Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]
Archivio del 2015
Noi siamo infinito – regia di S. Chbosky
Ho letto questo libro perchè avevo sentito parlare molto bene del film. Dopo aver scoperto, poi, che l’autore è anche il regista del film stesso, ho deciso di completare l’opera guardando anche quest’ultimo, prima di fare la recensione.
Credo di aver fatto bene.
Noi siamo infinito, altrimenti noto come Ragazzo da parete o anche La fortuna dell’essere timidi che hanno tradotto in modo così poco univoco il titolo originale “The perks of being wallflower” di Stephen Chbosky, è diventato a pieno titolo, qualche anno fa, un libro cult per il publico young adult. E, anche se sono fuori tempo massimo di qualche anno, credo di aver capito perchè.
Questo romanzo affronta con delicatezza e sensibilità una storia che in molti possono sentire come propria. Charlie, un ragazzo timido e sensibile, deve iniziare il suo percorso scolastico alle superiori. Non ha amici e non conosce nessuno, quindi decide di scrivere delle lettere ad un ragazzo sconosciuto, che possiamo essere noi lettori o che può essere sè stesso come in un diario, per farsi forza e tenere il filo dei propri pensieri.
Grazie a questa finzione narrativa scopriamo la particolare intelligenza di Charlie, il suo spirito di osservazione, la sua fragilità. E conosciamo quelli che pian piano diventano i suoi amici più leali, Patrick e Sam, studenti dell’ultimo anno, che lo aiuteranno ad affrontare questo delicato momento di vita e al contempo a fronteggiare finalmente i demoni del passato, per guardare con nuova fiducia al futuro.
Consiglio di godere di entrambe le opere, quella letteraria prima e quella cinematografica poi, poichè essendo nati entrambi dalla stessa penna, si compenetrano completandosi a vicenda.
Se il libro è più fine e sottile nell’affrontare alcune sfaccettature introspettive di Charlie e in generale dei protagonisti, il film semplifica la storia verso la sua essenzialità, mutuando dalla capacità espressiva degli attori i dettagli di una vicenda delicata e intelligente.
Ho apprezzato molto la storia e mi sono sentita molto vicina al personaggio di Charlie, come immagino gran parte dei lettori di tutte le epoche abbiano sempre fatto con i romanzi di formazione, ma se la lettura del libro mi ha lasciata con una sensazione di tranquilla positività, il film è riuscito a turbarmi molto di più, facendomi sentire di nuovo quindicenne, incasinata come oggi e quasi più di allora, con uno struggente desiderio di arrivare ad afferrare finalmente quella fiducia, quella chiarezza, quell’equilibrio che i protagonisti sembrano vedere di fronte a loro alla fine del film, passando a tutta velocità sotto il tunnel, verso il futuro.
Recensione scritta da Sayu
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Drood – D. Simmons
Tutti conoscono Charles Dickens, un autore già ampiamente celebrato nella sua epoca e passato con stima indenne attraverso i decenni fino a noi. Ma non tutti conoscono la figura di William Wilkie Collins, Wilkie per tutti, romanziere e drammaturgo, collaboratore e amico per oltre ventanni dell’Inimitabile.
Dan Simmons rende onore alla sua fama di autore geniale e di intellettuale dalle conoscenze enciclopediche con il suo romanzo Drood, nel quale affronta gli ultimi quattro anni di vita di Dickens raccontato dalla penna di Collins.
Il risultato, oltre agli aspetti più dark e horror della storia che comunque non mancano, è un romanzo ponderosissimo (800 pagine) incentrato sulla figura di Dickens, disegnato qui in una figura molto terrena, tridimensionale (e spesso insopportabile), ricca di debolezze, manie, egogentrismi e vezzi.
Al contempo, probabilmente la punta di diamante di tutta l’opera è lo stesso narratore, Wilkie, cresciuto lavorativamente sempre all’ombra del Maestro, in una continua ricerca di autodeterminazione come scrittore e come individuo, sempre teso a rapportarsi con Dickens come un pari, e non più come un protégé di belle speranze ma dal talento modesto, in un rapporto conflittuale di amore ed odio.
