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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

Post Taggati ‘letteratura americana’

L’apprendista di Venezia – E. Newmark

Postato da Legione il 16 Gennaio 2011

Diversamente da quello che facciamo abitualmente, abbiamo scelto questo libro, L’apprendista di Venezia, praticamente a caso, lasciandoci guidare dalla copertina e dalla quarta. Abbiamo riscontrato che la trama parlava di Venezia e di cucina alla fine del 1400, e ci siamo lasciati tentare.
Quello che invece ci propone l’autrice Elle Newmark nella sua prima fatica, va oltre a questo. Il suo ambizioso progetto è quello di condurci passo passo nelle sontuose cucine del doge, non solo trattando di culinaria, ma mostrandoci messaggi di valore, che possono essere applicati alla vita di tutti.
Il giovane Luciano, ragazzino di strada nella Venezia del 1498, viene sorpreso da un uomo a rubare una melagrana da un banco. Invece di punirlo, l’uomo lo porta con sè in cucina e gli da una possibilità. Inizia quindi la sua formazione ai fornelli ma principalmente come giovane uomo, perchè il suo capocuoco non è un cuoco come tanti, ma custodisce segreti di grande importanza.
Per essere un’opera di esordio, è certamente brillante: la trama è interessante e ben costruita, con buon ritmo. Certo è evidente il lavoro di editing nella lingua originale così come l’ottima opera della traduzione.
Inoltre, i concetti fondamentali su cui si incentra la trama, sono di grande levatura, che portano alla riflessione.
Abbiamo trovato solo una nota stonata che non ha incontrato il nostro gusto. La storia è ambientata nel 1498, pochi anni dopo la scoperta dell’America, e nella cucina del doge appaiono già patate, pomodori, caffè e cacao che non erano ancora stati importati in Europa e che men che meno erano già stati interpretati come prodotti alimentari. L’autrice è conscia di questi anacronismi, e ne dedica una nota ad inizio libro. Ciò nonostante, abbiamo trovato forzato utilizzare anche coscientemente questi prodotti, perchè in fondo sono collaterali alla storia ma non fondamentali.
D’altro canto, abbiamo trovato la descrizione di Venezia veramente evocativa ed efficace, evidenziandone le caratteristiche più celebri così come quelle più recondite e nascoste.
Consigliamo quindi la lettura di questo libro a tutti coloro che stanno cercando un romanzo scorrevole, chiaro ed intelligente, in grado di far sorridere ma anche di far riflettere.

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Invisible monsters – C. Palahniuk

Postato da Legione il 7 Gennaio 2011

Invisible Monsters, primo libro in ordine di creazione partorito dalla contorta (e malvagia) mente di Chuck Palahniuk, apripista per quel capolavoro da sfondamento che è Fight Club del quale abbiamo già parlato e con il quale condivide senza dubbio la sensazione di caos organizzato, il nocciolo di autodistruzione ed i colpi di scena insospettabili.
Mantenendo una strettissima prima persona, Palahniuk si cala nei panni e nei lustrini della protagonista, che ci rimane senza nome fino alle ultime battute, bellissima modella di successo, devastata da un incidente che le porta via, letteralmente, metà del viso. In questa nuova versione di sè stessa, così agli antipodi, conosce la splendida Brandy Alexander, la regina glamour della chirurgia plastica, meravigliosa transessuale ad un passo dalla completezza. Brandy le farà da mentore, indicandole una via per creare una nuova persona e per chiudere con un passato che non le può più appartenere, ma al contempo guidando sè stessa nel cammino verso la sua ultima tappa.

Il tema fondamentale che tornerà poi anche in Fight Club, è l’autodistruzione, l’annullamento del proprio modo di essere precedente, “normale”, per andare incontro a qualcosa di mutilato e, per questo, nuovo, base per essere una persona diversa e, per certi versi, più viva e più vera. L’invisibilità in questo caso è solo una limitazione apparente: nel romanzo ci vengono mostrati, in mille modi diversi, le sfaccettature di questa condizione: la bellezza sfacciata, la mostruosità, la diversità in senso lato.

