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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

Post Taggati ‘film da romanzi’

Shutter island – regia di M. Scorsese

Postato da Legione il 21 Dicembre 2012

1954. Teddy Daniels e il suo vice Chuck, agenti federali, arrivano sull’isola di Ashecliffe ad indagare sulla sparizione di una donna infanticida in cura nell’ospedale psichiatrico criminale residente sull’isola. A causa del maltempo, i due si trovano nell’impossibilità di rientrare sulla terraferma, e le indagini, bruscamente interrotte con il ritrovamento della donna, iniziano a scoprire attività sospette celate sotto la rigorosità scientifica dell’istituto.
Ma, grattando sotto la superficie, qualcos’altro cova sotto la cenere, perchè niente è come sembra.

Il crepuscolare ed evocativo film di Martin Scorsese, Shutter island, nasce dal meno noto romanzo L’isola della paura che abbiamo segnalato tempo fa. Cast d’eccezione, dallo spettacolare Leonardo di Caprio che diventa di fatto protagonista assoluto della sua storia, a un sinistro Ben Kingsley, un empatico Mark Ruffalo e una disperata e bellissima Michelle Williams, per un film che parte come un poliziesco e finisce come un thriller psicologico dalle tinte inaspettate.
L’ambientazione è degna dei migliori film horror, quasi un clichè per chi bazzica nell’ambiente dei videogiochi. Addirittura i tempi che scandiscono i movimenti dei personaggi e i tratti salienti della trama vanno in un crescendo di claustrofobia oscura nel male di paripasso con la presentazione di elementi importanti per districare la storia, esattamente come succede nella maggior parte dei videogiochi horror.
Il film infatti di per sè non stupisce con effetti speciali o con evoluzioni di trama imprevedibili, bensì si concentra sulle vicende umane, focalizzandosi in un primo momento sulle evidenti criticità del manicomio e dei ricoverati e poi, avvitandosi su se stesso, sulle uniche vicende umane che abbiano mai avuto davvero importanza, quelle di Teddy.
E’ un film questo che, con un altro regista e un altro cast, avrebbe potuto essere più che mediocre ed invece è un piccolo capolavoro nella sua semplicità, sia per la magistrale regia (e non poteva essere diversamente) che per la bravura indiscutibile degli attori. Di Caprio regge di fatto da solo l’intero film, con una espressività sconcertante.
Assolutamente consigliato agli amanti del genere.

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Resident Evil: Retribution – J. Shirley

Postato da Legione il 23 Ottobre 2012

Ok, ammettiamolo. Ci pregiamo di essere lettori onnivori e non di farci fermare da nulla, ma probabilmente in questa occasione abbiamo trovato un nostro limite.
Conosciamo a grandi linee la trama della fortunata serie di videogiochi Resident Evil, e la relativa produzione cinematografica: senza dubbio questo romanzo tratto dall’ultimo film Resident Evil: Retribution rende onore a pieno titolo al materiale storico.
Il romanzo, così come videogiochi e film, si colloca nel genere horror splatter: una profusione di scene d’azione dettagliate a puntino con dovizia di particolari sanguinolenti che coinvolgono zombie e mutazioni genetiche, e protagonisti buoni e cattivi quasi inarrestabili sono le caratteristiche principali del libro.
La trama secondo parametri classici è debolina, nel senso che in circa 300 pagine succede concretamente poco e con scarsa risonanza, mentre ampio respiro viene dato alle scene di azione e di violenza.
L’autore, John Shirley, è lo stesso che ci ha deliziati qualche mese fa durante la lettura di Bioshock: Rapture: nasce come scrittore poliedrico proprio del genere splatter, ma in quel romanzo ha dato secondo noi il suo meglio nel ruolo di scrittore di una fantascienza di grande qualità e potenza evocativa. In Retribution la sua sapiente mano si riscontra nella qualità intrinseca del romanzo, che da spessore a personaggi altrimenti un po’ poveri e stereotipati attraverso introspezione e pensieri e concedendo qualche apertura anche sulla storia della protagonista Alice e su flashback degli episodi precedenti.

