera finita ma anche in fase di lavorazione.
Le incongruenze infatti non si contano: eventi impossibili o molto inverosimili che non vengono adeguatamente giustificati (il personaggio che prima riceve una pallottola in una natica con grande sofferenza e poi versa del whisky sulla ferita senza manifestare alcuna reazione; la museruola di un cane “di taglia minuscola” che viene fatta indossare ad una donna; la consegna di una denuncia ad una persona della quale la vittima non conosceva le generalità e senza la presenza di testimoni) così come errori espressivi (un abito “grigio acceso”, i pochi passi “riversati” in una stanza) punteggiano i racconti rendendo farraginoso e dissonante l’intero telaio narrativo.
I personaggi sono totalmente bidimensionali e funzionali alla trama, descritti solo dalla voce narrante e privi di caratterizzazione; i dialoghi sono scontati oppure eccessivamente arzigogolati ed inverosimili nel contesto.
Il contenuto degli episodi è sempre molto estremo (pistole, morti, suicidi oltretutto ingiustificati, meretricio) e ai limiti del surreale, ricordando da vicino Palahniuk, Welsh e King in un episodio, sebbene non si riesca ad ottenere lo stesso loro effetto allucinato ma sempre credibile.
Lo stile in generale ha necessità di maturare ancora e di raffinarsi, per diventare meno ridondante, a tratti pretenzioso, e per acquistare in sicurezza e chiarezza nell’espressività.
Non ci resta quindi che augurare al giovane autore un in bocca al lupo per i prossimi cimenti letterari.
Alla fine della strada – C. Casu
In questa raccolta di poesie di Carla Casu, Alla fine della strada, il sentimento più forte che si può percepire è quello dell’assenza dolorosa di una persona tanto amata e che se n’è andata troppo presto, lasciando tante cose in sospeso, non chiarite e non completamente vissute.
Le opere suscitano nel lettore un senso di tristezza, disagio e solitudine, trasmettendo efficacemente il sentire della poetessa. Si riscontra comunque una certa sensualità nella scelta di alcune tematiche ed alcune parole, dando un accento molto terreno e tangibile all’inquietudine generale.
5 dicembre
Ti vidi varcare la soglia
stremato da una magrezza triste
che annienta le forze
e la voglia di esistere.Ti vidi e il mio respiro
s’interruppe in gola,
silente e mentitore,
dinanzi alla cruda realtà.Ti vidi e le gambe
arrestarono la corsa
venendoti incontro con lentezza
confusa e spaurita.Ti vidi e non capii,
che non ti avrei più rivisto.
Soffia su fogli…
Soffia su fogli
macchiati di inchiostro
il vento d’un avvenire
che non verrà…e mi lascerà
nel dubbio eterno
su ciò che era scritto
e non ho saputo leggeretra quelle righe distanti
di parole abbozzate.Soffia e sussurra
alle pagine bianche
che futuro non sarà
per gli amanti…e non lontano avrà
concretezza
una fine degna
di essere scritta.