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Annessi & Connessi
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Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

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Una notte di ordinaria follia – A. Filisdeo

Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici.
Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad un romanzo più elaborato: i personaggi sono ben disegnati dal carattere molto spiccato e quasi caricaturale, che ben si amalgama con l’argomento che sembra essere molto caro all’autore, che abbiamo già avuto modo di conoscere nella lettura del suo romanzo Le memorie oscure: il vampirisimo.
I vampiri di Filisdeo richiamano le carattersitiche dei vampiri della Rice, ma condendoli con molto più carisma e decisamente più violenza. Sono bellissimi e pericolosamente attraenti, ma sono anche molto più agitati da quelle che sembrano essere le umane emozioni, amplificate all’estremo dal sangue.
Lasciamo le scene gotiche e baroccheggianti del romanzo precedente per approdare in una notte moderna in una grossa città, anzi, La città per eccellenza, New York, teatro anche questa volta delle peggiori scene di violenza.
La storia ruota su un certo indiscutibile compiacimento dell’autore nel descrivere le sue scene con arguzia, umorismo e sagacia; il fatto che alla fine il mistero apparentemente oggetto della trama non viene svelato (anche grazie ad una serie di disastrosi fallimenti del co-protagonista) dimostra la vera ragion d’essere di questo racconto: raccontare una storia di urban horror vampirico del tutto godibile.
Non possiamo che consigliare la lettura di questo racconto, augurandoci che l’autore voglia mettere presto più carne al fuoco e ampliare il respiro di questa storia accattivante.
Anche perchè, diciamolo, di vampiri non ne abbiamo mai abbastanza.

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I figli della paura – D. Simmons

Postato da Legione il 1 Settembre 2013

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Un thriller più che dignitoso sebbene non esattamente innovativo nella forma e nelle meccaniche, questo romanzo poco noto del poliedrico autore Dan Simmons, I figli della paura, mantiene alte e non disattende le legittime aspettative del lettore.
Si parla di Dracula, in questo romanzo, ma in modo estremamente circostanziato, come Simmons ci ha sempre abituati. Ecco come la creatura mitologica di Bram Stoker acquista connotazioni storiche ma anche mediche molto approfondite e dettagliate. Scopriremo quindi come in realtà la creatura vampirica altro non è che il prodotto di un incrocio di difetti genetici e come l’entità maligna che identifichiamo con il vampiro in realtà può associarsi a qualsiasi creatura.

Un romanzo molto articolato che fa un po’ di fatica a catturare il lettore nelle sue trame. Fino al primo centinaio di pagine non succede molto di appassionante e si può avere la tentazione di abbandonare la lettura. Dopo quel punto però, la lettura si fa intrigante e i colpi di scena si susseguono con ritmo incalzante.
Dell’horror ha le tematiche, ma del thriller ha sicuramente i tempi e anche la struttura narrativa, che è piuttosto prevedibile, anche per quanto concerne le dinamiche tra i personaggi principali.
Qualche Deus ex Machina non si può certo negare, come in ogni romanzo d’azione che si rispetti.
Insomma, un libro piacevole da leggere e dalla solida base di documentazione, ma di certo non uno dei romanzi indimenticabili di Simmons.

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Dracula – B. Stoker

Postato da Legione il 5 Settembre 2009

Trama: quando il giovane avvocato Jonathan Harker è inviato in Transilvania per affari, si trova costretto ad affrontare le sue terribili paure. Perché il suo ospite e carceriere altri non è che il Conte Dracula, il leggendario vampiro.

