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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

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Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

Archivio del 2013

Scheda: La mia tribù – R. Milandri

Postato da A&C Staff il 11 Ottobre 2013

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La mia Tribù: storie autentiche di Indiani d’America di Raffaella Milandri (edito da Polaris, maggio 2013) è ricco di bellissime immagini e di incredibili storie. E conferma, dopo solo un anno e mezzo dalla uscita de “Io e i Pigmei” (Polaris, 2011) la Milandri come valida autrice di opere sui popoli indigeni, e acuta testimone di violazioni dei diritti umani, che sono molto spesso specchio della nostra civiltà occidentale.
La mia Tribù, presentato al salone Internazionale del Libro di Torino 2013, raccoglie incontri e interviste della Milandri sulle condizioni attuali dei Nativi Americani oggi, ma anche rivelazioni sul passato attraverso lo studio di 10.000 pagine degli archivi statunitensi. Dal Dawes Act, alla Legge dei Quarti di Sangue, alla sterilizzazione forzata delle donne Native Americane negli anni ’70, raccontata alla autrice da testimoni viventi. Le lettere degli agenti indiani bianchi che gestirono le riserve rivelano la loro corruzione, il loro razzismo e le loro opinioni sul “problema indiano”. Attraverso cerimonie, rituali normalmente esclusi ai Bianchi, e amicizie profonde, Raffaella Milandri viene adottata nella famiglia Crow dei Black Eagle, la stessa in cui il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama fu adottato nel 2008. L’autrice ha modo di scoprire i grandi problemi di oggi nelle riserve indiane: suicidi, alcolismo, disoccupazione ma anche “perchè nelle riserve non ci sono banche nè Mac Donalds”.
Un libro avvincente, imperdibile e rivelatore sui Nativi Americani che ne racconta anche leggende, tradizioni e folklore. La Milandri si dimostra una “esploratrice sociale e morale” , ispirandosi al suo idolo Jack London, ma al tempo stesso una narratrice di viaggio leggera e ironica che fa sentire il lettore al suo fianco in esperienze curiose come, ad esempio, una “caccia ai fantasmi”.

l’autrice

Raffaella Milandri è fotografa umanitaria e scrittrice (Io e i Pigmei, Polaris 2011 e La mia Tribù, Polaris 2013), attivista per i diritti umani dei popoli indigeni, viaggiatrice solitaria, si dedica alla fotografia e ai reportage intesi come strumento di sensibilizzazione, denuncia e comunicazione sul tema dei diritti umani e delle problematiche sociali .
Dice la Milandri:
“Avverto una incredibile urgenza nel mio viaggiare e documentare le discriminazioni razziali e dei diritti umani. La globalizzazione avanza a passi rapidi, ma nel caso dei popoli indigeni essa non porta con sè il Progresso positivo, anzi spesso accelera il processo di estinzione di popoli che da decine di migliaia di anni vivono nelle stesse terre, legati alle loro tradizioni e culture, uniche e irripetibili. ”

L’estate dei morti viventi – J. A. Lindqvist

Postato da Legione il 6 Ottobre 2013

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«Esiste… il pensiero? Anche se Elias era morto e si era essiccato, qualcosa che non era pioggia lo aveva fatto risorgere. Cosa? E cosa faceva sì che continuasse a vivere se dentro di lui c’era il vuoto? Un seme può rimanere inerte per centinaia, migliaia di anni. Essiccato o congelato in un ghiacciaio. Mettetelo nella terra umida e germoglierà. C’è una forza. La forza verde che porterà al fiore. Qual è la forza che agisce nell’essere umano?»