Lo stile dell’autore è oscillante, anzi, beccheggiante, irregolare: i fatti sono presentati espressamente e volutamente senza seguire alcun ordine temporale, correndo di qua e di là tra un “molto prima” e un “molto dopo”, avanti veloce, fermo immagine, flash di sensazioni, episodi in ordine sparso e in apparenza casuale e senza un legame. La grammatica viene sovvertita o ignorata, spargendo frasi senza verbo, ripetizioni e asserzioni ridondanti (il quasi onnipresente “Io e Brandy, noi” che torna di continuo, come a ricalcare senza ombra di dubbio il rapporto tra le due). Proprio qui sta la genialità di Palahniuk: in un caos organizzato al millimetro, ci somministra sempre e solo le informazioni che è bene conoscere, e nonostante il continuo beccheggiare, riesce ad essere chiaro e trasparente, senza smarrirsi nei flash, disegnando personaggi terribili e scene grottesche, arrivando al punto in cui il lettore crede di aver capito il meccanismo per poi sovvertirlo di nuovo con colpi di scena dal tempismo perfetto e cronometrico, fino al messaggio clou, ovvero che mai niente e nessuno è esattamente come sembra.

Magnifico e profondissimo libro, crudo e cattivo al di là dell’umana concezione, acido e caustico come pochi. Uno stile inimitabile per una mente davvero sopra le righe.

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Fight Club – C. Palahniuk

Postato da Legione il 1 Dicembre 2010

“Prima regola del Fight Club: non si parla del Fight Club.” Questa battuta è entrata nella storia del cinema, grazie al film omonimo del libro di cui vogliamo parlare oggi: Fight Club, appunto, di Chuck Palahniuk.
Romanzo di esordio di questo misterioso autore, pubblicato nel 1996 fu subito un successo, attirando l’attenzione del pubblico grazie a quello che è diventato lo stile Palahniuk che in molti hanno cercato di copiare e personalizzare con dubbi successi. Leggendolo, abbiamo compreso bene su cosa si fonda questa celebrità.

Partiamo dalla trama e il concept: il nostro narratore senza nome e senza volto, schiacciato dalla normalità della sua vita e dall’insonnia, si aggira tra i gruppi di sostegno di malati terminali, per sentirsi toccato dalla vita vera e dall’angoscia, per potersi sfogare e riuscire finalmente a dormire. Grazie a questi gruppi conosce una ragazza sbandata almeno quanto lui, Marla, e se ne sente perseguitato. Finchè un giorno conosce Tyler, che sembra essere tutto ciò che al narratore manca: risoluto e deciso fino alla crudeltà, Tyler lo guida in un cammino di autodistruzione e fonda con lui il primo Fight Club. Perchè solo distruggendo se stessi e combattendo i propri fantasmi, arrivando ad un passo dalla morte si può iniziare a vivere veramente.

Come si può vedere, la tematica trattata non è delle più originali, potremmo attingere a concetti molto simili in un libro a caso di Irvine Welsh. Eppure Palahniuk ci riserva continuamente sorprese: condensa in poco più di 200 pagine concetti crudi e drammatici, ci mostra uno scenario di anarchia e crudezza (e assurdità sardonica, anche), ci fa entrare in un meccanismo e nella sua logica, per poi sovvertirlo imprevedibilmente, lasciandoci spiazzati e turbati e facendo assumere all’intera storia una luce del tutto inaspettata.

Parliamo dello stile: in strettissima prima persona, il narratore ci racconta le vicende in modo assolutamente non lineare, anzi, muovendosi tra fatti e pensieri in modo indeterministico, saltando apparentemente di palo in frasca per poi arrivare al punto di unione, facendo comprendere al lettore che nulla è stato detto per caso. La sua capacità di coinvolgere con la sua prosa dura e lapidaria, ma al contempo perfettamente curata e per certi versi poetica, è affascinante.