Dopo aver letto Lasciami Entrare di Lindqvist non potevamo non interessarci al romanzo che, se vogliamo, ha dato il via a tutta la letteratura vampiresca dell’ultimo secolo. Ci ha stupito -ma forse non più di tanto- ritrovare nell’opera di Stoker tutto quello che “sapevamo” sui vampiri e che avevamo imparato dalla filmografia di genere, o (perché no?) da Dylan Dog. In fondo, il vampiro dello scrittore è esattamente quello che ha portato questa icona dell’orrore alla ribalta rendendolo un archetipo della paura ben radicato in ognuno di noi.
Il vampiro di Stoker è forte, fortissimo, dalla sensualità tanto forte e irruente quanto ambigua, capace di ammaliare e uccidere con una crudeltà inimmaginabile. Accanto a questa forza, a bilanciare abbiamo le sue debolezze più famose, magistralmente orchestrate per renderlo credibile. Questo essere immondo è incastrato perfettamente nel mondo descritto da Stoker, il mondo reale del ‘900 che non deve essere stravolto per giustificare l’esistenza del mostro: Dracula è inserito nella realtà come ognuno di noi, forse anche meglio, e si muove seguendo e combattendo le regole fisiche e sociali senza che queste debbano piegarsi alla semplice sua esistenza. Forse è proprio in questo il punto forte del romanzo. Fatta eccezione per i suoi poteri soprannaturali, il Mostro non è riconoscibile, non ha segni tangibili della sua diversità. “Ecco perché si dice che il vampiro sia invisibile allo specchio. Egli c’è, ma noi non lo riconosciamo, dal momento che il nostro stesso viso lo cela”. È difficile, difficilissimo creare un essere sovrannaturale ben bilanciato, capace di fare si paura ma anche di risultare credibile e non tanto forte da sfondare nel ridicolo. Il Dracula di Stoker centra il bersaglio e fa punteggio pieno.
Un po’ meno i protagonisti del racconto, omaccioni senza paura capaci di sciogliersi in lacrime non appena la bella Mina accenna anche una sola invocazione a Dio. La costruzione dei sei antagonisti di Dracula è decisamente surreale, stona con l’atmosfera realistica che permea il romanzo e forse è l’unico difetto del libro di Stoker che viene comunque irrimediabilmente rovinato da questa macchia. Del resto, il Dracula del libro è praticamente invisibile, lo vediamo incessantemente solo nei primi capitoli per passare poi a delle apparizioni tanto sporadiche quanto brevi e non “pericolose”. I sei eroi ci raccontano l’avventura attraverso i loro occhi, se vogliamo chiamarli così, occhi che -per quanto capaci di spaziare i più diversi stili narrativi- sono troppo pieni di una fede palesata e sensibilmente fittizia per avvincere il lettore nel profondo. È un peccato, ripetiamo, perché la storia ha tutte le carte in regola per essere appassionante, avvincente, travolgente e chi più ne ha più ne metta. Stoker riesce a creare un buon “novanta per cento” di capolavoro buttando alle fiamme la possibilità di diventare immortale solo per tessere le lodi di un Dio -poi perché proprio lui? Perché le croci e non anche i versetti del Corano?- che ovviamente non si degna mai di intervenire e aiutare i suoi fedeli nella distruzione del Mostro. Ok, certo, siamo nell’Inghilterra del 1890 e questo è sicuramente un segno del tempo, ma non ci sarebbe dispiaciuto vedere Stoker “tirar fuori le palle” e riuscire a metter giù dei personaggi un po’ più credibili. Nonostante questo, diamo a Cesare quel che è di Cesare e non ci stanchiamo di ripetere che il Dracula di Bram Stoker è un capolavoro, il capostipite della letteratura vampiresca che ha partorito quel mostro capace di entrare negli incubi di tutti in meno di un secolo. Tanto di cappello.

Recensione scritta da RM

Un grido fino al cielo – A. Rice

Postato da Legione il 21 Luglio 2009

Chi pensa di prendere indifferentemente un libro qualunque della Rice e di trovarvi dentro un vampiro, questa volta sbaglia di grosso. Non possiamo dire di conoscere approfonditamente e esaustivamente tutto il suo repertorio, ma per ora questo è il primo romanzo che ci capita di aprire e nel quale non troviamo alcun riferimento al mondo vampirico e affine.
Siamo rimasti piacevolmente stupiti da questa assenza, che comunque non si fa rimpiangere.
La Rice, come ci ha già abituati, ci parla in modo ricercato e barocco (nonchè ben documentato) dell’Italia del 1800, di musica e della vita tormentata e ricca di contrasti che avvolgeva l’immagine di quelle strane ed intriganti creature che erano i castrati.
Sottoposti al coltello alle più svariate età, addestrati ad essere perfette voci angeliche, duttili e flessibili ben di più di qualunque voce naturale terrestre, anche quella femminile. Con la crescita, che risultava poi modificata ed innaturale a causa dell’operazione, la voce poteva anche perdersi e guastarsi: in quel caso il ragazzo tagliato diventava un essere senza speranza e senza futuro, precluso al matrimonio ed a tutti gli ordini religiosi, diseredato dalle famiglie in quanto impossibilitato a procreare, inutile dal punto di vista della carriera lavorativa, vista la debolezza fisica, la costituzione esile e il mancato addestramento a qualunque attività diversa dall’apprendimento della musica.
In questo contesto si inserisce la storia di due giovani, Guido e Tonio, che hanno fatto dell’amore per la musica l’unica ragione di vita e la molla, poi, per far vivere un affetto profondo anche tra loro.
Un romanzo indiscutibilmente crudo e toccante, che tratta argomenti che non sono molto frequenti sebbene affascinanti.
Un inno all’amore, inteso come motore di ogni azione buona dell’uomo, in grado di dare giustizia anche a coloro che sentono di non avere più un futuro ed un motivo per esistere.