Se leggendo il titolo di questo libro avete pensato di avere di fronte un ennesimo romanzo Z, vi state sbagliando completamente. Non si tratta nemmeno di un horror nel senso classico del termine, a volerla dire tutta. Se avete soppesato questo volume in libreria pensando di trovarci brividi, squartamenti, morti violente e banchetti a base di cervello fresco, scordatevelo.
Chi già ha avuto la fortuna di conoscere ed apprezzare questo autore svedese per la sua opera più famosa, Lasciami entrare, avrà un sospetto su quello che stiamo intendendo.
Lindqvist non è nuovo ad opere singolari come questa, reinterpretazioni originali di cose già viste e sentite, punti di vista inediti su clichè e archetipi noti e stranoti. Per la prima opera si trattava di una rivisitazione umanissima della figura del vampiro; nel caso de L’estate dei morti viventi, coperto dall’apparenza della figura dello zombie, abbiamo l’opportunità di avere un raro esempio di comprensione profonda e non banale della morte.

Attraverso i punti di vista di diversi personaggi, assistiamo a questo fenomeno tanto strano quanto sinistro: a seguito di un’ondata di caldo e di un accumulo di energia inspiegabile, i morti riprendono vita. Non tutti: solo quelli deceduti da non più di due mesi, sepolti o meno, e una volta verificatosi non sembra ripetersi con i decessi più recenti. Questi morti viventi, al contrario di quanto potremmo immaginare, sono del tutto pacifici e non aggressivi (anche se un po’ inquietanti). Hanno però una particolare attività celebrare, molto elementare, che sembra incentivare la telepatia tra i vivi.
Il romanzo, abilmente congeniato e anche molto credibile nonostante tutto, illustra con chiarezza quali potrebbero essere gli effetti pragmatici e spirituali di un simile avvenimento sconcertante, lasciando ampio margine di riflessione.
Il sottotesto offre molti spunti, anche filosofici: è inutile e dannoso anelare a qualcosa (o qualcuno) amato e perduto nel passato, perchè il suo ritorno non sarebbe mai corrispondente al nostro ricordo; la morte non è la negazione della vita, ma ne è il naturale complemento; non identifichiamo la morte come un qualcosa di estraneo e in quanto tale ferino e malvagio, bensì come qualcosa parte di noi, nostra compagna da sempre.

Un romanzo davvero particolare, costruito in crescendo e in progressivo distacco dalla materialità e dalla concretezza. Perchè, per quanto si possa affrontare l’argomento dai più creativi punti di vista, la Morte è e resta una faccenda intima e spirituale, che ciascuno deve fronteggiare da solo, sia la propria che quella di chi dobbiamo lasciar andare.
Lettura consigliata per una buona dose di riflessioni.

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Il lato positivo – regia di D.O.Russel

Postato da Legione il 2 Ottobre 2013

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Pat è appena uscito dall’ospedale spichiatrico dopo otto mesi, fermo e risoluto sull’obiettivo da raggiungere: riconquistare al più presto sua moglie Nikki e riprendere la vita là dove era stata interrotta. Ma questo non è così semplice quando si ha a che fare con un’ordinanza restrittiva… ben presto entra in contatto con Tiffany, una giovanissima vedova, che ha la possibilità di intercedere per lui. La ragazza decide di aiutarlo, in cambio però del suo aiuto per una gara di ballo.

Forse non uno tra i film più originali mai visti, probabilmente nemmeno così stupefacente, visto che il “finale inatteso” si concretizza esattamente come ciascuno di noi si è già immaginato, però nel complesso si tratta di un film piacevole e anche piuttosto intelligente. Stiamo parlando de Il lato positivo diretto da David O. Russel, tratto dal romanzo di Matthew Quick Silver linings playbook, L’orlo argenteo delle nuvole, e non esattamente di un film qualunque. Innanzitutto può vantare un cast d’eccezione, con i belli e bravi Bradley Cooper e Jennifer Lawrence (conosciuta nel film neo cult Hunger Games che grazie al ruolo di Tiffany ha vinto tre premi, tra cui un Golden Globe e un Oscar, e scusate se è poco) e un Robert DeNiro d’eccezione nella parte secondaria ma rilevantissima del padre di Pat.
Per quanto concerne il film in sè, come dicevamo, la trama nei suoi tratti generali non è niente di speciale o di particolarmente originale, ma il valore aggiunto, secondo noi, risiede nei dettagli.