Una lettura fondamentale, avvincente e imperdibile.

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Strane creature – T. Chevalier

Postato da Legione il 8 Novembre 2010

Dopo aver letto e recensito l’opera prima dell’autrice Tracy Chevalier, La vergine azzurra, abbiamo quadrato il cerchio con l’ultimo in ordine di tempo, Strane creature. Il progresso nell’abilità narrativa l’avevamo già notato con le altre opere intermedie, uno tra tutti il celebre Ragazza con l’orecchino di perla; in effetti la lettura consecutiva di questi due romanzi, così diversi eppure così affini, hanno creato casualmente un binomio singolare.
In questo libro si narra la vita di due ragazze nella metà dell’Ottocento, diverse per età ed estrazione sociale, ma accumunate da una grande passione, che trascende anche le convenzioni sociali dell’epoca: la caccia dei fossili. Si trovano infatti a Lyme Regis, zona marittima del sud dell’Inghilterra, rinomata per i grandi e ricchissimi giacimenti di fossili. Attraverso le esperienze di vita delle sue donne negli gli anni di amicizia, scopriamo uno spaccato di vita quotidiana in questi paesini sperduti agli albori delle prime scoperte di animali fossili. Ma alla lettura attenta, tutto il libro è un espediente, per narrare gli effetti sociali e religiosi che queste scoperte hanno avuto sulla visione del mondo e sulle certezze dell’epoca.
Che animali sono, questi intrappolati nella roccia? Come ci sono finiti dentro le scogliere? Quindi il mondo e la vita non è immutabile come è descritto nella Bibbia? Quindi è possibile che gli animali fossili appartengano a specie che ora non esistono più? E pertanto questo potrebbe voler significare che Dio ha permesso l’estinzione di creature così particolari?
Oggi queste domande hanno trovato risposte ampiamente riconosciute e supportate, ma in quell’epoca, in cui la scienza era legata a doppio nodo con la religione e in cui bisognava fare molta attenzione alle domande che ci si poneva, pena la scomunica per eresia, queste scoperte hanno creato un sommovimento nei cuori delle certezze di tutti, anche le persone più umili.
Su questi temi si aggira con la consueta grazia la Chevalier, con il suo ormai rodato espediente della narrazione in prima persona, intervallando nei capitoli la voce dell’una e dell’altra.
Abbiamo trovato questa lettura molto piacevole e rilassante, sebbene alcuni della Legione l’abbiano trovato un po’ lento e con poco ritmo. In effetti gli eventi sono sempre piuttosto sottotono, nulla di eclatante, ma d’altra parte tutto è rimasto nel contesto e i fatti si susseguono con la frequenza appropriata, mantenendo sempre vivo l’interesse del lettore. Notevole anche lo stile narrativo, che modifica la voce narrante in base al personaggio che si esprime, quindi con toni posati e istruiti per la donna di buona famiglia, e con toni popolari e infantili per la ragazza popolana.
Insomma, un altro ottimo romanzo della Chevalier che consigliamo di leggere.