Lasciami entrare – diretto da T. Alfredson

Postato da Legione il 3 Luglio 2009

Come avevamo preannunciato tempo fa qui, abbiamo finalmente visto il film tratto dal romanzo di Linqvist omonimo, “Lasciami entrare”.
Come avevamo già accennato per il libro, che ci era piaciuto molto, anche in questo caso l’influenza dello stile nordico si fa sentire non poco. Indubbiamente questo film non si può certo dire che sia ricco di mordente e dal ritmo incalzante, anzi.
Abbiamo trovato molto ben sviluppato il personaggio di Eli, la scelta dell’attrice è stata calzante, per contro abbiamo trovato una perdita di spessore di praticamente tutti i personaggi, principali e secondari, una semplificazione estrema di una storia che possedeva certamente un intreccio interessante.
Ci siamo domandati anche che tipo di idea uno spettatore è in grado di farsi assistendo solo alla visione del film, senza aver letto il libro in precedenza e quindi senza conoscere gli effettivi sviluppi della storia. A nostro avviso, questo film costituisce esattamente una riduzione del romanzo, nel senso letterale del termine, una specie di Bignami che alla fine lascia poco allo spettatore, al contrario di come invece fa l’opera originale.
Non viene spiegato per nulla chi sia effettivamente Eli, viene lanciato il sasso (nella scena clou a casa di Oskar, che è stata modificata e semplificata anch’essa) e ritirata la mano; non assume alcun tipo di importanza nella profondità del personaggio di Eli la figura di Håkan, del quale sappiamo nulla (qui appare addirittura felice di fare quello che la ragazzina gli chiede!); indizi vaghi sulla vacuità della madre e del padre di Oskar; e l’elenco delle mancanze potrebbe essere ancora molto lungo.
Insomma, in sintesi questa trasposizione non ci ha particolarmente entusiasmati, se la storia potrebbe essere di vostro interesse vi consigliamo vivamente di procurarvi il libro e di scordarvi tutto il resto.

“Intervista col vampiro” e varie sui vampiri letterari

Postato da Legione il 21 Giugno 2009

Louis, bello ed affascinante, immortale e tormentato nella sua eternità, nel suo binomio intrinseco tra vita e morte, in confitto con se stesso, racconta la sua storia, dall’inizio della sua vita vampirica fino all’incontro con il giornalista che ne raccoglie le memorie.
La sua esistenza incrocia quella di molti altri come lui, appoggiandosi e respingendosi con forza e violenza.

Intervista col vampiro

Un classico dell’horror di classe, la Rice per prima diventa precorritrice di un tipo di narrazione vampiresca che segna una svolta da tutto quello che era mai stato scritto in tema prima di lei. Da Stoker alla Rice si vede l’abisso narrativo e concettuale che ruota attorno a questa figura che ha attraversato i secoli affascinando e terrorizzando le generazioni. Dalla creatura mortifera e bestiale, repellente e affascinante nell’ottica dell’orrido, alla raffinata entità ricciuta che assorbe la storia dei secoli, arricchendosi di beni materiali e di sapienza, viaggiando e vivendo il proprio tempo.
Penso che sia impossibile riassumere o elencare tutti i romanzi che hanno trattato questo tema, sotto molteplici punti di vista, adducendo al vampiro questa e quella proprietà e caratteristica.
Ultimi, tra i più famosi, oltre a tutte le opere della Rice (per citare il ciclo di cui “Intervista col vampiro” fa parte: “Scelti dalle tenebre” e “La regina dei dannati”) che ha appunto scavato il solco del “vampiro attraente e raffinato”, l’ovvio ciclo della Meyer che ha scatenato l’idolatria delle giovanissime, “Twilight” e successivi (paradigma in realtà del vampiro-non-vampiro, che non ha più alcuna caratteristica della creatura Stokeriana, ma che addirittura alla luce del sole diventa più bella invece di polverizzarsi tra atroci sofferenze. In sostanza tratta una storia fantasy che racconta il Vero Amore, eterno, puro e pulito. Il fatto che si parli di vampiri diventa una questione puramente marginale), i meno noti ma sempre piacevolissimi, “Il discepolo” di Elizabeth Kostova (molto ben studiato dal punto di vista storico, ripercorrendo le origini del mito inframmezzando con una pregevolissima storia horror), il neoedito “La danza delle marionette” del nostrano Luca Buggio e del quale abbiamo scritto qui e qui (scritto due anni prima di Twilight, lega un non morto ed una mortale in un intreccio dal taglio molto cinematografico e di elevatissimo spessore nella descrizione dei personaggi, perfettamente umani, e nel messaggio di solidarietà che lo permea), e il “Lasciami entrare” di Lindqvist del quale abbiamo parlato qui.