Pat ha un grosso problema con la gestione della rabbia, che l’ha portato appunto a trascorrere otto mesi in cura dietro ordinanza giudiziale, Tiffany ha elaborato come ha potuto il suo lutto rendendosi scostante, aggressiva e rifugiandosi nell’effimera consolazione della promiscuità, il padre stesso di Pat rivela un atteggiamento ossessivo-compulsivo nei confronti delle sue tanto tormentate partite di football, il migliore amico di Pat risulta incapace di difendersi da un moglie invadente che lo soffoca e lo tiene al guinzaglio.
Ciascun personaggio si presenta con una debolezza, con una fragilità psicologica che lo rende a suo modo normale, umano, rendendo quindi altrettanto umano e accettabile il disagio psicologico, ancora oggi considerato un tabù per molti. Gli attori, in particolare la Lawrence, sono stati molto bravi a trasmettere questa fragilità senza scadere nel grottesco o nell’eccesso, semplicemente rappresentando quella parte di noi che ad un certo punto può saltare e farci perdere l’equilibrio nella quotidianità.

A nostro avviso, parte del successo di questo film va attribuito alla forte impronta yankee che caratterizza la storia: l’amore viscerale per il football, le scommesse, la birra e gli stuzzichini, ma anche il semplice modo di fare, gli atteggiamenti che hanno gli attori in alcune circostanze (la scena della martingala a casa di Pat ne è un esempio lampante). Forse proprio questi accenti marcati di patriottismo rendono in alcuni momenti la recitazione forzata e stereotipata.
Nel complesso comunque è un film gradevole, probabilmente il romanzo da cui è tratto è anche meglio, considerando le possibilità di approfondimento interiore dei personaggi impossibile sullo schermo.

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Il Lato Positivo (SE) (2 Dvd)
O il libro: Il lato positivo. Silver linings playbook

Soffocare – C. Palahniuk

Postato da Legione il 29 Settembre 2013

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Victor Mancini è un sessodipendente occupato in un villaggio di rievocazione storica americana. Per mantenere la madre in fin di vita in un ospedale psichiatrico, ogni sera Victor finge di soffocare in ristoranti sempre diversi, accrescendo le schiere dei suoi salvatori.
Il suo bisogno di sentirsi amato si concretizza nella creazione di questi legami, nel dare importanza ad uno degli avventori che diventa un eroe, anche attraverso la sua stessa autodistruzione.

Soffocare di Chuck Palahniuk è un romanzo che riprende a pieno titolo i fasti decadenti, paradossali e drammatici di quell’opera di culto che è diventata Fight Club.
Nel suo stile particolarissimo, l’autore ci porta di nuovo in uno scenario umano assurdo ma non per questo meno credibile, nel quale la fragilità umana è ancora al centro del romanzo.
Una lettura appassionante, anche istruttiva, come Palahniuk ci ha spesso insegnato, che cattura il lettore e lo porta con sè attraverso le sue evoluzioni fino al suo sconcertante finale. Gli spunti di riflessione sono molteplici, a partire da quelli più evidenti come la necessità di essere amati, il rapporto spesso conflittuale tra madre e figlio, la dipendenza e la liberazione dalla dipendenza (e il diventare dipendenti di un’altra cosa ancora, fosse anche solo della speranza), la menzogna e le bugie a fin di bene, il saper dire di no, il voler prendere in mano la propria vita e l’accettazione del cambiamento. Molti altri temi vengono toccati o allusi nel romanzo, e come sempre parte del piacere nella lettura sta proprio nell’individuarli. Nulla in Palahniuk è lasciato al caso, in questo libro più che mai.

Una lettura assolutamente consigliata.