Un romanzo molto aderente al genere in cui si ascrive, quindi, che consigliamo agli appassionati del genere splatter, dallo stomaco forte e dall’alta soglia di impressionabilità, per una lettura assolutamente di svago e senza troppi pensieri.

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Scheda: Resident Evil: Retribution – J. Shirley

Postato da A&C Staff il 13 Ottobre 2012

IL MIO NOME E’ ALICE E QUESTA E’ LA MIA STORIA…

…LA STORIA DI COME SONO MORTA.

Proprio quando pare aver trovato un rifugio sicuro, libero dai non morti, Alice viene rapita dai suoi ex datori di lavoro della Umbrella Corporation.

Dopo aver ripreso conoscenza, si ritrova intrappolata nel più terrificante scenario immaginabile.

IL ROMANZO UFFICIALE DEL FILM

Il 28 settembre esce in tutte le sale cinematografiche del mondo il nuovo episodio della serie campione di incassi Resident Evil, interpretato da Milla Jovovitch e diretto da Paul W. S. Anderson. Il film è ispirato al videogioco survival-horror di Capcom, Resident Evil.

Per l’occasione Multiplayer.it Edizioni pubblica il riadattamento letterario che è stato affidato all’autorevole John Shirley, scrittore statunitense di fantascienza cyberpunk, noto in particolar modo per aver steso la sceneggiatura del film “Il Corvo”.

Sinossi:

Il T-virus continua a devastare la terra, trasformando la popolazione mondiale in un’orda di mostri assetati di sangue. Ritrovati i suoi amici e i suoi nemici – Rain Ocampo, Carlos Olivera, Jill Valentine, Ada Wong, Leon Kennedy e anche Albert Wesker -

Alice deve lottare per sopravvivere e ritornare alla realtà. Il conto alla rovescia è iniziato e il destino della razza umana è nelle sue mani.

l’autore

L’eclettico e autorevole John Shirley è noto per il suo contributo alla fantascienza cyberpunk, così come per la suspense (come nei romanzi Spider Moon e The Brigade), per le storie e i romanzi horror e per i lavori cinematografici sempre di stampo horror. La sua sceneggiatura più celebre è quella del film Il Corvo, del quale è stato lo sceneggiatore iniziale, prima che David Schow rimaneggiasse la sceneggiatura. Ha anche scritto sceneggiature per Star Trek: Deep Space Nine e Poltergeist. Da citare i suoi primi, intensi e espressionistici romanzi horror come Dracula In Love e Cellars che hanno influito sul movimento Splatterpunk nell’horror, e sul successivo movimento “bizarro”.

L’opera di Shirley spazia nei toni dal surreale, al crudo naturalismo, all’incubo. Shirley è anche uno scrittore di canzoni ed un cantante, avendo capeggiato numerose band punk, compresa la band di New York Obsession, che è stata registrata dalla Celluloid Records. Ha scritto testi per i Blue Öyster Cult, come ad esempio diverse canzoni dell’album Heaven Forbid.

Hunger Games – regia di G. Ross

Postato da Legione il 5 Maggio 2012

Nel grande stato di Panem, a memoria di un’antica rivolta soppressa nel sangue, ogni anno prendono vita gli Hunger Games: un mortale reality show al quale sono costretti a prendervi parte due ragazzi per ciascuno dei dodici distretti, a sollazzo degli abitanti della capitale. Uno solo resterà in vita, in una lotta di sopraffazione e sopravvivenza. In uno dei distretti più poveri, la sedicenne Katniss si offre volontaria per salvare la vita alla sua sorellina Primrose. Forse, quest’anno, il dodicesimo distretto avrà un vincitore.