Spesso l’utilizzo della prima persona nei romanzi fa sì che la figura narrante rimanga in ombra, rispetto a quello che sta narrando, o che al contrario risulti troppo forte da influenzare il racconto. In questo caso, il personaggio di Wilkie Collins è il vero protagonista del romanzo: il modo in cui parla di Dickens comunica moltissimo su sè stesso, sui suoi sentimenti, sulla sua parzialità di visione, pur senza alterare i fatti ai nostri occhi.
Simmons ha dimostrato doti di vero acrobata nel gestire questa storia complessissima e frutto evidente di uno studio approfondito e preciso delle biografie di Dickens e di Collins in primis, ma anche di una conoscenza profonda dell’epoca storica, degli usi, dei costumi morali e spesso meno documentati di un’epoca che ormai ci appare lontanissima.
Un romanzo impegnativo ma godibile come il miglior Simmons, punteggiato da moti di spirito deliziosamente misurati e per questo ancora più pregevoli.
Lettura assolutamente consigliata.
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Buonasera, dottor Nisticò – A. del Giudice
Il dottor Nisticò, direttore d un’importante istituto creditizio, è appena stato elegantemente invitato a dare le dimissioni. La sua implicazione nello “scandalo”, un giro di mazzette per i notabili del paese a sostegno di un importante affare, è stata scoperta e la notizia è su tutti i giornali. L’uomo si ritira in esilio volontario in casa sua, e il romanzo di Antonio del Giudice, Buonasera, dottor Nisticò, illustra proprio il flusso di pensieri e ricordi scaturiti da questa caduta sociale.
L’autore, con grande abilità, racconta l’amarezza di un uomo illustre nel momento della crisi e rielabora con amarezza tutto ciò che la connivenza agli usi poco limpidi negli affari ha prodotto nella sua vita fino a quel giorno. Un matrimonio nato per amore e naufragato nel gelido disprezzo da parte della moglie, gli innumerevoli tradimenti incentivati dalla sua posizione sociale, i figli ricoperti di doni e denaro insufficienti a conquistarne l’amore e la fiducia.
Un romanzo breve che è un flusso di coscienza del protagonista nel corso di alcuni mesi dalla sua rovina, che come in un film rivede tutti i momenti chiave della sua vita e nella quale distinguiamo i tratti caratteristici di molti individui simili, che appartengono alle cronache italiane di tutti i giorni.
Una lettura interessante e ben congeniata che ci sentiamo di consigliare.
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Scheda: Gli eletti di Scantigliano – P. Durando
Siamo nella seconda metà del secolo XXI. Nove personaggi arrivano in aereo dall’immaginaria cittadina toscana di Scantigliano ad al-Dakhla, nel Sahara Occidentale. Sono stati selezionati dalla Extension Olovision (Ov) per partecipare ad un reality, che consiste nel trascorrere sei mesi, privati di ogni consueto device, su una nave diretta verso una destinazione ignota. Ripresi costantemente, vengono sottoposti ad una valutazione periodica da parte del pubblico da casa e dal Grande Fratello della situazione, detto “Il Mediatore.” Col tempo approfondiscono la conoscenza reciproca, interagendo tra loro in modi più o meno imprevedibili, finché si rendono conto che le cose non stanno affatto come pensavano.
l’autore
Sono Paolo Durando, nato a La Spezia il 24/2/1963 e attualmente insegnante di italiano e storia al liceo artistico di Treviglio (Bg). Ho sempre creduto nella fantascienza quale mezzo privilegiato per l’interrogazione dell’esistente, per le provocazioni conoscitive e metacognitive che consente. Sono collocabile nella “banlieue” della letteratura fantastica, almeno da quando, sul n. 37 di Futuro Europa, la rivista di Ugo Malaguti, apparve il mio racconto “La missione di Xeres”. Mi sono azzardato in alcune pubblicazioni (perlopiù ebook) amatoriali e, nel 2013, ho vinto il premio Short Kipple. Si possono trovare facilmente informazioni su di me in Rete, ad esempio la recensione di Gian Filippo Pizzo della mia raccolta “Le storie della salamandra” su “Il giornale dei misteri” del luglio 2012. Nel 2014 ho vinto il premio Triskelion Antipodes editrice, con il romanzo “Gli eletti di Scantigliano”
Niceville – S. Carsten
Una amena e tranquilla cittadina della provincia americana nasconde oscure trame, un turpe segreto e una entità malvagia che richiede periodicamente il suo tributo, secondo una antica maledizione.
