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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

Post Taggati ‘romanzi giovani adulti’

I cavalieri del nord – M. Strukul

Postato da Legione il 29 Novembre 2015

http://annessieconnessi.net/i-cavalieri-del-nord-m-strukul/

Nel cuore del Medioevo, dell’inverno e dell’Europa, un manipolo di cavalieri della Croce teutonici si appresta ad un viaggio pericoloso in difesa del castello di Dietrichstein, ultimo baluardo della cristianità in un territorio stretto nella morsa delle popolazioni barbare.
Attraverso mille difficoltà e oscuri presagi, il giovane Wolf insieme ai suoi confratelli attraverserà il ventre della fredda Europa, scontrandosi con forze sconvolgenti e imprevedibili, incontrando lungo il cammino una compagna di viaggio del tutto inaspettata, ammantata da un’aura di pericolo e tentazione.

I cavalieri del nord, di Matteo Strukul appare subito come un romanzo storico dal taglio fantasy, dal soggetto e dall’ambientazione piuttosto atipica, presentandosi come una lettura decisamente intrigante per un pubblico young adult.
Il ritmo incalzante e la voce narrante che varia tra i personaggi principali, rende dinamica la struttura consentendo di arricchire la scena di attori e punti di vista, lasciando anche diversi spunti di riflessione.
Le tematiche dell’onore, della coerenza delle azioni ai propri principi, vengono trattate lungo tutto il romanzo, così come alcune sfumature più inedite che consentono di delineeare caratteristiche particolarmente verosimili per i personaggi.
L’ambientazione sia geografica che storica rende particolarmente originale la storia ed evidenzia la particolare cura riposta dall’autore nella documentazione, elemento fondamentale per rendere anche solo vagamente credibile la storia proposta.

Un romanzo interessante e di buon intrattenimento, che un pubblico giovane di lettori può senz’altro trovare affascinante.

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Noi siamo infinito – regia di S. Chbosky

Postato da Legione il 30 Marzo 2015

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Ho letto questo libro perchè avevo sentito parlare molto bene del film. Dopo aver scoperto, poi, che l’autore è anche il regista del film stesso, ho deciso di completare l’opera guardando anche quest’ultimo, prima di fare la recensione.
Credo di aver fatto bene.
Noi siamo infinito, altrimenti noto come Ragazzo da parete o anche La fortuna dell’essere timidi che hanno tradotto in modo così poco univoco il titolo originale “The perks of being wallflower” di Stephen Chbosky, è diventato a pieno titolo, qualche anno fa, un libro cult per il publico young adult. E, anche se sono fuori tempo massimo di qualche anno, credo di aver capito perchè.
Questo romanzo affronta con delicatezza e sensibilità una storia che in molti possono sentire come propria. Charlie, un ragazzo timido e sensibile, deve iniziare il suo percorso scolastico alle superiori. Non ha amici e non conosce nessuno, quindi decide di scrivere delle lettere ad un ragazzo sconosciuto, che possiamo essere noi lettori o che può essere sè stesso come in un diario, per farsi forza e tenere il filo dei propri pensieri.
Grazie a questa finzione narrativa scopriamo la particolare intelligenza di Charlie, il suo spirito di osservazione, la sua fragilità. E conosciamo quelli che pian piano diventano i suoi amici più leali, Patrick e Sam, studenti dell’ultimo anno, che lo aiuteranno ad affrontare questo delicato momento di vita e al contempo a fronteggiare finalmente i demoni del passato, per guardare con nuova fiducia al futuro.
Consiglio di godere di entrambe le opere, quella letteraria prima e quella cinematografica poi, poichè essendo nati entrambi dalla stessa penna, si compenetrano completandosi a vicenda.
Se il libro è più fine e sottile nell’affrontare alcune sfaccettature introspettive di Charlie e in generale dei protagonisti, il film semplifica la storia verso la sua essenzialità, mutuando dalla capacità espressiva degli attori i dettagli di una vicenda delicata e intelligente.
Ho apprezzato molto la storia e mi sono sentita molto vicina al personaggio di Charlie, come immagino gran parte dei lettori di tutte le epoche abbiano sempre fatto con i romanzi di formazione, ma se la lettura del libro mi ha lasciata con una sensazione di tranquilla positività, il film è riuscito a turbarmi molto di più, facendomi sentire di nuovo quindicenne, incasinata come oggi e quasi più di allora, con uno struggente desiderio di arrivare ad afferrare finalmente quella fiducia, quella chiarezza, quell’equilibrio che i protagonisti sembrano vedere di fronte a loro alla fine del film, passando a tutta velocità sotto il tunnel, verso il futuro.