La vergine azzurra – T. Chevalier

Postato da Legione il 25 Ottobre 2010

Cos’hanno in comune una giovane donna vissuta nella metà del Cinquecento in Francia, nel pieno del movimento Calvinista e un’ ostetrica americana del Ventesimo secolo appena trasferitasi dalla California e ossessionata da un incubo in cui è avvolta dall’azzurro? Da questa domanda si dipana la storia de La vergine azzurra, primo romanzo della nota Tracy Chevalier della quale abbiamo già parlato più volte (La ragazza con l’orecchino di perla e La dama e l’unicorno). Grazie a questo esordio, la Chevalier è riuscita a conquistare l’interesse mondiale, preparando il terreno per i successivi best sellers. La trama è certamente interessante, narrata già con la maestria che l’ha portata al successo come la migliore scrittrice storica contemporanea. Inoltre è proposta in una forna narrativa molto originale ed accattivante, seguendo due linee temporali parallele ed intervallandole tra loro: la vicenda di Isabelle nel Cinquecento in terza persona e la storia di Ella ai giorni nostri espressa in prima persona. Il salto tra le due storie avviene di capitolo in capitolo, ma questo non distruba il lettore, anzi, permette di seguire meglio l’intreccio senza smarrirsi, costruendo un legame tra le due protagoniste. Di per sè è un buon romanzo, ma dobbiamo ammettere che ci ha lasciati un po’ delusi, specie a confronto delle opere d’arte di cesello alle quali ci siamo abituati con le sue produzioni più recenti. L’impostazione e la strama sono interessanti ed accattivanti, come dicevamo, ma abbiamo riscontrato poco mordente e poco ritmo, per lo meno in gran parte del libro. Se la storia di Isabelle è drammaticamente verosimile e non banale, perfettamente immersa nella realtà cruda dell’epoca, la vicenda di Ella risulta piuttosto prevedibile, per poi sfociare nell’assurdo verso la fine. Per non parlare poi di tutto il tratto finale del libro (che non vi spoileriamo) che abbiamo trovato parecchio di cattivo gusto e poco credibile, e l’epilogo, in cui Ella dice cose che non può assolutamente conoscere. D’altra parte, se si lo considera come il primo sforzo letterario dell’autore, possiamo riconoscerle certamente una crescita esponenziale di qualità, creatività e abilità narrativa e lessicale.
Un buon libro insomma, da leggere per chi apprezza la scrittrice, ma che al primo approccio potrebbe essere un po’ deludente e poco significativo.

Uomo nel buio – P. Auster

Postato da Legione il 21 Ottobre 2010

La mente di un uomo solo, insonne, avvolto dal buio come da una coperta e immerso nel dolore, dentro e attorno a sè. Di questo tratta il romanzo di Paul Auster, Uomo nel buio. Un libro breve, un flusso ininterrotto di pensieri in una notte come tante, troppe, prima di quella.
Un libro di pensieri raccontati. Non esistono dialoghi, non come quelli a cui siamo abituati, solo un flusso continuo di frasi, perchè in fondo, l’uomo nel buio sta parlando con sè stesso.
L’uomo insonne è un anziano scrittore, che cerca di impegnare la sua mente affaticata dal dolore, distogliendola dai pensieri che sono in agguato in attesa di balzargli addosso dagli angoli della sua coscienza. Per tenerli buoni, si racconta delle storie, e Auster ce ne fa vedere una, che parla di assurdità: di guerra e di mondi paralleli. Ma quando anche questa storia inventata finisce (male), i ricordi ed i pensieri tornano a farsi feroci, in attesa che spunti nuovamente il sole. Quindi il nostro scrittore ci/si racconta aneddoti di vita normale, delle intere giornate trascorse a guardare film con la nipote, anche lei alla deriva su un mare di lacrime. E pian piano, con lo scorrere della notte, finalmente il dente viene tolto, almeno per quella volta. In una sola pagina vediamo l’orrore che hanno vissuto, con semplicità e crudo realismo, e capiamo perchè il loro rifugio possa essere cercato solo al buio e nell’assenza di pensiero.
Auster ci propone un libro terribile nella sua disgraziata normalità, ci mostra quanto orrore possa entrare da un istante all’altro in una vita qualunque, anche la nostra.
Questo libro sembra narrare una storia molto semplice, invece facendo attenzione ai dettagli, lo scopriamo carico di simbolismi: il buio, il dolore, la guerra, la morte, la forza e la pericolosità dei ricordi, per poi finire all’alba, con un velo, anche se tenue, di speranza.
Un ottimo libro, da leggere con cura e attenzione. Coinvolgente da mettere i brividi, per quanto sia semplice e minimalista.