Non molto più di questo appare nella quarta di Niceville, di Carsten Stroud e non c’è in effetti molto più di questo anche all’interno del romanzo stesso.
Inspiegabilmente osannato, a quanto si dichiara nelle alette di copertina, questo romanzo è decisamente deludente. Anche volendo evitare paragoni con il Re dell’horror, per il primo centinaio di pagine l’autore divaga, parlando un po’ di questo e un po’ di quello, facendo il background di un manipolo di personaggi (stereotipati al massimo, da “fisico sottile come una lama di coltello” a “occhi glaciali”, fisici asciutti e cecchini infallibili) e dei loro trascori militari. Per un bel pezzo non si vede all’orizzonte un filo di azione interessante, al punto da far perdere ogni interesse al lettore. Verso metà del volume però inizia finalmente a succedere qualcosa, e da quel momento l’interesse riesce a riprendere quota, anche grazie ad alcune scene effettivamente un po’ originali, e si risce a tirare avanti fino alla fine, anche senza particolare entusiasmo.
La trama in sè però è fiacca, trita e già vista, la parte incentrata sul soprannaturale (quindi quella da affrontare con la mentalità più aperta) è inconsistente e mal spiegata, oltre a concludersi in un modo del tutto insoddisfacente; la parte più concreta, incentrata sulle vicende di un gruppetto di malviventi alle prese con una ingombrante refurtiva, è stanca e non particolarmente avvincente.
Su tutto risplende, almeno in linea teorica, la mano sapiente dell’autore, che dovrebbe saper dosare gli elementi realistici con quelli soprannaturali, quelli drammatici con quelli rocamboleschi. Il risultato è però molto sotto la media (abbiamo le leggende indiane! e delle presenze oscure che raschiano le tavole dei parquet!) e poco credibile. A parte alcuni momenti un po’ più indovinati, Niceville sembra un tarocco di un horror mescolato con il tarocco di un thriller.
Agli amanti dei suddetti generi, quelli originali, si consigliano tutt’altre letture.
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Scheda: Buonasera, dottor Nisticò – A. del Giudice
Lo scandalo per una “mazzetta” travolge la vita felice e cinica del dottore Nisticò, amministratore delegato della maggiore banca cittadina, punto di snodo di affari leciti e illeciti, luogo nevralgico per palazzinari e businessman chiaccherati, “palude” dove si decidono, nel bene e nel male, le sorti economiche ma anche le gerarchie sociali della città. Nisticò si dimette dalla carica e vede crollare di colpo il suo mondo di agio e privilegi. Affida le carte all’avvocato e decide di chiudersi in casa. Manda un sms, una richiesta di aiuto ai suoi vecchi sodali e clienti. Nessuna risposta. L’establishment si dimentica di lui, e le crepe si aprono anche in famiglia. La moglie Anna decide di vendicarsi, dopo dieci anni, del tradimento con la bella Rachele, sua dipendente. La figlia Livia, al tempo alleata della madre, aumenta il suo distacco dal padre. Il figlio Michele non infierisce, ma vive il crollo paterno in una studiata indifferenza. L’unico fratello, Marco, rinfocola le vecchie gelosie verso il fratello di successo. La gazzetta locale lo tormenta tutte le mattine. Solo la cameriera e il giardiniere gli portano ancora qualche rispetto. Nisticò passa le giornate abbandonandosi al suo destino, quasi assaporando l’aspro e corrosivo finale di chi è messo al bando. Passa il tempo leggendo, riscoprendo vecchi libri e guardando le sue cose come se appartenessero a un morto. Conta i passi identici che fa ogni giorno con rassicurante cadenza. Si nasconde nella memoria della famiglia, si rifugia in soffitta, dove una cassaforte nasconde il prezzo dello scandalo. È Natale. E a casa Nisticò i riti della festività stridono con il disperato naufragio del padrone di casa che paga lo scandalo con un improvviso malore. La solitudine dell’ospedale è rotta da due notizie: il prezzo irrifiutabile di una vecchia passione, l’incredibile verdetto della giustizia. Nisticò non sa quale solitudine scegliere. Sulla sua vita non decide più lui.