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Cosmopolis – D. DeLillo

Postato da Legione il 25 Settembre 2013

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La minimalità della copertina Einaudi, come sempre, è pertinente e appropriata. Cosmopolis di Don DeLillo viene sintetizzato con efficacia da questa immagine: un microcosmo in una limousine bianca, abnorme, banale nella sua lussuosità ormai conformata. In un mondo in cui le telecomunicazioni accorciano le distanze e gli imperi possono sorgere e crollare nell’arco di poche ore e solo attraverso qualche tocco su un palmare, il giovane Eric, appartenente al jet set degli influenti, riluce di carnalità e immanenza, anche grazie alle sue azioni apparentemente folli e autodistruttive.

Questo romanzo viene considerato uno dei capolavori della letteratura contemporanea, ma devo dire in tutta onestà che io non l’ho capito.
Mi sono resa conto di avere di fronte un romanzo di letturatura vera, dove niente è stato scritto a caso, dove ogni parole è stata ponderata e collocata secondo un preciso disegno. Ho compreso quello che ho letto, ovviamente, ma non sono riuscita a fare altro che scalfire l’enorme sottotesto racchiuso in questo libro e che quindi mi è rimasto precluso.
C’è un motivo per cui Eric fa quello che fa, anche se in apparenza no, così come c’è un motivo per cui Eric e i molti altri personaggi dicono quello che dicono, facendo valutazioni superficialmente circoscritte alla macrofinanza (e alle oscillazioni dello yen) e alla vita in generale. Io però non l’ho capito. Nel senso che la lettura è pervasa da quella incertezza che caratterizza testi come questi (penso ad esempio ai classici russi o, in generale ai classici di ogni tempo e luogo) di fronte al barbaglio del significato profondo celato che però, ai lettori poco colti come me, rimane celato.
Credo però che leggere questo romanzo non sia tempo perso, ma possa dare la possibilità di gettare un seme nella mente anche di chi non capisce, in attesa che si acquisisca la giusta maturità per arrivarci.

Recensione scritta da Sayu

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Leodhrae, il risveglio dell’alchimia – A. Filippi

Postato da Legione il 21 Settembre 2013

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Succede tantissimo, in questo romanzo fantasy di Aurora Filippi, Leodhrae, il risveglio dell’alchimia. Un fantasy atipico, quantomeno nelle figure che lo popolano. Scordiamoci il classico “à la Tolkien”, in questo romanzo troviamo più linee in comune con il fantasy di carattere nipponico, condito da elementi che risulteranno familiari a chi bazzica i terreni dei giochi di ruolo del genere e dei videogiochi gdr.
E’ facile immedesimarsi e calarsi nelle vicende narrate: l’autrice dimostra fantasia e destrezza nel trattare le tematiche più varie, sa descrivere con efficacia ambienti e soprattutto razze e personaggi, tenendo un buon ritmo anche nelle scene più movimentate. Alcuni passaggi rivelano qualche ingenuità stilistica, ma nel complesso l’opera brilla per cura del dettaglio (avremo trovato al più un refuso in 500 pagine di romanzo, un record anche per le case editrici più blasonate) e in diverse occasioni ci siamo stupiti della maturità di certi dialoghi, perfettamente in linea con quello che ci si aspetterebbe da personaggi di una certa caratura (ad esempio divinità elementali).
Ma di che cosa parla questo libro? E’ difficile spiegarlo con efficacia, perchè è evidente come questo sia solo il primo episodio di una saga e che di questa ne sia solo un primo capitolo che ne getta le basi e ne tratteggi i caratteri del mondo in cui si ambienta.
E’ sicuramente una storia di ampio respiro, che coinvolge personaggi primari e secondari molto ben delineati e nel complesso abbastanza credibili, per chi è pratico del genere. Alcuni riferimenti sono forse citazioni a opere celebri, ma nel complesso ci è sembrata una storia dagli accenti originali e interessanti.
A voler trovare qualche pecca possiamo dire che a volte lo stile è un po’ altalenante nel tono (a volte serioso, a volte leggermente scanzonato a prescindere dal personaggio che sta parlando o agendo, il che rende i personaggi un po’ uniformi nel modo di esprimersi) e che la primissima parte del romanzo sembra risentire della poca esperienza dell’autrice, suonando particolarmente ingenua. Fortunatamente, passati i primi capitoli, la storia inizia a farsi succosa e anche lo stile diventa più maturo e sicuro.
Nel complesso quindi ci sentiamo di consigliare questa lettura agli appassionati del genere e speriamo di poter presto proseguire la storia con i successivi capitoli della saga.