La ragazza con l’orecchino di perla – T. Chevalier

Postato da Legione il 2 Ottobre 2010

Di questo libro e del relativo film con Scarlett Johansson e Colin Firth è stato scritto e detto tutto. Eppure, al nostro secondo romanzo della Tracy Chevalier, ci sentiamo in dovere di spenderne ancora qualcuna. Superbo e sontuoso per quanto, oppure proprio perchè, semplice e lineare, come solo lei sa fare. Scritto magistralmente in una prima persona mai opprimente e con un lessico minimo, semplicissimo, perfetto per il personaggio umile che fa da protagonista ad una storia altrettanto semplice e verosimile. Eppure, la Chevalier cesella con un’abilità ottima ogni frase ed ogni immagine, esattamente perchè come per qualunque opera d’arte, il trucco c’è ma non si vede, ottenendo una narrazione fluida e diretta ma tanto carica di significato e emozioni.
Una storia d’amore intensa ed impossibile, un romanzo straripante di fortissimi sentimenti inespressi, e di colori. Dalla penna della Chevalier vediamo davanti ai nostri occhi i dipinti che ci descrive sapientemente, attraverso i particolari che rendono la scena viva, proprio come impariamo leggendo la storia di Griet e del taciturno pittore Vermeer dagli occhi grigi.
Un capolavoro della narrativa moderna, un altro libro da leggere assolutamente, anche se si conosce la più che ben nota trama, proprio per il valore della prosa: pacata, sobria, eppure molto evocativa e di grande comunicatività. Se avete bisogno di un angolo di pace e contemplazione, di assaporare qualcosa di bello anche solo per qualche minuto, leggete questo libro e non rimarrete delusi.

La dama e l’unicorno – T. Chevalier

Postato da Legione il 20 Settembre 2010

Questo romanzo, scritto da Tracy Chevalier, salita alla ribalta del grande pubblico grazie ad un altro romanzo, La ragazza dall’orecchino di perla, narra le vicende che si intessono attorno alla realizzazione di sei grandi arazzi commissionati da un notabile parigino della fine del 1400.
Come è nello stile della Chevalier, La dama e l’unicorno è un gradevolissimo romanzo storico, ispirato ad arazzi fiamminghi realmente esistenti, che raffigurano la seduzione dell’unicorno da parte delle dame rappresentate, attraverso l’allegoria dei cinque sensi.
In questo romanzo l’autrice fa parlare ciascun personaggio, dedicandogli un intero capitolo, permettendo al lettore di comprendere il punto di vista ed il pensiero più intimo di ciascuno. Non ci sono mai descrizioni fisiche precise dei protagonisti, eppure hanno una profondità sfaccettata di altissimo livello. La prosa è semplicissima e diretta, muta per ciascun personaggio parlante, facendo sì che il carattere di ognuno possa trasparire con forza e chiarezza in ogni passaggio: abbiamo quindi Claude, figlioletta viziata e vacua del notabile, che si esprime con infantilismo e pedanteria; Nicholas, il pittore che ha realizzato i disegni degli arazzi, sciupafemmine e materialista, che con il suo modo di raccontarci le vicende ci trasmette anche una profondità e sensibilità d’animo che non avremmo certo sospettato; Aliénor, la figlia non vedente del tessitore fiammingo, che si esprime con compostezza e ci racconta il valore di un suono o di un profumo di un fiore.
In questo bel romanzo, la protagonista è l’interiorità dei personaggi, utilizzando l’espediente degli arazzi per mostrare lo spaccato di vita alle porte del 1500 in Europa, dal punto di vista dei benestanti, degli artigiani e degli artisti, con una sensibilità che raramente abbiamo riscontrato altrove.
Consigliamo la lettura di questo libro a tutti, ed in particolare a chi, dopo aver visto il vero ciclo di arazzi in questione (ad esempio qui: La dama e l’unicorno) si sentirà incuriosito e stuzzicato a sapere che cosa questi tessuti avrebbero potuto celare.