Recensione scritta da Sayu

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Everwild – N. Shusterman

Postato da Legione il 5 Aprile 2013

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Dopo lunga attesa, ecco il secondo episodio della “trilogia dei rubapelle”: Everwild, degnissimo seguito del da noi mai abbastanza osannato Everlost, nato dalla brillante mente letteraria di Neal Shusterman.
Se in Everlost la protagonista indiscussa è appunto la dimensione di Everlost, una specie di limbo tra la vita e l’aldilà dedicato esclusivamente ai ragazzi, in Everwild prendono piede e spessore le vicende dei protagonisti, Allie e Nick, alle quali si aggiungono le traversie dell’antagonista (ora ancora più antagonista nella sua risoluta follia) Mary, dell’ex mostro e fratello Mickey e di una piccola insidiosa squadra di rubapelle capitanata dal fascinoso russo Milos.
Dal punto di vista narrativo sicuramente la trama di questo romanzo risulta molto più ricca e corposa del predecessore, che si incentrava principalmente sul suscitare nel lettore stupore e meraviglia davanti a questo mondo evanescente costruito con tanta maestria. Si viaggia a cavallo di Everlost e del mondo vivo, con un sacco di colpi di scena alcuni dei quali davvero inaspettati, gettando le basi verso l’episodio conclusivo della saga.
Vengono toccati qui alcuni dei temi tanto cari alla letturatura per giovani adulti, primo tra tutti l’amore, ma non viene rubato spazio a ciò che meglio caratterizza l’arte di Shusterman: si parla di morte in modo talvolta crudo e sconcertante, ma con una sapienza nella scelta del linguaggio tale da essere in grado di togliere il fiato e commuovere sempre nel profondo. Si parla anche tanto di vita, di quanto possa essere effimera, di come talvolta ci si lasci vivere senza assaporare davvero il potere delle sensazioni; di memoria, di mancanza, di volontà ferrea, di crudeltà, di scopi, di falsi miti, di illusioni.
Anche questa volta Shusterman non tradisce, regalando nuove sfaccettature e implicazioni del mondo di Everlost ancora più sconcertanti e varie, mantenendo sempre una consistenza e una solidità di costruzione che rassicurano il lettore e lo lanciano a tutta velocità in un mondo fantastico scisso tra la meraviglia e l’orrore.
Consigliamo moltissimo la lettura di questo romanzo, imprescindibile per chi ha letto il primo romanzo, ricordando però che il terzo volume della serie, Everfound, non è ancora stato pubblicato in Italia.

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E anche il primo volume della saga: Everlost

Il canto della rivolta – S. Collins

Postato da Legione il 8 Ottobre 2012

In questo ultimo capitolo della saga best seller di Suzanne Collins, Il canto della rivolta, arriviamo finalmente all’epilogo di tutte le travagliatissime vicende di Katniss e per estensione di tutti i cittadini di Panem.