l’autore
Antonio Del Giudice è un pugliese errante, nato ad Andria nel 1949. Ha fatto per più di 40 anni il giornalista. Ha vissuto a Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove attualmente abita. Ha lavorato alla Gazzetta del Mezzogiorno, a Paese sera, a Repubblica, all’Ora, all’Unità, alla Gazzetta di Mantova, al Centro d’Abruzzo, alla
Domenica d’Abruzzo. Ha fatto la sua trafila da cronista a direttore, a suo rischio e pericolo, e da uomo libero. Adesso collabora con Blitzquotidiano scrivendo articoli di costume. Ha pubblicato nel 2009 La Pasqua bassa per San Paolo edizioni; nel 1987 aveva pubblicato un libro-intervista con Alex Zanotelli, il profetico missionario comboniano.
Che ti sia lieve la terra – C. de Concini
Il modo migliore per raccontare la storia di una vita, non consiste nell’enumerare date e fatti ed eventi, luoghi visitati e successi conquistati, bensì raccontare come quella vita, nel suo scorrere, abbia saputo influenzare le vite che si sono incrociate con essa.
Che ti sia lieve la terra, romanzo di Camilla de Concini, raggiunge questo obiettivo, raccontando una vita ugualmente straordinaria e comune attraverso le storie di tre vite che l’hanno incrociata, profondamente amata ed infine persa per sempre.
L’autrice racconta le vicende di tre donne, molto diverse per cultura ed età, unite da un legame di amore e di perdita con la quale, ciascuna a modo loro, deve scendere a patti e sulla quale devono imparare a costruirsi un nuovo percorso senza la persona tanto amata, arrivando finalmente a contare l’una sull’altra.
Attraverso una turnazione dei tre punti di vista narrativi, l’autrice riesce a cogliere con una sensibilità di alto livello le difficoltà di ciascuna protagonista: solitudine, abbandono, sconcerto, lutto, perdita, tradimento e in tutte, un forte e determinato desiderio di rinascita.
Le storie si estendono anche da un punto di vista geografico, spaziando dall’Italia al Libano passando per l’area balcanica e la Turchia, in un lungo viaggio attraverso culture diverse simbolico rispetto al viaggio interiore che le protagoniste devono affrontare per l’elaborazione del lutto.
E’ un ottimo romanzo, che ci sentiamo di consigliare a lettori e lettrici di tutte le età, perchè scritto con cura e competenza, sensibilità e credibilità, caratteristiche ormai rare nella letteratura d’assalto moderna.
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L’attacco del tuono nero – A. Costantin
La narrativa di genere, per sua natura, ha scopi prettamente di intrattenimento e si caratterizza, a seconda appunto del filone di appartenenza, per caratteristiche differenti e talvolta diametralmente opposte a quelle tipiche della letteratura.
Ecco quindi che elementi come la credibilità, la verosimiglianza e la costruizione di personaggi sfaccettati possono passare in secondo piano, per mettere in risalto esclusivamente l’aspetto ludico. Ed è questo il caso della fiction a sfondo poliziesco/criminale, alla quale appartiene L’attacco del tuono nero di Andrea Costantin. Storie di uomini duri, rudi e coraggiosi, carismatici e forti, che portano giustizia tra bande malavitose o che, in nome del distintivo vestito per anni, danno una mano alle nuove leve nella lotta contro il crimine.
Va da sè che i protagonisti di queste storie hanno spesso caratteristiche da semidivinità, espressione massima della possibilità onnipotente dello scrittore nei confronti dei suoi personaggi: instancabili, infallibili, senza macchia nè paura, e così sono i personaggi delle storie incluse nel libro.
Di contro, anche i cattivi di turno sono un po’ da operetta: gli sgherri sono mediamente degli incompetenti semiritardati, mentre il boss appare come un freddo ed intelligente calcolatore, salvo poi farsi mettere fuori combattimento in modo decisamente poco furbo.
Un romanzo di genere dedicato ad estimatori del settore, che possono lasciarsi trasportare storie non del tutto credibili e passare sopra ad errori, disattenzioni e “licenze poetiche” sia in termini di editing che di costruzione dei dialoghi e dei personaggi.
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