Questo l’incipit del film campione di incassi sbarcato il pimo maggio in Italia nelle sale: Hunger Games, diretto da Gary Ross. Tratto dall’omonimo romanzo di Suzanne Collins, questo film in apparenza si rivolge al target (ormai rodato) dei giovani adulti, sulla scorta dei successi di Harry Potter e Twilight. Alla proiezione però ci si accorge ben presto di essere di fronte a qualcosa di diverso, che coinvolge nel profondo spettatori di tutte le età, anzi, in particolare quello adulto.
In questo densissimo film (poco meno di due ore, così intense ed incalzanti che sembrano durare giorni interi) sono infatti presenti sfumature che solo un occhio più maturo può recepire ed apprezzare: degli spietati Hunger Games emerge non solo l’insensatezza della crudeltà gratuita e senza scopo, ma anche il gusto del sadismo, del voyerismo, del piacere morboso nel veder soffrire gli altri (in questo caso di un gruppuscolo di giovani terrorizzati che cercano di salvarsi la vita nonostante i furbi e gli addestrati ad uccidere), l’iniquità sociale, la strumentalizzazione dei sentimenti, la necessità di essere unici, di farsi ricordare per sopravvivere in una spettacolarizzazione della vita e della morte.
Apprezzabili comunque anche le altre chiavi narrative, quali l’aspetto sociale (la rivolta dei distretti poveri nei confronti della capitale, sfumatura appena presente in questo film ma che si svilupperà in modo più ampio nei prossimi episodi), l’aspetto avventuroso/violento (ottimo l’espediente già noto della telecamera a mano per le scene più concitate e cruente, in un gioco ancora più angosciante di visione ed intuizione della violenza) e l’immancabile, sigh, aspetto romantico, che in questo caso viene almeno proposto in un’accezione del tutto originale ed interessante.

Ottima la regia, che come detto ha saputo concentrare in poco tempo una quantità di eventi con una tale efficacia da catapultare lo spettatore nel tempo della storia, distogliendolo dal reale passare del tempo, come solo i grandi registi sanno fare.
Ottima la scelta degli attori, brillante Jennifer Lawrence, ormai osannata in tutte le occasioni, molto adatta e credibile nella parte della giovane guerriera, trasmette bene tutta la vasta gamma di sentimenti che Katniss prova. Un personaggio decisamente sfaccettato, questo, che lascia molti spunti aperti e sospesi, vitale, forte e al contempo fragile, mai banale o prevedibile.

Desideriamo aprire una piccola parentesi riguardo quello che ormai sembra infiammare nel profondo tutti i recensori in questi ultimi mesi: la somiglianza tra Hunger Games ed il meno noto e più crudo omologo giapponese, Battle Royale. E’ inutile fare mistero del fatto che l’idea fondante di Hunger Games non sia particolarmente originale: prima e dopo Battle Royale questa è stata infatti sfruttata più o meno indirettamente dalla cinematografia e dalla letteratura internazionale di genere. C’è da dire però che effettuare un paragone tout court tra HG e l’opera giapponese sia quantomeno semplicistico e superficiale. Senza dubbio Battle Royale è molto più incentrato sulla violenza, sulla crudezza senza esclusione di colpi nè censure, cristallizzando i personaggi in riconoscibili stereotipi.
Lo scopo di Hunger Games invece non risiede nella violenza, e non vi indulge più del necessario, perchè i suoi scopi sono altri: attraverso il gioco e la crudeltà gratuita mostra un mondo gretto e conformista, mette in luce gli aspetti sociali e psicologici della morbosità, della violenza vista dal di fuori, al sicuro, della sopraffazione, della mera crudeltà. In Hunger Games i tributi sono, infatti, solo pedine anche quando sono carnefici, perchè vittime, tutti, di un sadico volere superiore.

In attesa di leggere l’intera opera della Collins, consigliamo vivacemente la visione di questo film, che vi rapirà per due ore ma saprà lasciarvi qualcosa, dentro, che probabilmente sarà amaro e profondo, sulla nostra vita e la società e che saprà turbarvi molto più a lungo.

