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Annessi & Connessi
Per noi, i libri sono una faccenda personale. Benvenuto!
Postato da Legione il 17 Maggio 2015

http://annessieconnessi.net/una-notte-di-ordinaria-follia-a-filisdeo/

Un po’ di spacconate, un po’ di humor nero, un po’ di splatter, un pizzico di pulp: Una notte di ordinaria follia di Alessio Filisdeo è un mix ben equilibrato di scene di violenza allucinata, scene genuinamente originali e horror dagli accenti più classici. Questo ebook dalla brevità fastidiosa suona quasi come un antipasto ad [...]

 

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Appunti da un manicomio – C. Lavant

Postato da Legione il 19 Agosto 2010

Christine Lavant è una maschera, lo pseudonimo scelto dall’autrice di Appunti da un manicomio per celare la sua vera identità e quella delle persone presenti nel libro.
Dalla sua biografia emerge la permanenza in un manicomio negli anni Trenta e, per quanto non si abbia la certezza che il libro sia la trasposizione romanzata del suo vero diario, risulta comunque evidente il fatto che non si tratti di un semplice volo di fantasia.
Siamo in un manicomio e Christine, la protagonista, ha chiesto di essere internata dopo aver tentato il suicidio. Sta male e da sola non riesce ad uscirne, a liberarsi di quell’ossessione che la tiene sveglia la notte e le impedisce di accettare la vita come fanno tutti gli altri: trovarsi un lavoro, sposarsi, avere dei figli. E morire di vecchiaia.
Christine è innamorata, ma il suo amore non è corrisposto ed è prigioniero dentro di lei: senza luce né aria, quell’amore diventa ben presto un cancro che la divora, fino a farle desiderare di accettare per sé la condizione di “pazza”.
Il pregio di Appunti da un manicomio è la capacità dell’autrice di descrivere la sua permanenza nel manicomio e le altre donne internate, ognuna afflitta da una storia personale che ne ha causato la pazzia. Nessuna delle storie sarà rivelata, il dolore rimarrà, fino all’ultima pagina, il protagonista incontrastato. Quel dolore che, più spesso di quanto si pensi, conduce una persona alla follia, la fa precipitare in un baratro da cui niente e nessuno sembra essere in grado di salvarla: non le persone a cui vuole bene, la famiglia, gli amici, non i medici e le infermiere, non le medicine o la camicia di forza. Dal dolore e dalla paura nessuno ci può salvare, se non noi stessi.
La penna di Lavant tratteggia con dolce lucidità i ritratti di queste donne e il suo stesso dolore, le emozioni contrastanti, i desideri e le paure.
Il manicomio è un microcosmo in cui malate, infermiere e medici si muovono ricoprendo ognuno un ruolo del tutto umano e fallibile.
La Lavant mette a nudo ogni personaggio a partire da caratteristiche esteriori, da quello che fanno o che dicono. È una storia-non storia in cui si avanza in punta di piedi, per non fare rumore, per non disturbare le pazze e chi veglia su di loro, nella speranza di non sfiorare, neppure per un attimo, il dolore che le ha condotte lì e giungere all’ultima pagina come si giunge davanti a una porta che si è grati di potersi chiudere alle spalle. Felici di essere fuori, nel mondo, ma ormai consapevoli che, proprio quel mondo a cui ci aggrappiamo sollevati, è lo stesso da cui le malate di Lavant sono state esiliate per aver troppo sentito e troppo amato.

Recensione scritta da L’Imbrattacarte

Il diario di Anna Frank – A. Frank

Postato da Legione il 15 Marzo 2010

Di ogni libro vogliamo conoscere la fine e sappiamo di averlo apprezzato quando, voltata l’ultima pagina, vorremmo poter continuare il viaggio. In un certo senso è come se avessimo trovato un amico.
Provare tutte queste emozioni leggendo Il diario di Anna Frank è un po’ destabilizzante perché sappiamo di aver partecipato all’unico viaggio che la sua autrice ha potuto concederci.
Anna Frank non era una scrittrice, almeno non ancora quando a 16 anni scrisse l’ultima pagina del suo diario, ma tutto lascia supporre che lo sarebbe diventata. Era un’adolescente che amava la scrittura e, a modo suo, provava a dare un senso a quello che vedeva, viveva e subiva.
Non ci sono lacrime nelle sue pagine se non quelle che solo all’amica immaginaria Kitty poteva confidare.
Il diario non si dovrebbe leggere solo in quanto testimonianza storica, ma perché è il racconto sincero e appassionato di una ragazzina che, nonostante tutto, ha deciso di non arrendersi alla bruttura di quegli anni.
Anna era vivace e sensibile, prepotente e giusta: si sentiva sola e incompresa dagli altri, ma aveva la capacità di giudicarsi obiettivamente e di capire che “i genitori non possono dare che consigli o un buon indirizzo, ma tutto sommato ciascuno deve formare da sé il proprio carattere.”
Ognuno è responsabile della propria crescita personale e Anna Frank non poteva mostrarcelo meglio di così.
È un libro che consiglio a tutte le età: ai giovani per imparare ad ascoltarsi e agli adulti per dare valore e rispetto all’individualità dei giovani.

Recensione scritta da LM – L’Imbrattacarte