Definire denso questo romanzo sarebbe un eufemismo, probabilmente solo I doni della morte, conclusione della saga di Harry Potter, può reggere il confronto sulla quantità di eventi (sebbene, in quest’ultimo caso, il risultato sia stato molto più scarso e meno soddisfacente).
Diciamolo, la Collins ci è andata giù pesante.
Abbiamo perso il conto di quante volte Katniss ha rischiato la vita, in una varietà di modi differenti, entrando ed uscendo dai fumi degli psicofarmaci e dei sedativi.
Le perdite di vite sono ingentissime, nel procedere di questa guerra contro Capitol City, ma sembra che ci sia una guerra molto meno chiara in corso, una lotta interiore sulla posizione da assumere nei confronti delle due fazioni e di coloro che stanno in mezzo: la gente comune.
Ed è infatti di questo che parla principalmente il romanzo, del fatto che, che si sia governativi o ribelli, le figure che hanno presa sul popolo vengono trattate come pedine, fantocci strumentalizzati, spesso senza nemmeno essere messi a parte dei progetti che li riguardano.

Leggere la saga The Hunger Games ci ha ricordato all’improvviso un altro romanzo che abbiamo tanto apprezzato, Unwind di Neal Shusterman. Entrambi descrivono un futuro distopico nel quale le nostre attuali grettezze vengono portate all’esasperazione, nel quale un governo dal pugno assurdamente troppo duro e amorale si arroga diritti di vita e di morte sugli innocenti e gli inermi. In entrambi si assiste al cambiamento, alla sovversione, che parte dal basso.

Il canto della rivolta racconta la discesa negli incubi peggiori, in uno scenario ancora più orrendo delle arene dei giochi: un’arena viva, vera, combattuta strada per strada. E dopo l’inferno, la lenta risalita, attraverso il recupero delle cose semplici, il ritrovamento a piccoli passi dell’equilibrio mentale, la voglia di provare a pensare ad un futuro senza gli Hunger Games che per decenni sono stati lo strumento del governo per tenere al guinzaglio una nazione tramite il terrore.

Questa saga è lontana dalla perfezione, sia stilistica che contenutistica, ma la sua forza è evidente. Cattura il lettore, lo lega a Katniss e alle sue vicende anche quando magari non risulta proprio simpatica, veniamo strapazzati e sorpresi dalle decine di colpi di scena che si susseguono per tutto il romanzo, per arrivare al finale, che a modo suo è un happy end, l’unico possibile viste le circostanze. Katniss fa una sola scelta, di salvaguardia e di conservazione, che alla fine si rivela la più giusta. Tutte le tessere del mosaico vanno al loro posto, anche malgrado le sue azioni dettate dall’impulsività.

Una saga che consigliamo, in particolare ai giovani adulti appassionati di distopie e fantapolitica che amano leggere qualcosa che lasci loro dei pensieri da rimuginare ed un mondo, ancorchè crudo, affascinante e ricco di dettagli che lo rendono vivo e molto, troppo, vicino a noi.

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La ragazza di fuoco – S. Collins

Postato da Legione il 4 Ottobre 2012

Katniss e Peeta sono riusciti a farla franca, nei 74esimi Hunger Games di Panem, vincendo i giochi per la prima volta in due. Ma questa vittoria non li mette al sicuro da Capitol City, anzi. La vittoria è stato un affronto al presidente Snow e al sistema, perchè i due giovani hanno piegato a loro favore le regole del gioco salvandosi la vita.
E non solo: l’intelligenza istintuale dettata dalla disperazione di Katniss è stata un esempio di autodeterminazione che ha innescato qualcosa di grosso e ingestibile all’interno dei distretti.
Così, mentre la coppia affronta il Tour della Vittoria in preparazione ai 75esimi Hunger Games, qualcosa inizia a muoversi, qualcosa che non può essere nascosto o soffocato nel silenzio. Ma questo è l’anno dell’Edizione della Memoria: i giochi speciali che cadono ogni venticinque anni, e l’occasione per Capitol City è troppo ghiotta per essere trascurata.