Per acquistare i romanzi di Suzanne Collins consigliamo Amazon:
Hunger games
La ragazza di fuoco.
Il canto della rivolta.

Coraline e la porta magica – diretto da H. Selick

Postato da Legione il 4 Settembre 2011

coraline-movie-poster Tempo fa abbiamo parlato del romanzo per ragazzi Coraline di Neil Gaiman; a distanza di un anno abbiamo finalmente visto il bel film di animazione diretto da Henry Selick, Coraline e la porta magica del 2009.

La sensazione generale è di avere davanti un prodotto cinematografico di alto livello. La cura profusa per la realizzazione di ogni sua parte, infatti, brilla per attenzione e cura del dettaglio (non a caso sono stati necessari 3 anni di produzione). Il film nelle sale è stato proiettato in 3D, ma anche sullo schermo domestico mantiene una qualità elevatissima. La tecnica di realizzazione è quella dello stop motion, che come è noto permette di dare una tridimensionalità tutta particolare rispetto all’animazione classica.

Coraline e tutti i personaggi sono caratterizzati benissimo, con le movenze e le espressioni dei volti. Non ci si può non appassionare alla vicenda a tinte fosche della piccola undicenne, anche con un discreto filo di apprensione per la sua sorte. La storia, come il romanzo di Gaiman da cui è tratta, si incentra sul rapporto genitori/figli, che a volte può essere morbosamente malato, ma anche sulla simbologia della vista, come possibilità di vedere la realtà e quindi formarsi una mente aperta e critica, invece di decidere di non vedere e restare quindi prigionieri nella visione ristretta del mondo che ci vogliamo costruire, una reggia dorata in cui tutto è bello e non ci sono problemi, perchè non si presta attenzione a quello che invece ci circonda.
Menzione speciale va riservata alla colonna sonora, completamente originale, pregevolissima e dolcemente malinconica e sinistra, che completa il quadro di questo piccolo capolavoro di animazione consigliato ai bambini di tutte le età.

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Coraline (romanzo)

Amore e altri rimedi – diretto da E. Zwick

Postato da Legione il 30 Marzo 2011

Jamie è un informatore farmaceutico con un vizietto: le donne; Maggie è un’artista e guida turistica con un problema di salute. Ad unirli, in principio, una storia di solo sesso. Ma proprio in virtù del loro desiderio di non legarsi, capiranno ben presto di non poter fare a meno l’uno dell’altra.

Questa è la trama, forse non proprio originalissima, di Amore e altri rimedi, film diretto da Edward Zwick, con Jake Gyllenhaal e Anne Hathaway. Film che ha fatto molto discutere, fin già dalla scelta del nome italiano, visto che il titolo in lingua originale (Love and other drugs) giocava sul doppio significato della parola drugs: droghe sì, ma anche più in generale i presidi medici, accostando gli effetti di dipendenza tipici dell’amore alla droga, appunto.

Questo film è l’adattamento del romanzo autobiografico del protagosta (Hard Sell: The Evolution of a Viagra Salesman), in cui viene messo in luce il background discutibile che sta alle spalle dell’industria farmaceutica.
Amore e altri rimedi invece è una commedia romantica piacevole, senza infamia e senza lode, che mantiene grosso modo tutti ritmi più classici del genere: gli equivoci, i punti da lacrima facile e quelli più esilaranti si intervallano con leggerezza.

Bravi i due protagonisti, che affrontano con naturalezza un grande numero di scene di nudo (motivo principale del grande hype sul film) e di sesso abbastanza esplicito. Sono credibili come coppia e ciascuno nel proprio personaggio, lei spaventata dall’incombere della malattia e dagli effetti che potranno avere su di lei e su eventuali compagni di vita, lui che riversa sul lavoro e sui successi con le donne una atavica insicurezza in se stesso e una paura nei legami.
Pregevoli nei ruoli secondari, l’orribile fratello e il collega di Jamie, che fanno da spalla a situazioni comiche di buon livello.