La danza delle marionette – L. Buggio

Postato da Legione il 18 Giugno 2009

Angus cammina nella notte. Angus è forte oltre ogni immaginazione, non si ammala mai, non invecchia, è pervaso da un fascino ultraterreno. E non è solo. I giochi di potere tra le varie fazioni dei suoi simili che si spartiscono il controllo della metropoli, rischiano di mettere in pericolo ciò che è il motivo della sua esistenza: i suoi protetti, i dimenticati, gli abbandonati, i bambini vittima di abusi e maltrattamenti. Nonchè la sua Principessa, Kerri, colei che accompagna Angus nella sua missione e ne condivide lo scopo, senza conoscere fino in fondo la natura di Angus.

Questo è un romanzo di vampiri. E’ innegabile. Ma chiuderlo in questa definizione sarebbe fargli un grave torto. Tratta di vampiri, è vero, ma non solo. Questo romanzo, dal taglio cinematografico e dalla narrazione diretta, racconta una storia complessa, mai banale, ricca di colpi di scena, di azione e di sentimenti profondi.
Con tratti rapidi e precisi l’autore ci accompagna nei sobborghi di una non ben precisata metropoli e ci porta in un mondo di solitudini, di freddo calcolo e bieco interesse, ma ci disegna anche angoli di piccola gioia, di conforto, di luce e speranza.
Angus e Kerri danzano in questo spettacolo come marionette, così come i simili di Angus, senza comprendere mai fino in fondo chi è a tenere i fili, chi è effettivamente mente e chi pedina in questo gioco perverso.
La danza delle marionette” è effettivamente un romanzo di vampiri, ma più che altro è un romanzo che parla d’Amore e di Vita.
L’amore di Angus per i suoi protetti, l’amore di Kerri per Angus, intrappolato in una condizione di non esistenza, l’amore per i propri diletti e passatempi di coloro che si sono posti a leader dei clan vampirici, che non esitano ad annientare simili e mortali per il loro mero compiacimento.
La vita che pervade i giovani prigionieri delle loro esistenze, la vita che è in Angus in quanto capace di provare sentimenti nobili, la vita che non è più nei carnefici e nelle creature spietate che lo circondano e cercano di annientarlo.
Questo mondo e questi personaggi, così vividi e reali, opera di esordio di Luca Buggio del quale abbiamo parlato qui, a nostro avviso meritano di essere conosciuti e apprezzati, per godere delle sensazioni forti che sono in grado di suscitare, dalla suspense delle scene d’azione alle lacrime di commozione delle ultime, delicate pagine.

Scheda: “La danza delle marionette”

Postato da A&C Staff il 14 Giugno 2009


la quarta di copertina

Angus è un vampiro, un predatore che sceglie le prede con attenzione: solo chi fa del male ad altre persone. Le vittime delle sue vittime diventano i suoi protetti, prendersene cura lo fa sentire ancora vivo, amato. Umano. Ma ugualmente diviso tra un mondo a cui non sente di appartenere e uno che non lo riconosce più.
Kerri non ha avuto una vita facile, la sua infanzia è un incubo che vorrebbe dimenticare. Angus l’ha tolta dalla strada e lei è cresciuta e diventata forte al suo fianco, fingendo di non accorgersi dei suoi tanti misteri.
Galinder guida congreghe di vampiri dai tempi degli imperatori romani. Saggia guida per alcuni, spietato tiranno per altri. Indifferente alla sorte dei mortali, gli interessa soltanto mantenere il potere, alimentando gli intrighi che nascono alla sua corte.
Malakith ha un unico scopo nella sua millenaria esistenza: sconfiggere Galinder una volta per tutte. Nessuno scrupolo rallenta il suo cammino. Porta tempesta e si lascia alle spalle distruzione.

Suona la danza e le marionette si muovono a tempo di musica.
Galinder e Malakith. I loro seguaci, i loro servi.
Angus. E Kerri.
Chi è che regge i fili?

Una storia avvincente che si legge d’un fiato, ricca di colpi di scena e di personaggi incredibilmente vivi: sorprende, emoziona, commuove. Una storia che fa riflettere sull’ambiguità dei sentimenti e su tutte le sfumature della parola “amore”, dalla più nobile alla più perversa. Amare può essere crudele. E pericoloso.sche

le note sull’autore
Luca Buggio è nato a Torino il 15 luglio 1966; laureato in Ingegneria, affianca alla sua attività la passione per il teatro e per la narrativa. La Danza delle Marionette è il suo primo romanzo e deve l’ispirazione ad una lunga esperienza nel mondo del volontariato: anche se i personaggi e le vicende della storia sono di pura fantasia, le emozioni che la pervadono sono reali, fino all’ultimo sorriso, fino all’ultima lacrima.