La ragazza di fuoco, secondo romanzo della trilogia Hunger Games di Suzanne Collins (titolo originale Catching Fire), parte piuttosto sottotono. Per almeno metà romanzo (che, diamine! è troppo breve!) l’autrice si dilunga nel raccontarci come la vita di Katniss è cambiata al suo rientro dai giochi. E non solo la sua, ma dell’intero distretto: sembra che la sorveglianza si sia fatta molto più serrata e che, soprattutto, qualcosa inizi a covare sotto la cenere. Approfondiamo anche il rapporto duale della ragazza con Peeta, suo compagno nei giochi, che recita con lei la parte degli innamorati sventurati del distretto 12 e che probabilmente ha salvato loro la vita da morte certa per mano diretta della capitale; e Gale, il suo storico compagno del cuore.
Ma tutto cambia quando viene annunciata l’Edizione della Memoria, e da quel momento l’attenzione viene focalizzata nuovamente sui giochi e sulle imperscrutabili trame della capitale. Ma questa volta non saranno solo gli Strateghi a far andare le cellule grigie…

Non c’è che dire, la storia della trilogia è appassionante e regge bene anche sulla lunghezza. Lo stile asciutto in combinazione con la strettissima prima persona su Katniss rende la lettura scorrevole (forse pure troppo) da incatenare il lettore alla pagina. Una slavina inarrestabile di eventi ed emozioni fanno sì che da metà romanzo in poi la lettura non si possa più interrompere.
Anche in questo episodio è impossibile non lasciarsi andare a qualche riflessione, sia di carattere politico (in fondo la situazione di Panem è così inverosimile?) che sociologico. La Collins dimostra una immaginazione spietata incredibile, non solo nella realizzazione della nuova arena di gioco ma anche nel definire i dettagli delle vittorie dei giochi precedenti, ad esempio, e nel delineare il nuovo regime di polizia nei distretti.

La Collins coglie qualcosa, dentro di noi, attraverso i suoi romanzi, qualcosa di atavico e animale che abita in noi tutti, giocandoci, e attraverso questa intrappolandoci nel suo mondo perverso.
Ci sarebbe tanto da riflettere sui simbolismi che permeano i romanzi, molto da dire sull’aderenza di certe sfumature alla vita reale e alle umane debolezze. Non possiamo dire che questo romanzo sia oggettivamente perfetto (per Hunger Games siamo stati un po’ fuorviati dalla visione del film, lo ammettiamo) ma è quel tipo di opera che evoca nel lettore qualcosa che va oltre la sola parola scritta. Non un capolavoro indiscutibile, ma efficacissimo nelle sue imperfezioni.

Per chi ha intrapreso la lettura di Hunger Games e ne è rimasto rapito, non c’è sicuramente bisogno di consigliare la lettura de La ragazza di fuoco.

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Hunger games – S. Collins

Postato da Legione il 25 Settembre 2012

Infine l’abbiamo letto. Grazie ad una gentile spintarella di un gruppo di amici dello Staff, abbiamo finalmente messo le nostre piccole manine avide (ma pulite) sull’intera trilogia cartacea e profumata di Suzanne Collins, Hunger Games.
Dopo aver visto il film ed esserci disgustosamente entusiasmati alla storia, abbiamo bramato leggere questa controversa opera. Controversa perchè, come abbiamo detto altrove, è stata più volte tacciata di essere plagio dell’opera nipponica Battle Royale. Abbiamo sufficientemente argomentato altrove (sempre nella recensione del film), e confermiamo tutto riga per riga anche per il romanzo.

Il romanzo. Parliamone dunque.

Noi, che non amiamo nemmeno leggere le quarte di copertina per non trovarci con qualche pregiudizio, siamo tendenzialmente contrari alla visione del film prima della lettura del romanzo. Purtroppo in questo caso non abbiamo potuto fare come avremmo voluto. Ma al termine della lettura, possiamo dire che sì, il film spoilera l’intera trama, togliendo gran parte della tensione (che di fatto è il punto di forza del romanzo) ma non lo uccide del tutto.
Romanzo e film possono essere considerate opere complementari.
Il romanzo, scritto in prima persona strettissima nella testa della protagonista Katniss, e al tempo presente, ha delle limitazioni oggettive facilmente intuibili che non potevano essere trasposte con efficacia nel film. Di contro, quindi, il film permette di arricchire sensibilmente la trama già più che nutrita, approfondendo ad esempio il contesto sociale di Panem e degli Hunger Games, che nel romanzo rimangono piuttosto sottointese.