Nel complesso un film godibile ma senza pretese, l’ideale per passare un paio d’ore senza troppi pensieri in compagnia del bel sorriso della Hathaway e della faccia da mascalzone dal cuore d’oro di Gyllenhaal.

Fight Club – diretto da D. Fincher

Postato da Legione il 15 Dicembre 2010

Leggendo il primo grande successo di Palahniuk, ci siamo chiesti come avrebbe fatto Fincher a trasporre un’opera così eclettica e particolare sul grande schermo. Quindi abbiamo guardato l’omonimo film, Fight Club, con una notevole aspettativa. Ne è risultato un film, se possibile, ancora più delirante dell’opera originale. Di grandissimo effetto e immediato cult, come infatti è stato, gli espedienti sono dei colpi da maestro.
A partire dalla scelta dei protagonisti: uno spregiudicato, scolpitissimo, muscolosissimo e dal pessimo gusto in fatto di abbigliamento Brad Pitt, crea un binomio stridente e perfettamente ossimorico con Edward Norton, ottimo nella sua parte di impiegatino ingabbiato nella sua tranquilla e rassicurante routine.
Entrambi gli attori danno viso e corpo a personaggi complessi in modo efficace e sono in grado di comunicare i messaggi fondamentali dell’opera scritta, non solo grazie alle loro parole ma anche e soprattutto attraverso l’espressività del linguaggio del corpo, aiutato e supportato da una regia impareggiabile.
Menzione speciale per la sempre singolare Helena Bonham Carter, che sembra selezionare solo parti borderline: a prescindere dal profilo della singola produzione (da Harry Potter a Sweeney Tood, giusto per citarne due) la sua interpretazione brilla sempre per il carattere che riesce ad imprimere al proprio personaggio. Marla Singer non fa eccezione.
Come già detto, ottima la regia: una sceneggiatura difficile, un concept articolatissimo, un cast di qualità, orchestrato alla perfezione per rendere giustizia ad un romanzo che ha certamente segnato un’epoca.

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Trainspotting – diretto da D. Boyle

Postato da Legione il 2 Settembre 2010

Questo celebre film del 1996, Trainspotting, diretto da Danny Boyle, narra le vicende malate di un gruppetto di giovani di Edimburgo, tra droga, sesso e violenza. E’ tratto dal magistrale romanzo omonimo di Irvine Welsh del quale abbiamo parlato di recente qui: recensione Trainspotting.
La differenza che salta più all’occhio tra le due opere è l’oganicità del film rispetto al libro. Là dove il romanzo si sviluppava in episodi chiaramente autoconclusivi pur essendo parti di una sola storia, il film raccoglie i fatti più significativi e li pone meglio in relazione uno con l’altro, creando una trama più solida, anche grazie all’uso della voce fuori campo.
Il film è palesemente tratto dall’opera scritta ma non la ricalca alla perfezione, quindi i dialoghi, ad esempio, sono tutti originali, così come gli espedienti narrativi e gergali dei personaggi. Come spesso accade, i personaggi acquistano un volto ma perdono di spessore e profondità. Là dove nel romanzo il vero carattere di ciascuno viene messo in luce dai fatti e dai pensieri quando parla in prima persona, nel film le sfumature vengono messe solo dalla voce narrante.
Il risultato comunque del film di Boyle è buono: è riuscito a cogliere la sfumatura allucinata e dissacrante (e forse proprio per questo ancora più estrema) di questo scenario così poco edificante di certa gioventù degli inizi degli anni Novanta, che però potrebbe essere ben trasposta anche ai giorni nostri, cambiando forse il taglio dei jeans e qualche parola di slang.
Pregevole il giovanissimo Ewan MacGregor nei panni sdruciti di Renton, il Robert Carlyle più che inquietante in quelli del bullo da mezza tacca Bebgie e, ultima ma non ultima, una colonna sonora che la fa da padrona, scelta con grande cura per il particolare.