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Scheda: Dorian Curze – T. Baroni

Postato da A&C Staff il 17 Settembre 2013

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Su Aurus, un tempo, vi era un uomo, un uomo che in vita era stato in grado di cambiare le sorti del suo mondo, di plasmare il corso degli eventi con le sue azioni. Ricordo com’è vissuto, ricordo com’è morto. Ricordo che fu l’allievo prediletto di Ezekyel, con il quale diede origine al grande sogno di pace che fu Aurora, un sogno che fu infranto dalla brama di potere di chi Ezekyel aveva seguito per puro opportunismo. Dorian Curze, questo era il suo nome.
Ma Dorian non poteva sapere ciò che oltre la morte lo aspettava.
Non ciò che i falsi predicatori millantavano esserci, non una distinzione tra bene e male, ma un mondo dove la pace per i morti non è contemplata, dove le anime dei caduti sono la base che nutre un sistema creato sin dalla notte dei tempi.
Executio, creature immortali, mietitori di anime per i loro signori, nulla possono i viventi se non sottostare a quelle invisibili leggi che da sempre assoggettano il mondo, sin da quando gli Antichi Dei imbrigliarono il potere della Morte per controllare Aurus, il potere di Angorn.
Ma Dorian Curze ancora non sapeva, non sapeva che sarebbe stato costretto a tornare a combattere, persino da morto. Ricordo bene il momento in cui persino gli Antichi Dei ebbero paura, in cui il dubbio si insinuò nei loro cuori, quel dubbio che urlava nei loro animi che persino la morte può morire.

l’autore

Tiziano Baroni. Viareggio (LU) il 23\11\1983, Diplomato come Perito Elettronico all’Istituto Tecnico Industriale G.Galilei di Vareggio. Autore del romanzo Dorian Curze, pubblicato presso GDS Edizioni il 30 Luglio 2013.

Vendere senza le parole – A. Muscinelli, L. Tentolini

Postato da Legione il 13 Settembre 2013

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Spesso si pensa che per alcuni mestieri specifici non sia necessaria una particolare preparazione o uno studio dedicato per poter essere svolti al meglio. Questo emerge in particolare nei periodi di crisi, come quello che stiamo vivendo, in cui il lavoratore viene percepito come una risorsa sostituibile e indistinguibile dagli altri nel suo status.
Nell’immaginario collettivo, condiviso e suffragato di frequente anche dagli stessi datori di lavoro, il mestiere del venditore risulta spesso essere quello che corrisponde a questa immagine. In fondo, che cosa ci vuole per vendere?
Alessandro Muscinelli e Laura Tentolini spiegano quanto erronea sia questa visione qualunquista del mestiere attraverso il loro bel saggio Vendere senza le parole. Saggio che si rivolge non solo al neovenditore o a colui che aspira a ricoprire questo ruolo, ma anche a coloro i quali vogliono raffinare il proprio stile prestando attenzione a tutti i dovuti dettagli, agli imprenditori, ai responsabili di negozio o del personale e in generale a tutti quelli che amano essere consapevoli delle dinamiche che intercorrono nella determinazione di una vendita, anche il cliente.
In una ordinata trattazione, vengono affrontati uno per uno tutti gli elementi che entrano in gioco quando una azienda si presenta al cliente per concludere una vendita, con focus particolare sulla comunicazione non verbale: alcuni aspetti possono suonare banali o prevedibili, ma la spiegazione delle effettive motivazioni psicologiche che sono coinvolte consentono una efficace comprensione dell’argomento.
Un saggio leggero e di facile fruizione, rivolto a tutti gli interessati del campo che aspirano a saperne di più, sia per scopi professionali che per pura crescita personale.

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