Il lettore è collocato stabilmente nella testa di Katniss, vede quello che vede lei, soffre con lei i morsi della fame, della paura, della violenta sensazione di impotenza, osserva i suoi pensieri e i suoi ricordi. Hunger Games è un romanzo che ti porta via dalla tua poltrona e ti getta in mezzo alla mischia nell’arena, flaccido e sprovveduto come solo un cittadino benestante può essere in mezzo alla natura selvaggia, protetto solo dall’arco di questa minuta cacciatrice, fortemente determinata a vincere e portare a casa la pelle, ma senza perdere il lume della ragione, l’equilibrio, senza diventare crudele in nome dello spettacolo, senza perdere la propria identità.
A differenza di ciò che il film lascia più volte sottointendere, nel rapporto tra lei e Peeta non c’è poi tutta questa freddezza. Katniss non riesce a comprendere fino a che punto Peeta finga di essere innamorato di lei per intercettare il favore di pubblico e sponsor, ma al contempo lei stessa è meno padrona dei suoi sentimenti quanto il suo alter ego cinematografico lascia più volte intendere.
Ne risulta una Katniss molto più cruenta e determinata, in alcuni frangenti, rimanendo in altri molto più fragile e confusa, molto più simile ad una sedicenne qualunque.
L’autrice è stata indubbiamente abile nello scrivere una storia semplice, ricca di causa/effetto logici e lineari, lasciando trasparire la naturale angoscia della situazione, senza ricami stilistici di pathos o ricercatezza del linguaggio (in questo la Collins è molto scarna e diretta, rappresentando perfettamente la voce interiore di una Katniss senza fronzoli). Vengono gettate le basi, le note di avvio, di un mondo distopico morboso e dittatoriale. Il resto viene colmato dalla nostra immaginazione, coinvolgendoci, facendoci porre delle domande, a volte togliendoci il sonno.

Se non si è capito fin qui: lettura fortemente consigliata. Magari non molto adatta ai facilmente impressionabili.

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Unwind – N. Shusterman

Postato da Legione il 13 Luglio 2012

In un futuro imprecisato e distopico (ma non poi così lontano dalla nostra quotidianità), a conclusione della guerra civile definita Guerra Morale, viene firmata la Legge sulla Vita: l’aborto viene considerato pratica illegale, mentre viene concessa la possibilità ai genitori di applicare l’aborto retroattivo sui propri figli tra i 13 e 18 anni. In questo caso, i ragazzi indesiderati vengono portati in appositi luoghi di raccolta dove vengono divisi, ovvero… smontati, per continuare a vivere, smembrati in decine di parti, in altrettanti ospiti bisognosi di un “pezzo di ricambio”.
Connor, Risa e Lev, tre dividendi giunti in questo status per differenti motivi, intrecciano per caso le loro vite e riescono a sottrarsi all’angoscioso destino. Ma sarà una salvezza momentanea: dovranno restare latitanti fino alla maggiore età per considerarsi finalmente in salvo. Ci riusciranno?

Bello, stupefacente, memorabile. La nostra recensione potrebbe chiudersi qui.
Neal Shusterman ormai regna incontrastato nei nostri cuori e nella nostra immaginazione, da quando abbiamo letto Everlost e ne abbiamo raccolto tutto il potenziale evocativo e commovente. L’autore con Unwind – La divisione supera se stesso. Si rivolge ad un target leggermente più maturo, spostandosi dalla letteratura per ragazzi verso i giovani adulti, ma nel suo candore, nel suo modo di scrivere cristallino e disarmante, arriva a smuovere fin nel profondo l’anima di chiunque, forse in particolar modo il pubblico più adulto.
Se proprio volessimo fare i puntigliosi, dal punto di vista strettamente fantascientifico alcuni passaggi potevano essere spiegati e giustificati meglio, lasciando alcuni dettagli un po’ troppo nebulosi e non molto logici, ma è possibile che questa sia stata una scelta precisa dell’autore, per evidenziare al lettore quanto l’intera faccenda della divisione e di tutto quello che vi ruota attorno (quindi, in sintesi, l’intera società) sia completamente assurdo e alienante.
La trama e l’intreccio, i personaggi primari e secondari, il gusto per i dettagli, la voce narrante, lo stile: tutto concorre alla realizzazione di un quadro memorabile. I personaggi sono vividissimi, dettagliati, ben delineati e distinti gli uni dagli altri, sono emozionanti per quanto vengono messi in difficoltà dalle assurde implicazioni della Legge sulla Vita. E sebbene vi si possano individuare buoni e cattivi, alla fine anche i cattivi sono vittime del sistema, e si perde la sensazione di intimo piacere quando il sistema, infine, si abbatte su di loro, lasciando solo pena.
La storia è decisamente audace, complessa e ricca di sfaccettature psicologiche, etiche, morali, sociali, e Shusterman vince la sfida su tutta la linea, mantenendo l’attenzione altissima, gettando sempre più carne al fuoco, incatenando il lettore alla pagina.
Non vogliamo lasciarvi spoiler perchè questo romanzo è semplicemente imperdibile, ci limitiamo a consigliarne fortemente la lettura perchè dopo non sarete più quelli di prima.

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Pink Lady – B. Bonfiglioli

Postato da Legione il 1 Luglio 2012

Anna ha diciassette anni e molti piercing sul viso, i capelli rosa, le scarpe lise. Anna si sente invisibile, inascoltata, Anna si lascia vivere giorno dopo giorno, a scuola, davanti ai suoi genitori, davanti a coloro che una volta erano suoi amici. Da quando sua sorella maggiore Laura è morta, sembra che il tempo si sia fermato e tutti coloro che l’hanno amata si siano chiusi dentro i loro gusci di dolore. Sembra che questa situazione non debba finire mai, ma un giorno qualcosa cambia. Anna e i suoi genitori si trasferiscono in un paesino dell’Emilia e lì, come un giardino a lungo trascurato che viene finalmente irrigato e curato con amore, ricominciano a vivere. Tutti, anche Anna, che si credeva chiusa anche lei nella bara con sua sorella.

Pink Lady è il romanzo per ragazzi opera prima di Benedetta Bonfiglioli. Per quanto forse la trama non sia delle più imprevedibili, è sicuramente una lettura che ci sentiamo di consigliare vivamente.
Narrato tutto in una stretta prima persona, il romanzo racconta attraverso gli occhi di Anna la sua lenta risalita dal fondo del pozzo buio e umido nella quale si è rifugiata dopo la violenta morte dell’amata sorella.
La aiuteranno una nuova amica sincera e un nuovo amore, e nelle dinamiche di sviluppo di queste due relazioni forse risiede l’aspetto più semplicistico della trama, che la rende però molto appetibile per il pubblico giovane e giovanissimo.
La punta di diamante di questo romanzo è però da ricercare nello stile di scrittura dell’autrice, che ha saputo con abiltà e cura nella scelta del registro e del linguaggio, trasformare una storia che rischiava di essere pericolosamente banale in una piccola e pregevole opera, delicata e sensibile.
Con maestria è infatti riuscita a dare voce a sentimenti e sensazioni molto complessi, non solo perchè caratterizzate dagli accenti estremi tipici dell’adolescenza, ma anche perchè è andata a toccare tematiche delicatissime come il lutto per la perdita di una persona molto vicina alla protagonista. Gli effetti su Anna e sulla sua famiglia sono assolutamente credibili, semplici e tragici allo stesso tempo, senza andare mai a scendere nel patetico.
Questo è senz’altro sintomo di una grande sensibilità dell’autrice, di una capacità di osservazione non così scontata, seppur fondamentale, in uno scrittore. Per questo motivo non vediamo l’ora di poterla vedere all’opera su un nuovo progetto, una nuova storia, certi che l’esperienza maturata con questo primo romanzo non potrà fare altro che gettare le basi per un lavoro ancora migliore.

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